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RASSEGNA

 

4 - 7 settembre 2006

 

Strasburgo

 

 

 


Sommario



RELAZIONI ESTERNE
NON VI PUÒ ESSERE SOLUZIONE MILITARE AL CONFLITTO MEDIORIENTALE
LA CINA RISPETTI DIRITTI UMANI E LIBERTÀ RELIGIOSA
UNA PROSPETTIVA EUROPEA PER L'ALBANIA


GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI
NO ALLA RACCOLTA SISTEMATICA DI DATI SUI PASSEGGERI
RINVIATO IL VOTO SULLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI


TRASPORTI
BOLLO MENO CARO PER LE AUTO MENO INQUINANTI


POLITICA SOCIALE
VERSO UN NUOVO MODELLO SOCIALE EUROPEO

 
DIRITTI DELLE DONNE/PARI OPPORTUNITÀ
DAPHNE III CONTRO LA VIOLENZA SU DONNE E BAMBINI


SANITÀ PUBBLICA
UNA STRATEGIA EUROPEA SULLA SALUTE MENTALE


CONTROLLO DEI BILANCI
IL MULTILINGUISMO APRE LE ISTITUZIONI UE AI CITTADINI


CULTURA
TUTELARE E PROMUOVERE IL PATRIMONIO CULTURALE EUROPEO


AMBIENTE
INCENDI: PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE
STOP ALL'IMPORT DI PRODOTTI DERIVATI DALLA FOCA


COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE
RIPRENDERE I NEGOZIATI COMMERCIALI


ISTITUZIONI
APERTURA DELLA SESSIONE
ALTRI DOCUMENTI APPROVATI


CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI


DEPUTATI AL PARLAMENTO EUROPEO
 

 

RELAZIONI ESTERNE


Non vi può essere soluzione militare al conflitto mediorientale

Il Parlamento ha adottato una risoluzione che, accogliendo con favore la risoluzione dell'ONU, chiede di riportare il processo di pace in Medio Oriente fra le priorità dell'agenda politica internazionale e di convocare una conferenza di pace. Nel sostenere la missione UNIFIL e sottolineando il ruolo attivo dell'Italia, sollecita anche un chiarimento del mandato e delle regole d'ingaggio. Auspica inoltre l'avvio di un'indagine internazionale per valutare eventuali violazioni dei diritti umani.

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione comune sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE, GUE/NGL e UEN con la quale esprime «viva preoccupazione» per le dimensioni e l'intensità del conflitto militare nel Libano meridionale.  Inoltre, si dice «profondamente turbato» dallo scoppio delle ostilità nel Libano meridionale, dagli attacchi di Hezbollah e «dalla reazione sproporzionata nell'uso della forza da parte dell'esercito israeliano», «che hanno rappresentato una seria minaccia per la pace e la sicurezza internazionale». In proposito, deplora profondamente le vittime fra la popolazione civile in Libano e in Israele e tra i soldati e gli osservatori dell'ONU, così come la massiccia distruzione delle infrastrutture. Ribadendo quindi «che non vi può essere soluzione militare al conflitto mediorientale», sottolinea che «nessun cessate il fuoco può essere duraturo senza la volontà politica delle parti coinvolte direttamente o indirettamente di affrontare le cause alla radice della recente crisi». Reitera pertanto l'appello alla liberazione immediata sia dei soldati israeliani rapiti che dei membri del governo palestinese e del Consiglio legislativo palestinese detenuti in carcere da Israele.

Nel plaudire poi all'adozione all'unanimità della risoluzione 1701 dell'ONU, il Parlamento si compiace che il governo libanese abbia deciso di dispiegare le sue forze nel Libano meridionale e che l'esercito israeliano abbia accettato di ritirarsi dietro la "Linea blu". Si compiace inoltre del forte sostegno espresso dal governo libanese ad un potenziamento del ruolo dell'UNIFIL. Al riguardo, ritiene che il mandato dell'UNIFIL dovrebbe costituire «un serio impegno a fornire un'assistenza adeguata al governo libanese nel porre in essere efficaci misure di controllo e di sicurezza». Accoglie anche con favore l'impegno assunto dagli Stati membri di mettere a disposizione circa 7.000 uomini per la forza UNIFIL. Sottolineando poi «il ruolo attivo assunto da Francia e Italia», i deputati appoggiano pienamente la decisione secondo la quale la Francia continuerà ad assicurare il comando dell'UNIFIL fino al febbraio 2007, dopodiché l'Italia assumerà il controllo terrestre. Sottolineano nondimeno che «occorre evitare una duplicazione delle strutture di comando» ed evidenziano «l'importanza di definire in modo chiaro ed adeguato il mandato, le regole d'ingaggio, la struttura e le competenze dell'UNIFIL».

Il Parlamento ritiene fondamentale che l'esercito libanese regolare «sia l'unico destinatario di qualsiasi importazione di armi in Libano» e invita il governo del paese a garantire, in cooperazione con l'UNIFIL, la piena attuazione della risoluzione ONU. Sottolinea al riguardo che questa soluzione «dovrebbe portare al disarmo di tutte le milizie, compresa quella di Hezbollah, unitamente a misure volte a impedire l'entrata di armi in Libano». Invita poi gli Stati membri ad attenersi rigorosamente al Codice di condotta sulle esportazioni di armi per tutte le forniture belliche alla regione.

Il Parlamento, inoltre, chiedendo di sostenere l'ulteriore democratizzazione del Libano, rivolge un urgente appello a Iran e Siria affinché svolgano un ruolo costruttivo. Quest'ultima, più in particolare, dovrebbe rafforzare i controlli sul proprio versante del confine con il Libano. Allo stesso tempo, invita il Consiglio e la Commissione a riannodare un vero dialogo con la Siria «per coinvolgere il paese negli sforzi di pace finalizzati a una soluzione globale del conflitto».

D'altra parte, i deputati chiedono all'Unione europea di impegnarsi a lavorare con tutte le parti interessate e rivolgono un appello a queste ultime a rispettare scrupolosamente i loro impegni in vista della piena applicazione della risoluzione 1701, «così da consentire l'accesso dell'aiuto umanitario d'urgenza e il ritorno delle persone sfollate nelle migliori condizioni di sicurezza possibili». D'altra parte, chiedono che venga condotta in Libano e Israele un'inchiesta internazionale approfondita di alto livello, sotto l'egida del Segretario generale delle Nazioni Unite, «per far luce sulle notizie di gravi violazioni dei diritti umani, sulla drammatica situazione delle vittime e sulla violazione del diritto umanitario». Deplorando vivamente il deteriorarsi della situazione della popolazione e delle infrastrutture civili a Gaza e in Cisgiordania, chiedono a tutte le parti «di spezzare il circolo vizioso degli attacchi e contrattacchi, che ha provocato centinaia di morti e feriti e ha causato enormi danni alle infrastrutture civili».

Il Parlamento sottolinea poi la necessità di riportare il processo di pace nel Medio Oriente fra le priorità dell'agenda politica internazionale. Invitando quindi il Quartetto ad imprimere nuovo slancio all'applicazione della "tabella di marcia" in vista dell'Assemblea generale annuale delle Nazioni Unite di settembre, ribadisce che la formula dei due Stati, con uno Stato israeliano e uno palestinese che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza, «è una condizione chiave per una soluzione pacifica e duratura in Medio Oriente». Consiglio e Commissione sono inoltre invitati a continuare a garantire, unitamente alla comunità internazionale, l'assistenza umanitaria fondamentale al popolo palestinese e, a tale proposito, i deputati chiedono che il Meccanismo internazionale temporaneo (MIT) «sia potenziato ed esteso».

I deputati chiedono poi al governo israeliano di riprendere con urgenza il trasferimento delle entrate tributarie e doganali palestinesi trattenute, di consentire la circolazione delle persone e di rispettare l'accordo in materia di circolazione e accesso a Rafah e in altri punti di attraversamento della frontiera a Gaza. Rinnovano, inoltre, il sostegno agli sforzi del Presidente dell'Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, volti a promuovere un dialogo nazionale tra i vari partiti palestinesi, nella prospettiva della costituzione di un nuovo governo palestinese. D'altra parte, ritengono che la presenza di una forza multinazionale in Libano «potrebbe essere considerata un esempio da seguire nel processo negoziale per la soluzione del conflitto israelo-palestinese».

Invitando, infine, il Consiglio ad adoperarsi con ogni mezzo per convocare una conferenza regionale di pace per pervenire a una soluzione complessiva, duratura e sostenibile ai problemi dell'area, il Parlamento ritiene essenziale coinvolgere la Lega araba e chiede all'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) di assumersi le proprie responsabilità per facilitare la ripresa del dialogo e della cooperazione tra le parti interessate dalla situazione in Medio Oriente. A medio e a lungo termine, poi, dovranno essere create  istituzioni che raggruppino i paesi del bacino mediterraneo, come una Banca euromediterranea di sviluppo, poiché ritiene che ciò costituisca «la migliore garanzia di una pace duratura e dello sviluppo umano».

Dibattito in Aula

Dichiarazione del Consiglio

Erkki TUOMIOJA ha anzitutto sottolineato che l'ultima crisi in Medio Oriente è la prima in cui l'Unione europea ha assunto un importante ruolo internazionale, dimostrando, nel porre fine alle ostilità e nel mantenimento della pace, di «essere all'altezza delle aspettative». Ha poi ricordato che il Consiglio dei Ministri ha tenuto due riunioni straordinarie nel mese di agosto che hanno permesso di definire una posizione europea sul conflitto e la cui sostanza è stata ripresa dalla risoluzione ONU. Il Ministro, in particolare, ha posto l'accento sulla decisione di inviare truppe europee nell'ambito della forza UNIFIL al fine di garantire il rispetto della risoluzione. La forza UNIFIL - che dal mese di febbraio sarà sotto comando italiano - non rappresenta però un'operazione europea e, in proposito, il Ministro ha sottolineato l'importanza della partecipazione di altri paesi, anche islamici. Si tratterà quindi di garantire il ritiro delle truppe dal Libano del Sud e aiutare il governo libanese ad estendere la sua autorità in quell'area.

Mentre all'esercito libanese spetterà disarmare Hezbollah, ha aggiunto, la forza UNIFIL dovrà assicurare l'approvvigionamento degli aiuti e garantire il rispetto del cessato il fuoco. Al riguardo ha messo l'accento sul contributo finanziario significativo stanziato dall'Unione che permetterà l'inizio della ricostruzione e di alleviare la crisi umanitaria. Sottolineando come tutte le parti abbiano sottoscritto la risoluzione dell'ONU, il Ministro ha rilevato l'importanza che tutti i paesi della regione sostengano il progetto. Occorre quindi implicare la Siria che può svolgere un ruolo importante e che ha già dato segnali circa la propria disponibilità ad avere un atteggiamento costruttivo nel processo di pace.

Il Consiglio, ha proseguito, è convinto che non è possibile ottenere la pace nella regione se non si trova una soluzione alla questione israelo-palestinese sulla base della road map e con l'obiettivo di giungere alla costituzione di due Stati indipendenti e sovrani. Per proseguire il processo di pace, ha aggiunto, è quindi vitale che sia riconosciuto Israele e siano interrotte le attività terroristiche. D'altra parte, occorre, che Israele rilasci i membri del Consiglio palestinese arrestati e che siano liberati i soldati israeliani presi in ostaggio. Il Ministro ha poi sottolineato che l'Unione deve svolgere un ruolo attivo per il rilancio del processo di pace assieme agli altri partner del Quartetto, e in particolare con gli USA, e della Lega araba, spingendo le parti al tavolo del negoziato. Ha quindi concluso affermando che l'Unione potrebbe in futuro assumersi nuove responsabilità e, segnatamente, nella promozione di una Conferenza internazionale per la pace che potrà essere organizzata quando le condizioni necessarie saranno riunite.

Dichiarazione della Commissione

«La sicurezza e la stabilità non può essere imposta unilateralmente», ha affermato Benita FERRERO-WALDNER sottolineando il ruolo svolto dall'UE nel corso della crisi nel Libano del Sud. In particolare il suo contributo nella definizione della risoluzione ONU e alla sua applicazione, nonché lo sforzo profuso per garantire gli aiuti umanitari e alla ricostruzione. Per la commissaria responsabile delle relazioni esterne vi è bisogno di un Libano indipendente, che sia «in grado di contribuire a questa fragile pace» e di eliminare la tensione attuale. Si è poi detta d'accordo con Kofi Annan riguardo alla necessità di eliminare il blocco navale e aereo imposto da Israele al Libano. Occorre anche, ha proseguito, creare le condizioni per una stabilità a lungo termine ed «eliminare le ambiguità sul disarmo di Hezbollah».

Facendo poi riferimento alla situazione in Palestina, la commissaria ha affermato che, per evitare una escalation della violenza, occorre che siano rilasciati gli ostaggi e che siano risolti i problemi di movimento e di accesso alle frontiere tra Israele e i territori palestinesi. Rilevando anche la necessità di ricostruire le istituzioni palestinesi e di lavorare con esse, ha poi rilevato che occorre trovare una soluzione tesa a sbloccare gli introiti doganali che spettano alla Palestina e che potrebbero garantire parte delle risorse finanziarie, anche per pagare gli stipendi dei funzionari palestinesi.

Il conflitto consumatosi questa estate, ha affermato la commissaria, «non ha avuto vincitori, ma solo vittime» e le soluzioni militari non funzionano. L'unica possibilità è quindi di rinnovare una prospettiva politica, riportando tutte le parti al tavolo dei negoziati. Per Israele e Libano, ha aggiunto, è venuto i momento del dialogo e la Siria deve fare la sua parte per garantire il rispetto della risoluzione ONU, mentre l'Unione dovrebbe diventare leader del processo di pace in Medio Oriente.

Interventi in nome dei gruppi

Secondo Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE), nessuna regione al modo ha patito per così tanto tempo tali sofferenze ed ha sottolineato il «circolo vizioso senza fine» innescato dal rapimento dei soldati israeliani che ha comportato anche il bombardamento di presunti obiettivi militari che hanno colpito i civili. Per il leader popolare, la soluzione militare in Medio Oriente non è percorribile e solo la politica può portare alla pace. Tuttavia, ha evidenziato che solo la presenza militare può contribuire a creare le condizioni necessarie al mantenimento della pace.

Ritenendo inaccettabili le interferenze di Siria e Iran in Libano, il deputato ha sottolineato che l'obiettivo dev'essere di garantire uno Stato libanese sovrano. A suo parere, inoltre, Hezbollah è sì un'organizzazione politica e una forza di governo ma è inaccettabile che le sue milizie, «uno Stato nello Stato», determinino l'azione di governo e vanno quindi disarmate. Ricordando poi le critiche rivolte a Israele circa l'uso sproporzionato della forza, e da lui a suo tempo condivise, il deputato ha voluto però rendere omaggio al processo democratico di autocritica che si è svolto in Israele circa l'intervento militare. Ha quindi auspicato che un tale processo abbia luogo anche in altri paesi.

Dopo aver sostenuto che i palestinesi hanno gli stessi diritti degli israeliani e degli europei, ha auspicato la costituzione di un governo palestinese di unità nazionale che contribuisca alla pace. Sottolineando quindi che alla base di ogni politica vi deve essere la dignità umana, ha rivolto un appello a non usare i giovani facendone dei martiri ma dando loro la possibilità di dare un contributo ai loro paesi, rispettando la dignità umana.

Martin SCHULZ (PSE, DE) ha evidenziato l'opportunità storica dell'Unione di dare un contributo costruttivo alla pace e alla sicurezza. Contributo, ha precisato, che non deve essere solo militare ma anche umanitario e diplomatico. A suo parere deve essere riconosciuto a Israele il diritto di esistere ma occorre anche rafforzare la democrazia in Libano - che era già sulla buona strada prima del conflitto -  e ricostruire la Palestina con l'aiuto umanitario e il dialogo tra le parti. Ha quindi sottolineato che il dialogo deve essere interculturale e interreligioso. Non si deve pertanto assimilare l'Islam a un concetto negativo in quanto «un manipolo di terroristi non va confuso con una religione».

Per il leader socialdemocratico occorre poi coinvolgere la Siria che, se è disposta al dialogo, deve prendere misure concrete per consentire un ritorno al tavolo della pace. Ha quindi lanciato la proposta di organizzare una conferenza internazionale che veda protagonisti tutti gli attori della regione. Il deputato ha quindi concluso affermando che «nulla giustifica i terroristi che disprezzano la vita umana» e che la lotta al terrorismo deve essere un obiettivo comune.

Dopo aver sottolineato il numero di vittime civili causate dal conflitto in Libano, Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha affermato che occorre dispiegare rapidamente le truppe UNIFIL al fine di impedire l'afflusso di armi e sostenere lo sforzo umanitario. Tuttavia, ha aggiunto, deve essere chiarito il mandato UNIFIL per realizzare gli obiettivi della risoluzione ONU. Ma bisogna anche andare oltre, ha continuato, «occorre parlare con una sola voce» e, nel breve termine, chiedere a Israele di levare il blocco navale e aereo sul Libano. Va anche rimosso il blocco di Gaza e occorre aiutare la costituzione di un governo palestinese.

Nel medio termine, condannando il terrorismo, è necessario implicare Hamas e Hezbollah nel dialogo democratico e istituire un'indagine indipendente sulle uccisioni di civili avvenute da entrambi le parti nel recente conflitto. Ma, con il dialogo, occorre anche convincere Hezbollah a deporre le armi e a negoziare una soluzione durevole. Nel lungo termine, bisogna invece costruire istituzioni che possano garantire la pace. In proposito ha ricordato la proposta fatta da Romano Prodi - quando era Presidente della Commissione - di creare un banca Euro-Araba per lo sviluppo. Occorrerà poi definire una politica dell'immigrazione adeguata.

