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RASSEGNA

 

4 - 7 luglio 2005

 

Strasburgo

 


Sommario

Codici delle procedure parlamentari, Abbreviazioni

Deputati al Parlamento europeo

Dichiarazioni
Il Presidente Ciampi al Parlamento: serena fiducia nel futuro dell'Unione europea

Mercato interno
Il Parlamento «cancella» la direttiva sulla brevettabilità dei software

Bilancio
Bilancio 2006 a un livello realistico

Politica regionale
Nuova politica di coesione

Sviluppo e Cooperazione
Un drappo bianco contro la povertà nel mondo
Maggiore impegno nella lotta alla povertà
Nuove misure contro lo sfruttamento minorile

Pari opportunità / Diritti della donna
La Turchia rispetti i diritti delle donne

Relazioni esterne
Iraq: forze ONU al posto delle truppe straniere?
Dieci anni dopo Srebrenica: non c'è pace senza giustizia

Affari economici e monetari
Spiegare meglio i vantaggi dell'€uro
Relazione 2004 della BCE

Commercio estero
Tessili: rinviato il voto

Ambiente
Giocattoli più sicuri per i bambini

Energia
Garantire la fornitura di energia elettrica a cittadini e imprese

Giustizia e Affari interni
NO al trasferimento dei dati dei passeggeri in volo verso il Canada

Allargamento
A settembre, deputati bulgari e rumeni al Parlamento europeo

Immunità e Statuto dei deputati
Immunità di Umberto Bossi

Dichiarazioni
Attentati di Londra: il terrorismo non sconfiggerà la pace e la democrazia
Omaggio a Filip Adwent

Varie
Lotta ai nematodi a cisti della patata
Protocollo sui trasporti marittimi con la Cina
Conservazione degli uccelli acquatici migratori
Immunità di Ashley Mote
Immunità di Marchiani
Piano per le tecnologie ambientali nell'Unione
Protezione dei passeggeri
Sostanze pericolose
Registro europeo delle sostanze inquinanti
Parità di retribuzione per uomini e donne
Quale legge in caso di litigio transfrontaliero?
Protocollo CEE-ONU sulle sostanze inquinanti
LIFE+ per l'ambiente
Agricoltura nelle regioni ultraperiferiche
Europol
Prestiti CE nei PVS
Un mondo senza mine
Accordo di associazione UE-Svizzera
Bielorussia
Relazioni UE-Cina e Taiwan
Piano d'azione nel settore forestale
Mercati finanziari più efficienti nell'UE

Ordine del giorno 5 - 8 settembre 2005 Strasburgo


 

Codici delle procedure parlamentari 

Serie A

Relazioni e raccomandazioni

Serie B

Risoluzioni e interrogazioni orali

Serie C

Documenti di altre Istituzioni

*

Procedura di consultazione

**I

Procedura di cooperazione, prima lettura

**II

Procedura di cooperazione, seconda lettura

***

Parere conforme

***I

Procedura di codecisione, prima lettura

***II

Procedura di codecisione, seconda lettura

***III

Procedura di codecisione, terza lettura

 Abbreviazioni

 - Gruppi politici: vedere pagina seguente

BE

Belgio

IT

Italia

PL

Polonia

CZ

Repubblica ceca

CY

Cipro

PT

Portogallo

DK

Danimarca

LV

Lettonia

SI

Slovenia

DE

Germania

LT

Lituania

SK

Slovacchia

EE

Estonia

LU

Lussemburgo

FI

Finlandia

EL

Grecia

HU

Ungheria

SE

Svezia

ES

Spagna

MT

Malta

UK

Regno Unito

FR

Francia

NL

Olanda

 

 

IE

Irlanda

AT

Austria

 

 

 

Deputati al Parlamento europeo

Situazione al 7.7.2005

 

PPE/DE

PSE

ALDE/ADLE

Verdi/ALE

GUE/NGL

IND/DEM

UEN

NI

Totale

BE

6

7

6

2

 

 

 

3

24

CZ

14

2

 

 

6

1

 

1

24

DK

1

5

4

1

1

1

1

 

14

DE

49*

23

7

13

7

 

 

 

99*

EE

1

3

2

 

 

 

 

 

6

EL

11

8

 

 

4

1

 

 

24

ES

24

24

2

3

1

 

 

 

54

FR

17

31

11

6

3

3

 

7

78

IE

5

1

1

 

1

1

4

 

13

IT

23*

15

12

2

7

4

9

5

77*

CY

3

 

1

 

2

 

 

 

6

LV

3

 

1

1

 

 

4

 

9

LT

2

2

7

 

 

 

2

 

13

LU

3

1

1

1

 

 

 

 

6

HU

13

9

2

 

 

 

 

 

24

MT

2

3

 

 

 

 

 

 

5

NL

7

7

5

4

2

2

 

 

27

AT

6

7

1

2

 

 

 

2

18

PL

19

10

4

 

 

9*

7

4

53*

PT

9

12

 

 

3

 

 

 

24

SI

4

1

2

 

 

 

 

 

7

SK

8

3

 

 

 

 

 

3

14

FI

4

3

5

1

1

 

 

 

14

SE

5

5

3

1

2

3

 

 

19

UK

27

19

12

5

1

10

 

4

78

Totale

266*

201

89

42

41

35*

27

29

730*

Deputati uscenti                                                                Deputato entrante
Antonio DE POLI (PPE/DE, IT) (16.5.2005)                   Jürgen ZIMMERLING (PPE/DE, DE) (6.7.2005)
Filip ADVENT (IND/DEM, PL) (26.6.2005)
Armin LASCHET(PPE/DE, DE) (4.7.2005)

Gruppi politici

PPE/DE

Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei

PSE

Gruppo socialista al Parlamento europeo

ALDE/ADLE

Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa

Verdi/ALE

Gruppo Verde/Alleanza libera europea

GUE/NGL

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

IND/DEM

Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN

Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni"

NI

Non iscritti

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Dichiarazioni

Il Presidente Ciampi al Parlamento: serena fiducia nel futuro dell'Unione europea
 

Seduta solenne - Allocuzione di Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica italiana

5.7.2005

Il Presidente Borrell si è innanzitutto detto onorato di accogliere Carlo Azeglio Ciampi in Aula. Tutti, ha aggiunto, lo conosciamo e ricordiamo in lui il «brillante» Governatore della Banca d'Italia, il Primo Ministro che ha dovuto affrontare momenti difficili del sistema politico italiano, l'«abile» Ministro del Tesoro dei Governi Prodi e D'Alema. Ora è un Presidente della Repubblica «che tutti gli italiani amano».

In questi difficili momenti per l'Europa, ha proseguito, occorre ricordare che il Presidente ha contribuito in modo decisivo all'entrata dell'Italia nell'euro. E' bene rammentarlo, ha aggiunto, in questi momenti in cui alcuni «considerano l'euro una camicia di forza, piuttosto che uno strumento fondamentale per la prosperità e la stabilità economica».

Affermando quindi di averlo conosciuto personalmente, per la prima volta, in occasione della firma del Trattato costituzionale, avvenuta a Roma nell'ottobre 2004, il Presidente ha sottolineato come, allora, fosse rimasto molto impressionato dalla sua personalità e dalle sue idee.

«Già conoscevo l'uomo politico» ma, allora, «ho potuto incontrare la persona che ha sempre lottato con lucida passione in favore della costruzione di un'Europa garante della pace, della democrazia ma anche del progresso economico e sociale». Un uomo che ha sempre ricordato com'era l'Europa dopo la seconda guerra mondiale e che «ha visto realizzarsi il sogno di coloro che, allora, hanno saputo porre le basi dell'Europa di oggi».

