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RASSEGNA

 

6 - 9 giugno 2005

 

Strasburgo

 


Sommario

Codici delle procedure parlamentari, abbreviazioni

Deputati al Parlamento europeo

Consiglio europeo
Dare nuovo slancio al progetto europeo

Bilancio
Prospettive finanziarie: il Parlamento chiede mezzi adeguati alle ambizioni dell'Unione

Affari economici e monetari
Patto di stabilità: massimo 3 anni per correggere i disavanzi

Pesca
Pesca sostenibile nel Mediterraneo

Energia
Obiettivi ambiziosi per l'efficienza energetica

Giustizia e Affari interni
Lotta al terrorismo: prevenire e agire tutelando i diritti
Spazio di libertà, sicurezza e giustizia
Nuovi orientamenti per l'immigrazione legale

Relazioni esterne
ONU: un seggio europeo al Consiglio di sicurezza
Nuovo slancio alle relazioni transatlantiche

Diritti dell’uomo
L'Unione ha il dovere di tutelare le minoranze
Situazione in Bolivia
Libertà di stampa in Algeria
Situazione in Azerbaigian

Sanità pubblica e Consumatori
Mobilità dei pazienti nell'UE

Affari costituzionali
Mozione di censura contro la Commissione

Dichiarazioni
Appello per la liberazione di Aung San Suu Kyi
Gianni Rivera
Immunità di Marco Pannella

Varie
Reti transeuropee nel settore dell'energia
Informazione territoriale nella Comunità
Nuove norme per le riassicurazioni
Sviluppo rurale: più attenzione ai giovani e alla biodiversità
Lotta antifrode
Controlli sui movimenti di denaro contante alle frontiere dell'UE
Accise: norme più chiare per gli acquisti di alcol e tabacco nell'UE
Conservazione dei delfini
Rafforzare la competitività europea
Idrocarburi negli pneumatici
Situazione in Uzbekistan
Occupazione e produttività
Inserimento sociale nei nuovi Stati membri

Ordine del giorno 22 - 23 giugno 2005 Bruxelles


 

Codici delle procedure parlamentari

Serie A

Relazioni e raccomandazioni

Serie B

Risoluzioni e interrogazioni orali

Serie C

Documenti di altre Istituzioni

*

Procedura di consultazione

**I

Procedura di cooperazione, prima lettura

**II

Procedura di cooperazione, seconda lettura

***

Parere conforme

***I

Procedura di codecisione, prima lettura

***II

Procedura di codecisione, seconda lettura

***III

Procedura di codecisione, terza lettura

 Abbreviazioni

 - Gruppi politici: vedere pagina seguente

BE

Belgio

IT

Italia

PL

Polonia

CZ

Repubblica ceca

CY

Cipro

PT

Portogallo

DK

Danimarca

LV

Lettonia

SI

Slovenia

DE

Germania

LT

Lituania

SK

Slovacchia

EE

Estonia

LU

Lussemburgo

FI

Finlandia

EL

Grecia

HU

Ungheria

SE

Svezia

ES

Spagna

MT

Malta

UK

Regno Unito

FR

Francia

NL

Olanda

 

 

IE

Irlanda

AT

Austria

 

 

 

Deputati al Parlamento europeo

Situazione al 9.6.2005

 

PPE/DE

PSE

ALDE/ADLE

Verdi/ALE

GUE/NGL

IND/DEM

UEN

NI

Totale

BE

6

7

6

2

 

 

 

3

24

CZ

14

2

 

 

6

1

 

1

24

DK

1

5

4

1

1

1

1

 

14

DE

49

23

7

13

7

 

 

 

99

EE

1

3

2

 

 

 

 

 

6

EL

11

8

 

 

4

1

 

 

24

ES

24

24

2

3

1

 

 

 

54

FR

16*

31

11

6

3

3

 

7

77*

IE

5

1

1

 

1

1

4

 

13

IT

24

15

12*

2

7

4

9

5*

78

CY

3

 

1

 

2

 

 

 

6

LV

3

 

1

1

 

 

4

 

9

LT

2

2

7

 

 

 

2

 

13

LU

3

1

1

1

 

 

 

 

6

HU

13

9

2

 

 

 

 

 

24

MT

2

3

 

 

 

 

 

 

5

NL

7

7

5

4

2

2

 

 

27

AT

6

7

1*

2

 

 

 

2*

18

PL

19

10

4

 

 

10

7

4

54

PT

9

12

 

 

3

 

 

 

24

SI

4

1

2

 

 

 

 

 

7

SK

8

3

 

 

 

 

 

3

14

FI

4

3

5

1

1

 

 

 

14

SE

5

5

3

1

2

3

 

 

19

UK

27*

19

12

5

1

10

 

4*

78

Totale

266*

201

89*

42

41

36

27

29*

731*

Deputati uscenti                                                                Deputato entrante
Mercedes BRESSO (PSE, IT) (25.5.2005)                     Giovanni RIVERA (NI, IT) (25.5.2005)
Brice HORTEFEUX (PPE/DE, FR) (5.6.2005)
Roger HELMER (UK) è passato dal gruppo PPE/DE ai NI (8.6.2005)
Karin RESETARITS (AT) è passata dal gruppo NI all'ALDE/ADLE (8.6.2005)

 Gruppi politici

PPE/DE

Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei

PSE

Gruppo socialista al Parlamento europeo

ALDE/ADLE

Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa

Verdi/ALE

Gruppo Verde/Alleanza libera europea

GUE/NGL

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

IND/DEM

Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN

Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni"

NI

Non iscritti

 

 

CONSIGLIO EUROPEO

Dare nuovo slancio al progetto europeo
 

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Preparazione del Consiglio europeo (Bruxelles, 16 e 17 giugno 2005)

Dibattito: 8.6.2005

 Dichiarazione del Consiglio

 A nome del Consiglio, Nicolas SCHMIT ha sottolineato come i principali temi in discussione al Vertice del 16 e 17 giugno riguardano il processo di ratifica della Costituzione e l'accordo sulle prospettive finanziarie.

Sottolineando il  risultato contraddittorio dei referenda in Francia e nei Paesi Bassi, ha voluto comunque riconoscere che in queste occasioni si sono svolti dei dibattiti democratici ed ha ricordato il voto massiccio espresso dal Parlamento lo scorso mese di gennaio che aveva dato grande speranza che l'Unione potesse rafforzare le sue basi democratiche.

Egli ha poi affermato che è necessario anche rispettare la volontà democratica scaturita dalle ratifiche già avvenute in altri dieci Stati membri. Il voto francese e olandese ha creato una situazione nuova che va affrontata perché l'Unione non appare più come un progetto che mobilita i cittadini. Il "no" esprime incomprensioni, malessere e anche insoddisfazione per come funziona l'Unione.

Tuttavia, ha detto il Ministro, l'Unione non deve scivolare nella paralisi, la capacità di decisione resta intatta e le Istituzioni continuano a funzionare. I cittadini hanno delle attese economiche, sociali e in materia di sicurezza, mentre il mondo guarda all'Europa con speranza. Le attese sono soprattutto politiche e, pertanto, l'unione politica deve restare lo scopo.

In merito alle Prospettive finanziarie, il Ministro ha affermato che un fallimento del negoziato significherebbe un blocco verso il mondo esterno e i cittadini. Certamente il progetto in discussione può non rispecchiare le aspirazioni degli uni o degli altri, tuttavia permette all'Unione di funzionare dandole un nuovo impulso politico. Per questa ragione, la Presidenza farà tutto il possibile per facilitare un compromesso.

L'oratore ha poi citato gli altri punti importanti che saranno affrontati dai Capi di Stato e di Governo in occasione del Vertice come il rilancio della Strategia di Lisbona, con l'approvazione degli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione e la dichiarazione sulle linee direttrici per lo sviluppo sostenibile. Ma si discuterà anche del piano d'azione che tradurrà in misure concrete il Programma dell'Aia sullo Spazio di Libertà Sicurezza e Giustizia, dimostrando così ai cittadini che l'Unione è capace di rispondere alle attese dei cittadini in materia di immigrazione, tratta degli esseri umani e terrorismo.

Un'altra questione riguarda la riforma dell'ONU e, a tal proposito, ha affermato di ritenere essenziale che il vertice giunga ad un risultato ambizioso ed equilibrato. Vi è poi la Conferenza sull'Iraq promossa da Unione europea e USA che deve creare un quadro di coordinamento per assistere tale Paese.

Dichiarazione della Commissione

Per José Manuel BARROSO il Vertice di giugno deve affrontare due sfide principali: inviare ai cittadini un messaggio convergente sul processo di ratifica della Costituzione e dotare l'Unione di un quadro finanziario. Tuttavia, ha anche ammonito che i problemi interni «non devono fare dimenticare le responsabilità che l'Unione ha verso l'esterno». Pertanto, ha voluto soffermarsi sugli aiuti allo sviluppo nel quadro degli Obiettivi del Millennio, ricordando che l'Unione deve essere solidale e aperta al mondo e non può tollerare che, ogni giorno, nel mondo, muoiano di fame e di sete 25.000 persone.

Riguardo alle prospettive finanziarie, il Presidente ha ribadito quanto affermato alla vigilia nel corso del dibattito tenutosi n Aula. In sostanza, si è detto fiducioso che sarà possibile raggiungere un accordo che permetta all'Unione di funzionare in modo efficace, ha riaffermato la necessità che la Commissione e il Parlamento restino alleati nel negoziato e, infine, ha invitato la Presidenza a tenere conto della posizione del Parlamento, giudicata equilibrata e che dimostra come l'Unione sia veramente solidale.

In merito al processo di ratifica della Costituzione, Barroso ha espresso la sua preoccupazione in quanto gli esiti dei referenda rischiano di indebolire l'Unione. Sottolineando poi come sia necessario rispettare la volontà popolare, ha voluto comunque stigmatizzare come il dibattito democratico sia stato «contaminato» da questioni prettamente nazionali, estranee alla Costituzione. Egli ha tuttavia riconosciuto che esiste una certa insoddisfazione nei confronti dell'Unione ed è quindi responsabilità dei politici nazionali ed europei fare in modo che i cittadini capiscano meglio le sfide dell'Europa e il suo progetto di integrazione. Occorre quindi riflettere sulla capacità dell'Unione e dei governi di mobilitare i cittadini per ricollegarli alle Istituzioni nazionali e europee.

Per il Presidente, al fine di raccogliere un nuovo consenso politico e rilanciare l'Unione è necessaria una soluzione politica. Gli Stati membri che non si sono ancora pronunciati sulla Costituzione hanno il diritto di farlo ed è comunque essenziale che la reazione sia comune evitando azioni unilaterali in attesa delle decisioni che saranno prese dal prossimo Vertice. In quella sede, ha ammonito Barroso, bisogna evitare «due false soluzioni estreme»: fare finta che non sia successo nulla o abbondare il processo. Nel primo caso si tratterebbe di un atteggiamento «autistico, arrogante e irresponsabile». Nel secondo, significherebbe ignorare che dieci Stati membri hanno già ratificato e che il risultato del voto è contraddittorio.