Il leader liberaldemocratico ha poi ridimensionato i successi dell'Unione, sostenendo che la Costituzione avrebbe fornito degli strumenti atti a rispondere meglio alla crisi. Ha quindi sottolineato che si stanno dispiegando «forze europee ma non dell'Unione europea». Si è poi lamentato dell'assenza dall'Aula di Solana che avrebbe potuto spiegare perché la questione delle regole d'ingaggio non riguarda l'UE. Il pericolo, ha poi sottolineato, è che molti cittadini credono che l'Europa abbia risposto alla crisi, ma se le cose si mettono male e vi sono morti tra i soldati «la gente vorrà sapere chi ne è responsabile». Il deputato ha quindi concluso ringraziando il commissario Louis Michel per la reazione rapida e Romano Prodi «per il coraggio dimostrato nell'affrontare il problema».

Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) ha anzitutto esortato i colleghi a fare autocritica per non avere sollevato, lo scorso anno, il problema della non applicazione della risoluzione ONU 1552 e per non aver affrontato la questione del disarmo di Hezbollah. Il leader dei Verdi ha in seguito sottolineato che non bisogna fare l'errore di prendere le parti di Israele o della Palestina. Occorre invece fare tutto il possibile affinché vi sia uno Stato palestinese e uno Stato israeliano nei quali si possa vivere in sicurezza. Per fare politica, ha aggiunto, «bisogna essere capaci di riuscire a smuovere politicamente la regione». In merito all'invio di truppe europee, dopo aver dato ragione al presidente dei liberaldemocratici, il deputato ha affermato di aver fatto un sogno in cui i Capi di Stato decidevano che il contingente europeo sarebbe stato «la forza d'intervento rapida degli europei e non più 3/4 francese, 2/3 italiana o 1/4 tedesca».

Ma, tornando alla realtà, ha sottolineato la presenza USA in Iraq ma anche che sono «politicamente inesistenti» mentre, a suo parere, non vi è nessuno oltre all'Europa che abbia la capacità politica di insistere presso Israele come negoziare la questione palestinese. Il miglior modo di combattere Hamas, ha aggiunto, è avere uno Stato palestinese, «perché Hamas se ne frega dello Stato palestinese; vuole uno spazio islamico!». Per il deputato è poi necessario risolvere il problema della frontiere con la Siria, nel Golan: è vero che bisogna garantire le forniture d'acqua e la sicurezza degli israeliani, «ma non si può fare con l'occupazione israeliana del Golan». L'Unione europea deve quindi promuovere dei negoziati e diventare protagonista e politicamente responsabile della pacificazione della regione.

Per Francis WURTZ (GUE/NGL, FR), quanto avvenuto questa estate «dovrebbe essere inconcepibile alla nostra epoca». Ha quindi voluto ricordare che Israele «ha bombardato e affamato la popolazione civile a Gaza, rapito ministri e deputati che raggiungono 8.000 prigionieri palestinesi e provocato più di 200 morti tra la popolazione» di quel piccolo territorio diventato «una bomba a orologeria». Lo stesso esercito, ha proseguito, ha «schiacciato il Libano per 34 giorni ... senza distinguere obiettivi civili e militari, causando la morte di 1.100 civili e provocando la fuga di un quarto della popolazione». Ha inoltre «imposto un blocco totale del paese», «ucciso osservatori internazionali» e distrutto infrastrutture vitali e alloggi. Il deputato ha quindi stigmatizzato il sostegno conferito dagli Stati Uniti alla strategia di Israele in Palestina e in Libano, nonché il rifiuto, per un mese, di chiedere il cessate il fuoco.

Il leader della Sinistra Unitaria ha quindi sottolineato l'incapacità dimostrata dal Consiglio per molto tempo di chiedere il cessate il fuoco, «nonostante il lodevole tentativo della Presidenza e l'appello della Conferenza dei Presidenti del Parlamento europeo». Il Consiglio, ha aggiunto con forte disappunto, che ha anche «trovato delle giustificazioni al comportamento dell'esercito israeliano, invocando l'autodifesa». Il deputato ha quindi sottolinenato che, al cuore del problema, vi è l'occupazione dei territori conquistati nel 1967 e «l'ostinazione di Israele nel rifiutare l'applicazione delle risoluzioni pertinenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU». L'Unione europea, ha poi lamentato, invece di svolgere un ruolo da protagonista nel processo di pace, ha sospeso l'aiuto alle istituzioni palestinesi, ignorato gli sforzi di Abbas e accettato la chiusura dei valichi di frontiera con Gaza. Ha quindi concluso, formulando l'auspicio che le decisioni comuni degli ultimi giorni rappresentino il segno di un risveglio dell'Europa nei confronti di tutto il Medio Oriente.

«Quante inesattezze e disonestà intellettuali in molte cronache d'agosto sulla crisi in Medio Oriente e nelle dichiarazioni di tanti uomini politici!», ha esclamato Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT). Ha quindi spiegato che «si è confuso spesso l'assalitore con l'assalito» e quasi mai è stato specificato che il motivo vero della provocazione scatenata dagli Hezbollah con il lancio di missili verso Israele e con il rapimento di due suoi militari, «è quello dichiarato più volte dal Presidente dell'Iran: la cancellazione di Israele dalla carta geografica». Se questo è l'obiettivo perseguito da alcuni governi e dal fondamentalismo terrorista da essi alimentato, ha aggiunto, «bisogna avere il coraggio e la lealtà di affermare che primo compito dell'Europa è sostenere e difendere l'esistenza dello Stato di Israele e del suo popolo e pretenderne il riconoscimento anche da coloro che con miope follia continuano a negarlo». 

Solo a queste condizioni e tornando alla Road Map, ha insistito, «potremo avere uno Stato palestinese anch'esso riconosciuto, libero e sicuro, nonché la pace in Medio Oriente». Questi sono gli obiettivi che debbono essere raggiunti, mentre Hezbollah «vuole distruggere lo Stato democratico riconosciuto dalla comunità internazionale e membro dell'ONU». Hezbollah, ha aggiunto, è «un movimento ideologico religioso» rappresentato nel parlamento di uno Stato confinante, ma possiede anche un'organizzazione autonoma armata al di fuori della struttura statale ed alimentata con armi e denaro da altri due Stati della regione, «entrambi aventi lo scopo primario della distruzione di Israele». La deputata ha quindi chiesto come si può essere vicini nella stessa misura a questi due contendenti, «così contrapposti e diversi nei loro obiettivi». Mentre gli uni difendono «la loro legittima sopravvivenza di Stato democratico», ha sottolineato, «gli altri sono il braccio armato della lotta contro la democrazia e l'Occidente».

Esprimendo il proprio sostegno alla forza UNIFIL, «che dovrà provvedere fino in fondo a verificare il disarmo e a sostenere il governo legale libanese», la deputata ha quindi auspicato che le autorità libanesi «non cadano più nelle ambiguità delle ultime settimane», mentre «gli unici interlocutori di UNIFIL devono essere il governo israeliano e quello libanese». Ha poi aggiunto che l'Unione, «che finalmente si muove unita», deve ottenere il rispetto delle risoluzioni ONU e impegnare tutte le sue forze per gli aiuti umanitari, per ripristinare il dialogo e per far crescere la cultura del rispetto reciproco. Ha poi concluso ribadendo la convinzione che «se Israele facesse parte dell'Unione, la pace in Medio Oriente sarebbe maggiormente garantita» e ha quindi rinnovato l'invito al Consiglio a dichiarare che da ogni parte del mondo le ambasciate dei paesi dell'Unione «riconosceranno da oggi in poi i cittadini israeliani come cittadini europei».

Bastiaan BELDER (IND/DEM, NL) ha affermato che la stampa tedesca ha sottolineato il ruolo  della Budeswehr's nell'arresto del flusso di armi in Libano e che, certamente, gli Stati membri dell'UE non hanno l'intenzione di restare a guardare Hezbollah portare avanti i suoi affari. Sottolineando che vi sono rappresentanti di Hezbollah nel governo libanese, ha chiesto se Israele aveva l'intenzione di mantenere il blocco del Libano.

Gianni DE MICHELIS (NI, IT) ha esordito esprimendo il proprio consenso all'iniziativa dell'Unione nella questione libanese, «che corrisponde alla ripresa di un ruolo centrale nella vicenda mediorientale, come non vedevamo da molto tempo, e naturalmente coincide anche col fallimento delle iniziative unilaterali di altri». Ha però sottolineato che «tutto dipenderà dai risultati» e che occorre essere consapevoli che la missione militare e gli aiuti alla ricostruzione «non sono un punto di arrivo, ma un punto di partenza». Non sono un fine, ma un mezzo che, ha spiegato, «rischia di essere totalmente inadeguato, se non sarà rapidamente e tempestivamente accompagnato da un'iniziativa politica e diplomatica che consenta di riannodare il filo del dialogo tra le parti».

Se il contesto sarà quello del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha aggiunto, «l'iniziativa dovrà venire inevitabilmente dall'Unione europea, in collegamento con gli Stati Uniti e con la Lega Araba». Occorre quindi discutere i connotati che tale iniziativa potrà avere. Il deputato ha quindi affermato che l'esperienza insegna che l'unilateralismo, da solo, «non porta da nessuna parte», così come il tentativo di risolvere i problemi del Medio Oriente «pezzo a pezzo». A suo parere bisogna pertanto andare «oltre la road map, oltre le singole specifiche risoluzioni del Consiglio di sicurezza sull'Iraq o sul Libano» e comprendere che oggi «il tempo è maturo per un approccio onnicomprensivo», in grado di riunire intorno al tavolo per un confronto formale tutti gli Stati interessati della regione, su tutte le questioni aperte, i punti di crisi o gli elementi di cooperazione. Una soluzione di questo genere, ha concluso, rappresenterebbe una soluzione per tutti: «per gli Stati Uniti che uscirebbero dall'angolo, per Israele che supererebbe l'unilateralismo in cui si è cacciata, per la Lega araba e, soprattutto, per l'Europa».

Interventi dei deputati italiani

Per Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT), essere riusciti ad ottenere il cessate il fuoco, «è già un importante risultato» in una guerra che, in poche settimane, «ha provocato moltissime vittime, distruzioni di infrastrutture e dall'ambiente, e che minacciava di dilagare in tutta la regione». Questo primo risultato, ha spiegato, è stato il frutto di un'iniziativa europea in stretta collaborazione con le Nazioni Unite e, in proposito, ha voluto ricordare «il ruolo attivo svolto dall'Italia», ma anche dalla Presidenza finlandese e dalla Francia. La sfida, ha tuttavia aggiunto, «è ben più ardua». E comporta uno sforzo politico e diplomatico, oltre che militare, da parte dell'Europa tutta, la quale, per la prima volta, «potrebbe dimostrare una volontà politica univoca e la determinazione nel voler giocare un ruolo costruttivo nel Mediterraneo e nel Medio Oriente dotandosi degli strumenti conseguenti».

Si tratta, ha affermato, di sostenere il Libano nel difficile processo di indipendenza e di sovranità, «facendo proseguire il percorso democratico che aveva acceso tante speranze durante la primavera di Beirut». L'esercito libanese deve pertanto riprendere il controllo di tutto il territorio, compreso il sud, e «deve esercitare il monopolio della forza rispetto a Hezbollah che, nel frattempo, ha costruito un potere parallelo». Questo risultato, ha quindi aggiunto, ha bisogno della responsabilità di tutti, «a cominciare dalla Siria», ma anche Israele «deve convincersi ad abbandonare l'idea dell'uso indiscriminato della forza, perché questa non è la strada che potrà assicurare la sua sicurezza».

Sottolineando come la questione palestinese costituisca «il cuore della vicenda mediorientale», la deputata ha affermato che il compito dell'Europa è quello di «assumere in pieno la responsabilità che tutte le parti in conflitto oggi le riconoscono». Ossia di «sostenere il difficile processo interno ai palestinesi per la formazione di un nuovo governo che consenta loro di uscire dall'isolamento e riuscire ad ottenere le risorse che Israele deve loro restituire». Potrebbe essere l'inizio di un nuovo clima tra le parti, ha proseguito, «ma prima di tutto bisogna arrestare la spirale della violenza». Ha quindi concluso sostenendo la necessità della presenza della comunità internazionale per aiutare le parti, mentre la missione che oggi è in Libano «domani potremo dispiegarla a Gaza e nella Cisgiordania». Ciò potrebbe essere l'inizio della ripresa di un accordo, «nella prospettiva di una conferenza internazionale che porti ad una soluzione stabile e duratura per l'intera area».

Secondo Mario BORGHEZIO (NI, IT), «il segnale dato da un ministro degli esteri di un paese membro e fondatore dell'Unione europea, dal ministro degli esteri del mio paese, andato a passeggiare a braccetto di un esponente autorevole di Hezbollah, non è un segnale positivo dall'Europa ai cittadini, a chi vuole seriamente la pace, a chi vuole contribuire alla soluzione dei gravissimi problemi in cui si dibatte quest'area» e, segnatamente, «il povero Libano». La Francia, ha poi aggiunto, «ha il merito incontestabile di aver posto da subito la questione più importante sul tappeto», chiedendo di includere nel mandato ONU l'embargo di entrata di armi in Libano, da tutte le frontiere, «quindi in primo luogo dalla Siria». In proposito, pur riconoscendo il merito alla commissaria di aver parlato del diritto del Libano a ritornare ad essere indipendente, ha criticato che il fatto di non aver comunque parlato chiaramente «su simili questioni fondamentali».

Il deputato ha poi affermato che occorre sapere «cosa si va a fare con questa missione, quali sono i compiti, quali sono i mezzi che avremo». Se qualcuno ritiene, per esempio, che disarmare gli Hezbollah «significherà trasferire questi nobili guerriglieri nell'esercito libanese», ha affermato che «questa non è la soluzione del problema e soprattutto non corrisponde agli obiettivi che l'Europa deve perseguire, e con essa anche i paesi membri che partecipano alla missione UNIFIL». Sottolineando che molti esperti militari hanno rilevato la pericolosità di un intervento che non sia soggetto a un mandato finalizzato esattamente e correttamente, il deputato ha quindi concluso che, su questo punto fondamentale,  «è necessario avere il coraggio di parlare chiaro e richiedere garanzie adeguate, perché là ci sono i nostri soldati e c'è naturalmente il ruolo dell'Europa».

«Come pacifista, non ho mai pensato che la pace si possa costruire con le armi». E' quanto affermato Vittorio AGNOLETTO (GUE/NGL, IT) negando entusiasmo per la missione in Libano, ma prendendo «realisticamente atto» che «siamo di fronte ad un intervento di riduzione del danno, che rappresenta l'unica possibilità per ottenere il ritiro di Israele dal Libano». Tuttavia, ha aggiunto, le forze di peacekeeping «saranno tanto più credibili quanto più risulteranno neutrali». Per tale motivo è necessario che l'Italia, così come le altre nazioni coinvolte nella missione UNIFIL, «rompano immediatamente ogni accordo di assistenza militare con Israele».

Se l'obiettivo è una pace duratura, ha proseguito, «non bastano i militari» ed ha quindi chiesto che l'Unione europea organizzi la presenza sul confine tra Libano e Israele anche di corpi civili di pace, «con un mandato e una gestione separata dalla missione militare». Ha poi sostenuto la richiesta, già avanzata dalle organizzazioni umanitarie, di una commissione di indagine sotto l'egida dell'ONU «sugli eventuali crimini di guerra realizzati da Israele contro civili, tra i quali l'uso delle cluster bomb e il bombardamento delle infrastrutture sociali». Infine, ha concluso affermando di condividere il giudizio del Consiglio secondo il quale in Medio Oriente «non vi sarà una pace duratura senza rispetto dei diritti del popolo palestinese». Per questa ragione «l'Unione europea dovrebbe formalmente proporre l'invio di una forza di interposizione anche tra la Palestina ed Israele ed esigere da questo il rispetto di tutte le risoluzioni ONU».

Vito BONSIGNORE (PPE/DE, IT) non ha voluto nascondere il proprio «senso di frustrazione», quale membro di questo Parlamento, «nel dover constatare ancora una volta l'impossibilità per l'Unione europea di muoversi rapidamente, con determinazione, con l'autorità che le competerebbe in simili circostanze». Nella regione mediterranea, ha aggiunto, abbiamo avviato una politica di partenariato «che non è solo economica, non è solo commerciale, deve essere anche politica». Per il deputato, Italia e Francia «hanno assunto un'iniziativa importante» e, anche se l'Unione europea non ha ancora una sua propria capacità diplomatica e militare, «esistono ampi margini di manovra per svolgere un ruolo leader in molte delle vicende che accadono in quell'area».

L'Unione europea, ha proseguito, «deve essere molto più incisiva per trovare una soluzione per la stabilità della regione e deve attivarsi per aiutare l'autorità democratica libanese a rafforzare la propria struttura istituzionale, l'organizzazione dello Stato». Per una vera sovranità e una vera indipendenza, inoltre, deve fornire aiuti umanitari e i mezzi, garantire in Libano una presenza «molto qualificata» della diplomazia e delle Istituzioni e rendere attivi gli accordi di associazione con il Libano e con la Siria. A questo proposito, ha chiesto al Consiglio perché non è stato firmato l'accordo con la Siria, «dato che riteniamo molto importante il ruolo della Siria nella regione».

Secondo il deputato, anche il Parlamento europeo dovrebbe prendere le iniziative opportune per concretizzare il dialogo tra l'Unione europea e il Libano ed ha sottolineato l'annoso problema dei tanti profughi rifugiati in Libano, «i quali non dispongono di nessuna cittadinanza, vivono in condizioni di emergenza e costituiscono una potenziale pericolosa riserva per le azioni di destabilizzazione». A loro, ha precisato, «va data una risposta politica». Ha quindi concluso affermando che la conferenza di pace proposta dal Consiglio «è un momento importante che va colto al momento opportuno e ad essa il Parlamento europeo non farà certamente mancare il proprio sostegno».