Un'Europa, ha proseguito, che agli occhi di molti, sembra qualcosa di scontato, in particolare per le nuove generazioni, per la quale non è sentita la necessità di mobilitarsi. Ma noi sappiamo invece «che non è così», che l'Europa non si fa da sola e la pace non è sicura e certamente non lo sarebbe senza il successo del progetto europeo.

«L'Europa non è un incidente di percorso della storia», ha aggiunto. E' una necessità che esige un grandissimo sforzo per realizzarla e, a tal fine, occorre l'impegno di tutti. E' il frutto di una lenta elaborazione che implica compromessi, entusiasmo e, a volte, delusioni.

Il Presidente Ciampi, ha proseguito, è presente al Parlamento in un momento in cui si vive un certo disincanto ed è necessario trovare nuovi ideali condivisi da tutti affinché l'Europa torni a farci sognare ed entusiasmare.

La presenza del Presidente Ciampi, ha quindi affermato, si iscrive perfettamente nel dibattito sul futuro dell'Europa a cui oggi egli dà simbolicamente avvio. Sottolineando quindi la necessità di creare una nuova Giovane Europa, ha voluti ricordare Giuseppe Mazzini, di cui ricorre in questi giorni il bicentenario, secondo il quale la democrazia e la libertà uniscono gli uomini indipendentemente dalla latitudine nella quale vivono.

Borrell ha quindi concluso dicendosi sicuro che le parole del Presidente saranno di grande aiuto nel momento difficile in cui si trova oggi l'Europa, «per proseguire il cammino verso la costruzione di un'Europa capace di garantire non solo la pace e la cooperazione ma anche la prosperità e la sicurezza».

Un'Europa capace di fare nel resto del mondo quello che ha fatto al suo interno: «creare una società basata sul rispetto della diversità e dell'integrazione nonché sulla costruzione di un'identità comune».

Intervento del Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio CIAMPI: L'Unione europea di fronte alle sue responsabilità

«Signor Presidente, onorevoli deputati,

vi ringrazio per il calore con cui mi avete accolto. Ringrazio in particolare il Presidente per le espressioni affettuose con le quali ha voluto presentarmi.

Sento con emozione l'onore di parlare nel luogo più alto della democrazia europea. Di far sentire la voce della Repubblica italiana, nel punto centrale del sistema costituzionale dell'Unione.

Uso con convinzione l'aggettivo "costituzionale" perché tale è l'ordinamento giuridico che abbiamo costruito insieme da cinquanta anni, trattato dopo trattato.

L'Unione europea non è - e non può essere - soltanto una zona economica di libero scambio. Essa è soprattutto, e fin dalle origine, un organismo politico; una terra di diritti; una realtà costituzionale, che non si contrappone alle nostre amate Costituzioni nazionali, ma le collega e le completa.

E' un organismo politico che non nega l'identità dei nostri Stati nazionali, ma li rafforza di fronte alle grandi sfide di un orizzonte sempre più vasto.

E' una terra dei diritti alla quale ogni altro abitante di questo pianeta può guardare con la fiducia che qui, meglio che altrove, sono rispettati i valori della persona umana.

E' giusta l'ambiziosa definizione che dell'Unione dà il trattato costituzionale: "spazio privilegiato della speranza umana".

Da questo punto dobbiamo andare avanti, tutti insieme: sia gli 11 Stati che, come l'Italia, hanno già ratificato il trattato costituzionale, sia gli Stati che ancora devono farlo, sia i 2 Stati che hanno detto no.

Ci lega in maniera irreversibile il quadro istituzionale unitario.

Esso è già abbastanza forte per consentire di fare insieme molte cose per i nostri cittadini; per recuperare il consenso popolare che in alcuni paesi è mancato al trattato; per consolidare le nostre Istituzioni ereditate da un passato di successo.

Proprio perché siamo già un'entità politica e costituzionale, possiamo anzi valutare con realismo il senso del rigetto verificatosi in due paesi legati fin dalle origini alla vicenda europea. Ancora pochi mesi or sono - in occasione della solenne firma a Roma del trattato costituzionale da parte dei 25 governi dell'Unione - il progetto unitario era circondato da un generale consenso.

In pochi mesi si è fatto strada il timore che i cittadini fossero esclusi da decisioni cruciali per il loro futuro; si sono accentuate le preoccupazioni per la mancata crescita economica.

Ma è davvero giustificato interpretare l'esito dei referendum come disaffezione nei confronti dell'unità europea? Cedere alla tentazione di mettere addirittura in discussione lo stesso progetto dei padri fondatori?

Se alziamo lo sguardo, il trattato di Roma dell'ottobre 2004 ci appare piuttosto il capro espiatorio di un malessere diffuso che riguarda non tanto l'assetto istituzionale quanto le politiche di governo dell'Unione.

Registriamo perfino un paradosso. La richiesta insistita per un risveglio politico dell'Unione, più urgente delle pur necessarie riforme istituzionali, testimonia la coscienza della Comunità di destino su cui si fonda materialmente una costituzione.

Ecco perché noi dobbiamo ora pensare alle politiche di avvenire dell'Unione, senza però abbandonare il disegno costituzionale tracciato dall'operosa Convenzione.

Che cosa già chiede con urgenza l'avvenire alla nostra Europa?

Chiede, innanzitutto, per dirla con Ortega y Gasset, che l'Unione sia vertebrata da iniziative di coesione politica; di coesione fisica; di coesione sociale.

Il principio fondamentale della sussidiarietà deve essere interpretato come principio di coesione politica: consente la partecipazione dal basso alle decisioni comunitarie, cominciando dai mille e mille Municipi della nostra Unione.

E' già a quei livelli che deve essere vissuta l'Unione europea.

L'Europa ha bisogno di coesione fisica: di strutture di trasporto e di comunicazione che, nel rispetto dell'ambiente e dei paesaggi, rendano più uniti gli europei.

L'Europa - che ha inventato il welfare State, lo Stato assistenziale - ha bisogno di coesione sociale: non possiamo tollerare che perdurino vistose disparità di tenore di vita tra i territori e quindi tra popoli ai quali la nostra personalità internazionale dà una rappresentanza unitaria.

L'Europa chiede, di conseguenza, che lo storico obiettivo della convergenza e della coesione sia raggiunto con appropriate politiche di governo dell'economia.

Ho sempre considerato - come uomo di banca, prima, come uomo della politica, poi - che il principio del libero mercato nella cultura economica dell'Unione significa essere capaci di parlare al mercato nel linguaggio del mercato.

Ma non può significare assecondarne ogni esuberanza.

E' la mancanza di volontà politica dei governi nazionali che impedisce un efficace coordinamento delle loro politiche di bilancio.  

Ciò rende difficile che sia l'Unione ad intervenire, con un fondo comune - costituito anche con il ricorso dell'Unione al credito internazionale - per le grandi infrastrutture di interesse europeo, per le grandi iniziative comuni di ricerca ed innovazione, per costituire un patrimonio di beni pubblici comunitari.

La strategia di Lisbona è il primo anello di una catena che dovrà portare alla governabilità dell'economia europea.

Dai governi nazionali deve giungere un messaggio preciso, reso convincente dall'allocazione delle risorse pubbliche.

Le invocate flessibilità devono essere utilizzate dalle imprese per guadagnare in competitività e per accrescere base produttiva e vendite in Europa e nel mondo.

L'Europa deve rilanciare il proprio impegno nei grandi programmi comuni.

Molte volte ci siamo riusciti, anche negli anni recenti: nell'ambito del CERN e dell'Agenzia spaziale europea; con i progetti ITER e Galileo, che hanno fatto un decisivo passo in avanti per il rafforzamento tecnologico dell'Europa; con il progetto Erasmus, che ha aperto nuovi orizzonti europei ad oltre un milione di giovani. Anche Airbus è un esempio di cosa possiamo fare insieme, se solo ci uniamo.