Occorre, invece, creare le condizioni per giungere a soluzioni che portino un nuovo consenso, a soluzioni politiche per l'Unione di domani. E' necessario evitare la paralisi, affrontando la questione con spirito di compromesso e prevedendo la partecipazione della Commissione, del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali. «Non esiste e non è mai esistito un piano B», ha quindi esclamato. Semmai, esiste un «Piano D, per dialogo e democrazia». Bisogna infatti ascoltare i cittadini, approfondire una situazione complessa e fare una diagnosi che porti a un dialogo consensuale.

L'Unione, per il Presidente, può rispondere allo scetticismo dei cittadini e alle sfide che l'attendono, «l'Europa è sempre più necessaria». Vi sono infatti obiettivi strategici che vanno raggiunti e riguardano la prosperità, la sicurezza e la libertà. Però, ha ammonito, occorre evitare due atteggiamenti: il «blame game» e l'aumento delle divergenze ideologiche.

Le Istituzioni non sono perfette, ha riconosciuto Barroso, ma la tentazione di attribuire a Bruxelles le decisioni impopolari ha già provocato «danni immensi» ed ha quindi precisato che l'Unione si costruisce con il compromesso, «non ci sono né vinti né vincitori». Occorre poi evitare di chiudersi nelle divergenze, ha detto, non è possibile imporre un pensiero unico in Europa. Non vi sono né il «dio mercato» né il «dio Stato», ma una sintesi tra i due che deve permettere all'Unione di vincere la sfida della globalizzazione.

Il momento di crisi deve diventare un'opportunità ha detto il Presidente che ha poi rivolto un appello a tutti i responsabili europei affinché diano prova di responsabilità, facciano uno sforzo per evitare gli egoismi nazionali «che fanno male all'Unione» e trovino un nuovo consenso dinamico e costruttivo, nell'unificazione dei valori, della cultura e dello spirito europeo.

Interventi a nome dei gruppi

Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) ha esordito esprimendo la «grande delusione» per i risultati dei referenda ed ha ventilato il pericolo che ora l'Unione navighi a vista, senza orientamento. L'Europa, tuttavia, deve mantenere gli impegni, le sole Francia e Olanda non possono assumere la responsabilità per 25 Stati membri «buttando nel cestino» le ratifiche di dieci altri Stati membri.

Occorre riflettere per trovare una soluzione, ha detto il deputato, che non deve essere necessariamente rapida ma, piuttosto, «giusta». Condividendo la condanna delle critiche strumentali alle Istituzioni europee, il leader dei popolari ha tuttavia sottolineato che la legislazione comunitaria è spesso esagerata e che, al contrario, è necessario concentrarsi sull'essenziale, rafforzando il principio di sussidiarietà.

Il deputato, soffermandosi sui prossimi ampliamenti dell'Unione, ha quindi accennato alla forza politica, culturale e geografica dell'Europa. La relazione sui progressi di Bulgaria e Romania, a suo parere, dovrà descrivere esattamente la situazione dei due paesi candidati, mentre riguardo alla Turchia dovranno valutarsi i progressi nel recepimento della legislazione compatibile con gli standard europei e, ha sottolineato, il Paese dovrà riconoscere Cipro.

Sempre in merito alla Turchia, dopo aver riconosciuto che vi sono delle divergenze in seno al suo gruppo, ha ribadito che se l'obiettivo è l'adesione, non deve escludersi anche la possibilità di instaurare un partenariato privilegiato.

In merito alle Prospettive finanziarie, infine, il deputato ha affermato che il Regno Unito deve dimostrare senso di responsabilità ed ha quindi augurato successo ai presidenti delle tre Istituzioni implicati in questo esercizio, per far sì che la crisi diventi un'opportunità per poter andare avanti.

Per Martin SCHULZ (PSE, DE) nessuno Stato membro ha il diritto di dire ad un altro cosa deve fare, e il valore del sì spagnolo è pari a quello del no francese. Ha poi detto che occorre fare autocritica sugli esiti dei referenda poiché il malessere e lo scetticismo nei confronti dell'Unione non sono nuovi ma erano ben presenti anche negli anni recenti e tutti «abbiamo chiuso gli occhi». Si è di fronte a un divario tra i cittadini, le Istituzioni europee e i governi, ha detto.

Negli anni '50 e '60, ha spiegato, nessuno aveva letto i trattati ma c'era la fiducia nel progetto di pace e democrazia europeo. Un progetto che, negli anni, è stato completato con promesse di benessere, sicurezza sociale e occupazione che si sono poi rivelate non compatibili con i risultati ottenuti. L'Unione deve essere un'opportunità. Criticando anch'egli la tendenza a responsabilizzare Bruxelles per le decisioni prese, ha anche riconosciuto che è necessaria maggiore sussidiarietà, efficacia e trasparenza. Tuttavia, spetta anche ai governi assumersi le responsabilità.

In merito all'ampliamento, il deputato ha affermato che la prospettiva dell'adesione deve restare valida, ma senza la Costituzione sarà più difficile mantenere le promesse. Occorre pertanto che l'Unione si rafforzi e la Costituzione deve rimanere il suo obiettivo.

Graham R. WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha parlato di «una ribellione da parte dei nostri cittadini» che, tuttavia, «può dare frutti positivi». Il deputato ritiene, infatti, che gli Stati membri siano stati «messi di fronte alla loro duplicità: continuando a prendersi i meriti dei risultati positivi, e biasimando Bruxelles per quelli negativi». L'esito dei referenda della scorsa settimana, pertanto,non poteva essere diverso.

Per quanto grandi siano i progetti di cooperazione internazionale, «non abbiamo spiegato alla gente cosa stiamo facendo insieme a livello europeo e perchè», ha affermato. Inoltre, non sono stati debitamente considerati i timori dei cittadini relativi all'occupazione ed al mercato del lavoro «in un mondo che cambia sempre più in fretta». «Troppe sono le decisioni che vengono ancora prese a porte chiuse». Il deputato ha poi sostenuto che, in futuro, ratificazioni di questo tipo dovranno essere sottoposte a giudizio di tutti gli europei contemporaneamente.

Si è quindi rivolto a Schmidt e Barrosso, non per accusarli della situazione che è venuta a crearsi, ma per appellarsi alla loro leadership affinché «ce ne tragga in salvo». A tal fine, ha proposto che il Consiglio «sia più aperto, legiferi pubblicamente e rispetti la libertà d'informazione», e che «le politiche di giustizia e affari interni siano decise con il metodo comunitario». Infine, il Parlamento europeo può e deve avere un peso nelle decisioni internazionali. Solo con questi provvedimenti si potrà «ricostruire la fiducia nel progetto europeo».

Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) ha sottolineato come la proposta avanzata a suo tempo dal gruppo dei Verdi e bocciata dal Parlamento di indire un referendum europeo sia tornata ora d'attualità. Forse non si avrebbe avuto successo lo stesso, ha detto, ma almeno «non si avrebbe il problema ridicolo di chiederci se continuare o meno il processo di ratifica».

In merito alle prospettive finanziarie, il deputato ha poi evidenziato la necessità di disporre di mezzi adeguati per consentire all'Unione di agire e che, viste le proposte in esame, non si può promettere niente ai cittadini.

Il leader dei Verdi ha quindi affermato che i risultati dei referenda rappresentano «una disfatta» ma, ha aggiunto, «le disfatte di oggi saranno le nostre vittorie di domani». Per tale motivo si deve essere capaci di organizzare una nuova Convenzione che veda la partecipazione del Comitato economico e sociale, del Comitato delle Regioni e di rappresentanti della società civile «per riflettere e per rimettere in causa le politiche economiche e sociali dell'Europa».

«Apriamoci!» ha quindi esclamato esortando la Presidenza a procedere a un dibattito pubblico in occasione del Vertice del 16 e del 17 giugno affinché i cittadini «sappiano cosa si dirà». Infatti, ha aggiunto, «il popolo europeo non ne può più delle conferenze stampa in cui i membri di governo dicono la metà della verità», è un diritto conoscere quali sono i problemi in seno al Consiglio e quali sono le posizioni dei diversi Ministri. E' la mancanza di trasparenza il motivo del fallimento.

Rivolgendosi al Presidente della Commissione ha poi affermato che questa crisi può anche rappresentare un'opportunità. Ad esempio, ha spiegato, i problemi della globalizzazione e della concorrenza cinese potrebbero essere affrontati meglio se all'interno dell'accordo sull'Organizzazione Mondiale del Commercio si integrassero i principi dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Il problema non è di erigere un muro contro la Cina, ha aggiunto, ma di imporvi la democratizzazione affinché i salariati cinesi «possano battersi per i loro stipendi». Se la Cina non accetta, ha esclamato, «bisogna cacciarla dall'OMC!». E che sia così anche per altri paesi. Non bisogna anteporre gli affari alla democrazia, ha aggiunto.

Per concludere, ha sottolineato che l'Europa necessita di un bilancio che permetta delle iniziative economiche e consenta di sviluppare la ricerca e, pertanto, «l'Europa è più interessante delle proposte meschine dei governi».

Proseguire, sospendere o fermare il processo di ratifica? E' quanto si è chiesto Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) affermando di non gradire l'ipotesi di sospenderlo in attesa di «giorni migliori». Si tratterà, ha aggiunto, di una consultazione, non di una ratifica, perchè il progetto di Costituzione «è irrimediabilmente caduco», sia giuridicamente che politicamente.

La crisi di fiducia tra i cittadini e le Istituzioni europee, ha quindi sottolineato, non ha smesso ampliarsi, a partire dalla «grande svolta liberista» del mercato unico e di Maastricht.

La concorrenza selvaggia, la «precarizzazione galoppante», «i rapporti di forza cinici e impietosi», così come il consenso definito al vertice «dietro porte chiuse», non sono più accettati. Per il deputato, prima o poi, si dovrà prendere atto di questo cambiamento nell'atteggiamento dei cittadini, che non riguarda più solo le classi popolari.

Per uscire dall'impasse, ha quindi spiegato, occorre dichiarare chiaramente che la Costituzione è caduca e ritirare le direttive più controverse (come quelle sui servizi e sull'orario di lavoro), nonché aprire un grande dibattito al fine di analizzare lo stato attuale dell'Europa e determinare cosa va cambiato per concepire un'Europa in cui possa riconoscersi la maggioranza dei cittadini.

Philippe de VILLIERS (IND/DEM, FR) ha riassunto l'esito dei due referenda come il «distacco tra i popoli e Bruxelles» per mancanza di fiducia, constatando che la Costituzione «è morta». I dirigenti europei, per il deputato, devono diventare i portavoce dei popoli e non della «macchina europea contro i popoli».