Per Vittorio PRODI (ALDE/ADLE, IT) «l'unilateralismo ha mostrato da tempo tutti i propri limiti» e, finalmente, «l'Unione ha preso l'iniziativa e ha promosso un intervento coraggioso assieme alle Nazioni Unite, permettendo così di guadagnare un po' di tempo per comporre il conflitto». Pur riconoscendo che lo scenario è l'intero Medio Oriente, ha sottolineato che la priorità «resta il rapporto tra Israele e Palestina» e, pertanto, «è da lì che dobbiamo cominciare».

A suo parere, l'Unione ha dimostrato «la validità dell'impostazione basata sull'interazione positiva tra culture diverse, il primato della politica e il rifiuto di usare la forza» ed ha quindi affermato che «sono proprio questi i valori che ci hanno portato a vivere per due generazioni senza guerra in Europa». L'Unione europea, ha aggiunto, «può e deve promuovere nel mondo gli stessi principi, lo stesso approccio multipolare trasparente ed equilibrato, la prevenzione di conflitti attraverso il dialogo politico». Per tutti questi motivi, ha concluso, «in questo momento sono orgoglioso di essere europeo e ancora di più di essere italiano, visto il ruolo che il mio paese ha assunto in questo contesto».

Secondo Antonio TAJANI (PPE/DE, IT) l'Europa «ha fatto finalmente ascoltare la sua voce ed è stata, sia pure con qualche ritardo e non poche difficoltà, capace di svolgere un ruolo attivo e da protagonista nella crisi mediorientale». Si tratta, ha però aggiunto, «soltanto di un primo passo di una lunga marcia che deve portare l'Unione europea, con l'ONU, gli Stati Uniti e la Lega araba, alla stabilizzazione di un'area da dove nascono tutti i pericoli per la sicurezza del mondo». La missione UNIFIL, a suo parere, «è uno strumento» che devo portare alla nascita di un Libano «sovrano e libero da influenze straniere esercitate anche attraverso Hezbollah».

Il deputato ha quindi chiesto a Consiglio e Commissione a che punto è il disarmo «della milizia armata che ha attaccato Israele» ed ha ricordato che il Parlamento, lo scorso anno, nel sostenere che esistevano prove inconfutabili dell'azione terroristica degli Hezbollah, aveva sollecitato il Consiglio a prendere tutte le misure necessarie per porre fine all'attività del gruppo. Al riguardo, ha aggiunto che la Siria «è chiamata ad assumere senza tentennamenti un ruolo attivo, contribuendo al blocco del flusso delle armi destinate ai terroristi». Ha poi affermato che, nel quadro della tutela dei diritti umani, ai militari dell'UNIFIL, «deve essere affidato anche il compito di tutelare la comunità cristiana libanese, senza colpa alcuna tra due parti in contrasto».

Ha quindi proseguito sostenendo che, accanto all'obiettivo libanese, occorre porsi un  obiettivo più ampio, ossia la soluzione della crisi israelo-palestinese. Il principio di "due popoli due Stati", a suo parere, potrebbe infatti «tagliare l'erba sotto i piedi al terrorismo e al fondamentalismo islamico». Ma per raggiungere questo scopo, ha sottolineato, «serve un'Europa protagonista». Al riguardo ha affermato che non è possibile avere un'Unione portatrice di pace «senza una costituzione che attribuisca poteri necessari a chi deve svolgere questa azione». Di conseguenza, ha concluso, il dibattito sulla costituzione «ritorna prepotentemente al centro della nostra attenzione», essendo la questione centrale, «ossia la questione di come esportare il più importante risultato di 50 anni di Europa fuori dai nostri confini: la pace».

Link utili

Conclusioni del Consiglio del 25/8/2006 sulla situazione in Libano (in francese)
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n°1701 (in francese)

Riferimenti

Risoluzione comune sul Medio Oriente
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 6.9.2006
Votazione: 7.9.2006

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La Cina rispetti diritti umani e libertà religiosa

Se una maggiore cooperazione con la Cina è guardata con interesse dai deputati, in una relazione all’esame dell’Aula formulano severe critiche al Celeste Impero. Chiedono infatti un maggiore fair play in campo commerciale e condannano le numerose violazioni dei diritti umani, come la repressione delle comunità religiose, anche cristiane, il ricorso alla pena di morte, al commercio di organi umani, alle torture e ai campi di rieducazione. Altri temi riguardano le relazioni con Taiwan e l’Iran.

Con 351 voti favorevoli, 48 contrari e 160 astensioni (soprattutto da parte del PSE), il Parlamento ha adottato la relazione di Bastian BELDER (IND/DEM, NL) sulle relazioni dell'UE con la Cina. Guardando con interesse al partenariato strategico UE-Cina e alla maggiore cooperazione che ne deriverà in un gran numero di ambiti, il Parlamento sollecita però il Consiglio e la Commissione a formulare «una politica coerente e ben strutturata» nei confronti di tale Paese. Per i deputati, la Cina e l'Unione europea devono fondare il proprio partenariato e le proprie relazioni bilaterali «sull'apertura reciproca e sui capisaldi della credibilità, la stabilità, la responsabilità e la comprensione reciproca». Sono quindi sollecitate a migliorare su tali basi la propria cooperazione «in modo da svolgere un ruolo stabile, responsabile e credibile in seno alla comunità internazionale».

Relazioni economiche: apertura dei mercati e lotta alla contraffazione

Dopo l'allargamento, l'Unione europea è divenuta il primo partner commerciale della Cina superando il Giappone, mentre la Cina, è contemporaneamente divenuta il secondo partner commerciale dell'Unione dopo gli Stati Uniti. A questo incremento delle relazioni commerciali, tuttavia, i deputati lamentano che non siano corrisposti progressi sostanziali in materia di democrazia e diritti umani, «che sono componenti basilari del dialogo politico». Nel ritenere che le relazioni economiche e commerciali tra l'UE e la Cina dovrebbero basarsi, da parte europea, sulla messa a punto di una strategia a lungo termine, i deputati chiedono alla Cina di realizzare progressi in numerosi campi. Sollecitano, più precisamente, lo sviluppo di un clima favorevole agli investimenti, il miglioramento della certezza del diritto per le imprese straniere, l'apertura ulteriore dei mercati nel settore bancario, dei servizi finanziari e delle telecomunicazioni e, soprattutto, di osservare le regole commerciali leali ed eque e l'applicazione delle regole dell'OMC, in particolare per quanto riguarda la protezione dei diritti di proprietà intellettuale.

In materia commerciale, i deputati insistono molto sul problema della pirateria e della contraffazione dei prodotti e dei marchi europei da parte delle industrie cinesi. Notano infatti che il 70% di tutte le merci contraffatte sequestrate nel mercato europeo proviene dalla Cina e che, ogni anno, le autorità doganali sequestrano quasi cinque milioni di articoli e accessori di abbigliamento contraffatti. A loro parere ciò rappresenta «una grave violazione delle regole del commercio internazionale» e sollecitano quindi la Cina a rispettare le norme vigenti e a migliorare considerevolmente la protezione dei diritti di proprietà intellettuale e dei brevetti stranieri». La Commissione è anche invitata a sostenere le autorità cinesi in tal senso.

La relazione rileva poi che i problemi emersi di recente nel settore calzaturiero evidenziano l'urgente necessità che la Cina adotti una politica anti-dumping più adeguata e sottolinea la pressante necessità di una tale politica, data l'appartenenza della Cina all'OMC. A tale proposito, accogliendo un emendamento proposto dal PPE/DE, il Parlamento chiede all'Unione europea di far rispettare dalla Cina «le regole leali ed eque del commercio internazionale». Chiedendo poi il potenziamento della trasparenza della procedura antidumping, alla Commissione è rivolto l'invito a semplificare le procedure per «facilitare l'attivazione dei meccanismi antidumping da parte delle PMI». Inoltre, invita il Consiglio e la Commissione a riconoscere che le difficoltà riscontrate dal settore tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero «sono di tipo sistemico». Occorre quindi che l’Esecutivo corregga gli squilibri attuali ed anticipi le sfide future nel quadro della revisione della sua strategia commerciale ed economica nei confronti della Cina.

I deputati chiedono poi alla Commissione europea di esercitare pressioni politiche ed economiche per conferire flessibilità al tasso di cambio della moneta cinese che, in contrasto con la progressiva liberalizzazione del commercio mondiale, risulta «artificialmente basso». La Cina è inoltre invitata a ratificare le convenzioni dell'Organizzazione mondiale del lavoro e, in particolare, quella sulla libertà di associazione e la tutela del diritto di organizzarsi sindacalmente, così come quella sulla contrattazione collettiva. Dovrebbe anche garantire il diritto di sciopero e rispettare le norme sociali definite nel quadro dell'OIL in merito a misure efficaci per contrastare ogni forma di moderna schiavitù, di lavoro minorile e di sfruttamento, segnatamente delle lavoratrici donne, onde garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori e scoraggiare il dumping sociale.

Il Parlamento, infine, riconosce che l'UE non dovrebbe revocare l'embargo fintanto che non sarà in vigore un codice di condotta giuridicamente vincolante sulle esportazioni di armi e non sarà stata affrontata adeguatamente la situazione dei diritti umani e delle libertà civili e politiche, inclusa la questione di Piazza Tienanmen.

Democrazia, diritti umani e libertà di religione

La relazione sottolinea che la rapida modernizzazione socio-economica della Repubblica Popolare Cinese dovrebbe essere accompagnata dal necessario pluralismo politico e dall'ammodernamento delle istituzioni. Secondo i deputati, inoltre, «fintanto che il partito comunista cinese non sarà soggetto alle regole di uno Stato costituzionale, esso rimarrà uno Stato dentro lo Stato», e sarà pertanto estremamente vulnerabile a gravi episodi di abuso di potere, «come la piaga nazionale della corruzione dei quadri dirigenti». In proposito, i deputati ritengono che la costituzione cinese dovrebbe anche includere il divieto di ingerenza da parte del PCC o del governo cinese nel funzionamento della giustizia.

Il Parlamento sollecita il governo cinese ad abolire la pena di morte e a dichiarare un'effettiva moratoria per le persone già condannate.  Al riguardo è anche espressa preoccupazione per il fatto che la Cina è di gran lunga il paese al mondo in cui viene eseguito il maggior numero di condanne a morte, stimate in 8.000 l'anno. Nell'invitare la Cina a rendere pubblici i dati ufficiali sulle esecuzioni nel periodo 2005/2006, i deputati appoggiano «risolutamente» la richiesta formulata da un giurista membro dell'Accademia cinese delle scienze sociali di «porre fine al commercio illegale di organi di persone giustiziate, imponendo disposizioni e controlli rigorosi».

I deputati si dichiarano inoltre estremamente preoccupati per le recenti informazioni riguardanti le continue e gravi violazioni dei diritti umani perpetrate nella regione tibetana della Cina. Tra queste citano torture, arresti e detenzioni arbitrari, arresti domiciliari e altre forme di sorveglianza extragiudiziale di dissidenti, detenzioni senza processo pubblico, repressione della libertà religiosa e restrizioni arbitrarie della libertà di circolazione.

Nel prendere atto del fatto che la politica cinese "del figlio unico" ha portato a uno squilibrio nella distribuzione della popolazione, i deputati sollecitano la Cina a riconoscere che il futuro equilibrio tra fasce attive e non attive della popolazione avrà considerevoli effetti economici. Invitano quindi la Cina a riesaminare l'attuazione concreta di tale politica per affrontare gli inconvenienti economici e sociali ad essa inerenti. Inoltre, manifestano profonda preoccupazione per le numerose violazioni dei diritti delle donne e delle bambine conseguenti all'imposizione forzata della politica di pianificazione familiare del governo cinese, fra cui rientrano gli aborti selettivi, le sterilizzazioni forzate e il massiccio abbandono delle bambine.

Il Parlamento afferma la necessità di una legislazione dettagliata che risponda alle norme internazionali e garantisca un'effettiva libertà religiosa. In proposito è deplorata la contraddizione tra la libertà di fede, sancita dalla Costituzione e «le costanti ingerenze dello Stato» nella vita interna delle comunità religiose, «specialmente per quanto riguarda formazione, selezione, nomina e indottrinamento politico dei ministri del culto». Più in particolare, i deputati deplorano che lo Stato riconosca a solo cinque religioni il diritto a un'esistenza legale, per giunta sottoponendole al controllo delle rispettive associazioni religiose "patriottiche" cinesi.

La relazione chiede poi al Consiglio di informare il Parlamento circa la sorte di vari vescovi incarcerati nella Repubblica Popolare Cinese a motivo delle loro convinzioni religiose. Inoltre, le autorità cinesi sono invitate a liberare immediatamente tutti i membri della Chiesa cristiana «che sono ancora ingiustamente detenuti e perseguitati». I deputati, peraltro, osservano che attualmente, in Cina, i cristiani che praticano la propria fede in luoghi di culto "illegali" (all'interno di case-chiesa protestanti o presso gruppi cattolici "clandestini" fedeli al Vaticano) «sono più numerosi di quelli che frequentano i luoghi di culto "patriottici"». A loro parere, d'altra parte, entrambi i gruppi di credenti, «composti di cittadini rispettosi della legge», «non rappresentano alcuna minaccia per la sicurezza pubblica». Pertanto, invitano il governo cinese «a porre fine alle persecuzioni e alla detenzione di tali gruppi di cristiani» ed affermano il diritto per i cristiani che non si riconoscono nelle "Chiese patriottiche" di praticare liberamente la propria fede. Il Parlamento prende poi atto «con rammarico» della grave violazione della libertà religiosa provocata dalle recenti illecite ordinazioni episcopali «che sono in parte frutto delle forti pressioni e minacce esercitate sul clero cattolico fedele al Vaticano da parte di organismi esterni alla Chiesa». In proposito, i deputati sottolineano la necessità del rispetto della libertà della Chiesa e dell'autonomia delle sue istituzioni da qualsiasi ingerenza esterna.

La relazione esprime profonda preoccupazione per le dichiarazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, il quale afferma che la tortura continua ad essere prassi diffusa in Cina. Sottoscrive quindi le raccomandazioni preliminari indirizzate dal relatore speciale al governo cinese e riguardanti, ad esempio, una riforma del diritto penale che preveda l'aggiunta del reato di tortura, in linea con la definizione contenuta nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, nonché l'introduzione di un meccanismo indipendente di ricorso per i detenuti vittime di torture e maltrattamenti.

I deputati invitano poi il governo cinese a rivedere le sentenze pronunciate contro i reati di "minaccia alla sicurezza pubblica", dal momento che «gli imputati non hanno fatto altro che esercitare coraggiosamente i propri diritti costituzionali fondamentali, criticando pubblicamente la politica del governo e del partito comunista cinese». D'altra parte, si rammaricano del fatto che non siano stati compiuti progressi di rilievo per quanto attiene alla liberazione dei prigionieri politici incarcerati per aver partecipato alle dimostrazioni di Piazza Tienanmen. In proposito, chiedono un riesame ufficiale degli incidenti di Piazza Tienanmen da parte delle autorità cinesi, la pubblicazione dell'elenco dei prigionieri politici e il loro rilascio incondizionato.

Il Parlamento sollecita inoltre il governo cinese ad abolire la "rieducazione attraverso il lavoro" e altre forme analoghe di rieducazione forzata dei carcerati, delle persone detenute in attesa di processo e di quelle internate in ospedali psichiatrici. Condanna in particolare l'esistenza, in tutto il paese, dei campi di lavoro laogai, in cui sono detenuti attivisti democratici, sindacali e membri delle minoranze, «privati di un giusto processo e costretti a lavorare in condizioni spaventose e senza cure mediche». Parallelamente, esprime preoccupazione quanto alla possibilità che gli Stati membri dell'Unione europea importino considerevoli quantità di prodotti fabbricati, in tutto o in parte, nei campi cinesi di lavoro forzato laogai. Invita pertanto la Cina ad attestare per iscritto che i prodotti esportati non sono stati fabbricati in un campo di lavoro forzato laogai e, in mancanza di una siffatta garanzia, insiste affinché la Commissione vieti l'importazione nell'Unione europea dei prodotti in questione.

Profonda preoccupazione è poi espressa per il giro di vite contro la libertà di espressione e il libero accesso ad Internet. Al riguardo, i deputati rinnovano la richiesta di astenersi dall'intimidire, reprimere o incarcerare i difensori della libertà di parola, «sia che si tratti di giornalisti e attivisti impegnati a favore dei diritti umani, sia che ciò si manifesti nel rendere impossibile l'utilizzo dell'informazione oscurando i siti web che non si adeguano alla censura di Stato». Condannano pertanto la legge relativa alla censura di Internet e chiedono in particolare che venga immediatamente riammesso in rete il sito AsiaNews.it (curato dal Pontificio Istituto Missioni Estere). Si dicono inoltre preoccupati dinanzi alle «politiche irresponsabili» di società Internet di primo piano come Yahoo e Google, «che hanno ceduto, direttamente o indirettamente, alle richieste di censura del governo cinese».

Politica estera, relazioni con i paesi vicini

Pur riconoscendo il ruolo chiave che potrebbe svolgere la Cina nella promozione della pace internazione, il Parlamento richiama l'attenzione sui timori del mondo esterno circa il fatto che, dalla metà degli anni Novanta, la spesa militare cinese registra ogni anno un tasso di aumento a due cifre. In linea con numerose risoluzioni del Parlamento europeo, i deputati raccomandano vivamente che l'embargo sulle armi imposto dall'Unione europea nei confronti della Cina «resti immutato fino a che non saranno stati compiuti maggiori progressi in materia di diritti umani».