Guardiamo con fiducia anche alla capacità di iniziative dell'Eurozona, ora presieduta da Jean Claude Juncker, al quale invio, anche in nome di una vecchia amicizia e collaborazione, un cordiale saluto.

L'euro costituisce la manifestazione più avanzata della volontà unitaria dei popoli europei; una forza trainante dell'integrazione politica.

E' un inequivocabile segnale di fiducia che sei dei dieci paesi di nuova adesione siano già entrati a far parte dello SME 2, compiendo così i primi importanti passi per unirsi all'eurozona.

I benefici tangibili derivanti dalla partecipazione alla moneta unica sono sotto gli occhi di tutti: difesa dagli squilibri sul mercato dei cambi; bassi tassi di interesse; rafforzamento della competitività in quei paesi della zona euro che hanno adottato politiche virtuose.

Dobbiamo registrare come straordinari successi sia l'affermazione dell'euro sui mercati internazionali, sia la politica di stabilità dei prezzi perseguita dalla Banca centrale europea.

Ma non possiamo accontentarci più a lungo di questa situazione.

Il confermato, giusto rigore del Patto di stabilità non è di per sé garanzia di crescita, se perdura l'inerzia.

I positivi effetti dell'euro continueranno a manifestarsi con difficoltà, se mancherà una gestione coordinata sia dei bilanci nazionali sia dell'orientamento delle politiche economiche degli Stati.

Solo su queste basi l'Unione potrà realizzare appieno la capacità, di cui si è dotata con la moneta unica, di essere attore economico globale e di consolidare un blocco economico-monetario in grado di far valere gli interessi dei cittadini e i ritmi di un suo equilibrato sviluppo.

Aspettiamo ora con fiducia anche un'intesa sulle prospettive finanziarie dell'Unione.

E' positivo un aperto, franco confronto politico sulle priorità delle azioni dell'Unione.

Ma è necessario approvare quanto prima un bilancio comunitario che - oltre ad esprimere un equilibrio tra le diverse istanze degli Stati - sia basato su obiettivi coerenti e solidali.

Esprimo in questa sede il vivo auspicio di successo per l'opera che il Primo ministro britannico Tony Blair, Presidente di turno dell'Unione europea, si è impegnato a realizzare davanti a questo Parlamento.

La vitalità del modello europeo dipenderà anche dalla capacità di mobilitare forze nuove all'interno dei nostri paesi.

Mi spiego: solo sviluppando un dialogo e una convivenza costruttiva tra cittadini europei e residenti extracomunitari riusciremo a consolidare l'essenza migliore della nostra civiltà.

Infine, l'avvenire della nostra Europa chiede politiche di sicurezza e di pace. La visione internazionale dell'Unione europea - basata sulla prevalenza del diritto, sulla fiducia nel sistema multilaterale - suscita aspettative e speranze nel mondo intero. 

Ma soltanto unita l'Europa potrà incidere sugli equilibri internazionali. Agendo da soli saremmo in balia di eventi più grandi di noi, eventi che minacciano la pace e la sicurezza europea.

Coerentemente con questa impostazione il Parlamento europeo si è posto da tempo il problema della rappresentanza unitaria dell'Europa alle Nazioni Unite.

La risoluzione approvata nel giugno scorso, così come la precedente del gennaio 2004, stabilisce che il seggio unico dell'Unione europea nel Consiglio di sicurezza dell'ONU è l'obiettivo che l'Europa deve prefiggersi. Questa chiarezza di visione fa onore al Parlamento europeo.

La consapevolezza delle nostre comuni radici e la memoria condivisa del bene e del male della nostra storia attestano l'esistenza di un interesse europeo superiore che armonizza interessi nazionali, li protegge dagli eccessi che hanno tormentato il nostro passato, li proietta in una visione comune dei rapporti con il mondo.

L'Europa allargata ha ormai lambito i limiti della sua identità culturale e storica; ma, se la geografia non consente di riconoscere in maniera certa i confini dell'Europa, lo spazio comune di principi, valori, regole espressi dall'Unione europea è oggi ben identificato.

L'ampliamento dell'Unione ha rappresentato un dovere storico verso i popoli che vedevano nell'adesione all'Unione europea la garanzia delle loro ritrovate libertà, il coronamento di un'attesa durata quasi mezzo secolo.

Dai nuovi Stati membri - che hanno diritto a vivere in un'Unione efficace e solidale nei loro confronti - ci attendiamo, e lo rileviamo già, un contributo di costruttivo entusiasmo.

L'Unione ampliata proseguirà unita.

Ma proprio perché e diventata più estesa, avrà bisogno più che in passato d'iniziative d'avanguardia che indichino la strada da seguire per completare l'unità dell'Europa.

Onorevoli deputati,

il Parlamento europeo ha il dovere di riproporre l'Unione europea come sentimento generale della gente.

Sta a voi rispondere alle richieste dei cittadini per ancora maggiore democrazia, trasparenza, governabilità.

Da quanto il 14 febbraio 1984, il Parlamento europeo presentò il progetto di Costituzione europea di Altiero Spinelli, questa assise ha costantemente sollecitato un suo maggiore coinvolgimento nelle revisioni dei trattati.

Ora la più rappresentativa delle Istituzioni europee ha la responsabilità storica di non disperdere il patrimonio costituente; di fare in modo che la pausa di riflessione sulla Costituzione non sia l'anticamera dell'oblio.

Le stesse conclusioni del Consiglio europeo del 16 e 17 giugno incitano ad un "dibattito mobilitante" e invitano "le Istituzioni europee ad apportarvi un contributo".

Signor Presidente, onorevoli deputati,

in anni ormai lontani ebbi modo, come studente universitario in Italia e in Germania, di vedere con quanta insensatezza gli Stati europei avviassero, con la Seconda guerra mondiale, l'eccidio di un'intera generazione.

Guardo perciò con inquietudine ad ogni allentamento, a ogni crisi del processo di integrazione europea. E, tuttavia, spero abbiate avvertito nelle mie parole una serena fiducia nel futuro.

A metà del secolo scorso, uomini grandi e saggi hanno edificato un edificio che non si potrà distruggere. Ma dobbiamo stare attenti, come guardiani del faro, ad avvertire i giovani dei pericoli nuovi.

Tra non molto terminerò il mio mandato come Presidente della Repubblica italiana. Sei anni fa' dopo il giuramento, conclusi il mio discorso innanzi al Parlamento italiano con un grido di saluto, l'impegno verso l'Italia e l'Unione europea a cui credo di essere stato fedele in questi anni densi di storia e di mutamenti.

E' un impegno che mi è grato ora rinnovare qui davanti a voi.

Viva l'Europa e l'Unione europea.»

I deputati, in piedi, hanno quindi tributato un lungo applauso al Presidente Ciampi.

Riprendendo la parola, il Presidente Borrell ha nuovamente ringraziato Carlo Azeglio Ciampi dicendo che l'emozione gli ha fatto dimenticare le parole che voleva pronunciare. Si è comunque detto in grado di affermare, a nome della stragrande maggioranza del Parlamento, che l'Istituzione ricorderà le parole del Presidente italiano.

Egli, ha aggiunto, ha dimostrato di appartenere alla Giovane Europa e, in proposito, citando Picasso, ha sottolineato che «sono necessari molti anni per diventare giovani», e il Presidente italiano ha dimostrato come lo si può essere.

Borrell si è quindi scusato per le proteste avvenute in Aula durante il suo intervento (che hanno portato all'espulsione di tre deputati della Lega Nord), affermando che non rappresentano certamente la maggioranza del Parlamento.

Si è quindi augurato che le idee espresse dal Capo dello Stato possano servire al dibattito sull'Europa. In proposito, ha voluto sottolineare che l'Europa è la storia di un successo e che occorre evitare «di morire per troppo successo», banalizzando quelle che sono invece gli obiettivi fondamentali della convivenza.