Questi vogliono restare liberi, quindi «vanno sospesi i negoziati con la Turchia» e occorre rispettare il principio della sovranità popolare «lanciando l'organizzazione di cooperazioni multiformi, politiche, industriali e scientifiche, soggette al principio della libera adesione».

Per il deputato, infine, è necessario attuare dei nuovi meccanismi che consentano di tornare alla preferenza comunitaria, almeno nei settori industriali sensibili come quello tessile. Questa, ha concluso, è la sola formula per «salvare l'Europa e riconquistare i popoli».

Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) ha sottolineato la necessità di comunicazione tra istituzioni e cittadini, affinché l'Europa sia «unita politicamente con un progetto economico e sociale, per rilanciare lo sviluppo». Il risultato negativo dei referendum in Francia e Olanda, dunque, non è un "no" al Trattato, quanto alla cattiva informazione. Esprime «la volontà di impedire che si prosegua sulla strada di scelte prese in modo troppo verticistico o senza tenere conto delle realtà in evoluzione e delle nuove situazioni economiche e sociali».

I cittadini europei, infatti, vogliono «regole chiare e applicabili, rispettose del principio di sussidiarietà, capaci di dare soluzioni non solo ai problemi contingenti» ma anche a quelli che si possono prevedere «analizzando il contesto geopolitico e geoeconomico». A tale proposito la deputata ritiene che occorre affrontare «in modo nuovo» i rapporti con la Banca centrale «perché l'Unione non avrà mai futuro se la politica non avrà la necessaria incidenza nella definizione della politica monetaria».

La deputata si è poi soffermata a descrivere come, nel corso della propria storia, l'Unione abbia già vissuto momenti difficili, dai quali, però, «è uscita con il lancio di nuove iniziative». E' dunque fiduciosa che la nuova Europa possa nascere proprio da un momento come quello attuale, «nel quale è evidente che le fughe in avanti degli euroentusiasti e lo scetticismo degli europessimisti non danno garanzia né per il futuro dei singoli né per quello della collettività. L'eurorealismo è l'unica strada del presente, ha concluso, e si basa «sulle scelte democratiche e sul rispetto delle identità nazionali per costruire un'Europa solidale e condivisa».

La Costituzione europea «è nata morta», ha esordito Jean-Marie LE PEN (NI, FR). E' bastato un solo voto negativo, ha quindi spiegato, ne è poi arrivato un altro e ne seguiranno ancora. Mai il divario tra i popoli e i parlamenti è stato così profondo, ha proseguito, e non stupisce allora che il ricorso al referendum non sia l'unico strumento di ratifica possibile in tutti i paesi dell'Unione.

I popoli, ha aggiunto, si sono pronunciati «contro le oligarchie» che hanno avuto a disposizione mezzi nettamente superiori nel dibattito e non intendono rinunciare alla loro indipendenza «da uno Stato sovranazionale, che è allo stesso tempo ultraliberista e burocratico, economicamente mediocre e socialmente disastroso». Il deputato ha quindi ammonito chi è tentato di aggirare i no francesi e olandesi. Sarebbe più saggio, tenere conto della volontà dei popoli e di «sforzarsi di dare un quadro più realista all'auspicabile cooperazione europea».

E' chiaro, ha concluso, i popoli non vogliono scambiare il quadro nazionale, che sta alla base «della loro identità e difende i loro interessi superiori». Vogliono conservare la loro sovranità minacciata oggi «dal mondialismo, dall'immigrazione, dalla rovina sociale e dalla decadenza morale».

Interventi dei deputati italiani

Alessandro BATTILOCCHIO (NI, IT), parlando a nome del nuovo PSI, ha sostenuto che il "no" francese rappresenta «un forte, deciso alto là al processo di integrazione europea». Firmando il Trattato che introduceva la moneta unica e che dava vita al processo di coesione politica, l'Europa ha intrapreso «un percorso che avrebbe dovuto portare alla completa trasformazione sia del modello istituzionale che della complessiva configurazione dell'Unione».

Il deputato ha tuttavia constatato che «diversi ingranaggi in questo meccanismo non hanno funzionato ed ancora oggi molte delle tematiche aperte da Maastricht sono sul tappeto». L'Europa deve ora fare delle scelte chiare sulla propria configurazione e dimensione. Deve inoltre «decidere se perseguire realmente la prospettiva di Lisbona, spostando i relativi assi di interesse» e ridefinendo «i contesti ed i confini dell'integrazione politica» nonché ribadire la scelta a favore di un sistema economico e sociale libero e competitivo, «capace di rendere davvero l'Europa protagonista del processo di globalizzazione in corso».

L'attuale metodo di ratifica, per Nicola ZINGARETTI (PSE, IT), so è rivelato «un errore» e sarebbe stato meglio ricorrere a «un referendum in un solo giorno». Se si avesse avuto allora più coraggio, ha spiegato, «oggi non saremmo in questa situazione». Il deputato ha quindi affermato che l'Europa si trova ora ad un bivio nel cammino per la Costituzione.

Da una parte c'è «meno Europa, si torna indietro, si rallenta, si ferma l'allargamento fino alle follie che ho ascoltato anche nel mio paese sull'euro». L'altro riguarda il lancio di una nuova sfida «che proponga più Europa». Intraprendere tale strada, per il deputato, significa «sapere innovare e cambiare e denunciare che stiamo pagando i ritardi di questi anni»: i ritardi di Nizza e di Lisbona nonché «la scarsità di risorse non adeguate alle nostre ambizioni». Per poter andare avanti, ha quindi concluso, occorre «affrontare con determinazione i nodi irrisolti».

Repliche

Nicolas SCHMIT si è innanzitutto congratulato con il Parlamento. Se ci fosse oggi un nuovo voto in quest'Aula, ha detto, risulterebbe evidente che la Costituzione non è morta, è viva e vegeta, e questa «è la missione che abbiamo tutti», difficile ma che deve essere condotta con determinazione e tenacità. Se la Convenzione ha avuto meriti enormi, ha proseguito, «si deve constatare che non ha risposto completamente alle attese».

In ogni caso, ha proseguito, il dibattito democratico è stato avviato. Che si sospenda o meno il processo di ratifica, la riflessione che deve essere portata avanti «non potrà limitarsi alle sole cancellerie». Occorre soprattutto evitare di «aggiungere confusione allo sconcerto», ha aggiunto, e pertanto bisogna decidere con chiarezza e trovare con i popoli una via d'uscita. E' necessario, inoltre, un dibattito europeo collegato a quelli nazionali e quindi trovare un nuovo consenso politico. Perché, ha spiegato, «l'Europa è la soluzione, non il problema».

Il Ministro ha quindi concluso dicendosi convinto che il messaggio del Parlamento sarà in grado di illuminare coloro che dovranno prendere le decisioni al Vertice della prossima settimana.

José Manuel BARROSO ha tenuto anch'egli a congratularsi con il Parlamento per il dibattito tenutosi in Aula. Un dibattito al termine del quale è chiaro che non esiste una formula magica. Tutti riconosciamo l'estrema complessità del problema e, ha pertanto aggiunto, è necessario agire con prudenza, «grande virtù politica», anche se la società subisce «la dittatura dell'attualità e dell'emergenza». E' per questa ragione, ha spiegato, che occorre darsi il tempo di fare un'attenta analisi, condurre un buon dibattito e trovare una soluzione collettiva.

Il Presidente ha quindi tratto le sue conclusioni, constatando tre punti di convergenza. Innanzitutto, vi è un consenso circa l'idea di approfondire un dialogo che deve andare anche al di là delle istituzioni politiche, dimostrando così che l'Europa non ignora il risultato dei referenda francese e inglese e vuole rispondere in modo adeguato.

Inoltre, è chiaro che la responsabilità è condivisa tra tutti gli attori che dovranno continuare a lavorare in comune per cercare un nuovo consenso in Europa. Infine, occorre evitare la paralisi, perchè i cittadini si aspettano risposte concrete a problemi reali. Uno di questi è il bilancio dell'Unione e, ha aggiunto, il voto del Parlamento è un segno potente che l'Europa non si ferma. 

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BILANCIO

Prospettive finanziarie: il Parlamento chiede mezzi adeguati alle ambizioni dell'Unione
 

Reimer BÖGE (PPE/DE, DE)

Relazione sulle sfide e i mezzi finanziari dell'Unione allargata nel periodo 2007-2013

Doc.: A6-0153/2005

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 7.6.2005

Votazione: 8.6.2005

 Votazione

Con 426 voti favorevoli, 140 contrari e 122 astensioni, l'Aula ha adottato la relazione d'iniziativa di Reimer BÖGE (PPE/DE, DE) che definisce gli importi che saranno difesi dal Parlamento nei negoziati con il Consiglio in merito alle prossime prospettive finanziarie. Senza l'accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio sul pacchetto finanziario, ammoniscono i deputati, «non saranno adottate prospettive finanziarie».

I deputati, che accolgono «con relativo favore» le proposte della Commissione, considerandole «una base accettabile per l'analisi e i negoziati futuri», propongono crediti di pagamento pari all'1,07% del Reddito Nazionale Lordo (883 miliardi di euro per tutto il periodo) e 1,18% dell'RNL in crediti di impegno (975 miliardi di euro).

Il Parlamento attira inoltre l'attenzione del Consiglio su alcune priorità politiche che ritiene particolarmente importanti e che devono essere considerate nel quadro finanziario al fine di riflettere «le crescenti ambizioni» dell'Europa allargata e consentirle di far fronte alle «sempre maggiori responsabilità interne e esterne».

A titolo di «opzioni per alternative», formulano quindi una serie di osservazioni che prevedono anche delle riallocazioni di spese.

La proposta della Commissione, prevede tassi pari all'1,14% per i crediti di pagamento (943 miliardi di euro) e all'1,24% in crediti di impegno (1.022 miliardi di euro), mentre l'ultima proposta di compromesso della Presidenza del Consiglio prevede l'1,06% in crediti d'impegno (circa 873 miliardi di euro). A larga maggioranza, l'Aula ha respinto due risoluzioni alternative presentate dai Verdi e dal gruppo GUE/NGL.

Rispetto alla proposta dell'Esecutivo, il Parlamento ha scelto di non integrare il Fondo europeo di Sviluppo (FES, 21,876 miliardi di euro) all'interno del quadro finanziario, temendo che la sua inclusione possa inficiare le dotazioni della altre politiche.

Inoltre, propone di creare una serie di riserve al di fuori del quadro finanziario al fine di poter affrontare delle situazioni impreviste o difficilmente programmabili in anticipo (coesione, aiuti d'urgenza, fondo di solidarietà, fondo di garanzia) e agevolare l'adattamento economico dell'Unione nel campo della competitività.