In tale contesto, ricordano la necessità di includere nei prossimi negoziati sulla politica europea di vicinato e sugli accordi di partenariato e di cooperazione l'adesione all'embargo sul commercio di armi decretato dall'Unione europea nei confronti della Repubblica Popolare Cinese. D'altra parte, esprimono preoccupazione per la vasta portata della cooperazione con la Cina nell'ambito del programma Galileo e chiedono l'introduzione di maggiori salvaguardie per assicurare che la Cina, o altri partner, non possano trasferire ad applicazioni militari le tecnologie sensibili utilizzate nel quadro del programma.

Riguardo alle relazioni con Taiwan, i deputati osservano che la legge cinese antisecessione e l'attuale stazionamento di più di 800 missili lungo la costa sud-orientale della Repubblica Popolare Cinese «smentiscono il principio di una riunificazione pacifica». Invitano quindi la Cina e Taiwan a creare le basi politiche necessarie per uno sviluppo pacifico e continuo delle relazioni tra le due sponde dello Stretto, a riprendere il dialogo su tali relazioni e a rafforzare gli scambi economici e la cooperazione. Per quanto riguarda la possibilità di una riunificazione pacifica con la Cina continentale, precisa però il Parlamento, occorrerà sicuramente considerare e rispettare la volontà e il parere dei 23 milioni di cittadini taiwanesi, come pure «la sovranità e l'integrità» dell'Isola.

I deputati si attendono infine che la Repubblica Popolare Cinese dia concretamente seguito alla sua dichiarata opposizione al terrorismo e alla proliferazione nucleare nelle importanti relazioni che essa intrattiene con l'Iran. In proposito, sottolineano che una decisa posizione della RPC sull'Iran «dimostrerebbe la volontà e la capacità della Cina di assumere responsabilità internazionali».

Link utili

Sito Asia News

Riferimenti

Bastiaan BELDER (IND/DEM, NL)
Relazione sulle relazioni UE-Cina
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 6.9.2006
Votazione: 7.9.2006

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Una prospettiva europea per l'Albania

Il Parlamento ha dato il via libera alla conclusione di un accordo di associazione con l'Albania. In una risoluzione, tuttavia, ribadendo la prospettiva europea di tale Paese, i deputati chiedono ulteriori progressi nel campo della lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata e nella lotta contro il traffico di esseri umani e di stupefacenti. Miglioramenti sono anche richiesti nel Codice di famiglia, nel trattamento dei detenuti e nella tutela delle minoranze.

L'accordo di stabilizzazione e di associazione con l'Albania, che sostituirà l’attuale accordo sugli scambi e sulla cooperazione commerciale siglato nel 1992, verte principalmente sul dialogo politico, prevede disposizioni relative al potenziamento della cooperazione regionale e mette in prospettiva la creazione di una zona di libero scambio tra la Comunità e l’Albania entro dieci anni dall’entrata in vigore dell’accordo. Comprende anche disposizioni volte a disciplinare la circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento, la prestazione di servizi, i pagamenti correnti e i movimenti di capitali e prevede l'impegno da parte dell’Albania ad avvicinare la legislazione a quella della Comunità, in particolare in settori chiave del mercato interno. Per l'entrata in vigore dell'accordo è necessaria la ratifica da parte di tutti gli Stati membri.

Dopo aver espresso il proprio parere conforme alla conclusione dell'accordo, il Parlamento ha adottato una risoluzione con la quale afferma che tale accordo aprirà prospettive per relazioni contrattuali «strette e di considerevole entità tra l'UE e l'Albania». Relazioni, è precisato, «che contribuiranno ad instaurare stabilità politica, economica ed istituzionale nel paese, nonché nell'insieme della regione, e a promuovere la transizione dell'Albania verso una democrazia pluralistica, rispettosa dello Stato di diritto, con un'economia di mercato funzionante». Il Parlamento ribadisce quindi il suo pieno sostegno alla prospettiva europea dell'Albania e alla futura integrazione nella famiglia europea.

Nel ricordare poi i benefici a lungo termine dell'accordo sia per il popolo albanese che per l'Unione europea, i deputati rilevano che i principali vantaggi dell'accordo «risiedono nella realizzazione dell'obiettivo di una zona di libero scambio a pieno titolo» e nell'assunzione di un chiaro impegno giuridico alla cooperazione nei settori di interesse comune nonché nella promozione di un ambiente giuridico più stabile per gli investitori. Raccomandano inoltre all'Albania di concentrarsi maggiormente sullo sviluppo delle sue potenzialità economiche, anche attraverso l'ampliamento delle infrastrutture di trasporto e lo sviluppo di un turismo «sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale». In proposito, invitano la Commissione a prevedere «congrue risorse» a tal fine, in particolare, per lo sviluppo dei trasporti pubblici.

Prendendo atto delle riforme avviate dall'Albania, il Parlamento sottolinea, tuttavia, che l'Albania «deve ampliare tali riforme e mostrare risultati più tangibili» e realizzare un buon livello di attuazione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione «al fine di passare ad un'ulteriore fase dell'integrazione europea». Al riguardo, particolare preoccupazione è espressa per la mancanza di progressi sostanziali quanto alla piena applicazione delle leggi adottate. I deputati ritengono inoltre fondamentale rafforzare considerevolmente la capacità amministrativa, riformare il sistema giudiziario e promuoverne l'indipendenza, tutelare i diritti delle donne, combattere la criminalità organizzata e promuovere la libertà dei media. Questi ultimi, peraltro, «dovrebbero mirare alla trasparenza».

Pur rilevando che il governo si è impegnato a colpire la criminalità organizzata, «anche con la decisione di vietare l'uso di natanti veloci in modo da combattere la tratta di esseri umani e il contrabbando di stupefacenti», il Parlamento chiede all'Albania di compiere ulteriori e sostanziali progressi in questo campo, ritenendo ciò «un requisito indispensabile per una cooperazione approfondita con l'Unione». Al riguardo, particolare attenzione va attribuita alla tratta di donne e di bambini a fini di sfruttamento sessuale ed allo sfruttamento sul lavoro o accattonaggio.

Inoltre, osservando che la corruzione è uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico e sociale dell'Albania, il Parlamento si aspetta pertanto che la campagna del governo continui a dare risultati tangibili.

Ma il Parlamento sottolinea anche che si verificano ancora gravi violazioni dei diritti umani in Albania e chiede quindi al governo albanese di realizzare le riforme necessarie per garantire l'accesso dei detenuti alla difesa nei procedimenti giudiziari e per combattere la tortura, i maltrattamenti o i trattamenti disumani o degradanti. Sollecita, inoltre, riforme legislative per attuare pienamente il Codice di famiglia del 2003, in particolare per considerare reato penale la violenza domestica.

Infine, i deputati invitano l'Albania ad adoperarsi ulteriormente per tutelare i diritti delle minoranze, compresi quelli della minoranza greca in Albania, e a completare ed applicare la sua legislazione relativa alle minoranze in modo che sostenga l'applicazione delle attinenti convenzioni internazionali ratificate dall'Albania. Sono poi necessari ulteriori sforzi, in particolare per quanto riguarda l'aumento dell'uso delle lingue delle minoranze nei rapporti dei cittadini con le autorità e il ricorso ai toponimi tradizionali nelle affissioni, il miglioramento dell'accesso ai media per gli appartenenti alle minoranze e l'aumento dell'istruzione nelle lingue minoritarie.

Link utili

Proposta di decisione relativa alla firma dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e l'Albania

Riferimenti

Toomas Hendrik ILVES (PSE, EE)
Raccomandazione sulla proposta di decisione del Consiglio e della Commissione concernente la conclusione di un accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una ìarte, e la Repubblica di Albania, dall'altra
Procedura: Raccomandazione
&
Risoluzione sulla conclusione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Albania, dall'altra
Procedura: risoluzione
Dibattito: 6.9.2006
Votazione: 6.9.2006

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GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI


No alla raccolta sistematica di dati sui passeggeri

La lotta al terrorismo non deve portare a violazioni della privacy. E' quanto afferma il Parlamento suggerendo al Consiglio le linee guida per un nuovo accordo con gli USA in materia di trasferimento dei dati dei passeggeri aerei. I deputati chiedono di essere pienamente coinvolti nella definizione di ogni nuovo accordo e premono per un quadro giuridico coerente sulla protezione dei dati nell'UE. Per il commissario Frattini, la sentenza della Corte di giustizia è «una sconfitta per l'Europa».

Approvando la relazione di Sophia IN'T VELD (ALDE/ADLE, NL), il Parlamento formula una raccomandazione al Consiglio relativa ai negoziati con gli Stati Uniti sull'impiego dei dati di identificazione delle pratiche passeggeri (PNR) per prevenire e combattere il terrorismo e la criminalità transnazionale. I deputati, innanzitutto, esortano il Consiglio a evitare un vuoto giuridico a livello europeo, a partire dal 1° ottobre 2006, per il trasferimento dei dati sui passeggeri e chiedono che i diritti e le libertà dei passeggeri siano protetti «in misura ancor maggiore» rispetto a quanto avviene attualmente. Auspicano, inoltre, che ogni accordo in questo settore sia fondato sui principi europei in materia di protezione dei dati.

Il Parlamento propone quindi di negoziare, a breve termine, un nuovo accordo internazionale per il periodo compreso tra il 1° ottobre 2006 e novembre 2007 (periodo originariamente coperto dall'accordo USA/CE, annullato dalla Corte). Per il medio-lungo termine, invece, sottolinea la necessità di un approccio più coerente a livello dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO) sullo scambio di dati sui passeggeri, «per garantire sia la sicurezza del traffico aereo che il rispetto dei diritti umani a livello globale».

Rammaricandosi che il Consiglio abbia omesso di coinvolgere il Parlamento negli attuali negoziati, i deputati chiedono di conferire il mandato alla Presidenza, assistita dalla Commissione, di informare il Parlamento in merito ai negoziati sull'accordo e implicare, in qualità di osservatori, rappresentanti della commissione competente nel dialogo con l'amministrazione statunitense.

Contenuti dell'accordo a breve termine

Il nuovo accordo, per i deputati, deve superare le carenze delineate nella prima analisi congiunta UE/USA dell'accordo e tener conto delle raccomandazioni del Garante europeo per la protezione dei dati. Il contenuto della "dichiarazione d'impegno" dovrà poi essere inserito nel corpo dell'accordo di modo che possa diventare giuridicamente vincolante. Di conseguenza, sarà necessario che le parti predispongano o modifichino la legislazione vigente e che la magistratura protegga le persone alle quali l'accordo si applica.

«A dimostrazione della buona fede da parte dell'amministrazione statunitense», il Parlamento suggerisce che nel nuovo accordo siano inseriti immediatamente i seguenti impegni:

-                      la rigida limitazione dei fini, nel senso che i dati relativi al comportamento non possono essere usati per verificare reati a carattere finanziario o per prevenire l'influenza aviaria; la limitazione dovrebbe applicarsi anche all'ulteriore trasferimento di tali dati;

-                      il passaggio al sistema PUSH con il quale le autorità USA chiedono dati concreti e necessari caso per caso, invece di avere accesso illimitato alle banche dati;

-                      l'informazione dei passeggeri in merito alle norme sul PNR e l'introduzione di opportune procedure per l'azione legale;

-                      l'esigenza di garantire istruzioni e formazione adeguate al personale che gestisce i dati e di rendere sicuri i sistemi IT;

-                      l'analisi congiunta annuale dovrebbe essere svolta in cooperazione con le autorità nazionali preposte alla protezione dei dati ed essere pubblicata integralmente; essa deve inoltre valutare non solo l’attuazione degli impegni ma anche i risultati dell'accordo in termini di eliminazione del terrorismo e della criminalità.

Contenuti dell'accordo a medio termine

Il Parlamento chiede di dotare l'UE di un quadro giuridico chiaro, segnatamente adottando con urgenza il progetto di decisione quadro sulla protezione dei dati. Sottolinea poi la necessità di evitare la divisione artificiale tra i "pilastri", attraverso la creazione di un quadro coerente per la protezione dei dati nell'Unione europea (che colleghi tra loro i pilastri tramite la clausola "passerella"), al fine di garantire che il nuovo accordo sia concluso associando il Parlamento europeo e sia soggetto alla verifica della Corte di giustizia. I deputati, inoltre, chiedono di limitare il volume e le categorie di dati che possono essere richiesti e di filtrare alla fonte i dati di natura delicata.

Nel ribadire poi la richiesta del Parlamento che il nuovo accordo assicuri ai passeggeri europei «lo stesso livello di protezione dei dati di cui godono i cittadini statunitensi», i deputati sottolineano che l'Unione «dovrebbe evitare la creazione indiretta di un sistema PNR europeo» attraverso il trasferimento dei dati pertinenti da parte dell'Ufficio doganale USA alle autorità giudiziarie e di polizia degli Stati membri. A loro parere, infatti, la raccolta sistematica dei dati di normali cittadini fuori dall'ambito di un procedimento giudiziario o di un'indagine di polizia deve rimanere vietata e i dati dovrebbero essere scambiati quando risulti necessario.

Dibattito in Aul

Dichiarazione della Commissione

Franco FRATTINI ha anzitutto ricordato che la sentenza della Corte ha escluso la competenza comunitaria sull'accordo e, al contrario, ha sottolineato l'esigenza di una base giuridica unica che preveda la comunitarizzazione del "terzo pilastro". Tale questione, ha aggiunto, sarà sollevata al prossimo Consiglio. A suo parere, il nuovo accordo con gli USA dovrebbe garantire lo stesso livello di salvaguardia e potrebbe integrare quanto proposto dalla raccomandazione, prevedendo norme e procedure che limitano l'uso dei dati da parte delle autorità statunitensi.

I negoziati, ha affermato, incominceranno domani, a Bruxelles, sulla base di un testo preparato dalla Presidenza. Pur non essendo previsto, il Vicepresidente ha dichiarato che è sua intenzione informare il Parlamento sulla bozza di accordo e sull'andamento dei negoziati. Ha quindi ricordato che se, non si giunge ad un accordo entro il 1° ottobre, i vettori aerei potranno essere oggetto di cause da parte dei passeggeri ed è quindi molto importante garantire la certezza giuridica entro tale data. Allo stesso tempo, ha concluso, occorrerà garantire il massimo livello di sicurezza e di tutela della privacy dei cittadini.

Intervento della relatrice

Sophia IN'T VELD (ALDE/ADLE, NL), sottolineando che il Presidente Bush ha ammesso pubblicamente l'esistenza di carceri segrete americane, ha affermato che la questione dei PNR va inquadrata nel più ampi contesto della lotta al terrorismo. A suo parere, si tratta di un classico esempio in cui è necessario che l'UE parli con una sola voce. E ciò a maggior ragione visto che gli USA preferirebbero ricorrere ad accordi bilaterali che potrebbero avere risultati catastrofici. D'altra parte ha evidenziato che una nuova politica comunitaria su tale materia «non può essere concepita da un piccolo gruppo di ministri che si riunisce a porte chiuse». Dopo aver illustrato i punti salienti della sua relazione, ha anche posto in luce la necessità di un dialogo parlamentare transatlantico sulla lotta al terrorismo.

Intervento in nome dei gruppi

Carlos COELHO (PPE/DE, PT) ha detto condividere gli obiettivi della prevenzione e della lotta al terrorismo ed ha espresso la necessità di cooperare con altri paesi, in particolare gli USA. Ha però sottolineato che la risposta potrà essere tanto più efficace quanto l'Europa si muoverà unita. E' «meglio un accordo europeo che 25 accordi bilaterali», anche per la protezione dei diritti fondamentali. Il deputato ha quindi suggerito di prendere ad esempio gli accordi siglati con Australia e Canada che prevedono limitazioni e controlli adeguati.

Martine ROURE (PSE, FR) ha detto di condividere il contenuto della relazione all'esame del Parlamento. Riguardo all'accordo a breve termine ha però insistito sulla necessità che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali siano adeguatamente coinvolti nei negoziati e sulla garanzia che gli USA rispettino le dichiarazioni d'impegno. La deputata ha poi chiesto di essere informata sul futuro sistema PNR europeo, ammonendo che la sua adozione non dovrà aggirare la legislazione comunitaria in materia  di protezione dei dati.

Sarah LUDFORD (ALDE/ADLE, UK) ha insistito invece sull'uso dei dati relativi ai profili comportamentali, sottolineando la necessità di disposizioni volte a limitarne l'accesso. A suo parere, inoltre, occorre una politica comunitaria coerente che sia anche in grado di salvaguardare la privacy. 

Jean LAMBERT (Verdi/ALE, UK) ha affermato che tutti sono favorevoli a un rafforzamento della sicurezza e, in quest'ambito, alla collaborazione con gli USA. Tuttavia, ha sottolineato che è importante limitare l'uso di questi dati ai fini della lotta al terrorismo. Ha quindi affermato che i cittadini europei devono essere messi sullo stesso pian di quelli americani e non essere dotati di minori diritti. Occorrerà quindi garantire la protezione dei dati poiché gli obiettivi politici non possono andare al di là dei diritti findamentali.

Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) ha definito «paradossale» che il Parlamento sia escluso dalla discussione che inizia domani, nonostante il tema riguardi tutti i cittadini. Dicendosi poi d'accordo con la relatrice, ha sottolineato la necessità di riflettere sull'assurdità di alcune proposte contenute nell'accordo, come la consegna di 34 categorie di dati che, in grande parte, sono inutili e non «vengono neanche utilizzati per testimonianza diretta dalle autorità americane». Per il deputato occorre quindi ragionare sulla necessità di istituire una protezione giuridica reale dei dati dei passeggeri, ritenendo che «tutelare i dati dei cittadini europei sia un dovere di queste istituzioni».