L'auspicio, ha concluso, è che le parole del Presidente Ciampi siano ascoltate anche al di fuori dall'Emiciclo.

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MERCATO INTERNO

Il Parlamento «cancella» la direttiva sulla brevettabilità dei software
 

Michel ROCARD (PSE, FR)

Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici

Doc.: A6-0207/2005

Procedura: Codecisione, seconda lettura

Dibattito: 5.7.2005

Votazione: 6.7.2005

Votazione

Il Parlamento ha respinto a grandissima maggioranza - 648 voti favorevoli, 14 contrari e 18 astensioni - la posizione comune del Consiglio sulla controversa proposta di direttiva sulla brevettabilità dei software. L'Aula ha salutato l'esito della votazione con un lungo applauso.

Si tratta della prima volta nella storia che il Parlamento respinge una proposta legislativa in seconda lettura della procedura di codecisione. Altre cinque volte, peraltro, i deputati avevano respinto delle proposte in terza lettura, in Plenaria o in comitato di conciliazione.

Prima di procedere alla votazione, il relatore Michel ROCARD (PSE, FR) aveva preso la parola per annunciare la molto probabile reiezione della posizione comune del Consiglio dovuta, non tanto alla convergenza di vedute dei deputati, quanto al fatto che i diversi «schieramenti» presenti in Parlamento preferiscono la reiezione all'adozione degli emendamenti presentati dai gruppi avversari.

Il relatore ha anche colto l'occasione per esprimere la forte disapprovazione sull'atteggiamento, definito «scandaloso», tenuto dalla Commissione e dal Consiglio nei confronti del Parlamento nella gestione di tale questione. Disprezzo e anche sarcasmo sulla posizione espressa dai deputati in prima lettura, assenza di consultazione in seconda lettura e tentativi di impedire il dialogo tra i governi, sono i principali addebiti.

La crisi che attraversa oggi l'Europa, ha aggiunto, è dovuta anche al deficit democratico e, su tale questione, il Consiglio ha grandi responsabilità. «Che la reiezione gli serva da lezione!», ha quindi esclamato.

Sul merito, il deputato ha sottolineato la necessità di approfondire il dibattito in quanto la normativa «non è matura». In ogni caso, la reiezione sarà un chiaro messaggio all'ufficio europeo dei brevetti: il Parlamento ha rifiutato di legalizzare le   recenti derive volte ad ampliare il campo d'applicazione della brevettabilità a taluni software. Se queste derive dovessero continuare, ha concluso, è chiaro che una maggioranza parlamentare emergerebbe per  opporvisi.

Dopo la votazione, Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) è intervenuto per ricordare che la Commissione aveva annunciato la sua indisponibilità a presentare una nuova proposta in caso di reiezione. Tuttavia, ha aggiunto, l'Accordo interistituzionale prevede che la Commissione debba prendere iniziative qualora il Parlamento lo chiedesse. Il deputato si è quindi detto certo che ciò sarà fatto.

Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT) ha tenuto a precisare che non è automatico che il Parlamento richieda all'Esecutivo una nuova proposta che, ha detto, rischia anche di essere molto simile a quella precedente.

A nome della Commissione, Benita FERRERO-WALDNER ha affermato di rispettare il diritto democratico del Parlamento di respingere la posizione comune. Tuttavia, ha sottolineato che gli uffici nazionali dei brevetti continueranno a rilasciare brevetti al di fuori di un quadro armonizzato e senza la possibilità di controllo della Corte di Giustizia.

L'Esecutivo, ha aggiunto, intavolerà delle discussioni con le commissioni parlamentari competenti e ripresenterà una proposta qualora ciò venga richiesto. La commissaria ha concluso sostenendo che il futuro brevetto comunitario «è nella mani del Consiglio» che sta valutando una serie di opzioni percorribili.

Dibattito

La Plenaria ha discusso questa mattina sulla controversa direttiva riguardo alla brevettabilità dei software. Le posizioni dei deputati continuano ad essere divergenti e aumenta quindi la possibilità di un rifiuto della posizione del Consiglio.

La maggior parte del PPE/DE è contro gli emendamenti presentati dal relatore e non nega la possibilità del rifiuto della posizione comune.

Il PSE, invece, è a favore degli emendamenti presentati che non sono stati approvati in commissione parlamentare (emendamenti da 40 a 60).

D'altra parte, i Verdi e la Sinistra Unitaria rifiutano la posizione comune. Non è escluso però che possano votare con i Socialisti a favore degli emendamenti presentati dal relatore.

 Gli oratori dei gruppi ALDE e UEN hanno espresso opinioni divergenti. Alcuni sostengono gli emendamenti, altri rifiutano la posizione comune.

Il gruppo IND/DEM ed i non iscritti si sono detti contrari alla posizione comune.

In primo luogo, sarà votata la reiezione della posizione comune che, tenuto conto delle presenze odierne, dovrà beneficiare di una maggioranza assoluta per poter essere accolta (366 voti su 730). Se ciò non avvenisse, l'Aula procederà alla votazione degli altri emendamenti che, anch'essi, richiedono la stessa maggioranza per essere adottati.

Si ricorda che, per la seconda lettura della procedura di codecisione, non vi è voto finale, ma il regolamento prevede (articolo 61) che, dopo aver votato gli emendamenti, il Parlamento possa considerare, su richiesta del relatore e dopo aver ascoltato la Commissione, un nuovo voto di reiezione della posizione comune.

Interventi dei deputati italiani

Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT) ha dichiarato che, sebbene nella posizione comune si affermi di voler escludere la brevettabilità del software puro, «di fatto si pongono le condizioni per arrivare a brevettare gli algoritmi software». A differenza del copyright che protegge l'intero programma, ha aggiunto, «la brevettabilità del software consentirebbe un monopolio sull'uso delle istruzioni generiche».

Con la brevettabilità di questi algoritmi, ha quindi spiegato, «si potrebbero infrangere contemporaneamente centinaia di brevetti» ed ha citato l'esempio di Linux, ormai utilizzato in svariati programmi anche dalle amministrazioni pubbliche, che infrangerebbe 283 brevetti americani. L'introduzione della normativa sulla brevettabilità, ha pertanto sostenuto, potrebbe significare, almeno in Europa, «la fine del software libero e dell'open source». 

Se fosse approvata la brevettabilità del software, «fortemente voluta dalle multinazionali USA e dai paesi europei che traggono profitto dal monopolio statunitense», ha inoltre aggiunto, «si avrebbe uno spostamento dei costi dal settore tecnologico e innovativo a quello legale e assicurativo». Tutto ciò contribuirebbe ad escludere le piccole e medie imprese dal processo di sviluppo del software a causa dei costi e delle complessità legali. In definitiva, «ci sarebbe una minore concorrenza e una minore innovazione e i consumatori europei dovrebbero sostenere spese superiori a fronte di una minore possibilità di scelta».

La strategia di Lisbona relativa al modello economico europeo, ha poi aggiunto, unisce innovazioni tecnologiche, competitività e solidarietà. Tuttavia, per il deputato, la posizione del Consiglio va nella direzione opposta e con la direttiva «si attacca il diritto alla libera circolazione della conoscenza e si rimette in discussione l'obiettivo di una società dell'informazione accessibile a tutti». Per questo motivo, ha concluso, «la battaglia contro la brevettabilità del software che conduciamo in questo Parlamento diventa una battaglia per la libertà e la democrazia».

Per Roberta ANGELILLI (UEN, IT) «l'innovazione e la ricerca devono essere un patrimonio condiviso e non un privilegio per pochi». Occorre pertanto ribadire con forza che deve essere impedita la brevettabilità del software in quanto tale.

Si dovrà invece arrivare a una direttiva «che rappresenti una giusta via di mezzo tra una brevettabilità selvaggia, che rischia di paralizzare innovazione e competizione, e la necessità di tutelare adeguatamente chi, con la propria invenzione, può rappresentare davvero un valore aggiunto sul mercato».