Questa strategia mira a garantire una maggiore flessibilità nel funzionamento dell'Unione e ad agire meglio nel quadro della Strategia di Lisbona. Se questi importi fossero stati integrati, la proposta del Parlamento europeo sarebbe praticamente equivalente a quella dell'Esecutivo (-0,01%).

Schematicamente, la relazione prevede i seguenti importi per i crediti di impegno di ogni singola rubrica e per tutto il periodo di programmazione:

- Crescita sostenibile - coesione, crescita e occupazione: 459 miliardi di euro

- Conservazione e gestione delle risorse naturali: 396,2 miliardi di euro

- Cittadinanza, libertà sicurezza e giustizia: 19,4 miliardi di euro

- L'UE come partner globale: 70,6 miliardi di euro

 In linea generale, i deputati si dicono consapevoli «del difficile contesto politico, economico e sociale in cui si trovano numerosi Stati membri», ma ricordano che il bilancio comunitario è cresciuto decisamente meno dei bilanci nazionali dell'UE-15 tra il 1996 e il 2002 (8,2 % contro 22,9%). Inoltre, colgono l'occasione per sottolineare che il massimale delle risorse proprie stabilito nel 1993 per 15 Stati membri è rimasto da allora invariato e che il bilancio dell'UE ha un'incidenza inferiore al 2,5% sulla spesa pubblica complessiva dell'Unione, «a fronte di una media del 47% dell'RNL dell'UE per la spesa pubblica totale».

D'altra parte, il Parlamento ritiene che i costi dell'allargamento devono essere affrontati in modo equo e paritario e, potendo «essere sostenuti benissimo» dai 15 vecchi Stati membri dell'UE, «devono essere considerati il minimo, tenendo conto dei benefici politici, sociali ed economici che la riunificazione dell'Europa comporta per tutta l'Unione».

I deputati si dicono poi convinti che le prospettive finanziarie possano permettere uno sviluppo equilibrato delle risorse finanziarie destinate all'Unione a condizione che vengano utilizzate per azioni con un vero valore aggiunto europeo. Esse inoltre dovranno ottimizzare la concentrazione e la complementarità con azioni svolte a livello nazionale «per limitare, quanto più possibile, l'onere sui contribuenti», ed essere spese nell'ottica di una sana gestione finanziaria.

Infine, ribaltando quanto votato dalla commissione temporanea, su proposta di deputati italiani provenienti da diversi gruppi, la relazione si dice favorevole alla proposta dell'Esecutivo di definire un quadro finanziario settennale. La maggioranza dei deputati, infatti, ritiene che un periodo più breve «non sia fattibile dal punto di vista tecnico e politico» e che una programmazione a più lungo termine contribuisce alla stabilità del sistema, «agevolando nel contempo la pianificazione della politica di coesione» e di altri strumenti di bilancio.

Rubrica 1: Crescita sostenibile (459 miliardi di euro)

Questa rubrica comprende, tra le altre cose, la politica regionale, la ricerca, l'istruzione e la formazione, la politica sociale e le reti transeuropee.

La Politica regionale è considerata dai deputati «uno strumento indispensabile per promuovere la coesione sociale economica e territoriale» e ne sottolineano l'importanza per il conseguimento degli obiettivi di Lisbona. L'esistenza di una politica regionale europea forte e dotata di sufficienti risorse finanziarie è, a loro parere, «una condizione sine qua non perché l'Unione possa affrontare i successivi allagamenti e ridurre le discrepanze regionali».

A tal fine, ritengono che vada conservata la struttura basilare della programmazione a tre pilastri con la relativa proporzionalità e reputano pertanto adeguati gli importi dello 0,41% dell'RNL dell'Unione e del 4% dell'RNL dei nuovi Stati membri. A condizione, però, che gli Stati membri «possano garantire la realizzazione degli interventi a integrazione delle misure nazionali e regionali e che sia messo a disposizione un cofinanziamento corrispondente» (ricorrendo a fondi pubblici e privati).

I deputati si dicono inoltre determinati a controllare la rigorosa applicazione, da parte della Commissione, della regola N+2 nell'ambito dei fondi strutturali. D'altra parte, prepongono un meccanismo di transizione che consenta alle regioni interessate dall'effetto statistico di continuare a beneficiare di un sufficiente sostegno comunitario, «in quanto nessuna regione dovrebbe ritenere di essere stata penalizzata dall'allargamento».

Inoltre, i deputati chiedono che le regioni di transizione, in particolare dell'obiettivo 1 e 2, ricevano «un sostegno adeguato» e ottengano «un trattamento preferenziale nell'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato».

In merito alla Ricerca, il Parlamento sottolinea che essa costituisce «il fulcro dell'economia basata sulla conoscenza» e rappresenta un fattore fondamentale «per la crescita e lo sviluppo sostenibile, la competitività delle imprese, l'occupazione e la realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona». Pertanto, gli sforzi in materia di ricerca dovrebbero essere potenziati e consolidati a livello europeo. Le attuali prospettive finanziarie devono inoltre contribuire in modo sostanziale a raggiungere l'obiettivo definito dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 per un aumento della spesa per R&S al 3% dell'RNL dell'UE entro il 2010.

In proposito, nel ritenere che gli strumenti finanziari debbano essere rielaborati in modo più preciso e mirato, i deputati reputano che l'istituzione di un programma ambizioso per la competitività e l'innovazione dotato di risorse finanziarie adeguate «sia di vitale importanza» per sostenere una politica industriale orientata verso la prosperità, in particolare per le PMI. Alla Commissione, inoltre, è chiesto di proporre uno snellimento delle sue procedure finanziarie al fine di agevolare l'attuazione della politica di ricerca.

In merito alle Reti transeuropee, la relazione accoglie favorevolmente la proposta della Commissione sui progetti prioritari TEN-T, sottolineandone l'importanza strategica «per un definitivo consolidamento del mercato interno». Tuttavia rileva che le risorse destinate ai 30 progetti prioritari nel settore dei trasporti, e il programma Marco Polo, «costituiscono un importo minimo che va considerato suscettibile di revisione al rialzo».

I deputati chiedono un finanziamento adeguato per lo sviluppo delle interconnessioni dei trasporti e delle infrastrutture comuni condivise dai paesi e insistono che questo «dovrebbe essere subordinato alla garanzia, da parte degli Stati membri, di un adeguato finanziamento a livello nazionale e di un idoneo accesso alla rete da parte delle regioni interessate».

Nell'osservare che il nuovo regolamento prevede anche infrastrutture di finanziamento nel programma TEN-E (energia), a differenza del precedente quadro 2000-2006, i deputati sono del parere che nell'ambito di tale programma il sostegno vada incentrato sugli studi e propongono una riassegnazione interna di 200 milioni di euro dalla TEN-E all'Agenda sociale.

Anche per quanto riguarda l'Istruzione e la formazione il Parlamento reputa che la proposta di dotazione rappresenti «il minimo assoluto necessario per la realizzazione degli obiettivi comunitari». Esso, infatti ritiene che l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita costituisca «una delle massime priorità» ed «un fattore fondamentale per la crescita, l'inclusione sociale e la competitività». Sottolineando poi la necessità di rafforzare le mobilità degli studenti in tutta l'Unione e accogliendo positivamente il consolidamento in un unico strumento, i deputati sostengono che, per conseguire gli obiettivi del programma, occorra aumentarne di 670 milioni di euro la dotazione.

Rubrica 2: Conservazione e gestione delle risorse naturali (396,2 miliardi di euro)

Questa rubrica comprende, principalmente, la politica agricola, lo sviluppo rurale, la politica della pesca e la protezione dell'ambiente.

Riguardo alla Politica agricola comune (PAC), i deputati osservano che, secondo le proposte della Commissione, il volume degli stanziamenti destinati all'agricoltura scenderà dal 45% nel 2007 al 35% nel 2013.

Tuttavia, pur notando che si tratta di un aumento nominale limitato al 3% nel corso del periodo, reputano che esso continui a rappresentare «un volume sproporzionato di stanziamenti che sarà persino più elevato se alcune politiche verranno ridotte rispetto ad altre». 

Inoltre, respingendo «ogni tentativo di rinazionalizzare  la PAC», i deputati temono che, in assenza di un accordo politico e finanziario, rimanga in dubbio il finanziamento delle misure relative al mercato e dei pagamenti diretti a favore della Bulgaria e della Romania al di sopra del massimale convenuto dal Consiglio nel 2002 per un'Unione a 25.

Pertanto, al fine di garantire il livello di sostegno fissato, propongono che se le esigenze superano le previsioni «si debba dare il via alla possibilità di un processo di introduzione progressiva del cofinanziamento obbligatorio nell'ambito dell'UE a 15».

I deputati appoggiano un aumento sostanziale dei fondi destinati allo Sviluppo rurale per affrontare i problemi dell'occupazione e della competitività nelle aree rurali e reputano che investire in delle aree «implichi anche un sostegno alle imprese che promuovono la diversificazione di tali zone». La proposta della Commissione per la dotazione del nuovo Fondo di sviluppo rurale, a loro parere, è «estremamente limitata» e, pertanto, costituisce «un minimo assoluto».

D'altra parte, il Parlamento, plaude all'approccio della Commissione volto a integrare Natura 2000 nel Fondo di sviluppo rurale e nei Fondi strutturali, ma insiste, a tale riguardo, su un meccanismo giuridicamente vincolante «che garantisca una adeguata attuazione e assicuri un finanziamento comunitario» al programma per un importo di 21 miliardi di euro.

Rubrica 3: Cittadinanza, libertà sicurezza e giustizia (19,4 miliardi di euro)

Tale rubrica comprende, principalmente, le politiche in materia di asilo e immigrazione, frontiere esterne e sicurezza, giustizia e diritti fondamentali, cultura e gioventù, cittadinanza.

Il completamento dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia è, per i deputati, una delle priorità politiche e ritengono che lo stanziamento proposto per tale settore (pari a circa 2/3 dei finanziamenti previsti nella proposta rubrica 3), seppur rappresenti un aumento sostanziale, «potrebbe non essere sufficiente a coprire le necessità e le ambizioni dell'Unione europea in materia definite dal Parlamento europeo e dal Consiglio».

Essi, infatti, reputano necessario un aumento di 1 miliardo di euro per conseguire gli obiettivi del Parlamento e ritengono, inoltre, che alla rubrica 3 «debba essere lasciato un margine sufficiente per far fronte a esigenze impreviste e a nuovi sviluppi». L'aumento dei crediti dovrebbe essere concesso prioritariamente a Europol e Eurojust, tenuto conto della priorità attribuita alla lotta contro il crimine organizzato e il terrorismo.

Ritenendo prioritario il programma Gioventù in azione, il Parlamento accoglie con favore la proposta di razionalizzazione degli strumenti comunitari in tale settore e ritiene che, per conseguire gli obiettivi del programma, sia necessario aumentare il relativo importo da 811 milioni di euro a 1 miliardo di euro.