Il controllo sistematico dei cittadini in nome della lotta al terrorismo, ha quindi affermato, «rappresenta una torsione autoritaria dello stato di diritto» e, paradossalmente, «in questo modo favoriamo il raggiungimento degli obiettivi proposti dal terrorismo». Il controllo sistematico, ha poi aggiunto, «ha la stessa vocazione autoritaria delle carceri segrete della CIA». Facendo riferimento alle ammissioni di Bush sulle carceri segrete, ha quindi auspicato che anche i paesi europei «evitino di continuare a essere più realisti del re», ossia «più estremisti degli USA», «in nome di questa falsa guerra al terrorismo».

Gerard BATTEN (IND/DEM, UK) ha criticato il fatto che il solo cambi della base giuridica lasciare la situazione tal quale: la Corte di giustizia non avrà il potere di controllo e il Consiglio potrà continuare a fare quello che vuole senza tenere conto delle richieste del Parlamento.

Interventi dei deputati italiani

Marco CAPPATO (ALDE/ADLE, IT) si è anzitutto detto «abbastanza pessimista» sull'esito di questo accordo. Sostenendo quanto affermato dalla relatrice, ha quindi affermato che il vero problema è che l'Unione europea ha rinunciato al suo potere negoziale. A tale proposito ha infatti sottolineato che «abbiamo rinunciato al nostro potere negoziale quattro anni fa quando, per un anno e mezzo, sono stati trasferiti nella totale illegalità i dati dei passeggeri negli Stati Uniti».
 

Ha quindi aggiunto che anche il successivo accordo si è rivelato parimenti illegale, limitandosi «a recepire quell'illegalità e a correggerla in una piccolissima parte». Per il deputato, invece, l'Unione avrebbe «un potere negoziale enorme». Si tratta, ha spiegato, di decidere «se vogliamo - come Europa - che si rispetti la nostra legge sulla nostra terra». Essendo un principio dello Stato di diritto, ha proseguito, forti di questo fatto è possibile andare a negoziare con gli Stati Uniti. Viceversa, ha aggiunto, se l'Unione rinuncia e non si giunge ad un accordo, gli Stati Uniti saranno liberi di agire come meglio credono.

Ma per il deputato, «se noi vogliamo, non possono fare quello che gli pare». Ha quindi confutato la tesi secondo cui vi è il rischio che vengano bloccati i voli delle compagnie aree negli Stati Uniti, spiegando che «le nostre leggi sulla privacy non proteggono rispetto alla nazionalità della compagnia aerea di bandiera, ma rispetto al paese dove vengono raccolti i dati personali». I dati raccolti per fini commerciali, ha aggiunto, «non possono essere sistematicamente utilizzati per fini di sicurezza né negli Stati Uniti nemmeno in Europa, nemmeno se lo volessimo fare noi stessi con i nostri dati». Allora, ha concluso, «quando inizieremo fare rispettare la nostra legge, riusciremo ad avere un potere negoziale per chiudere un accordo con gli Stati Uniti che preveda unicamente la trasmissione di dati «rilevanti ai fini di sicurezza e non i dati assolutamente irrilevanti come accade oggi».

Replica della Commissione

Franco FRATTINI ha voluto chiarire che la sentenza della Corte di giustizia «non è stata una vittoria e non ha bocciato l'accordo». Al contrario, si tratta «di una sconfitta dell'interesse comunitario, del Parlamento e della Commissione», poiché ha stabilità che la materia non è comunitaria, non può essere negoziata dalla Commissione, ma dalla Presidenza, e non prevede l'applicazione della direttiva sulla privacy.

Ha quindi sottolineato che, se non si giunge a d un accordo, «milioni di cittadini europei accetteranno una riduzione delle loro garanzie pur di poter andare negli USA», mentre l'Europa avrà perso il proprio potere di protezione. Non si tratta di accusare gli USA o coloro che si sono impegnati in questa vicenda, ha precisato, ma occorre prendere atto della sentenza e garantirne il rispetto. Se, invece, vi sarà un accordo, ha sostenuto il Vicepresidente, «quanto meno la protezione dei dati non sarà affidata alla discrezionalità delle compagnie aeree».

Il nostro problema, ha aggiunto, non è rappresentato dagli USA, ma dai terroristi che sono «una minaccia concreta», ed è presente sul territorio europeo. Ha quindi precisato che la riunione di Londra «non era clandestina». In quella sede, infatti, Ministri e Commissione sono stati informati della situazione e ne hanno preso atto. Il Vicepresidente ha poi sottolineato che, in tale contesto, è necessaria maggiore cooperazione tra gli Stati membri e tra le Istituzioni, ma anche con gli USA, «su un piano di parità». Ha poi sottolineato che anche i parlamenti nazionali dovranno essere debitamente informati, visto che l'accordo dovrà applicarsi immediatamente, anche se le procedure di ratifica nazionali non sono concluse.

Il commissario ha poi affermato che, nel prossimo futuro, è necessario convincere il Consiglio ad approvare la decisione quadro sulla protezione dei dati personali e si è quindi appellato ai Ministri affinché dimostrino la volontà dell'UE di garantirla. Ha quindi sottolineato l'esigenza di realizzare un sistema di tipo PUSH, informando i deputati che alcune compagnie aeree hanno già presentato delle soluzioni tecniche che permetterebbero l'avvio rapido del sistema. Infine, si è soffermato sul "positive profiling", ossia sul sistema che lascia liberi i passeggeri di fornire i propri dati biometrici per beneficiare di una corsia preferenziale nei controlli di sicurezza aeroportuale. Ha poi precisato che questo sistema si applicherebbe unicamente ai voli internazionali da, per e attraverso l'Unione europea. Ha poi concluso affermando che avrebbe fornito informazioni più dettagliate su questo e altri argomenti in occasione della prossima riunione della commissione per le libertà civili.

Background

Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, è stata introdotta a livello mondiale una moltitudine di misure di sicurezza che sovente comportano la raccolta e il controllo sistematici dei dati personali di tutti i cittadini, in particolare dati sui trasferimenti di denaro nonché dati relativi alle telecomunicazioni e ai passeggeri. Il Parlamento europeo, pur riconoscendo le esigenze legate alla sicurezza, ha sempre chiesto che la lotta al terrorismo fosse conciliata con il diritto alla privacy dei cittadini.

E' anche per tale ragione che, chiedendo di essere associato a tutte le decisioni in questa materia, aveva contestato dinnanzi la Corte di giustizia l'accordo siglato dall'UE con gli Stati Uniti in materia di dati personali dei passeggeri aerei. La Corte aveva successivamente annullato la decisione senza però recepire le preoccupazioni del Parlamento sulla struttura giuridica dell'accordo e sulla compatibilità dei contenuti con i principi relativi alla protezione dei dati.

Link utili

Sentenza della Corte di giustizia sui PNR

Riferimenti

Sophia Helena IN'T VELD (ALDE/ADLE, NL)
Relazione recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sui negoziati in vista di un accordo con gli Stati Uniti d'America sull'impiego dei dati di identificazione delle pratiche passeggeri (PNR) per prevenire e combattere il terrorismo e la criminalità transnazionale, compresa la criminalità organizzata
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 7.9.2006
Votazione: 7.9.2006

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Rinviato il voto sulla protezione dei dati personali

Il Parlamento ha nuovamente rinviato il voto della relazione di Martine ROURE (PSE, FR) sulla proposta di decisione quadro del Consiglio sulla protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia. La Presidenza aveva infatti chiesto di disporre di maggiore tempo per definire un impegno politico formale su tale sensibile materia.

Già nel corso della sessione di giugno, con la speranza che la Presidenza finlandese fosse più ricettiva alle richieste del Parlamento, i deputati avevano deciso di rinviare il voto finale sulla proposta della Commissione in merito a una decisione volta ad estendere le norme sulla protezione dei dati e sul trasferimento delle informazioni nel quadro della cooperazione giudiziaria e di polizia. Ciò nonostante, avevano dimostrato il loro sostegno alla posizione della commissione per le libertà civili adottando tutti i 60 emendamenti proposti alla Plenaria. In generale, gli emendamenti tendevano a tutelare i diritti fondamentali dei cittadini, chiedendo di limitare il ricorso e l'accesso ai dati ai soli casi in cui ciò sia strettamente necessario e quando vi sia un reale pericolo per la sicurezza pubblica. I deputati sollecitavano anche sanzioni penali per le infrazioni commesse da privati nella raccolta e nell'elaborazione di dati a carattere personale.

Martine ROURE (PSE, FR)

Relazione sulla proposta di decisione quadro del Consiglio sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale
Doc.: A6-0192/2006
Procedura: Consultazione legislativa
Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento

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TRASPORTI


Bollo meno caro per le auto meno inquinanti

Il Parlamento ha approvato la proposta di direttiva volta a definire una struttura comune a tutta l’UE per le tasse sulle auto, senza però armonizzare le aliquote fiscali. I deputati accolgono con favore il sistema di calcolo basato sul livello di emissioni nocive e la progressiva abolizione della tassa di immatricolazione. Ma suggeriscono alcuni emendamenti tesi a tutelare di più l'ambiente e i consumatori e precisano che nulla vieta di esentare le auto storiche dalla tassa di circolazione.

Lo scopo della proposta è di migliorare il funzionamento del mercato interno, sopprimendo gli ostacoli fiscali esistenti per il trasferimento delle autovetture da uno Stato membro all’altro. Mira inoltre a promuovere la sostenibilità attraverso una ristrutturazione della base imponibile - sia della tassa di immatricolazione sia della tassa annuale di circolazione - che introduce elementi direttamente connessi alle emissioni di biossido di carbonio da parte delle autovetture. Più in particolare, la proposta prevede la soppressione della tassa di immatricolazione nell’arco di un periodo transitorio, durante il quale si applicherà un sistema di rimborso parziale della tassa in caso di esportazione o trasferimento permanente di un'automobile da uno Stato membro ad un altro. Inoltre, sarebbe introdotto un elemento CO2 nella base imponibile sia della tassa annuale di circolazione sia della tassa di immatricolazione. L’intenzione è unicamente di adottare una struttura comune a tutta l’UE per quanto riguarda le tasse sulle autovetture e non di armonizzare le aliquote fiscali o obbligare gli Stati membri a introdurre nuove tasse.

Adottando la relazione di Karin RIIS-JØRGENSEN (ALDE/ADLE, DK), il Parlamento approva l'approccio generale della Commissione e precisa che la ristrutturazione delle tasse sulle autovetture deve essere «in linea con il principio della neutralità di bilancio». Accogliendo con 398 voti favorevoli, 197 contrari e 50 astensioni un emendamento proposto dal PPE/DE, precisa poi che - «ai fini della salvaguardia dei veicoli classici e d'epoca» - nulla nella direttiva «pregiudica il diritto degli Stati membri di esentare dalle tasse di circolazione i veicoli vecchi di almeno 20 anni.

Per il 31 dicembre 2008 il gettito totale fornito dall'elemento delle tasse annuali di circolazione basato sul biossido di carbonio dovrà rappresentare almeno il 25% del gettito totale di tali tasse. Il Parlamento, tuttavia, chiede che entro il 31 dicembre 2006, la Commissione presenti uno studio sulla ponderazione da attribuire ad altri eventuali fattori per la determinazione della base imponibile delle tasse sulle autovetture. Al 31 dicembre 2010, quindi, il gettito totale calcolato sulle emissioni di biossido di carbonio, il consumo di carburante e le emissioni inquinanti, dovrà salire ad almeno il 50% del gettito totale.

La proposta della Commissione prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, gli Stati membri non potranno mantenere in vigore nessuna tassa di immatricolazione. I deputati accolgono con favore questa proposta, poiché ritengono che tale abolizione possa avere effetti positivi sulla sicurezza stradale e sull'ambiente in quanto comporta un rinnovo più rapido del parco automobili. La riduzione dei costi di acquisto, inoltre, rappresenta un incentivo a sostituire i veicoli vecchi con veicoli più sicuri e meno inquinanti che consumano meno carburante.

Fino al 31 dicembre 2015, se in uno Stato sono state pagate tasse di immatricolazione per un'autovettura che successivamente viene esportata fuori dal territorio comunitario o trasferita per essere usata a titolo permanente nel territorio di un altro Stato membro, il primo dovrà rimborsare l'importo residuale delle tasse, sulla base di calcoli definiti dal progetto di direttiva stesso. Al riguardo i deputati esortano gli Stati membri ad evitare di imporre una doppia tassazione per quanto riguarda la tassa d'immatricolazione di autovetture, e ad attribuire una particolare attenzione ai casi di cittadini dell'UE che rientrano nel proprio paese dopo aver passato più di due anni in un altro Stato membro.

Fino al 31 dicembre 2015, qualora le tasse di immatricolazione siano state mantenute in vigore, si dovrà applicare, «in misura progressiva e graduale», una differenziazione sulle singole autovetture. Il Parlamento chiede che tale differenziazione non sia realizzata unicamente sulla base delle emissioni di biossido di carbonio ma anche tenendo conto di altre sostanze inquinanti e del consumo di carburante. Per i deputati, inoltre, il costo delle operazioni connesse al versamento della tassa di immatricolazione andrebbe ridotto grazie alla messa a punto di soluzioni on-line a sportello unico per il calcolo, il rimborso e il versamento delle tasse di immatricolazione, in caso di trasferimento in un altro Stato membro.

Analogamente a quanto previsto per la TAC, è definito il gettito minimo della tassazione differenziata. Pertanto, per il 31 dicembre 2008, il gettito totale fornito dall'elemento delle tasse di immatricolazione dovrà rappresentare almeno il 25% del gettito totale di tali tasse. Tale obiettivo andrà poi aumentato al 50% entro il 31 dicembre 2010.

Il Parlamento, infine, ritiene che gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati ad applicare incentivi fiscali coordinati per le auto, al fine di accelerare la commercializzazione di autovetture e di attrezzature che rispondano alle esigenze di efficienza e risparmio sul piano energetico, utilizzando i combustibili fossili, quali benzina, diesel o gpl, o sfruttando i carburanti alternativi, quali biocarburanti, gas naturale o idrogeno, o impiegando l'energia elettrica, anche con motori ibridi.

Background

Nel settore automobilistico il corretto funzionamento del mercato interno incontra problemi considerevoli. Eccessivi livelli della tassa di immatricolazione (TI, che corrisponde all'Imposta Provinciale di Trascrizione applicata in Italia) contribuiscono in misura considerevole alla differenziazione dei prezzi ante imposte tra i mercati degli Stati membri, mantengono alti i prezzi al dettaglio e rendono difficile per i cittadini con basso reddito sostituire la loro autovettura. Le aliquote della TI e della tassa annuale di circolazione (TAC, che in Italia è denominata Tassa automobilistica di proprietà) possono variare considerevolmente tra uno Stato membro e un altro.

Per quanto riguarda la tassa d'immatricolazione, le basi imponibili e le aliquote attualmente applicate sono molto diverse. Le aliquote vanno da un minimo dello 0% ad un massimo del 180% del prezzo ante imposte dell'autovettura. In termini assoluti, nel 1999 la TI media era compresa tra 15.659 e 267 euro. Anche le basi imponibili usate per la tassa annuale di circolazione sono molto diverse. In termini assoluti, sempre nel 1999, la TAC media variava da 30 a 463 euro per veicolo. Secondo i dati ACEA relativi al 2005, in Italia, la tassa d'immatricolazione corrisponde ad un importo fisso che può essere aumentato a livello provinciale fino al 20%. L'importo medio varia da 150 a 180 euro. La tassa di proprietà è invece stabilita in base ai kilowatt e le aliquote possono essere differenziate a livello regionale.

Link utili

Proposta della Commissione
Guida al bollo (ACI)

Riferimenti

Karin RIIS-JØRGENSEN (ALDE/ADLE, DK)
Relazione sulla proposta di direttiva del Consiglio in materia di tasse relative alle autovetture
Procedura: Consultazione legislativa
Dibattito: 4.9.2006
Votazione: 5.9.2006

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POLITICA SOCIALE


Verso un nuovo modello sociale europeo

Il modello sociale europeo ha dato i suoi frutti, ma le nuove sfide globali richiedono una sua urgente riforma. E’ quanto afferma una relazione adottata dal Parlamento sottolineando che, pur senza rimettere in questione i valori europei, tale processo dev'essere accompagnato dal completamento del mercato interno e incentivare lo spirito d'iniziativa. Occorre anche riformare la fiscalità e assicurare la sostenibilità dei sistemi sociali, garantendo però i diritti acquisiti. I deputati reputano anche urgente incoraggiare i lavoratori più anziani a restare nel mercato del lavoro e garantire una maggiore flessibilità nella scelta dei sistemi pensionistici.

Il modello sociale europeo «riflette una comune serie di valori basati sul mantenimento della pace, della giustizia sociale, l'eguaglianza, la solidarietà, la promozione della libertà e della democrazia nonché il rispetto dei diritti umani». Adottando con 507 voti favorevoli, 113 contrari e 42 astensioni la relazione di Proinsias DE ROSSA (PSE, IE) e José Albino SILVA PENEDA (PPE/DE, PT), il Parlamento sottolinea inoltre che, negli ultimi 60 anni, questa serie di valori comuni ha consentito all'Europa «di realizzare fortunatamente una zona di maggiore prosperità economica e di giustizia sociale».