Per la deputata, inoltre, i requisiti di brevettabilità devono essere valutati con la massima attenzione, «tenendo conto della novità, dell'originalità e dell'applicabilità industriale». Solo in questo modo, ha spiegato, si potrà evitare un'eccessiva estensione dei diritti di privativa a danno delle piccole e medie imprese e, di conseguenza, il proliferare del contenzioso sui brevetti, «come accade ormai da quindici anni negli Stati Uniti».

In conclusione, ha affermato di considerare «positiva» l'idea di un fondo di sostegno finanziario, tecnico e amministrativo a favore delle PMI che si orientano alla brevettabilità, ed è «indispensabile» mettere a punto un adeguato sistema europeo di brevetti, volto a garantire la parità di accesso per le piccole e medie imprese.

Luca ROMAGNOLI (NI, IT) ha esordito sostenendo che in pochi anni il continuo fiorire di idee nelle tecnologie informatiche «ha permesso di ridurre i divari tecnologici e informatici». Con la brevettabilità del software, invece, «si blocca la libera inventiva - che fino ad oggi è stata possibile anche senza grandi capitali - per difendere un monopolio sull'uso di tecniche generiche, frutto di un assolutismo mercantile e politicamente pericolosissimo».

E ciò, per il deputato, rappresenta una grave limitazione alla libertà delle idee e alla loro reinterpretazione, «che serve solo a tenere le imprese e le amministrazioni pubbliche in ostaggio della lobby Microsoft e delle poche multinazionali extraeuropee».

I brevetti, ha proseguito, costituiscono un pericolo per lo sviluppo del software "open source" e un danno per tutte le imprese di informazione e comunicazione italiane ed europee - che sono soprattutto piccole e medie imprese o addirittura microimprese - oltre che un danno economico per la diversificazione dei sistemi informatici delle amministrazioni.

Pertanto, ha concluso, in difesa della libertà di ricerca scientifica, del diritto alla trasmissione della cultura e del sapere, nonché della tutela dei diritti fondamentali dell'individuo, «dobbiamo salvare l'Europa dalla brevettabilità del software, contrastando la direttiva europea che intende introdurla e sostenendo gli emendamenti presentati dagli onorevoli Buzek, Rocard e Duff».

Per Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT), il testo approvato dalla commissione parlamentare da lui presieduta, rappresenta «un punto di equilibrio accettabile e adeguato alle scelte culturali e al dibattito che si è svolto finora» e, per tale motivo, ha affermato di difendere questa posizione.

Il deputato, ha quindi sostenuto di considerare «utile» una direttiva di armonizzazione in questa materia, avente l'obiettivo di eliminare le ambiguità e le incertezze derivanti dall'adozione di diverse prassi interpretative da parte degli Uffici brevetti degli Stati membri e di definire in modo preciso l'ambito di applicazione della protezione.

Tuttavia, ha aggiunto, occorre tenere presente che l'adozione della direttiva potrà essere uno stimolo al processo di innovazione tecnologica solo se verranno risolti due aspetti fondamentali.

In primo luogo, ha spiegato, va eliminata l'ambiguità sul concetto di contributo tecnico, «che vanificherebbe l'efficacia della direttiva come strumento di armonizzazione delle procedure sul rilascio dei brevetti», poi va adottata una disposizione precisa e incisiva sul tema dell'interoperabilità, «che impedisca lo sviluppo di soluzioni standardizzate nel campo dell'ICT».

L'obiettivo dell'armonizzazione, ha aggiunto, non può essere realizzato in contraddizione con i principi sui quali è basato il sistema brevettuale esistente, che negli anni «si è rivelato essere uno strumento adeguato e un incentivo efficace per il mondo dell'industria», sia per le piccole che per le grandi imprese.

Basti pensare, ha spiegato, alla sempre più frequente convergenza tra informatica e telecomunicazione, «che rende possibile l'offerta e l'utilizzo da parte delle imprese di pacchetti integrati software e di servizi attuati per mezzo di elaboratori elettronici».

Al fine di consentire uno sviluppo adeguato di questi nuovi pacchetti, sarà quindi necessario assicurare la possibilità di cumulare la protezione conferita dal diritto d'autore con quella brevettuale per le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, «senza che il software sia brevettabile».

In questo periodo difficile, ha proseguito, l'Europa deve affrontare la questione della competitività e il brevetto deve aiutare l'economia e i cittadini europei. Se la direttiva non fosse chiara, ha quindi ammonito, «andrebbe a vantaggio delle società non europee e noi verremmo meno alla nostra funzione e al nostro dovere nei confronti della strategia di Lisbona, del nuovo progetto sociale di cui tanto si parla e dello sviluppo».

Al Parlamento, ha concluso, spetta ora il compito di perfezionare il testo definendo i punti non chiari. Se ciò non avverrà, la Commissione sarà responsabile di una proposta non settoriale, «quasi impossibile da definire», invece che di una proposta globale complessiva relativa al brevetto nel suo complesso, «in grado di soddisfare le piccole e le grandi imprese».

Vittorio PRODI (ALDE/ADLE, IT), considerando che i brevetti «sono una componente importante del progresso tecnologico», ha sottolineato che «l'inventore possiede il monopolio temporaneo dello sfruttamento dell'invenzione, mentre la società beneficia dell'aumento della conoscenza derivante dalla piena manifestazione - full diclosure - del contenuto del brevetto e quindi della base per un ulteriore progresso».

Il deputato ritiene quindi opportuno analizzare come alcuni brevetti sono presentati, perchè ha l'impressione «di assistere ad una crescente tendenza alla genericità dei brevetti, proprio per mantenere i reclami (claims) quanto più ampi possibile», che «gli uffici legali abbiano preso il sopravvento e che il perdente in questo gioco sia la società nel suo insieme». Ciò vale, in particolare, per i software, in quanto tanti brevetti concessi «non sono altro che una descrizione vaga di un processo logico».

Al riguardo, il deputato ha sottolineato che la protezione del diritto d'autore - il copyright - è sufficiente e, appoggiando gli emendamenti del collega Rocard, ha precisato che a suo parere il periodo di protezione potrebbe essere abbreviato.

Tuttavia, se l'inventore mira a una protezione più forte, come quella brevettuale, «non potrà derogare da una manifestazione completa dell'invenzione e dovrà fare di questa la base vincolante per i reclami». Ciò anche per limitare la possibilità dell'incertezza giuridica.

Pertanto, secondo il deputato, il Parlamento deve esercitare «un ruolo più incisivo nel quadro del rafforzamento dell'Unione, anche mediante la definizione di una posizione comune nei riguardi dell'Ufficio brevetti europeo».

Concludendo, si è quindi detto favorevole a una riforma che semplifichi le procedure, «anche con l'adozione di una lingua unica, ovvero l'inglese, attraverso regole che permettano anche alle piccole e medie imprese di utilizzare questo strumento basilare».

Vittorio AGNOLETTO (GUE/NGL, IT) ha constatato che, al di là delle dichiarazioni ufficiali, nell'articolo 2, è stata inserita una modifica «per consentire che la tutela brevettuale comprenda anche il software contenuto in uno strumento tecnico». Questo, a suo dire, «rappresenta la porta d'accesso alla brevettabilità del software».

Ciò, ha aggiunto, è come se venisse brevettata la scala pentatonica, «per cui, improvvisamente, buona parte della musica blues violerebbe tale brevetto e tutti gli autori dovrebbero pagare royalties a chi lo avesse registrato».

In proposito, ha sottolineato che sono già stati richiesti brevetti per idee non nuove, quali il clic del mouse per svolgere un'azione oppure l'operatore di diseguaglianza nel codice sorgente, e per altre «idee banali che oggi vengono utilizzate praticamente in tutti i software in circolazione».