I deputati inoltre vedono con favore la razionalizzazione degli strumenti comunitari in campo culturale prevista dalla proposta della Commissione (Cultura 2007). Tuttavia, nel deplorare «che attualmente si spendano per le arti appena 7 centesimi pro capite del bilancio comunitario», la relazione ritiene necessario portare l'attuale importo di 360 milioni di euro a 500 milioni di euro.

Giova, infine, sottolineare che i deputati sottolineano l'esigenza per l'Unione di rendere disponibili le risorse necessarie a sostenere un'efficace strategia d'informazione e comunicazione «intesa a spiegare ai cittadini il funzionamento delle istituzioni, che sono al loro servizio, e i motivi per cui perseguono determinati obiettivi politici».

Rubrica 4: L'UE come partner globale (70,6 miliardi di euro)

Questa rubrica riguarda soprattutto la PESC, la politica di vicinato, la cooperazione e l'aiuto umanitario.

Deplorando la «pressione» che subisce tradizionalmente tale rubrica dal punto di vista degli stanziamenti, i deputati insistono affinché alle azioni esterne venga garantito «un livello di finanziamenti sufficiente a consentire all'UE di divenire un vero "partner globale" nel mondo e a dotarla delle risorse adeguate alle sue ambizioni politiche e ai suoi impegni internazionali». La relazione, inoltre, segnala la necessità di un elevato livello di flessibilità e di un margine sufficiente in caso di eventi imprevisti. L'Aula, inoltre, chiede che la distribuzione dei fondi PESC rientri nell'ambito del bilancio dell'Unione e sia quindi  posto sotto l'autorità del Parlamento.

I deputati si dicono fermamente convinti della necessità di aumentare le risorse finanziarie per approfondire le relazioni con i paesi vicini e fornire un adeguato livello di finanziamenti per i paesi candidati potenziali e per i paesi candidati, «in modo da garantire loro un trattamento corretto ed equo».

D'altra parte, richiamano l'attenzione sul fatto che le risorse disponibili per le relazioni dell'Unione con i paesi in via di sviluppo vanno considerate «appena sufficienti per onorare l'impegno europeo» di aiutare tali paesi a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio entro il 2015. Essi, infine, accogliendo con favore l'imminente istituzione di un servizio europeo per l'azione esterna, insistono sul fatto che i suoi costi amministrativi devono rientrare interamente nel bilancio dell'UE.

La relazione chiede quindi un aumento di 2,5 miliardi di euro e una riassegnazione di 1,5 miliardi, in particolare per lo strumento di preadesione e per lo strumento di vicinato e partenariato, per finanziare le crisi e riconfigurare la politica estera.

Flessibilità e riserve

Lo strumento di flessibilità, indispensabile a far fronte agli imprevisti, dovrà essere rivisto e la sua dotazione aumentare fino a 500 milioni di euro all'anno (contro i 200 attuali).

Questo nuovo strumento, che i deputati ritengono una parte «non negoziabile» dell'accordo interistituzionale, sarebbe finanziato attraverso una riprogrammazione all'interno di ogni rubrica del bilancio, con lo storno di crediti non utilizzati o con l'apporto di nuovi crediti qualora le due opzioni precedenti non fossero percorribili.

Per quanto riguarda le riserve, il Parlamento propone la creazione di una riserva per la competitività (massimo 7 miliardi di euro, in sostituzione del Fondo d'adeguamento per la crescita), una riserva per la coesione (3 miliardi), l'aiuto d'emergenza (1,5 miliardi) e il Fondo di solidarietà (6,2 miliardi).

Dibattito

Il Presidente BORRELL, aprendo il dibattito ha sottolineato come l'argomento sia di fondamentale importanza per il futuro dell'Unione e, pertanto, si è rammaricato delle forti assenze in Aula che «denotano una sorprendente unanimità tra i di versi gruppi politici».

Intervento del relatore

Il relatore Reimer BÖGE (PPE/DE, DE), ha sottolineato che il progetto di relazione è stato adottato dalla commissione temporanea con una maggioranza di 2/3 che ha auspicato si riproponga per il voto in Plenaria. La relazione, frutto di una proficua collaborazione con tutte le altre commissioni parlamentari permanenti, rappresenta una soluzione sostenibile e coerente per il deputato, che ha quindi ricordato come «senza l'accordo del Parlamento non ci saranno prospettive finanziarie», poiché non si è disposti a un accordo «a tutti i costi».

Su alcuni aspetti, ha spiegato, si è seguito l'approccio della Commissione, vi sono dei tagli ove è necessario ma vengono anche illustrate le priorità del Parlamento, trovando una sintesi tra sussidiarietà e valore aggiunto europeo e tenendo conto della disciplina di bilancio.

Il relatore ha quindi sottolineato che la relazione afferma l'intenzione di semplificare i programmi e riformare il regolamento di bilancio e pretende il rispetto delle prerogative del Parlamento. Evidenziando quindi l'importanza attribuita dai deputati alla ricerca, alla formazione e alla coesione, ha poi sostenuto che alcune politiche - come quella estera - rischiano di incontrare problemi ed ha posto l'accento sulle proposte in merito al nuovo strumento di flessibilità e all'uso delle riserve.

Spiegando che la soluzione ipotizzata dalla commissione temporanea rappresenta l'1,18% del Reddito Nazionale Lordo (RNL) in crediti di impegno e l'1,07% in crediti di pagamento, il relatore ha concluso affermando che la relazione in esame rafforza la posizione negoziale del Parlamento e fornisce alla Commissione la possibilità di intervenire con proposte costruttive al fine di permettere all'Unione di avvicinarsi ai cittadini.

Dichiarazione del Consiglio

Nicolas SCHMIT, a nome del Consiglio, si è detto pronto a un dialogo costruttivo con il Parlamento sottolineando che il tema in discussione è della massima importanza per l'Unione, «in un momento in cui non ha diritto al fallimento». Il Parlamento, per il Ministro, ha dato prova di realismo adottando un approccio coerente che definisce un quadro di massima per i futuri negoziati in seno al Consiglio.

Negoziati che sono solo nella prima fase e, ha precisato, per poter disporre delle prospettive finanziarie è necessario il consenso del Parlamento. La Presidenza, ha proseguito, è determinata a giungere a un accordo per il Vertice del 16 e 17 giugno e, in tale prospettiva, «nulla dovrebbe distoglierci dall'importante obiettivo che consiste nel fare in modo che l'Unione disponga di risorse adeguate per svolgere i compiti che l'attendono nei prossimi anni».

Nel sottolineare la necessità di conoscere le disponibilità finanziarie il prima possibile, il Ministro ha quindi illustrato a grandi linee i contenuti del quadro negoziale proposto dalla Presidenza e attualmente in discussione al Consiglio. Innanzitutto, si è dovuto procedere - «purtroppo o inevitabilmente» - ad alcuni tagli al fine di trovare un equilibrio.

I crediti totali ammontano a 570 miliardi di euro e corrispondono all'1,06% del Reddito Nazionale Lordo e ad un aumento medio compreso tra il 5 e il 18% rispetto al 2006. Nel riaffermare la determinazione della Presidenza a disporre delle risorse necessarie per portare avanti le politiche, egli ha però sottolineato che la debole crescita economica negli Stati membri ha inevitabili conseguenze sul dibattito in materia di bilancio.

Riguardo alla politica di coesione, ha tenuto a precisare che l'obiettivo non è di giungere a un riduzione della sua dotazione e che questa non rappresenta «la variabile di aggiustamento al ribasso» in quanto va garantita la solidarietà all'interno dell'Unione europea. La Presidenza, ha spiegato, ha cercato di limitare al massimo le riduzione e la dotazione in esame rappresenta lo 0,37% del RNL. Sono state proposte delle modifiche nell'attribuzione dei fondi - «non senza difficoltà» - per garantire il principio della solidarietà ed aiutare chi ha maggiormente bisogno del sostegno comunitario. Nell'ammettere che ciò ha reso scontenti alcuni Stati membri e talune regioni, il Ministro ha quindi sottolineato la ristrettezza del margine di manovra disponibile.

Per quanto riguarda la Strategia di Lisbona, l'oratore ha sottolineato che il Vertice di marzo ha ridefinito le priorità e che queste devono essere dotate dei necessari mezzi finanziari. La Presidenza, ha proseguito, ha proposto degli aumenti delle dotazioni per l'occupazione e la formazione, nonché per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e per le relazioni esterne.

Sottolineando l'importanza di trovare un accordo anche sul fronte delle risorse, il Ministro ha schiarito che il punto di partenza della proposta della Presidenza sono le conclusioni in merito al rimborso britannico. A tale proposito ha spiegato che, nel 2007, la compensazione dovrebbe ammontare alla media nominale dei 7 anni precedenti le ultime adesioni e, successivamente, diminuire al fine di garantire l'equità e la solidarietà.

Inoltre, sono proposte delle misure specifiche per Germania, Paesi Bassi e Svezia che prevedono un congelamento allo 0,3% della risorsa IVA. Il Ministro ha quindi concluso affermando che tutti dovranno dar prova della volontà politica per giungere a un accordo e che le proposte della Presidenza rappresentano la base di un negoziato che andrà poi valutato dal Parlamento.

Dichiarazione della Commissione

Per José Manuel BARROSO la relazione in discussione dimostra la volontà del Parlamento di dare un contributo decisivo al dibattito che egli valuta fondamentale per il futuro dell'Unione. Notando che essa presenta molte convergenze con la posizione della Commissione, il Presidente dell'Esecutivo ha sottolineato che ciò non lo sorprende in quanto le due Istituzioni hanno utilizzato lo stesso metodo: prima si definiscono le priorità politiche, poi i mezzi finanziari per conseguirle. Si tratta di un approccio, ha spiegato, che consente di convincere i cittadini del buon utilizzo delle loro risorse.

A parere del Presidente occorre lavorare nello spirito dell'Accordo interistituzionale, un accordo tra le tre Istituzioni che condividono la responsabilità e che hanno tutte un ruolo determinante. In quest'ottica, la definizione della posizione del Parlamento e il trilogo del 14 giugno rappresentano delle tappe chiave verso un accordo che deve concludersi in temi rapidi. Pur rimanendo talune divergenze, ha aggiunto, le rispettive riflessioni hanno portato le due Istituzioni a delle conclusioni «che sono in realtà molto vicine».

La risoluzione in discussione, ha proseguito, è completa ed equilibrata e si vale di un ampio consenso in seno ai gruppi politici. Barroso ha quindi sottolineato l'importanza che l'alleanza tra Commissione e Parlamento tenga fino alla fine dei negoziati. Tenuto conto delle divergenze in seno al Consiglio, il Presidente si è detto comunque convinto che sarà possibile trovare un accordo nelle prossime settimane.