Riforma del modello sociale europeo

Tuttavia, nel sottolineare che occorre preservare e potenziare i valori connessi con il modello sociale europeo e gli elevati livelli sociali già raggiunti, i deputati ritengono che vi sia «una evidente necessità di modernizzare e di riformare il modello sociale europeo». A loro parere, infatti, «non vi è alternativa alla riforma urgente dei sistemi economici e sociali», «laddove non rispondano sufficientemente ai criteri di efficacia e di sviluppo sostenibile» e siano inadeguati ad affrontare le sfide del cambiamento demografico, della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica. Così, inoltre, sarà possibile realizzare una migliore inclusione sociale e giustizia sociale e sradicare la povertà. D'altra parte, la relazione invita la Commissione a «rispettare l'economia sociale» ed a presentare una comunicazione su questa «pietra miliare del modello sociale europeo» nonché - su richiesta del PSE - «ad istituire uno statuto della mutua e dell'associazione europea».

Esprimendo poi profonda delusione quanto alla crescita economica che si registra attualmente nell'UE, il Parlamento ritiene necessario creare un ambito economico e sociale più forte per consentire agli Stati membri di attuare le riforme necessarie a livello nazionale in base alla propria situazione economica, sociale e politica. Chiede quindi alla Commissione di adottare ulteriori iniziative per la piena realizzazione del mercato interno che, se completata, «creerà crescita economica e competitività». Tuttavia, sottolinea che deve restare ferma la necessità di garantire che non vi sia «una corsa al ribasso degli standard sociali, del consumatore o ambientali».

Alla Commissione è anche chiesto di continuare a adoperarsi per incentivare lo spirito d'iniziativa, creando condizioni che consentano la creazione e il successo di imprese europee. In tale ambito andrà rivolta particolare attenzione alle PMI che, per i deputati, «costituiscono la vera e propria colonna vertebrale dell'economica europea e danno lavoro alla grande maggioranza degli occupati nel settore privato». Gli Stati membri, d’altra parte, sono invitati a realizzare completamente la road map della strategia di Lisbona per aumentare la competitività e creare posti di lavoro in maggior numero e di migliore qualità. Più in particolare dovranno raggiungere gli obiettivi specifici fissati per l'occupazione, gli investimenti in materia di R&S, l'assistenza all'infanzia e la formazione permanente.

Finanziare la riforma, la leva fiscale

Consapevoli che, in alcuni Stati membri, gli attuali contributi al sistema sociale «possono essere inadeguati a soddisfare le aspettative dei cittadini», i deputati ritengono che gli Stati membri dovrebbero riflettere sulle possibili alternative «per finanziare quei sistemi che promuoverebbero riforme dinamiche senza incidere sulle retribuzioni». A titolo di esempio, citano il ricorso al valore aggiunto prodotto dalle società e - accogliendo un emendamento promosso dall'ALDE/ADLE - la promozione del «principio di sussidiarietà verticale e orizzontale tra le istituzioni e la popolazione».

Il Parlamento chiede un miglior coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri allo scopo di evitare una dannosa concorrenza fiscale, assicurare un finanziamento sostenibile della protezione sociale e rendere la politica fiscale più favorevole all'occupazione. In proposito rileva che, negli ultimi 30 anni, le imposte sul capitale e il consumo siano rimaste stabili mentre, nello stesso periodo, l'imputazione fiscale effettiva del lavoro sia aumentata. Raccomanda quindi agli Stati membri di riflettere in modo coordinato sulle possibilità di migliorare gli attuali sistemi fiscali dell'UE, «tanto più che le riforme fiscali influenzerebbero la sostenibilità finanziaria dei sistemi sociali nazionali».

Invitando poi gli Stati membri a utilizzare i fondi UE, come i fondi strutturali europei, in modo più efficace per cofinanziare le riforme nazionali, il Parlamento sottolinea che qualsiasi riforma deve essere considerata nell'ambito del contesto del margine di manovra di bilancio degli Stati membri ma nota anche che il patto di stabilità e di crescita riformato «offra opportunità di investimento sociale precedentemente inesistenti». Gli Stati membri sono poi invitati a intraprendere riforme al fine di garantire la sostenibilità finanziaria dei sistemi sociali nazionali ma «senza pregiudicare i diritti acquisiti, il reciproco sostegno e la solidarietà fra generazioni».

A quest’ultimo proposito, il Parlamento chiede un ampio dibattito concernente il diritto di tutti a una pensione di livello accettabile e riconosce il timore che le riforme pensionistiche avviate in molti Stati membri «possano accrescere il numero di pensionati che già vivono in povertà». D’altra parte, evidenzia l'urgenza di un'azione positiva per incoraggiare e consentire ai lavoratori più anziani di restare o di rientrare nel mercato del lavoro nonché la necessità di un equo accesso e una maggiore flessibilità nella scelta dei sistemi pensionistici. Su questo tema, con 311 voti favorevoli, 341 contrari e 10 astensioni, l'Aula ha respinto un emendamento proposto dal PSE volto a sottolineare che «nessuna riforma pensionistica dovrebbe obbligare ... i lavoratori a lavorare oltre l'età legale della pensione, né essere utilizzata per penalizzarli finanziariamente se decidono di andare in pensione all'età legalmente consentita».

I deputati, peraltro, riconoscono i vantaggi del sistema di "flessisicurezza" che gli Stati membri dovrebbero adottare per tutelare la capacità dei lavoratori di mantenere o trovare un'occupazione grazie alla mobilità e/o al miglioramento delle competenze professionali. Tali vantaggi, a loro parere, sono un mezzo per favorire la conciliazione tra vita privata e lavoro e i concetti di ciclo di vita e di lavoro.

Servizi d’interesse generale e dialogo sociale

Il Parlamento considera i servizi d’interesse generale «un elemento essenziale del modello sociale europeo» reputandoli «fondamentali per l'erogazione universale di servizi sanitari, di istruzione, di trasporto pubblico, di fornitura di acqua e di energia ai cittadini». Ritiene inoltre indispensabile che nella riforma dei sistemi sociali dell'UE siano rispettati i SIG e i SIEG «visto il loro ruolo chiave non soltanto nel dare una migliore qualità di vita ai cittadini ma anche nel potenziare l'efficienza delle imprese e il loro accesso ad una manodopera di qualità». I deputati, d'altra parte, hanno accolto un emendamento promosso dal PPE/DE che sopprime l'invito rivolto alla Commissione di presentare «con la massima urgenza» una proposta per una direttiva quadro su questi servizi.

Sottolinea inoltre la necessità di «fare adeguatamente fronte alle nuove realtà familiari» e di ampliare la portata dei servizi sociali come l'assistenza all'infanzia a prezzi accessibili, l'assistenza alle persone con particolari necessità e ai disabili nonché l'assistenza a lungo termine per persone anziane. La relazione, infine, ricorda che il dialogo sociale nelle sue varie forme è un elemento essenziale nelle tradizioni degli Stati membri e che, sulla base delle abitudini e delle pratiche nazionali, qualsiasi riforma di successo dei sistemi sociali deve coinvolgere tutte le parti in causa, in particolare i partner sociali.

Riferimenti

Proinsias DE ROSSA (PSE, IE) e José Albino SILVA PENEDA (PPE/DE, PT)
Relazione sul modello sociale europeo del futuro
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 5.9.2006
Votazione: 6.9.2006

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DIRITTI DELLE DONNE/PARI OPPORTUNITÀ


Daphne III contro la violenza su donne e bambini

Il Parlamento ha approvato la proposta della Commissione relativa a un nuovo programma comunitario sulla lotta alla violenza. I deputati, tuttavia, chiedono un aumento degli stanziamenti e propongono una serie di emendamenti volti soprattutto a chiarirne le finalità e la portata. Rivolgendo una particolare attenzione ai bambini, suggeriscono anche di dare priorità alla lotta contro la violenza domestica e le mutilazioni genitali femminili e di sviluppare azioni a favore delle minoranze etniche.

Nell’ambito del programma quadro “Diritti fondamentali e giustizia”, la Commissione ha proposto un programma specifico - Daphne - sulla lotta alla violenza, in particolare contro i bambini e le donne. Originariamente “Daphne” figurava all’interno di un unico programma comune assieme a quello relativo alla “Prevenzione e informazione in materia di droga”. Su richiesta del Parlamento i due temi sono poi stati scissi in due nuove proposte mantenendo però inalterati i contenuti e adeguando la dotazione finanziaria all'accordo raggiunto nel frattempo sulle prospettive finanziarie 2007-2013.

Con 552 voti favorevoli, 51 contrari e 64 astensioni, il Parlamento ha adottato in prima lettura della procedura di codecisione la relazione di Lissy GRÖNER (PSE, DE), che anzitutto chiede di aumentare la dotazione del programma da 116,85 a 125 milioni di euro. Precisa poi come l'obiettivo generale dell'Unione europea contro la violenza sia «la prevenzione e la lotta contro tutte le forme di violenza» al fine di «eliminare completamente questo reato e le violazioni dei diritti umani». Afferma, inoltre, che per raggiungere questo scopo occorrono obiettivi «chiari e ragionevoli».

Ma il Parlamento propone anche una serie di emendamenti volti, in particolare, a chiarire le finalità e la portata del programma specifico. Per sottolinearne la continuità con quelli realizzati in precedenza, il programma è ribattezzato Daphne III, mentre è anche puntualizzato che esso potrà essere ulteriormente prorogato. Più in particolare, il programma dovrà contribuire al mantenimento e allo sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nella Comunità europea, «combattendo e prevenendo la violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne e garantendo la protezione delle vittime e dei gruppi a rischio».

Violenza sui bambini

Per precisare la portata del programma, un emendamento stabilisce che il termine "bambini" o "fanciulli" comprende le fasce di età dai neonati ai 18 anni, conformemente agli strumenti internazionali relativi ai diritti del bambino. Tuttavia i progetti che comportano azioni concepite specificamente per gruppi di destinatari quali ad esempio "adolescenti" (13-18 anni) o persone di età compresa tra i 12 e 25 anni, sono considerati azioni destinate ai soggetti indicati come "giovani".

Il Parlamento chiede inoltre di sostenere la promozione e la creazione di un "telefono amico" a livello europeo per l'assistenza ai minori, che dovrebbe diventare un numero telefonico unico gratuito per i bambini. Si dovrà poi fornire una sovvenzione di funzionamento per cofinanziare le spese connesse con il programma di lavoro permanente della Federazione europea per i bambini scomparsi e sfruttati a scopo sessuale, la rete di difensori civici dei bambini (ENOC) e altre organizzazioni che lottano contro il rapimento di bambini e la pedofilia che perseguono uno scopo di interesse generale europeo nel settore dei diritti e della protezione dei bambini.

Per i deputati, poi, il programma dovrà prestare particolare attenzione alla situazione dei bambini di strada che «non soltanto sono vittime di trafficanti di droga e di esseri umani, ma soffrono anche di violenze e di abusi sessuali». A loro parere, per reintegrare questi bambini nella società, è necessario un programma «che fornisca risposte ai problemi sociali e familiari». Un altro emendamento precisa inoltre che, ai sensi del programma, vanno considerati vittime della violenza non soltanto i bambini che vi sono esposti in maniera diretta, ma anche quelli «che vedono le loro madri aggredite».

Violenza sulle donne

I deputati ritengono che è necessario riconoscere che alcuni gruppi - in particolare le donne appartenenti a gruppi minoritari, le profughe, le donne migranti, le donne che vivono in stato di povertà in comunità rurali o periferiche, le donne che vivono in istituti o in prigione, le bambine, le lesbiche, le portatrici di handicap e le anziane - «sono particolarmente vulnerabili alla violenza». Chiedono pertanto che il programma promuova l'anno europeo contro la violenza nei confronti delle donne e sostenga le attività connesse a tale evento.

Tra le priorità del programma, inoltre, il Parlamento ritiene che debba figurare anche la lotta contro la violenza domestica e le mutilazioni genitali femminili. E, in proposito, ricorda che le tradizioni e le prassi culturali che si ricollegano all'esercizio della violenza fisica a danno delle donne, come appunto le mutilazioni genitali e i delitti d'onore, «costituiscono una forma particolare attraverso cui si manifesta la violenza nei confronti delle donne, con ripercussioni negative a breve e a medio termine per la loro salute, e le cui vittime principali sono gli appartenenti a comunità minoritarie».

Al riguardo, tra le azioni che dovranno essere realizzate nell'ambito del programma, i deputati ritengono necessario focalizzare il sostegno soprattutto nella lotta contro le violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti delle migranti e intraprendere azioni rivolte alle donne che fanno parte di comunità con peculiarità culturali o minoranze etniche, e riguardanti le particolari forme di violenza subite da queste donne.

Assistenza alle ONG e azioni di sensibilizzazione

Il Parlamento sottolinea l'importanza dell'assistenza alle ONG attive tanto a livello nazionale ed europeo quanto nei paesi terzi, in particolare per aiutarle ad elaborare progetti e ad entrare in contatto con altri partner. Il Programma dovrà inoltre promuovere azioni transnazionali volte, ad esempio, a costituire reti multidisciplinari per aiutare le vittime della violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne e le vittime della tratta di esseri umani. Dovranno inoltre essere sviluppate azioni di sensibilizzazione e di formazione destinate a gruppi professionali particolari che possono venire in contatto con vittime di violenze, come i poliziotti, il personale giudiziario, i medici, gli insegnanti e gli assistenti sociali. Occorrerà anche realizzare azioni per il reinserimento delle vittime della violenza nel mercato del lavoro e nella vita sociale.

Il Parlamento lascia immutate le tipologie di intervento proposte dalla Commissione. Il finanziamento comunitario potrà quindi assumere la forma di sovvenzioni o di contratti di appalto pubblico. Le sovvenzioni comunitarie - al funzionamento o alle azioni - sono concesse in seguito a inviti a presentare proposte, salvo in casi di urgenza eccezionali e debitamente giustificati o qualora le caratteristiche del beneficiario non lascino altra scelta per una determinata azione.

Il tasso massimo di cofinanziamento sarà specificato nei programmi di lavoro annuali. Sono inoltre previste spese per misure di accompagnamento, tramite contratti di appalto pubblico. In tal caso i fondi comunitari finanzieranno l'acquisto di beni e servizi. In particolare saranno finanziate le spese di informazione e comunicazione, preparazione, attuazione, monitoraggio, controllo e valutazione dei progetti, delle politiche, dei programmi e della legislazione.

Per quanto riguarda la partecipazione, i deputati chiedono che il programma sia esteso ad una gamma più ampia di paesi e, pertanto, anche a quelli che non sono membri dell'UE o che non sono candidati, come quelli dell'Asia centrale e del Mediterraneo e i paesi ACP.

Spetta ora la Consiglio valutare i suggerimenti del Parlamento e, qualora i Ministri volessero discostarsi da quanto proposto dai deputati, si dovrà procedere ad una seconda lettura. Ciò vale, in particolare, per la dotazione finanziaria.

Link utili

Proposta della Commissione
Sito di Daphne II

Riferimenti

Lissy GRÖNER (PSE, DE)
Relazione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma specifico "Lotta contro la violenza (Daphne) e prevenzione e informazione in materia di droga per il periodo 2007-2013" come parte del Programma generale "Diritti fondamentali e giustizia"
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 5.9.2006
Votazione: 5.9.2006

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SANITÀ PUBBLICA


Una strategia europea sulla salute mentale

 

Il Parlamento accoglie con favore il Libro Verde della Commissione sulla salute mentale nell'UE. Tuttavia, i deputati chiedono che la strategia europea ponga maggiormente l'accento sui problemi specifici delle donne e dei giovani. Ritengono inoltre che occorre dare priorità alla lotta contro la discriminazione subita dalle persone affette da patologie mentali e chiedono una riforma dei servizi della salute mentale affinché poggino su un'assistenza di qualità, in famiglia o in centri protetti.

In Europa, una persona su quattro è affetta da patologie mentali gravi almeno una volta nel corso della vita e, ogni anno, 18,4 milioni di persone fra i 18 e i 65 anni sono colpiti da forme gravi di depressione. La relazione d'iniziativa di John BOWIS (PPE/DE, UK) considera che una buona salute mentale consente ai cittadini di svilupparsi sotto il profilo intellettuale ed emotivo e di integrarsi nella vita sociale, scolastica e professionale e che, per contro, una cattiva salute mentale è fonte di spese, esclusione sociale e stigmatizzazione.

Il Parlamento, pertanto, si compiace dell'impegno assunto dalla Commissione a promuovere la salute mentale e chiede che a tale argomento sia attribuita una maggiore priorità nelle politiche sanitarie, «ponendo l'accento sulla prevenzione», e nella politica di ricerca dell'Unione. Sottolinea, inoltre, la necessità di riflettere sul miglior modo di avvalersi degli strumenti comunitari disponibili, quali il Settimo programma quadro per la ricerca, per predisporre capacità atte ad assecondare la ricerca sulla salute mentale nell'Unione.

Pur compiacendosi del fatto che la strategia della Commissione attribuisca la priorità ai bambini, ai lavoratori dipendenti, agli anziani e alle persone svantaggiate, i deputati ritengono che la dimensione di genere non sia stata tenuta in debito conto nel Libro verde e pertanto chiedono che essa sia sistematicamente inserita nelle misure proposte per promuovere la salute mentale, nelle azioni preventive e nella ricerca. Considerano infatti che «esiste une chiara dimensione di genere nel campo della salute mentale», in particolare per quanto riguarda i disordini alimentari, le malattie neurodegenerative, la schizofrenia, i disturbi dell'umore, l'ansia, il panico, la depressione, l'abuso di alcol e di altri agenti psicoattivi, nonché per quanto riguarda i suicidi e la delinquenza, «settori che postulano una ricerca più sistematica». Il Parlamento sottolinea poi la necessità di ricerche sulle variazioni comprovate nelle strutture e nell'attività del cervello di uomini e donne, «al fine di mettere a punto approcci e trattamenti differenti per i due sessi nel campo della salute mentale».