Il deputato considera in seguito le «enormi conseguenze, soprattutto di carattere economico» che avrebbero luogo qualora l'interoperabilità dovesse essere bloccata da brevetti su programmi ed «il consumatore fosse spinto ad acquistare e ad utilizzare sempre e solo prodotti della stessa azienda».

A suo parere, invece, «nessuna azienda deve poter costruire un monopolio tramite software brevettati», in quanto una piccola impresa dovrebbe sostenere «spese enormi», sia per non commettere alcuna violazione di brevetto, sia per difendere in tribunale le proprie realizzazioni. La concorrenza, infatti, «non sarebbe quindi più solo una questione di mercato, ma diventerebbe anche una questione legale».

Il deputato ha poi sottolineato come tanti istituti di ricerca universitari e ospedalieri, grazie all'assenza di questa direttiva, possano oggi condurre ricerche risparmiando sul software perché usano programmi ideati da loro stessi, e quindi gratuiti, o software alternativi con costi molto inferiori a Microsoft.

Senza i brevetti sul software, ha quindi concluso, «l'Europa potrebbe mantenere bassi i costi, stimolare l'innovazione, migliorare la sicurezza e creare posti di lavoro».

Marco PANNELLA (ALDE/ADLE, IT) ha ricordato che, sin dalla scorsa legislatura, «in qualità di deputati radicali», lui e i suoi colleghi, in particolare Marco Cappato, si erano impegnati su questo tema e, pertanto, ha affermato di avere «ben chiara la posizione del Parlamento che non è stata accettata».

Oggi, ha proseguito, si discute nuovamente in una situazione in cui, «dall'estrema destra e dall'estrema sinistra» del Parlamento, vi sono interventi - da lui apprezzati in quanto «liberale» - in difesa del mercato.

Un mercato che, a suo parere, è «minacciato e inquinato dalla giungla dell'esercito burocratico che, al seguito dei grandi gruppi monopolistici e oligopolistici, si vede pronto ad impedire, con il linguaggio del potere burocratico giuridico, l'esercizio della libertà di invenzione e della libertà di mercato».

Se saranno votati gli emendamenti dell'onorevole Rocard, ha aggiunto spiegando che si tratta degli stessi da lui presentati insieme ad altri cinquanta colleghi, tra cui Emma Bonino, «avremo una strategia e una possibilità vincente».

In caso contrario, ha invece ammonito, la procedura di conciliazione «non dovrà più fare i conti solo con il mancato voto favorevole alla direttiva della Spagna, dell'Austria, del Belgio e dell'Italia, come nel maggio 2004».

Il deputato ha quindi concluso dicendosi sicuro che si riuscirà «a far cambiare nella direzione liberale e del diritto le posizioni della Commissione e del Consiglio».

Per Patrizia TOIA (ALDE/ADLE, IT), le piccole e medie imprese ed i giovani, in questo momento, chiedono alle Istituzioni europee «di avere la capacità di disegnare una strategia più aperta e più flessibile su un tema così importante per lo sviluppo non solo dell'economia, ma anche della società».

Si tratta, ha aggiunto, «di due mondi importanti per l'Europa e per il suo futuro». Sulle piccole e medie imprese, la deputata ha detto di condividere quanto già affermato da alcuni colleghi, in merito alla richiesta di maggiore flessibilità per evitare un irrigidimento della direttiva sulla brevettabilità, «che potrebbe costituire un ostacolo» per la loro attività, «diventando un'arma anticompetitiva per il loro sviluppo».

Poi, ponendo l'accento sulle aspettative dei giovani, ha sottolineato come raramente si sia vista una tale mobilitazione da parte loro sui lavori del Parlamento.

 Si tratta, ha spiegato, di giovani, di movimenti, di associazioni, «che usano i software non solo per comunicare e per imparare, ma anche come attività, come lavoro indipendente, per mille usi a metà tra il volontariato e le nuove professioni gestite in maniera indipendente, e che sono tanto importanti anche per lo sviluppo di una società con un'organizzazione economica più aperta e più legata alla capacità dei giovani di organizzarsi».

Oggi, ha quindi affermato, «abbiamo l'occasione - e spero che il Parlamento non la sprechi - di essere davvero vicino a queste istanze dei giovani che ci hanno cercato, che hanno parlato in modo impressionante per la quantità dei movimenti che si sono espressi», e il Parlamento non deve deluderli.

Per questo motivo, la deputata ha detto di sostenere gli emendamenti presentati da Rocard, Duff e da altri colleghi, «al fine di dare maggiore certezza e chiarezza alla posizione comune dell'Europa».

Infatti, ha spiegato, occorre garantire la coerenza su due punti. In primo luogo, nel sostenere che il software non è brevettabile, «bisognerà fare attenzione a non estendere il campo d'applicazione, poiché in questo modo rischieremmo di cadere in contraddizione».

In secondo luogo, è importante garantire la tutela del brevetto «senza che questa costituisca però, una limitazione, una concentrazione di controllo nelle mani di pochi, in quanto questo ostacolerebbe sviluppo e l'innovazione dell'Europa».

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BILANCIO

Bilancio 2006 a un livello realistico
 

Gianni PITTELLA (PSE, IT)

Relazione sul mandato per la procedura di conciliazione sul bilancio 2006 per la prima lettura del Consiglio

Doc.: A6-0223/2005

Procedura: Iniziativa

Relazione senza discussione ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento

Votazione: 6.7.2005

Il Parlamento ha adottato la relazione di Gianni PITTELLA (PSE, IT) sul «mandato per la procedura di conciliazione sul bilancio 2006 per la prima lettura del Consiglio dell'Unione» con la quale sottolinea che «un livello realistico di pagamenti è essenziale per il bilancio 2006».

Il Parlamento dichiara il suo pieno impegno a raggiungere gli obiettivi fondamentali per il 2006, come stabiliti nella sua risoluzione sulla strategia politica annuale. Al contempo, sottolinea la sfida di concludere con successo gli impegni sottoscritti nelle prospettive finanziarie attuali e alla conciliazione del novembre 2004.

Pertanto, reputa «molto modesta» la proposta della Commissione. Essa, infatti, rappresentando l'1,02% del prodotto nazionale lordo (PNB), ossia 1,19 miliardi di euro, «è molto inferiore al tetto di 1,08% delle attuali prospettive finanziarie» e deve essere confrontata «con i bisogni reali e la capacità di esecuzione».

Agricoltura

Nel dichiarare poi l'intenzione di rendere possibile il trasferimento di fondi dalla sottovoce 1a alla sottovoce 1b è necessario prima che questi importi possano essere inclusi nel progetto di bilancio del Consiglio, i deputati pensano di attenervi attraverso una revisione formale dei massimali parziali.

Inoltre, gli importi del progetto preliminare di bilancio, sia per le spese di intervento sui mercati agricoli e gli aiuti diretti, che per le spese connesse allo sviluppo rurale, per i deputati «costituiscono dei minimi assoluti». A loro parere, inoltre, ogni decremento «rischierebbe di danneggiare seriamente il settore» e troverebbe tanto minore giustificazione in quanto esiste già un margine abbondante nei termini delle prospettive finanziarie come modificate nel dicembre 2004.

Azioni strutturali

Gli stanziamenti di pagamento per le azioni strutturali, per i deputati, devono fondarsi su bisogni reali e ritengono che la valutazione globale dell'esecuzione degli stanziamenti di pagamento che la Commissione deve effettuare prima della fine di luglio, «possa fornire l'opportunità di rivalutare i bisogni di pagamento e garantire che i bisogni reali siano interamente iscritti a bilancio per il 2006».