L'accordo è necessario, ha spiegato, soprattutto per non privare i cittadini delle politiche di cui hanno bisogno e per dimostrare loro che, nonostante le difficoltà, l'Europa «è capace di agire, ha un progetto per il futuro ed è capace di attuarlo». Occorre, inoltre, «rispondere con l'azione a coloro che pensano che l'Europa possa fermarsi e paralizzarsi».

Barroso si è poi soffermato sulla proposta della Presidenza, sottolineando che, in materia di coesione, nonostante i risparmi la dotazione complessiva rimane integra. In quanto alle risorse, la soluzione in discussione «non è l'ideale» ma le condizioni sono tali da non rendere percorribile quanto ipotizzato dall'Esecutivo e, in fin dei conti, si tratta quindi di una soluzione equilibrata.

D'altro canto il Presidente della Commissione ha definito «deludenti» le proposte su competitività, crescita e occupazione, giustizia, libertà e sicurezza nonché politica estera. In queste materie, ha sottolineato, l'Unione dovrà fare dei sacrifici veri ed effettivi. Egli ha quindi concluso che non potrà essere accettato un accordo al ribasso e che occorre dare nuovo slancio all'Unione al fine di rispondere alle attese dei cittadini.

Interventi dei deputati italiani

Enrico LETTA (ALDE/ADLE, IT), relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari, ha affermato che al momento del voto della relazione «il Parlamento europeo avrà la prima occasione per reagire all'incertezza determinata dall'esito dei referendum francese e olandese».

Giudicando la relazione in esame «buona, equilibrata ed omogenea alla proposta della Commissione Prodi», il deputato ha sottolineato che essa mantiene un livello adeguato di risorse per l'Unione e garantisce alle regioni in ritardo di sviluppo di continuare a godere del sostegno dell'Unione. Inoltre, essa cerca di non penalizzare nessuno a causa dell'allargamento, punta sulla coesione ma anche sulla competitività, attribuendo un ruolo di primo piano alla ricerca e all'innovazione tecnologica.

Tuttavia, aldilà dei miglioramenti che possono essere apportati, ha insistito il deputato, «è importante considerare il valore concreto e simbolico dell'approvazione di questo testo da parte del Parlamento». «Il segnale positivo è duplice», ha proseguito.  Il raggiungimento di un accordo nei limiti temporali stabiliti e, in particolare, «il rifiuto della drastica riduzione delle risorse», rappresentano «la dimostrazione della volontà di non cedere a tentazioni di rinazionalizzazione».

Questo voto, ha aggiunto, deve suonare come un appello al Consiglio europeo della prossima settimana, «affinché giunga ad un accordo che sia il più possibile vicino alla nostra posizione». Non ritenendo che l'ultima proposta del Consiglio «vada nella buona direzione», ha quindi concluso concordando con il Presidente Barroso sulla necessità di un rilancio e questa «è la prima decisione cruciale per un siffatto rilancio dell'Unione».

Umberto PIRILLI (UEN, IT), dopo essersi complimentato con il relatore per la capacità di sintesi delle diverse tendenze emerse e per il buon lavoro svolto, ha voluto soffermarsi «sulla trilogia Parlamento, Commissione, Consiglio». I primi sono assertori del mantenimento degli stanziamenti d'impegno al livello attuale o di poco inferiore, il Consiglio, invece, è difensore della prerogativa degli Stati membri i quali «sono preoccupati - e dopo il voto di Francia e Olanda sulla Costituzione lo sono ancora di più - del malessere che avviluppa come una morsa l'Unione».

Essi si illudono, riducendo i fondi, di salvare le loro rispettive posizioni, «tutte a rischio Cina, India, USA, rivoluzione globale, competitività, innovazione». Quella europea, ha proseguito, è una società composita «che vive al di sopra delle sue possibilità» e che è sempre più a rischio «perché ha istituzioni rigide, un governo a sovranità limitata, una banca centrale senza anima». Ridurre gli interventi, ora, in luogo che aumentarli come sarebbe invece necessario, ha quindi concluso il deputato, «significa perdere fiducia e competitività e non investire nel futuro e nel consenso dei nostri popoli nei confronti delle nostre istituzioni».

Roberta ANGELILLI (UEN, IT), «da europeista convinta» ma anche da deputato italiano «che è qui per rappresentare e difendere gli interessi della sua nazione», ha definito «inaccettabile» la proposta Junker «che fissa ad un misero 1,05% del PIL» il contributo degli Stati membri al budget europeo. Solo per l'Italia, che è contributore netto dell'UE, ciò significa un taglio di circa 8 miliardi di euro l'anno, ha precisato. Sono «ridotti all'osso» anche i fondi per l'occupazione, soprattutto per donne e giovani e per la giustizia, sono cancellati quasi la metà dei fondi per ricerca, innovazione e reti transeuropee, «con buona pace della strategia di Lisbona». «Troppi tagli e troppe anche le contraddizioni», ha quindi esclamato.

Per la deputata occorre anche cancellare «l'eccezione, il privilegio, che vede la Gran Bretagna ottenere il rimborso di una parte consistente dei contributi versati». Si tratta di un provvedimento, ha spiegato, voluto dalla Thatcher nell'84 e «purtroppo ed incomprensibilmente riconfermato» durante la Presidenza Prodi, un rimborso «pagato in gran parte dalla Francia e dall'Italia». La proposta Juncker, ha quindi concluso, «è l'ennesima dimostrazione dell'abissale distanza che esiste tra la burocrazia europea e le reali esigenze dei popoli degli Stati europei».

Gianni PITTELLA (PSE, IT) ha esordito affermando che l'esito del referendum ha avuto un impatto così forte nel dibattito politico e nella psicologia dei cittadini, che qualche commentatore è stato spinto a chiedersi finanche se, «dopo il compimento della grande missione di pacificazione assolta dall'Europa», vi sia ancora bisogno delle istituzioni europee.

Noi sappiamo bene, ha invece sottolineato il deputato, «che l'Europa non è soltanto utile ma è necessaria» e che, affinché l'Europa sia utile, coesa e competitiva, e dunque percepita come necessaria dai cittadini, «essa deve poter sviluppare le sue politiche ed essere dotata delle risorse per farlo». Egli ha quindi affermato che è questo il senso della battaglia che il Parlamento sta conducendo sulle prospettive finanziarie e che risulta in modo «soddisfacente, realistico, ma non rinunciatario» nella relazione in esame.

Sottolineando poi che l'intesa con il Consiglio dipende molto dall'ampiezza del voto che otterrà la relazione e «moltissimo dalla capacità dei capi di governo di non farsi travolgere dal culto dei propri orti nazionali», il deputato ha dichiarato di aver apprezzato le «parole chiare e determinate» di Barroso. Il Presidente Juncker, pertanto, dovrà mettere le sue grandi doti negoziali «al servizio di un'intesa dignitosa» e dovrà evitare «di trascinarsi in un'infinita mediazione bilaterale che rischia di penalizzare alcuni in modo ingiusto e ingiustificabile».

L'oratore ha quindi concluso rivolgendo un appello ai colleghi affinché difendano «con un voto ampio e compatto il diritto dovere dell'Unione ad esistere e ad operare».

Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT) ha voluto sottolineare che uno dei meriti del relatore è «di guardare al processo di integrazione europea come ad una dinamica politica in pieno divenire, con traguardi ed ambizioni di alto profilo: fiducia, prospettive e slancio» ed ha aggiunto che è «di questo l’opinione pubblica ha oggi bisogno per non finire preda dello scetticismo e della rassegnazione».

La relazione, per il deputato, è frutto di un lavoro delicato che ha richiesto un'analisi complessa e «che si è tradotto in efficaci proposte politiche», un risultato ancor più meritorio, ha aggiunto, se si considera il clima difficile, «soprattutto per la pressione delle cieche spinte rigoriste» cui è stato sottoposto.

La risoluzione, ha poi spiegato, indica le priorità attraverso cui passa il rilancio dell’Europa: l'intoccabilità della politica di coesione, l’importanza di promuovere la competitività e lo sviluppo dell’Unione, l’esigenza di una sempre più efficace politica comune nel settore della Giustizia e degli Affari Interni, la necessità di dare slancio alle relazioni esterne ed alle dinamiche di integrazione del mercato unico, come pure la valorizzazione del concetto di flessibilità per conferire agilità ed efficacia al quadro finanziario europeo.

Tuttavia, ha osservato, la posizione del Parlamento europeo, così come è delineata nella relazione Böge, «diverge sensibilmente dal documento di lavoro  presentato dalla Presidenza lussemburghese il 2 giugno scorso». Pertanto, il deputato ha espresso il timore che il Consiglio europeo «possa approvare un compromesso dai contenuti, politici e finanziari, molto deludenti».

Nella consapevolezza che si tratterà di un compromesso «frutto di una mediazione sofferta», ha quindi affermato, «non faremo mancare mai la nostra disponibilità a trovare soluzioni equilibrate e faremo tutto il possibile per sventare l’eventualità di uno scontro istituzionale». Tuttavia, ha concluso, deve essere chiaro che «non si potrà fare appello al nostro senso di responsabilità per associare il Parlamento europeo ad un esercizio, che produca l’effetto di mortificare il processo di integrazione».

Repliche

 Nella replica, Nicolas SCHMIT ha affermato che «l'eccellente relazione» aiuterà il Consiglio a trovare un compromesso ma, sottolineando le contraddizioni emerse dal dibattito, ha evidenziato che la Presidenza si trova a dover gestire contraddizioni ancora più importanti a livello di capi di Stato e di governo. Agire o meno sul rimborso britannico, riduzione o meno delle spese agricole sono alcune delle domande a cui si dovrà rispondere.

Il Lussemburgo avrebbe sottoscritto la proposta della Commissione, ha affermato, ma in quanto Presidenza si trova a dover affrontare alcuni problemi su taluni dei suoi aspetti. Sulla base di queste proposte, ha precisato, «non sarà possibile giungere a un compromesso» al Vertice.

Occorre quindi individuare i capitoli di spesa che possono essere ridotti e di quanto, senza togliere al bilancio comunitario «il suo impatto, la sua influenza e la sua capacità di orientamento politico che può esercitare il bilancio». Se qualcuno si è lamentato dei tagli proposti, ha precisato, in realtà per tutte le rubriche è previsto un incremento reale, a volte insufficiente, in altre è invece sensibile.

Senza un accordo, ha quindi ammonito, si arriverebbe a un bilancio di 835 miliardi di euro e ha quindi sottolineato che la Presidenza propone una cifra più rilevante. Si tratta di una proposta più ambiziosa, «forse non abbastanza», ma lo è tanto quanto gli Stati membri accettano che lo sia. L'Europa, ha proseguito, deve trovare un nuovo slancio, deve battersi contro le demagogie riguardo allo spreco del denaro europeo e non tollerarle perché nuocciono al progetto europeo nel suo insieme. L'Europa, inoltre, ha bisogno di solidarietà e la Presidenza ha cercato di trovare il giusto equilibrio nell'affrontare questa necessità, affinché tutti possano riconoscersi.