Ritenendo poi che la buona salute psichica delle madri e dei genitori contribuisca allo sviluppo integrale dei bambini e alla loro evoluzione in adulti sani, i deputati invitano ad affrontare, in modo interdisciplinare, le situazioni complesse di cattiva salute mentale per determinare, ad esempio, come assistere i bambini o gli adolescenti con disturbi dello sviluppo, comportamentali o della nutrizione. In proposito, rilevano che l'immagine, socialmente definita, dell'apparenza che deve avere il corpo delle ragazze e delle donne «incide sulla loro salute mentale e sul loro benessere, comportando segnatamente un aumento dei disordini alimentari». Il Parlamento, inoltre, sostiene il progetto "Igiene mentale del bambino e dell'adolescente in un'Europa ampliata" che, a suo parere, «dovrebbe essere avviato quanto prima possibile e attuato in modo efficace». Considerando poi che, ogni anno, nell'Unione europea circa 58.000 persone si suicidano, chiede agli Stati membri di cooperare per mettere a punto e applicare strategie efficaci volte a ridurre il numero dei suicidi, in particolare fra i giovani e altri gruppi a rischio.

Ma anche ad altre categorie deve essere attribuito carattere prioritario e, a titolo d'esempio, la relazione cita le persone con gravi malattie mentali, i malati cronici o in fase terminale, i disabili, i detenuti, le minoranze etniche e altri gruppi minoritari, le persone senza fissa dimora, i migranti, i lavoratori precari e i disoccupati.

I deputati, nel ritenere che «buone condizioni di lavoro contribuiscano alla salute mentale», chiedono inoltre che i datori di lavoro introducano politiche di "salute mentale sul posto di lavoro", come elemento necessario della loro responsabilità in materia di salute e di sicurezza sul posto di lavoro.

Il Parlamento, d'altra parte, chiede che qualsiasi strategia futura attribuisca la priorità alla lotta per sconfiggere la stigmatizzazione, ad esempio organizzando campagne annuali su questioni attinenti alla salute mentale, «al fine di combattere l’ignoranza e l’ingiustizia». Reputa infatti che, nel contesto delle malattie mentali, «la stigmatizzazione conduce all'emarginazione» in ogni ambito della società, al lavoro come in famiglia, nella comunità come fra i professionisti del settore sanitario. Sottolinea poi che la stigmatizzazione rappresenta una forma di discriminazione che andrebbe affrontata mediante leggi antidiscriminazione. Per migliorare la salute mentale e le condizioni dei pazienti, secondo il Parlamento, occorre anche garantire basilari diritti sociali e civili, quali il diritto all'abitazione e un sostegno economico per coloro che non possono lavorare, nonché il diritto a contrarre matrimonio e a gestire il proprio patrimonio.

Per i deputati, le persone colpite da patologie mentali devono essere curate e assistite con dignità e umanità. I servizi di cura e di assistenza medica devono quindi essere efficaci, di elevata qualità e accessibili a tutti e va garantito il loro carattere universalistico. Occorre poi assicurare una formazione continua dei medici generici o di famiglia e degli altri professionisti in fatto di servizi di pronto intervento sanitario. Il Parlamento evidenzia quindi la necessità di riformare i servizi della salute mentale affinché poggino su un'assistenza di qualità, all'interno della famiglia o in centri protetti, con prestazioni adeguate sul piano sanitario e sociale, su controlli e valutazioni regolari, assistenza alle persone affette da malattie mentali e a quanti si occupano di esse. E' anche necessario un approccio a sportello unico per i servizi sanitari, sociali, di alloggio, di formazione e di trasporto. D'altra parte, il Parlamento sostiene le osservazioni della Commissione sulla "deistituzionalizzazione", dal momento che il ricovero a lungo termine in istituti psichiatrici «può portare al prolungamento e all'aggravarsi della patologia psichica e al rafforzamento della stigmatizzazione e dell'emarginazione sociale». Inoltre ritiene che il carcere non sia un ambiente adeguato per quanti soffrono di malattie mentali e che occorra quindi proporre delle alternative. 

Il Parlamento, infine, sottolinea che il diritto delle persone a essere curate o a non essere curate «dovrebbe essere chiaramente inteso» e ritiene che il ricorso alla forza «sia controproducente», così come la somministrazione coatta di farmaci. Qualsiasi forma di ricovero in strutture con posti letto e di somministrazione coatta di farmaci, è precisato, deve essere limitata nel tempo e, nella misura del possibile, essere regolarmente riveduta ed effettuata con il consenso del paziente o, in assenza di quello, in ultima istanza, con la convalida di un'autorità civile.

Esorta poi la Commissione a sostenere la prosecuzione delle riforme negli Stati membri che hanno abusato della psichiatria, dell'uso di medicinali, del ricovero obbligato o di pratiche disumane, «come l'uso di letti gabbia o di celle di isolamento». Invita quindi la Commissione a inserire la riforma della psichiatria fra i punti da esaminare nel quadro dei negoziati di adesione all'UE.

Link utili

Libro verde della Commissione

Riferimenti

John BOWIS (PPE/DE, UK)
Relazione sul miglioramento della salute mentale della popolazione. Verso una strategia sulla salute mentale per l'Unione europea
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 5.9.2006
Votazione: 6.9.2006

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CONTROLLO DEI BILANCI


Il multilinguismo apre le istituzioni UE ai cittadini

I costi d’interpretazione sostenuti per i lavori delle Istituzioni europee sono più che giustificati, ma è anche possibile realizzare dei risparmi. E’ quanto sostiene una relazione approvata dal Parlamento europeo, sottolineando che la garanzia del multilinguismo assicura la legittimità e la diversità dell’Unione e permette ai cittadini di esercitare il diritto di controllo democratico.

Il 14 novembre 2005 la Corte dei conti europea (CCE) ha presentato alla commissione per il controllo dei bilanci la propria relazione speciale n. 5/2005 concernente le spese per l’interpretazione sostenute dal Parlamento, dalla Commissione e dal Consiglio. Un calcolo effettuato dalla Corte mostra che, nel 2003, il costo totale dell’interpretazione è ammontato a 57 milioni di euro al Parlamento europeo e 106 milioni di euro presso Commissione europea, Consiglio, Comitati e alcune agenzie.

Approvando la relazione di Alexander STUBB (PPE/DE, FI) sui costi dell'interpretazione nelle Istituzioni europee, il Parlamento afferma innanzitutto che il multilinguismo è «una delle caratteristiche chiave dell'Unione europea ....e garantisce parità di trattamento ai cittadini dell'UE». Rileva inoltre che il multilinguismo «garantisce il diritto dei cittadini di comunicare con le istituzioni dell'Unione europea in ciascuna delle sue lingue ufficiali, consentendo loro in tal modo di esercitare il proprio diritto di controllo democratico». Pertanto, nel facilitare la comunicazione, i servizi linguistici delle istituzioni UE fanno sì che «le istituzioni rimangano aperte ai cittadini d'Europa». Nel ritenere poi che il multilinguismo sia espressione della diversità culturale dell'UE, «che deve essere preservata», i deputati sostengono che esso debba continuare ad essere garantito «per assicurare la legittimità e la diversità dell'Unione europea».

In proposito, osservano poi che il costo totale di tutti i servizi linguistici delle istituzioni UE, traduzione e interpretazione insieme, «rappresenta soltanto l'1% del bilancio totale dell'Unione europea» e constatano con soddisfazione l'alta qualità dell'interpretazione nelle istituzioni UE. D’altra parte, nel prendere atto del costo totale dell'interpretazione nel 2003, i deputati si dichiarano estremamente preoccupati del fatto che circa il 16% (25.900.000 euro) del costo complessivo dell'interpretazione per tutte le Istituzioni «abbia rappresentato costi per servizi messi a disposizione ma non utilizzati e per accordi sulla disponibilità». Al riguardo ritengono che il Parlamento, il Consiglio e la Commissione dovrebbero cercare di ridurre la "disponibilità implicita o esplicita" e che gli interpreti di riserva dovrebbero essere disponibili per riunioni ad hoc con un preavviso breve.

L’interpretazione al Parlamento europeo

Il Regolamento del Parlamento europeo stabilisce che i deputati possono esprimersi nella lingua ufficiale di propria scelta e che l'interpretazione nelle altre lingue è assicurata. L'uso delle lingue ufficiali è disciplinato dal suo Codice di condotta sul multilinguismo, aggiornato nel 2004.

Notando che il costo pieno di una giornata di interpretazione al Parlamento è circa il 30% più alto di quello al Consiglio e alla Commissione, i deputati spiegano che ciò è dovuto anche al fatto che durante le tornate a Strasburgo possono essere utilizzati pochissimi interpreti locali, comportando un aumento dei costi di interpretazione del Parlamento a Strasburgo pari al 13%.

Il Parlamento, d'altra parte, invita la propria amministrazione a sensibilizzare i deputati sui costi dell'interpretazione e ad utilizzare al meglio il loro profilo linguistico nonché ad esaminare le possibilità di utilizzare per l'interpretazione al Parlamento il "sistema su richiesta" del Consiglio, il sistema di fatturazione interna del Consiglio d'Europa o il sistema di quote dell'UNESCO.

Background

Il Parlamento europeo è il solo che lavora in 20 lingue e, come istituzione, è il maggiore datore di lavoro del mondo per gli interpreti. Attualmente, dispone di 398 posti di interpreti funzionari (di cui 350 assegnati) e gestisce, assieme alla Commissione e alla Corte di Giustizia, una lista comune di circa 2.700 interpreti freelance che svolgono quasi il 50% del lavoro.

Nel 2003 sono state fornite complessivamente 150.000 giornate di interpretazione, di cui circa il 39% al Consiglio, il 26% alla Commissione a Bruxelles, il 4% alla Commissione a Lussemburgo e il 21% al Parlamento europeo. Nel 2005, primo esercizio completo che comprende i nuovi Stati membri, l’attività di interpretazione del Parlamento europeo ha battuto tutti i record: 85.258 giorni di interpretazione realizzati dagli interpreti permanenti e dai freelance.

La Corte dei Conti ha calcolato che il costo medio per giornata di interpretazione, al netto delle tasse e dei contributi pensionistici, ammonta a 1.476 euro per il Parlamento europeo e a 1.046 euro per la Commissione. Una riunione di un’intera giornata con interpretazione costava rispettivamente circa 40.000 e 34.500 euro prima dell’allargamento (11 lingue) e costa rispettivamente circa 88.500 e 63.000 euro dopo l’allargamento del 2004 (20 lingue) con tre interpreti per cabina. La presenza di un quarto interprete fa salire i costi a 118.000 euro per il Parlamento europeo e a 84.000 euro per la Commissione.

Link utili

Relazione speciale della Corte dei conti europea n. 5/2005: Spese per l'interpretazione sostenute dal Parlamento, dalla Commissione e dal Consiglio, corredata delle risposte delle istituzioni
Articolo 138 del Regolamento del PE sull’uso delle lingue

Riferimenti

Alexander STUBB (PPE/DE, FI)
Relazione sulla Relazione speciale della Corte dei conti europea n. 5/2005: Spese per l'interpretazione sostenute dal Parlamento, dalla Commissione e dal Consiglio
Procedura: Iniziativa
Relazione senza discussione ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento
Votazione: 5.9.2006

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CULTURA


Tutelare e promuovere il patrimonio culturale europeo

Il patrimonio naturale, architettonico e culturale dell’UE costituisce un elemento importante dell’identità europea. Per tale ragione, il Parlamento chiede che sia adeguatamente protetto e valorizzato, in particolare nelle zone rurali e nelle piccole isole, anche con il concorso di tutti i fondi comunitari. Per i deputati occorre poi sostenere le professioni, le arti e le tecniche indispensabili alla conservazione del patrimonio e prevedere incentivi alla demolizione degli “ecomostri”.

Nel considerare il patrimonio culturale un elemento importante dell'identità e dello sviluppo storico dei popoli d'Europa, la relazione d’iniziativa di Nikolaos SIFUNAKIS (PSE, EL) invita il Consiglio a riconoscere ufficialmente il contributo dato dal patrimonio culturale all'integrazione dell'Europa per quanto riguarda «l'identità e la nazionalità europea, lo sviluppo socio-economico sostenibile, il dialogo tra le culture e la diversità culturale». Per i deputati, inoltre, in sede di elaborazione delle sue proposte legislative, la Commissione dovrebbe procedere a un esame esauriente degli effetti della legislazione proposta sulla cultura e sul patrimonio culturale, di modo che «in ogni politica dell'Unione possano essere incluse azioni in grado di favorire il patrimonio culturale».

Il Parlamento sollecita poi l'Unione europea, gli Stati membri, gli enti locali e le organizzazioni non governative operanti nel settore della cultura ad adoperarsi per conservare e valorizzare il patrimonio culturale dell'Europa, nonché per sensibilizzare i cittadini alla sua importanza. Accoglie quindi con favore la recente proposta di creare un inventario europeo del patrimonio culturale e auspica l'istituzione di un "Anno europeo del patrimonio culturale" al fine di sensibilizzare i cittadini europei all'importanza della valorizzazione del loro patrimonio culturale prevedendo le opportune azioni.

Nel notare l’importanza del patrimonio culturale presente nelle zone rurali - «afflitte dall'esodo, dalla recessione demografica e dal marasma economico» - e nelle regioni insulari dell'Europa, soprattutto nelle piccole isole, il Parlamento chiede di garantire «un'attenzione particolare» alle zone rurali e di annettere una «particolare cura» alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio naturale, architettonico e culturale delle zone insulari dell'Europa. Rileva quindi la necessità di realizzare uno studio sistematico del patrimonio delle zone rurali e di elaborare un adeguato quadro normativo per la tutela di tale patrimonio.

Questo, precisano i deputati, dovrebbe includere incentivi per la conservazione di edifici e complessi edilizi tradizionali e misure intese a garantire la compatibilità delle nuove attività edilizie con l'ambiente edificato di carattere storico e i modelli architettonici locali. Occorre poi garantire la conservazione del know-how locale e delle professioni tradizionali. Per valorizzare il patrimonio di queste aree, il Parlamento suggerisce lo sviluppo di forme alternative di turismo, come quello culturale, pedestre, ecologico e marittimo.

Gli Stati membri, in cooperazione con la Commissione, dovrebbero inoltre promuovere la tutela e la conservazione del proprio patrimonio culturale anche attraverso i fondi strutturali e le iniziative comunitarie esistenti quali LEADER +, URBAN II, INTERREG III. Andrebbe poi sviluppato il turismo alternativo sostenibile attribuendo priorità ai piccoli habitat tradizionali, grazie al sostegno di strumenti di finanziamento comunitario come il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale, il Fondo europeo per la pesca, ecc. Il Parlamento precisa però che le strategie di incentivi finanziari dovrebbero essere coordinate con le autorità centrali e locali e altri enti e istituzioni a livello locale, «senza dimenticare che la parte più significativa del patrimonio classificato è di origine religiosa».

Nel contesto dei programmi comunitari esistenti quali il Programma quadro per la competitività e l'innovazione, la Commissione dovrebbe inoltre promuovere iniziative volte a sostenere l'artigianato, le arti applicate e le attività professionali, in particolare quelle che rischiano di scomparire e che sono indispensabili per un adeguato restauro e conservazione del patrimonio architettonico. Va quindi sostenuta la formazione di professionisti specializzati nell'uso e nella gestione dello spazio, in architettura, nella ricostruzione e nel restauro di edifici e nelle attività correlate, di modo che le peculiarità del patrimonio culturale siano conservate e nel contempo adattate alle esigenze contemporanee. Per i deputati anche il Settimo programma quadro di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), può dare il suo contributo e la Commissione dovrebbe quindi promuovere azioni intese ad individuare strumenti, tecniche e metodi nuovi per la conservazione del patrimonio culturale.

D’altra parte, gli Stati membri e gli enti regionali e locali sono invitati a prevedere, se del caso, incentivi per la demolizione parziale o integrale, nonché per la ricostruzione di strutture incompatibili con le caratteristiche architettoniche specifiche di un insediamento o della regione in cui si trovano o con l'ambiente naturale e il tessuto edilizio esistente. Inoltre, il Parlamento chiede alla Commissione e agli Stati membri di vigilare affinché non vengano concesse risorse comunitarie ad opere che comportino la distruzione di elementi importanti del  patrimonio culturale.

Il Parlamento auspica che, in futuro, venga intrapresa un'azione a favore dei piccoli insediamenti tradizionali, analoga a quella relativa all'istituzione delle capitali culturali. Invita quindi la Commissione a offrire la possibilità - nell'ambito dei progetti pluriennali di cooperazione previsti dal programma Cultura (2007-2013) - di realizzare progetti pluriennali volti a promuovere gli habitat tradizionali integralmente restaurati, anche se con una popolazione inferiore ai mille abitanti. Ritenendo, infine, che il "premio dell'UE per il patrimonio culturale" gestito da Europa Nostra costituisca un'azione importante che va proseguita in futuro, i deputati chiedono che, nell'ambito di tale premio, sia istituita una nuova categoria di premi da assegnare al miglior recupero globale di un insediamento tradizionale.

Riferimenti

Nikolaos SIFUNAKIS (PSE, EL)
Relazione sulla tutela del patrimonio naturale, architettonico e culturale europeo  nelle zone rurali e nelle regioni insular
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 7.9.2006
Votazione: 7.9.2006

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AMBIENTE


Incendi: prevenire è meglio che curare

A seguito dei gravi incendi e delle inondazioni che hanno colpito numerosi paesi europei, il Parlamento ha adottato una risoluzione che sottolinea come questi fenomeni abbiano una dimensione europea. Chiede pertanto la definizione di una strategia di prevenzione su scala continentale, un meccanismo comunitario di protezione civile e il rafforzamento della politica forestale europea. Occorre poi reintrodurre gli aiuti agli agricoltori per le fasce tagliafuoco e favorire il rimboschimento.