In merito alla nuova sfida rappresentata dalle ultime adesioni, i deputati sottolineano la necessità che la politica di coesione «si concentri maggiormente sulle regioni» al fine di evitare «possibili futuri conflitti fra i nuovi Stati membri che beneficiano di tale politica e le regioni meno sviluppate dell'UE a 15».

Strategia di Lisbona e giovani

Per il Parlamento, il progetto preliminare di bilancio della Commissione non riflette sufficientemente le ambizioni politiche concordate, specialmente per quanto riguarda la strategia di Lisbona, «in particolare l'importanza di rafforzare la posizione delle piccole e medie imprese». Pertanto, i deputati invitano il Consiglio ad intraprendere con il Parlamento un dialogo «serio e costruttivo» sui modi per rispettare tali impegni politici.

Il capitale umano «costituisce il bene più grande dell'Europa» e - specialmente in seguito ai referendum recenti - il Parlamento ritiene «più importante che mai stabilire un contatto con i giovani».

In questo senso, approva pienamente il Patto per i giovani sottoscritto dal Consiglio europeo e desidera impegnarsi con il Consiglio per un incremento delle voci codecisione per i programmi Socrates e Youth.

Azioni esterne

Nell'evidenziare i programmi di accresciuta assistenza esterna non previsti al momento dell'adozione delle attuali prospettive finanziarie, come l'Afganistan, l'Iraq e la ricostruzione delle regioni colpite dallo tsunami, il Parlamento esprime preoccupazione sul bisogno di finanziare nuovi partenariati strategici.  Il Consiglio dovrà quindi impegnarsi a trovare un accordo sulle nuove priorità senza compromettere le politiche tradizionali.

Sottolineando poi l'importanza della politica europea di vicinato, i deputati esprimono delusione in particolare per il ridimensionamento dell'iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani, considerato da essi «l'unico programma esterno che può trovare esecuzione senza il consenso del paese interessato».

Il Parlamento, poi, pone l'accento sul bisogno di un maggiore ruolo internazionale dell'Unione nel campo della politica estera e di sicurezza comune e della prospettiva di sviluppo del territorio europeo.

Ricordando, inoltre, che le Istituzioni europee hanno sottoscritto l'impegno di sostenere gli obiettivi di sviluppo del Millennio (MDG) delle Nazioni Unite e si apprestano a sostenerli nel bilancio 2006, i deputati si rammaricano del fatto che manchi, nei massimali attuali, «lo spazio per mandare avanti efficacemente tali obiettivi o fornire misure di sostegno collegate alla riforma dello zucchero».

Personale e amministrazione

I deputati evidenziano il bisogno di usare le risorse finanziarie ed umane in maniera efficiente e razionale e di identificare tutti i possibili risparmi al fine di garantire "value for money" e rigore finanziario. Inoltre, insistono nella richiesta che il Consiglio applichi gli stessi principi di rigore anche alle agenzie decentrate e al proprio bilancio.

Prossime scadenze

Il Consiglio dovrebbe adottare la sua posizione sulla proposta di bilancio, in prima lettura, verso metà luglio, mentre il Parlamento dovrebbe pronunciarsi nel corso del mese di ottobre. Le seconde letture sono previste per i mesi di novembre e dicembre.

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POLITICA REGIONALE

Nuova politica di coesione

A seguito di un ampio dibattito tenutosi in Plenaria, il Parlamento ha adottato una serie di relazioni sulla nuova generazione di Fondi strutturali che, più in particolare, riguardano le priorità della nuova politica di coesione e i principi generali ad essa applicabili, il quadro normativo del Fondo regionale, dello strumento di coesione e del fondo a favore della pesca, nonché la nuova politica di cooperazione transfrontaliera.

Principi generali e priorità della politica di coesione

Konstantinos HATZIDAKIS (PPE/DE, EL)

Relazione interlocutoria sulla proposta di regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione

Doc.: A6-0177/2005

Procedura: Parere conforme

Con 574 voti favorevoli, 45 contrari e 44 astensioni, l'Aula ha adottato la relazione di Konstantinos HATZIDAKIS (PPE/DE, GR) sulla proposta di regolamento recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione.

I punti chiave di questa relazione riguardano: il finanziamento della politica di coesione che deve giungere allo 0,41% del PIL comunitario, l'opposizione a qualsiasi modifica importante della struttura generale della proposta della Commissione (in particolare a qualsiasi tentativo di rinazionalizzare parzialmente o totalmente la politica regionale dell'Unione), proteggere la politica di coesione nei negoziati sulle prospettive finanziarie, opposizione a ogni tentativo di operare tagli drastici alle spese comunitarie.

Per quanto riguarda il finanziamento, i deputati hanno adottato un emendamento che chiede «una soluzione politica» che preveda speciali meccanismi di compensazione a favore delle regioni o degli Stati membri confrontati a perdite finanziarie sostanziali dovute alle disparità provocate dall'esecuzione della proposta della Commissione riguardante l'assegnazione delle risorse finanziarie.

D'altra parte, il Parlamento deplora il mancato raggiungimento di un accordo sulle prospettive finanziarie in seno al Consiglio ed «esprime la propria preoccupazione per le possibili ripercussioni negative sulla politica di coesione». L'incertezza riguardo al finanziamento delle politiche strutturali, a parere dei deputati, può «ulteriormente minare la fiducia dei cittadini nel progetto europeo».

Di conseguenza, insistono affinché il Consiglio prenda «quanto prima» una decisione e, in ogni caso, prima della fine del 2005, anche per dare un periodo di tempo adeguato alle regioni e agli Stati membri per la preparazione dei nuovi programmi operativi.

Criteri di ammissibilità

In merito ai criteri di ammissibilità, i deputati respingono qualsiasi tentativo di introdurre fra le spese cofinanziabili dai Fondi quelle non collegate a investimenti, come quelle per gli alloggi.

Tuttavia, ritengono che dovrebbero essere ammissibili quelle relative alla ristrutturazione di alloggi sociali ai fini del risparmio energetico e della protezione dell'ambiente.

I deputati prendono poi una chiara posizione a favore della proposta della Commissione volta a infliggere sanzioni alle imprese che, dopo aver ricevuto l'aiuto comunitario, decidono di delocalizzare l'attività. Occorre quindi istituire dei sistemi di monitoraggio per quantificare i costi economici e sociali di ogni delocalizzazione, affinché possano essere definite penalità appropriate. Al contempo, chiedono che siano adottate tutte le misure giuridiche necessarie volte a garantire che le aziende destinatarie dei finanziamenti comunitari non delocalizzino per un periodo «lungo e predeterminato».

La relazione, inoltre, respinge qualsiasi riduzione dei massimali per gli aiuti di Stato alle regioni interessate dall'obiettivo "convergenza", comprese quelle soggette «ad effetto statistico» (essendosi ridotto il PIL medio dell'Unione a seguito delle ultime adesioni, alcune regioni vengono a trovarsi al di sopra della soglia di ammissibilità dell'obiettivo 1). Per le regioni interessate dall'effetto statistico, inoltre, i deputati chiedono che dispongano di un livello di finanziamento pari all'85% delle risorse destinate alle regioni di piena convergenza all'inizio del periodo di finanziamento. Tale quota, dovrà poi scendere al 60% entro il 2013.

Trasparenza e lotta alla corruzione

In merito alla trasparenza e alla lotta contro la corruzione, i deputati notano che, per quanto riguarda i Fondi strutturali, la Commissione e gli Stati membri assumono  una responsabilità condivisa. Essi invitano questi ultimi a presentare annualmente una dichiarazione di affidabilità che attesti che «il denaro del contribuente europeo è stato speso in modo, regolare, legale e trasparente».

Queste dichiarazioni, inoltre, dovrebbero essere firmate dal Ministro delle finanze di ciascuno Stato membro. La Commissione, poi, dovrebbe definire con chiarezza che cosa intende per «irregolarità» ai fini della rendicontazione degli Stati membri.