L'Europa, poi, deve essere più efficace nella sua spesa e occorre pertanto riflettere su come definire meglio il valore aggiunto delle politiche europee e lavorare maggiormente sulla qualità della spesa, garantendo anche un miglior coordinamento tra quella comunitaria e quella nazionale. Ciò, a suo parere, va fatto, a maggior ragione, nel campo della formazione e della ricerca.

In conclusione, il Ministro ha affermato che non può garantire che si troverà un compromesso o che questo sarà sufficientemente ambizioso come auspicato dal Parlamento, tuttavia, ha ammonito, se non si trova un compromesso la situazione non potrà che essere peggiore.

Dal canto suo, José Manuel BARROSO, colpito dalla convergenza di Parlamento e Commissione sulle priorità e sull'utilità del bilancio comunitario, ha affermato che gli impegni e i mezzi devono corrispondere alle priorità politiche. La spesa comunitaria, ha proseguito, rappresenta un valore aggiunto e consente di realizzare progetti che altrimenti non sarebbero attuati. Egli ha quindi riassunto il dibattito tenutosi in Aula affermando che «si vuole un accordo, ma che sia buono e ambizioso», un'ambizione per un'Europa che sia solidale.

D'altra parte, per giungere a questo accordo, il Presidente ritiene necessario che tutti abbiano uno spirito di compromesso. Pertanto, si è rivolto alla Presidenza, alla quale ha peraltro espresso il proprio riconoscimento, affinché il messaggio del Parlamento sia preso in debita considerazione in questa fase cruciale dei negoziati.  Il compromesso, dovrà essere più vicino alla posizione di Parlamento e Commissione rispetto alle ipotesi avanzate da alcuni Stati membri.

Egli ha quindi rivolto un appello a tutti i deputati affinché si possa affrontare con uno spirito di compromesso questa fase finale dei negoziati e, pertanto, che dal Vertice sia lanciato un messaggio positivo. Ossia che, l'Europa sorprenderà i suoi avversari dimostrando che, «soprattutto nelle situazioni difficili, è capace di trovare una soluzione». Una soluzione, ha concluso, che sia «credibile e che non lasci troppo lontane le nostre ambizioni dagli strumenti di cui dotiamo le Istituzioni per compiere queste ambizioni».

Il relatore Reimer BÖGE (PPE/DE, DE) ha affermato di non accettare «la teoria del caos» secondo cui «l'Unione resta a mani vuote» se non si trova un compromesso. Si dovranno utilizzare i prossimi giorni per negoziare e, ha avvertito, il Consiglio non deve credere che, trovato un accordo, potrà decidere da solo. Dopo che il Parlamento avrà adottato la sua posizione, ha quindi concluso, non si potrà pretendere la sua adesione incondizionata.

Link utili

Comunicazione della Commissione - Costruire il nostro avvenire comune. Sfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013.

Comunicazione della Commissione - Prospettive finanziarie 2007 - 2013.

Proposta di rinnovo accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e il miglioramento della procedura di bilancio

Relazione della Commissione sul funzionamento del sistema di risorse proprie.

Risoluzione del Parlamento europeo sulle prospettive finanziarie in vista del Consiglio europeo del dicembre 2004.

Decisione del Parlamento europeo sulla costituzione di una commissione temporanea sulle sfide politiche e le risorse di bilancio dell'Unione europea allargata 2007-2013.

Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo "Costruire il nostro avvenire comune: Sfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013"

Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio del 1999.

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AFFARI ECONOMICI E MONETARI

Patto di stabilità: massimo 3 anni per correggere i disavanzi
 

Othmar KARAS (PPE/DE, AT)

Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi

Doc.: A6-0158/2005

Procedura: Consultazione legislativa
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Othmar KARAS (PPE/DE, AT)

Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche

Doc.: A6-0168/2005

Procedura: Cooperazione

Dibattito: 8.6.2005

Votazione: 9.6.2005

La Plenaria ha approvato due relazioni di Othmar KARAS (PPE/DE, AT) sulle modalità di attuazione del Patto di stabilità e sul rafforzamento della sorveglianza con le quali raccomanda definizioni più chiare e scadenze più ravvicinate per la correzione dei deficit eccessivi.

Con la prima relazione, adottata con 320 voti favorevoli, 116 contrari e 163 astensioni, l'Aula considera necessario definire la nozione di deficit eccezionale e temporaneo del limite di riferimento autorizzato del 3% del PIL basandosi su delle previsioni di bilancio e ipotesi esterne comuni definite dall'Esecutivo.

Contrariamente a quanto suggerito dalla commissione parlamentare, l'Aula non ha modificato le disposizioni previste dall'Esecutivo secondo cui occorre attribuire un'attenzione particolare agli sforzi di bilancio tesi ad aumentare o a mantenere a «un livello elevato i contributi finanziari a sostegno della solidarietà internazionale e della realizzazione degli obiettivi delle politiche europee, segnatamente l'unificazione dell'Europa», se ha ripercussioni negative sulla crescita e sul bilancio di uno Stato membro.

La relazione in esame, invece, ritenendo questi fattori impossibili da precisare, aveva sostituito il testo con una formula che faceva riferimento a «fattori imprevisti ed eccezionali» indipendenti dalla volontà degli Stati membri, quali le catastrofi naturali o ecologiche.

I deputati, inoltre, sollecitano la definizione di un elenco chiaro e preciso dei fattori che potranno essere ritenuti pertinenti e chiedono che il Parlamento europeo sia regolarmente informato dell'esistenza di un disavanzo eccessivo e del processo di sorveglianza. Per quanto riguarda i tempi, la relazione precisa che il disavanzo di bilancio eccessivo non può perdurare più di tre anni.

In merito agli aspetti preventivi del Patto, la cui relativa relazione è stata adottata con 311 voti favorevoli, 115 contrari e 175 astensioni, i deputati ritengono che la valutazione della Commissione europea debba fondarsi su statistiche affidabili. Pertanto chiedono all'Esecutivo di paragonare i dati trasmessi dai governi degli Stati membri con quelli comunicati dalle banche centrali nazionali alla BCE. A loro parere, inoltre, la Commissione dovrebbe condurre delle missioni di controllo nelle capitali europee al fine di verificare se i programmi d'aggiustamento del bilancio sono sufficientemente ambiziosi e realisti.

Il Parlamento, peraltro, ritiene importante considerare l'indice di indebitamento pubblico del governo al fine di rafforzare i fondamenti economici e l'efficacia del Patto nel suo ruolo preventivo, salvaguardare la sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine, promuovere la crescita ed evitare l'imposizione di eccessivi oneri alla generazioni future.

Il Consiglio, inoltre, dovrebbe poter invitare gli Stati membri rafforzare il loro programma d'aggiustamento «senza indugio». I deputati, infine, propongono di rivedere ogni anno gli obiettivi di bilancio a medio termine così come ogniqualvolta siano attuate riforme strutturali o di bilancio di ampia portata.

Sarà il Consiglio ad avere l'ultima parola su questi regolamenti. Tuttavia, quello sugli aspetti preventivi è soggetto alla procedura di cooperazione che, in pratica, conferisce un limitato potere supplementare al Parlamento rispetto alla procedura di consultazione applicabile nel caso del regolamento sui disavanzi eccessivi.

Background

Nella riunione di Amsterdam del 17 giugno 1997 il Consiglio europeo ha adottato un Patto di stabilità e crescita conformemente ai principi e alle procedure del trattato. Tuttavia, nel giugno 2004 il Consiglio europeo ha rilevato la necessità di rafforzare la trasparenza e il grado di “ownership” nazionale dell’insieme di regole fiscali UE e di migliorare l’applicazione delle relative norme e disposizioni.

Il 3 settembre 2004 la Commissione ha pubblicato una comunicazione intitolata “Rafforzare la governance economica e chiarire l'attuazione del Patto di stabilità e crescita”, nella quale ha presentato degli orientamenti in merito al futuro assetto di tale patto e ha proposto di consolidarne le basi economiche e di rafforzarne la credibilità e l'applicazione effettiva.

Il 20 marzo 2005, il Consiglio ha adottato una relazione intitolata “Migliorare l'attuazione del Patto di stabilità e crescita”. Nella sua relazione, il Consiglio ha concentrato la propria attenzione sul rafforzamento della governance e della “ownership” nazionale del quadro di bilancio, sul consolidamento delle basi economiche e dell'efficacia del patto, sia nell'aspetto preventivo che in quello correttivo, sulla garanzia della sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine, sulla promozione della crescita e sull'obiettivo di evitare di imporre oneri eccessivi alle generazioni future. Il 22 e 23 marzo 2005 il Consiglio europeo ha approvato questa relazione ed ha invitato la Commissione a presentare proposte volte a modificare i regolamenti del Consiglio nel senso indicato nella relazione del Consiglio.

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PESCA

Pesca sostenibile nel Mediterraneo
 

Carmen FRAGA ESTÉVEZ (PPE/DE, ES)

Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo e recante modifica dei regolamenti (CEE) n. 2847/93 e (CE) n. 973/2001

Doc.: A6-0112/2005

Procedura: Consultazione legislativa

Dibattito: 9.6.2005

Votazione: 9.6.2005

Adottando la relazione di Carmen FRAGA ESTÉVEZ (PPE/DE, ES) il Parlamento si è pronunciato sulla proposta di regolamento in merito alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mediterraneo che mira a contrastare il depauperamento delle risorse alieutiche tramite l'introduzione di una serie di misure tecniche relative alle attrezzature di pesca e con disposizioni in merito alle zone e alle specie protette. L'Aula introduce diversi emendamenti che, in gran parte, sono frutto di un compromesso raggiunto con la Commissione.

Il tipo di reti e le dimensioni delle loro maglie rappresentano una parte significativa del compromesso. In base a questo, la dimensione minima delle maglie è fissata a 40 mm fino al 31 dicembre 2006. Dal 1° gennaio 2007, invece, la rete è sostituita da una pezza di rete a maglia quadrata da 40 mm nel sacco oppure, su richiesta debitamente motivata da parte dell'armatore, da una rete a maglia romboidale da 50 mm.

I pescherecci, è precisato, dovranno optare per una delle due soluzioni e, di conseguenza, non potranno essere presenti a bordo i due tipi di reti contemporaneamente. L'Esecutivo, inoltre, entro il 30 giugno 2010, dovrà presentare una relazione sull'evoluzione di tale questione e, del caso, proporre gli opportuni adeguamenti.