La superficie totale di vegetazione e foreste colpite dagli incendi nell'UE è superiore ai 200.000 ettari, soprattutto in Spagna ma anche in Italia, Portogallo, Grecia, Francia, Cipro e altri Stati membri tradizionalmente considerati meno a rischio, come i Paesi Bassi, l'Irlanda, la Lituania, il Regno Unito, l'Austria, la Svezia, la Repubblica ceca e la Polonia. Questi incendi hanno provocato morti, feriti e danni materiali e ecologici ingenti, causando negative conseguenze economiche e sociali per le economie regionali, l'attività produttiva e il turismo.

Con 534 voti favorevoli, 10 contrari e 29 astensioni, il Parlamento ha adottato una risoluzione che esprime anzitutto la propria solidarietà alle vittime e ringrazia tutti coloro che - professionisti e volontari - hanno contribuito allo spegnimento degli incendi e al salvataggio delle vittime delle inondazioni. Preoccupato per il crescente numero di catastrofi che, secondo gli esperti, può essere attribuito in larga parte al cambiamento climatico, il Parlamento sollecita gli Stati membri a fare quanto necessario per conseguire gli obiettivi di Kyoto e invita la Commissione a adottare iniziative per garantire il rispetto degli impegni e la loro verifica. In proposito, sottolinea che i danni provocati dai recenti avvenimenti evidenzino ulteriormente che «sarà molto meno costoso ridurre il riscaldamento globale che non affrontarne le conseguenze».

Più in generale, i deputati ritengono che la prevenzione globale e regionale debba svolgere il ruolo principale rispetto alle opere di rimedio dei danni. Occorre quindi sviluppare e attuare politiche di prevenzione e un'adeguata normativa sulla salvaguardia e l'idoneo utilizzo dei terreni, comprese pratiche sostenibili in materia di agricoltura e foreste nonché un'efficace gestione dei rischi. Per il Parlamento, tuttavia, le dimensioni di questi fenomeni e le loro conseguenze vanno al di là dell'ambito regionale e nazionale e possono quindi essere affrontate efficacemente solo a livello europeo. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, è pertanto necessaria un'efficace risposta «a un rafforzato livello europeo», eventualmente utilizzando nuovi strumenti comunitari per prevenire e affrontare il problema.

Più in particolare, la Commissione europea dovrebbe mobilitare il Fondo di solidarietà europeo, da applicare con flessibilità, facilitandone l'attuazione al fine di affrontare i gravi danni provocati dagli incendi. Inoltre, il Parlamento sollecita un migliore uso delle attuali risorse finanziarie e tecniche e miglioramenti scientifici nella prevenzione delle catastrofi e nell'alleviarne le conseguenze e chiede di destinare adeguate risorse alla protezione civile per le grandi emergenze. A questo proposito, deplorando «la tiepida risposta del Consiglio alla proposta di creare un corpo di protezione civile europeo», chiede quindi alle istituzioni europee di adottare, e agli Stati membri di attuare al più presto, le procedure in corso sulla definizione di un meccanismo comunitario di protezione civile. La Presidenza in carica è inoltre invitata a riservare particolare attenzione allo sviluppo della capacità di risposta rapida dell'Unione per tali catastrofi e alle proposte della Commissione e del Parlamento europeo sul rafforzamento della capacità di protezione civile della Comunità nonché a proporre l'adozione degli strumenti giuridici entro la fine del 2006.

Nel quadro del nuovo "Piano d'azione dell'UE per la gestione sostenibile delle foreste", occorre rafforzare la politica forestale europea, dandole più peso nel ruolo multifunzionale dell'agricoltura europea e mirando a un duplice obiettivo: «mantenimento e impiego della popolazione rurale nonché deciso e sostanziale incremento della superficie forestale». Il Parlamento chiede anche misure di sostegno per la prevenzione degli incendi nel settore della silvicoltura per aiutare i proprietari e le loro organizzazioni a svolgere attività quali la cimatura, la potatura non commerciale, il taglio e il disboscamento della biomassa forestale, la creazione di linee di controllo e fasce tagliafuoco, la costruzione di strade forestali e la predisposizione di depositi d'acqua. Nell'ambito del piano d'azione per la biomassa, invece, la Commissione è invitata a presentare concrete proposte per le foreste del Sud Europa per quanto riguarda l'uso della biomassa delle foreste a scopi energetici, che implica una nuova fonte di reddito per il proprietario e contribuisce ad una migliore gestione delle foreste.

Chiedendo poi agli Stati membri di rafforzare le sanzioni per gli atti criminosi che danneggiano l'ambiente e in particolare per quelli che provocano incendi forestali, il Parlamento ribadisce il suo invito alla Commissione a presentare proposte specifiche per una direttiva sulla lotta contro gli incendi forestali e la siccità nell'Unione, al fine di migliorare il coordinamento delle politiche degli Stati membri e ottimizzare gli strumenti comunitari esistenti. Raccomanda inoltre una strategia comunitaria per il coordinamento delle misure di prevenzione antincendio nel quadro del regolamento per lo sviluppo rurale e chiede una politica di rimboschimento basata sul rispetto delle caratteristiche bioclimatiche e ambientali, con l'utilizzo di varietà che resistano meglio agli incendi e alla siccità e siano più adatte al clima. Ritenendo poi che la politica di sviluppo rurale «non sarà sufficiente per affrontare il problema», alla Commissione è chiesto di reintrodurre aiuti agli agricoltori per creare e mantenere fasce tagliafuoco, come parte delle norme di attuazione del nuovo Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR).

Nell'ottobre 2006 si terrà in Parlamento un'audizione pubblica su incendi e inondazioni. Prima di allora è chiesto all'ufficio di Presidenza di autorizzare l'invio di una delegazione nelle regioni più colpite.

Link utili

Risoluzione del Parlamento europeo sull'attuazione di una strategia forestale per l'Unione europea
Piano d'azione per le foreste
Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi (EFFIS)
Corpo Forestale dello Stato

Riferimenti

Risoluzione comune sugli incendi forestali e le inondazioni
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 4.9.2006
Votazione: 7.9.2006

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Stop all'import di prodotti derivati dalla foca

Il Parlamento europeo chiede alla Commissione di preparare senza indugio una proposta volta a vietare l'importazione, l'esportazione e la vendita di tutti i prodotti derivati dalla foca groenlandica e dalla foca cistofora crestata. Una dichiarazione scritta in tale senso è stata controfirmata dalla maggioranza dei deputati ed è quindi diventata una risoluzione ufficiale del Parlamento.

Negli ultimi quattro anni, notano i deputati, più di un milione e mezzo di cuccioli di foca groenlandica «sono stati macellati nell'Atlantico nord-occidentale» e, l'ultima volta che il numero di foche uccise annualmente ha raggiunto un tale livello (durante gli anni '50 e '60), la popolazione era stata ridotta di due terzi. Sottolineano poi che un'équipe di veterinari internazionali ha concluso che il 42% delle foche macellate «erano probabilmente state scuoiate mentre ancora coscienti».

Il Parlamento ricorda inoltre che l'importazione delle pelli di cuccioli di foca groenlandica a "manto bianco" nonché di cuccioli di cistofora crestata a "manto grigio-blu" e dei prodotti da essi derivati è stata vietata nella CEE nel 1983 (direttiva 83/129/CEE). Rammenta anche che un certo numero di Stati membri dell'Unione europea (tra cui l'Italia) hanno già adottato misure del genere, mentre altri stanno esaminando l'opportunità di intervenire in questo senso. Ma nota anche che «i cacciatori ora attendono qualche giorno che i cuccioli di foca groenlandica abbiano mutato il pelo in modo da poter continuare a importare i prodotti derivati da tali animali nell'Unione europea».

Di conseguenza, i deputati chiedono che la Commissione prepari senza indugio una proposta volta a vietare l'importazione, l'esportazione e la vendita di tutti i prodotti derivati dalla foca groenlandica e dalla foca cistofora crestata. E precisano che il provvedimento non dovrebbe avere conseguenze per la tradizionale caccia alla foca praticata dagli Inuit, «che comunque rappresenta soltanto il 3% del volume di caccia attuale».

Riferimenti

Dichiarazione scritta sulla messa al bando dei prodotti derivati dalle foche nell'Unione europea
Data di distribuzione: 15/05/2006
Scadenza: 15/09/2006
Numero di firmatari: 373 - 05/09/2006

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COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE


Riprendere i negoziati commerciali

Preoccupato dallo stallo dei negoziati OMC, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune che chiede di rinnovare gli impegni volti a trovare un accordo. I deputati temono infatti che, in caso contrario, i Paesi in Via di Sviluppo sarebbero le principali vittime. Sottolineando poi la necessità di una riforma in senso più democratico dell'OMC, chiedono un maggiore coinvolgimento del Parlamento nei negoziati.

Il Parlamento europeo, ha adottato una risoluzione comune con la quale ribadisce il suo pieno impegno a favore dell'approccio multilaterale alla politica commerciale e il ruolo che l'OMC dovrebbe svolgere quale garante di un sistema commerciale internazionale regolamentato. Pertanto, deplora la sospensione indefinita del ciclo di negoziati di Doha nel luglio 2006 ed è particolarmente deluso «in quanto la scarsa flessibilità dimostrata da alcuni dei principali interlocutori ha portato ad una situazione di stallo».

I deputati temono poi che la mancata conclusione di un accordo «potrebbe comportare il collasso dell'attuale sistema commerciale multilaterale» e sottolineano che il passaggio ad accordi bilaterali/regionali «potrebbe condurre a negoziati squilibrati e meno trasparenti, ponendo spesso i paesi più poveri in una posizione svantaggiata». A loro parere, le conseguenze a breve e medio termine di tale sospensione colpiranno i paesi in via di sviluppo e soprattutto quelli meno avanzati, e paventano che la sospensione dei negoziati multilaterali possa comportare l'aumento delle dispute commerciali, in quanto gli Stati membri dell'OMC «cercherebbero di ottenere attraverso controversie quello che non hanno potuto ottenere per via negoziale».

Il Parlamento sollecita quindi un forte impegno da parte di tutti i principali attori, compresi l'UE, gli USA e il G-20 per raggiungere un accordo equilibrato su ognuno dei principali temi del ciclo di negoziati, ponendo lo sviluppo al centro delle conclusioni.  Sottolinea poi che, per dare piena attuazione al mandato di Doha, è necessario preservare i risultati positivi dei negoziati e fare in modo che le offerte ad oggi proposte per quanto riguarda i vari elementi dell'agenda rimangano alla base dei negoziati. Secondo i deputati, i paesi avanzati dovrebbero continuare a creare condizioni più favorevoli agli scambi per i paesi in via di sviluppo e i paesi meno avanzati, indipendentemente dall'esito finale del ciclo di negoziati. Sollecitano poi l'adesione all'iniziativa dell'Unione Everything but Arms (Tutto fuorché le armi) da parte dei paesi avanzati e quelli in via di sviluppo più avanzati.

Infine, nel sottolineare la necessità di riforme istituzionali intese a migliorare il funzionamento dell'OMC e ribadendo l'importanza di rafforzare la responsabilità e la legittimità democratica dei negoziati e dell'organizzazione dell'OMC, la risoluzione invita la Commissione ed il Consiglio a concludere un accordo per garantire la piena partecipazione del Parlamento europeo ai negoziati commerciali internazionali.

Riferimenti

Risoluzione comune sulla sospensione dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo (DDA)
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 5.9.2006
Votazione: 7.9.2006

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ISTITUZIONI


Apertura della sessione

Aprendo i lavori, il Presidente Josep BORRELL ha voluto informare l'Aula sulle attività degli organi parlamentari e sui temi d'attualità che hanno seguito la chiusura dei lavori del Parlamento per la pausa estiva. Si è in particolare soffermato sulla guerra in Libano, sull'afflusso di migranti clandestini in Europa e sugli attentati terroristici falliti sulle linee aeree di collegamento tra il Regno Unito e gli USA.

In merito alla guerra in Libano, il Presidente ha ricordato che il 20 luglio aveva convocato una riunione straordinaria della Conferenza dei Presidenti che ha poi adottato una dichiarazione chiara ed energica - «più energica di quella del Consiglio» - che chiedeva il cessate il fuoco immediato e l'invio di una forza internazionale di pace.  Dinnanzi alla recrudescenza della violenza e agli «attacchi contro la popolazione civile», ha aggiunto, il 1° agosto si è tenuta un'altra riunione straordinaria della Conferenza dei Presidenti aperta a tutti i deputati che ha condannato tali attacchi «ingiustificati» e, con il sostegno di tutti i gruppi politici, ha chiesto nuovamente un cessate il fuoco immediato.

Il Presidente ha quindi ricordato che anche l'ufficio di presidenza dell'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) ha approvato una dichiarazione dello stesso tenore, decidendo anche di inviare una delegazione in Libano. Borrell ha poi sottolineato il ruolo svolto dall'Europa, anche dopo la decisione dei Ministri degli esteri di promuovere la missione militare più numerosa della storia, nel sostenere l'azione diplomatica per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente.

L'imponente sbarco di clandestini africani sulle coste europee, in particolare a Lampedusa e nelle Canarie, è stato l'atro tema che ha affrontato il Presidente, cogliendo l'occasione per ringraziare il Vicepresidente della Commissione Frattini per il suo impegno e per la sua azione. Dopo aver sottolineato che sono centinaia le persone che hanno perso la vita tra le onde, il Presidente ha affermato che tale questione riguarda tutta l'Unione e, in particolare, la sua politica d'immigrazione e di sviluppo. Il problema non è contingente, ha proseguito Borrell, è strutturale e tende ad aumentare. Per tale motivo, ha insistito, l'Europa deve delineare una politica comune della gestione dei flussi migratori che non sia fondata solo su misure eccezionali e che sia accompagnata da una politica di sviluppo rivolta ai paesi dai quali provengono.

Il Presidente ha quindi citato gli attentati progettati sui voli aerei che collegano Regno Unito e USA, sostenendo che l'Europa deve aumentare la vigilanza per far fronte a questa minaccia con i mezzi a disposizione e senza rimettere in questione le libertà civili.

Infine, ha voluto rendere omaggio al deputato ungherese István PÁLFI (PPE/DE; HU) deceduto quest'estate, chiedendo all'Aula di osservare un minuto di silenzio. Il deputato è stato sostituito al Parlamento da Antonio DE BLASIO.

Altri documenti approvati

I risultati delle votazioni sono consultabili sul sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo.
I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo.

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Codici delle procedure parlamentari

Serie A

Relazioni e raccomandazioni

Serie B

Risoluzioni e interrogazioni orali

Serie C

Documenti di altre Istituzioni

*

Procedura di consultazione

**I

Procedura di cooperazione, prima lettura

**II

Procedura di cooperazione, seconda lettura

***

Parere conforme

***I

Procedura di codecisione, prima lettura

***II

Procedura di codecisione, seconda lettura

***III

Procedura di codecisione, terza lettura

Abbreviazioni

- Gruppi politici: vedere di seguito

BE

Belgio

IT

Italia

PL

Polonia

CZ

Repubblica ceca

CY

Cipro

PT

Portogallo

DK

Danimarca

LV

Lettonia

SI

Slovenia

DE

Germania

LT

Lituania

SK

Slovacchia

EE

Estonia

LU

Lussemburgo

FI

Finlandia

EL

Grecia

HU

Ungheria

SE

Svezia

ES

Spagna

MT

Malta

UK

Regno Unito

FR

Francia

NL

Olanda

 

 

IE

Irlanda

AT

Austria

 

 

Gruppi politici

PPE/DE

Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei

PSE

Gruppo socialista al Parlamento europeo

ALDE/ADLE

Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa

Verdi/ALE

Gruppo Verde/Alleanza libera europea

GUE/NGL

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

IND/DEM

Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN

Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni"

NI

Non iscritti

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Deputati al Parlamento europeo

 Situazione al 7.9.2006
 

 

PPE/DE

PSE

ALDE/ADLE

Verdi/ALE

GUE/NGL

IND/DEM

UEN

NI

Totale

BE

6

7

6

2

 

 

 

3

24

CZ

14

2

 

 

6

1

 

1

24

DK

1

5

4

1

1

1

1

 

14

DE

49

23

7

13

7

 

 

 

99

EE

1

3

2

 

 

 

 

 

6

EL

11

8

 

 

4

1

 

 

24

ES

24

24

2

3

1

 

 

 

54

FR

17

31

11

6

3

3

 

7

78

IE

5

1

1

 

1

1

4

 

13

IT

24

15

12

2

7

 

9

9

78

CY

3

 

1

 

2

 

 

 

6

LV

3

 

1

1

 

 

4

 

9

LT

2

2

7

 

 

 

2

 

13

LU

3

1

1

1

 

 

 

 

6

HU

13

9

2

 

 

 

 

 

24

MT

2

3

 

 

 

 

 

 

5

NL

7

7

5

4

2

2

 

 

27

AT

6

7

1

2

 

 

 

2

18

PL

15

10

4

 

 

7

10

8

54

PT

9

12

 

 

3

 

 

 

24

SI

4

1

2

 

 

 

 

 

7

SK

8

3

 

 

 

 

 

3

14

FI

4

3

5

1

1

 

 

 

14

SE

5

5

3

1

2

3

 

 

19

UK

27

19

12

5

1

10

 

4

78

Totale

263

201

89

42

41

29

30

37

732

Deputati uscenti:

István PÁLFI (PPE/DE HU) con effetto dal 16 luglio 2006
Terence WYNN (PSE UK) ) con effetto dal 27 agosto 2006

Deputati entranti:

Antonio DE BLASIO (PPE/DE HU) con effetto dal 31 luglio 2006
Brian SIMPSON (PSE UK) con effetto dal 28 agosto 2006

 

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