I deputati, inoltre, con l'accordo della Commissione, precisano che per la pesca di tonni bianchi e rossi e di pesci spada non è consentito l'uso di reti da fondo e di reti galleggianti ancorate. Questo chiarimento tende ad evitare che si possa eludere la normativa mediante l'introduzione di attrezzi che, nella pratica, possono essere assimilati alle reti derivanti che sono già vietate per la cattura dei grandi pelagici.

Inoltre, per le stesse specie è introdotto un emendamento che limita il numero di ami che è consentito detenere a bordo e calare in mare. Per i tonni rossi non possono essere superiori a 2.000, per quelli bianchi a 5.000 e per i pesci spada a 3.500. 

Il compromesso prevede anche la riduzione della taglia minima di alcune specie di pesci al di sotto della quale non è consentita la cattura. Tra queste figurano sardine, naselli, astici e sogliole. Con un altro emendamento, i deputati chiedono al Consiglio di decidere entro il 31 marzo 2006, su proposta della Commissione, in merito alle misure tecniche per la protezione del novellame di pesce spada nel Mediterraneo.

La proposta della Commissione prevede inoltre il divieto di attrezzi trainanti o l'uso di draghe idrauliche entro una certa distanza dalla costa al fine di proteggere i fondali corallini e la pesca costiera. Tuttavia, proprio alla luce del carattere locale e artigianale, i deputati propongono una diminuzione della distanza per le draghe idrauliche che, di conseguenza, potranno essere usate tra le 0,5 e le 3 miglia dalla costa, invece che tra le 1,5 e le 3 miglia come proposto dall'Esecutivo.

Inoltre, riguardo alla proposta dalla Commissione di vietare l'uso di reti da traino e draghe idrauliche entro una distanza di 1,5 miglia nautiche, per queste ultime i deputati hanno ridotto la distanza a 0,5 miglia nautiche. Più in generale, la relazione introduce il divieto di reti trainate a profondità superiori ai 1000 metri per proteggere le zone dove vivono specie a crescita lenta e particolarmente sensibili dal punto di vista ecologico.

Considerate, infine, le caratteristiche proprie ai grandi migratori, un emendamento toglie la facoltà alla Commissione di stabilire delle misure tecniche ad esse relative per attribuire tale competenza alle organizzazioni regionali della pesca (l'ICCAT e la CGPM). Per i deputati, ciò vincolerà tanto gli Stati membri dell'Unione europea che gli altri paesi costieri del Mediterraneo, evitando così delle discriminazioni tra i pescatori.

Nel corso del dibattito tenutosi prima della votazione sono intervenuti diversi deputati italiani.

Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT), a nome del suo gruppo, ha sottolineato come il progetto di relazione in esame tenga maggiormente in conto, e definisca meglio, la specificità del Mediterraneo, rispetto alla proposta. Tale specificità, ha spiegato, implica che, sebbene gli obiettivi della gestione comunitaria della pesca debbano essere gli stessi per tutte le zone comunitarie, «gli strumenti per conseguire tali obiettivi devono essere anche adattati alle caratteristiche peculiari della pesca nel Mediterraneo».

Questo, ha aggiunto, per tener conto sia delle diverse situazioni biologiche, geografiche e giuridiche della regione, sia «al fine di sfruttare l'esperienza e le competenze delle organizzazioni dei pescatori stessi». Il deputato ha quindi sottolineato come una caratteristica propria del Mediterraneo, a cui la relazione presta particolare attenzione, sia la pesca costiera ed artigianale.

A tale proposito, ricordando che la maggior parte dei pescherecci della flotta italiana ha una lunghezza inferiore ai 12 metri, ha quindi affermato che «non si possono ignorare le difficoltà che essi incontreranno nella conversione, tanto voluta da Bruxelles, ad altri tipi di pesca». La pesca costiera ed artigianale, ha aggiunto, non va solo definita, «ma anche salvaguardata». Nel caso di riconversioni, inoltre, «ad essa vanno dedicate maggiori compensazioni ed incentivi, per non creare seri problemi socio economici a tutto il settore».

Evidenziando poi che nel progetto di relazione viene anche specificato il ruolo del Regional Adviser Council - volto a favorire il coinvolgimento diretto dei pescatori al processo decisionale - il deputato ha sottolineato la necessità che tutti i paesi extraeuropei che si affacciano sul Mediterraneo «adeguino la loro legislazione alla politica di tutela degli stock». A tal fine, ha aggiunto, occorre rafforzare la posizione dell'UE in seno alle grandi organizzazioni in materia di pesca, «in modo da diffondere la tradizione ittica europea nell'ambito dei principali forum internazionali quali sono la CGPM e l'ICATT».

In conclusione, il deputato, ha sottolineato anche «il ruolo cardine» della ricerca, ritenendo che «alla base di qualsiasi buona politica vi è la qualità e la competenza della conoscenza dei fattori in campo». In questa prospettiva, ha aggiunto, in futuro bisogna insistere sul coordinamento e l'applicabilità della ricerca scientifica al piano di azione.

Dopo aver ringraziato la relatrice e la sensibilità dimostrata dalla Commissione, a nome del gruppo, Claudio FAVA (PSE, IT) ha salutato il compromesso ottenuto «in condizioni di reciproco rispetto e di reciproca umiltà». E' stato possibile riaprire un confronto con le associazioni di categoria, le associazioni della pesca, ha aggiunto «siamo riusciti ad evitare che il Mediterraneo risultasse un mare marginale, una somma di obblighi e divieti, soggetto solo ad una politica sanzionatoria».

Tuttavia, pur ritenendo che il regolamento «rappresenti un passo in avanti e naturalmente una mediazione utile», per il deputato resta «un'impostazione ancora legata, anche se in misura minore, a un modello di pesca che è proprio dei mari del nord», ossia fortemente industrializzata e che deve tenere conto di una biologia marina «che è completamente diversa rispetto a quella del Mediterraneo». Questa, ha spiegato, è la ragione per cui c'è stata una lunga discussione in Commissione «su taglie minime diverse che noi avremmo voluto marcare in modo più deciso».

Sardine e merluzzi pescati nel mare del Nord non hanno lo stesso andamento e la stessa crescita biologica della fauna ittica del Mediterraneo, ha detto. Così come è difficile immaginare di dettare delle indicazioni, dei limiti troppo specifici per quanto riguarda gli attrezzi di pesca, «perché una pesca artigianale, fatta di piccole marinerie, è una pesca che varia di paese in paese, anche sulla base della qualità e della diversità delle tradizioni».

Nell'applicazione del regolamento, ha aggiunto, «noi vorremmo che si cercasse ciò che fino adesso è avvenuto raramente, cioè che ci sia una politica di bacino, un approccio globale». Ciò, ha spiegato, significa «un'attenzione nella gestione e nella conservazione delle risorse ittiche, vuol dire un lavoro di prevenzione nei confronti dell'inquinamento ma anche la salvaguardia del lavoro, delle economie».

In conclusione, il deputato ha voluto ricordare che l'80% della pesca nel Mediterraneo è artigianale e che si tratta di regioni in massima parte ricadenti nell'area dell'ex obiettivo 1, «quindi regioni che hanno un forte disagio sociale e alti tassi di disoccupazione e in molti casi mancano gli ammortizzatori sociali». Pertanto, occorre «un'attenzione e una sensibilità particolare nel preservare i livelli occupazionali».

Dopo aver ricordato la lunga e laboriosa gestione della proposta in esame e la sua precedente bocciatura da parte del Parlamento, Nello MUSUMECI (UEN, IT) ha affermato che il compromesso raggiunto soddisfa «solo parzialmente» il suo gruppo politico. Dicendosi certamente soddisfatto «di veder riaffiorare il possibile sostegno finanziario al fermo biologico», anche se non contemplato dal nuovo Fondo europeo per la Pesca, si è anche rallegrato dell''adozione della maglia quadrata da 40 millimetri o della maglia romboidale da 50 millimetri al posto della maglia minima dello strascico a 60 mm.

Tuttavia, ha aggiunto, vi sono ancora delle questioni importanti che vanno «in una direzione contraria agli interessi della pesca nel Mediterraneo». Ad esempio, ha spiegato, il gruppo ha presentato un emendamento teso a prendere in considerazione l'importanza del comparto del bianchetto, consentendone la cattura di esemplari sottotaglia effettuata con attrezzi regolamentari, nonché la successiva vendita.

Inoltre, nel sottolineare la caratteristica essenzialmente costiera e artigianale della pesca nel Mediterraneo che costituisce una fonte vitale per l'economia del settore in termini di impiego e di guadagno, il deputato ha sostenuto la necessità di rimuovere i punti 3 e 4 dell'Allegato II con i quali si intende «regolamentare e uniformare delle caratteristiche tecniche degli attrezzi della pesca artigianale». Caratteristiche, ha spiegato, che proprio perché legate ad un determinato tipo di pesca e a determinate zone costiere, «non possono per loro stessa natura formare oggetto di una "imposizione" regolamentare».

In conclusione, il deputato ha auspicato che il regolamento «possa costituire una significativa tappa verso un Mediterraneo attento sì alla preservazione della fauna ittica, ma anche fonte di vita e di lavoro per migliaia di pescatori europei finora chiamati solo a osservare divieti e limiti mentre per le flotte extracomunitarie il Mediterraneo è stata una sorta di zona franca».

Luca ROMAGNOLI (NI, IT) ha esordito affermando che la pesca è senz'altro fondamentale per la sopravvivenza del genere umano, visto che oltre un miliardo di persone si nutrono con proteine animali o loro derivati. Nel sottolineare quindi come gli esperti sostengano che si stia raggiungendo il limite delle potenzialità del prelievo, ha quindi affermato che «è giusto che il Parlamento europeo e la Commissione tentino di porre un limite alla corsa, gestire in modo sostenibile il prelievo e debellare con severità le forme distruttive di pesca».

Tuttavia, ha affermato, pesca e acquacoltura rappresentano una tra le attività principali dell'Unione e il mercato ittico europeo è il terzo dopo quello della Cina e del Perù. Francia, Grecia, Italia e Spagna, ha spiegato, vedono coinvolti nella filiera del pesce circa 100.000 pescatori e decine di migliaia di pescherecci e la flotta europea è essenzialmente artigianale. Pertanto, il Parlamento europeo e la Commissione sono chiamati a trovare posizioni di equilibrio che possano soddisfare le esigenze economiche ed ecologiche, come auspicato dai cittadini.

La protezione del patrimonio ittico, ha quindi concluso, deve essere ancor più strettamente basata sulle informazioni scientifiche di quanto avviene oggi, ma per il deputato occorre anche coinvolgere attivamente i pescatori nella gestione delle risorse della pesca e «mediare con il mondo ambientalista per dare consapevolezza e chiedere attenzione ai problemi dell'occupazione». Per tale ragioni, ha quindi chiesto «una gradualità nell'applicazione delle nuove regolamentazioni».

segue a pagina 2>>


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