I poteri del Parlamento

Il solo potere del Parlamento è quello del parere conforme, ossia quello di accettare o respingere, senza modifiche, la proposta della Commissione. Tuttavia, il relatore è ricorso all'articolo 75 del regolamento del Parlamento che ha consentito la redazione di una relazione interlocutoria che espone le priorità, prima che l'Aula decida di conferire o meno il parere conforme.

Fondo per lo sviluppo regionale

Giovanni (Claudio) FAVA (PSE, IT)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale

Doc.: A6-0184/2005

Procedura: Codecisione, prima lettura

Sulla proposta di regolamento relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale il Parlamento codecide assieme al Consiglio. La relazione di Claudio FAVA (PSE, IT), adottata dalla Plenaria con 605 voti favorevoli, 37 contrari e 13 astensioni, prevede di non ammettere al finanziamento del Fondo i costi relativi all'IVA. Le spese per gli alloggi sociali sono invece ritenute ammissibile qualora siano legate alla ristrutturazione degli stessi con lo scopo di realizzare dei risparmi energetici e proteggere l'ambiente. La Commissione, al contrario, escludeva l'ammissibilità di ambedue i tipi di spesa.

Il Parlamento, inoltre, amplia il campo d'applicazione del regolamento alle zone urbane e rurali, a quelle dipendenti dalla pesca, alle regioni periferiche o insulari e frontaliere, alle zone di montagna e che soffrono di gravi svantaggi naturali o demografici.

D'altra parte, i deputati propongono di stanziare dei fondi destinati a promuovere l'accesso e il ricorso efficace alle tecnologie dell'informazione e di comunicazione per le piccole e medie imprese attraverso, ad esempio, la creazione di infrastrutture nelle regioni periferiche. L'accento è anche posto sulle attività di ricerca e sviluppo e sull'accesso ai suoi risultati da parte delle PMI, nonché sulle azioni volte alla salvaguardia dell'ambiente.

Fondo sociale europeo

José Albino SILVA PENEDA (PPE/DE, PT)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo

Doc.: A6-0216/2005

Procedura: Codecisione, prima lettura

Il Parlamento appoggia la proposta della Commissione riguardo al regolamento del Fondo Sociale Europeo (FSE) dal 2007 al 2013. I deputati, tuttavia, vorrebbero vedere rafforzati alcuni aspetti, quali l'inclusione sociale, la non-discriminazione e la parità di genere.

Auspicano, inoltre, la promozione della cooperazione transnazionale e di azioni innovative. Il FSE dovrebbe sostenere alcune misure d'informazione e di sensibilizzazione del pubblico con l'obiettivo di combattere le discriminazioni. Gli Stati Membri, da parte loro, dovrebbero informare i cittadini sulle attività che potrebbero essere finanziate.

La proposta di regolamento sul FSE per il periodo 2007-2013 fornisce un quadro dettagliato degli interventi in tutta l'Unione europea. Stabilisce, inoltre, alcuni provvedimenti specifici riguardo il tipo di attività che potrebbero essere finanziate dal Fondo.

La proposta della Commissione prevede che vengano intraprese azioni differenti a seconda che si tratti di obiettivi legati alla "Convergenza" o alla "Competitività regionale e all'occupazione".

Nell'ambito dell'obiettivo di convergenza andrebbero attribuiti maggiori fondi e promosse ulteriori azioni per migliorare gli investimenti in capitale umano, nonché per lo sviluppo della capacità istituzionali e l'efficienza delle amministrazioni pubbliche.

Per entrambi gli obiettivi, comunque, il FSE fornirà il sostegno necessario, anche in vista di poter anticipare e gestire cambiamenti economici e sociali. Per i deputati, infine, le azioni previste nell'ambito di questi obiettivi andrebbero estese a tutti i paesi del Fondo di coesione.

Verso una nuova politica di cooperazione transfrontaliera

Jan Marian OLBRYCHT (PPE/DE, PL)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT)

Doc.: A6-0206/2005

Procedura: Codecisione, prima lettura

Con 622 voti favorevoli, 31 contrari e 15 astensioni, il Parlamento ha adottato la relazione di Jan OLBRYCHT (PPE/DE, PL) con la quale sostiene un nuovo metodo per promuovere la coesione territoriale. Il nuovo strumento finanziario proposto permette l'istituzione di gruppi transfrontalieri che potranno beneficiare di finanziamenti europei allo scopo di trovare soluzioni ai problemi amministrativi, giuridici o legati alle diverse tradizioni in uso nella gestione dei programmi e dei progetti transfrontalieri.

Un Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) può essere costituito da un gruppo cooperativo. Può essere anche composto da Stati membri e/o da organismi pubblici locali e/o da altri organismi operanti su base no profit, ai quali partecipano enti regionali/locali e Stati membri. I membri, è precisato, costituiscono il GECT come entità giuridica separata ed esso può affidare le proprie funzioni a uno di loro.

 Aiuti ai pescatori

David CASA (PPE/DE, MT)

Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio: Fondo europeo per la pesca

Doc.: A6-0217/2005

Procedura: Consultazione legislativa

Dibattito: 5.7.2005

Votazione: 6.7.2005

Il Parlamento chiede all'Esecutivo di modificare le sue proposte di riforma del sistema d'aiuto finanziario ai pescatori. Pur approvando i principi alla base di questa riforma, ossia la conservazione delle risorse, i deputati ritengono infatti che si debba anche tener conto del suo impatto socioeconomico.

E' questa la sostanza della relazione di David CASA (PPE/DE, MT) adottata dalla Plenaria con 524 voti favorevoli, 89 contrari e 50 astensioni.

La proposta prevede la sostituzione dell'attuale strumento finanziario con un Fondo europeo per la pesca (FEP), dotato di 4,963 miliardi di euro per i 25 Stati membri, Bulgaria e Romania, per il periodo 2007-2013. Il FEP riguarderebbe i seguenti campi principali: l'adeguamento della flotta, l'acquacoltura, la trasformazione e la vendita, le misure d'interesse comune, lo sviluppo durevole delle zone costiere e l'assistenza tecnica.

I numerosi emendamenti adottati dai deputati sono l'oggetto di un pacchetto di compromesso predisposto dal relatore su alcune tematiche sensibili: il ritiro definitivo dei pescherecci, il finanziamento degli equipaggiamenti e gli investimenti nell'acquacoltura.

Più in particolare, per i deputati, le sovvenzioni pubbliche dovrebbero essere utilizzate per la demolizione dei pescherecci, come propone la Commissione, ma anche per la riconversione verso attività diverse dalla pesca, per la creazione di iniziative comuni oppure per l'esportazione a condizione che i pescherecci non siano più utilizzati nella pesca.

Il Fondo, inoltre, dovrebbe contribuire al finanziamento di premi globali  per gli equipaggi di navi interessate dal ritiro definitivo dall'attività.

Riguardo agli equipaggiamenti, i deputati ritengono che l'accento debba essere posto sui pescherecci più piccoli e vecchi. I fondi dovrebbero sostenere il rinnovamento della flotta «per quanto riguarda la sostituzione delle imbarcazioni di lunghezza complessiva inferiore a dodici metri» e per la sostituzione dei pescherecci di oltre 20 anni che non «hanno i necessari requisiti di sicurezza».

Sull'acquacoltura, la commissione propone che il FEP finanzi gli investimenti relativi a tutta la catena di produzione: costruzione di nuovi impianti, nonché espansione e ammodernamento di quelli esistenti o delle imbarcazioni per la pesca di mitili esistenti. Lo scopo sarebbe di aumentare la produzione di specie con buone prospettive di mercato e di migliorare le condizioni di igiene, nonché quelle di vita e di lavoro dei lavoratori. I contributi del Fondo, tuttavia, non devono generare capacità eccessive di produzione. 

Riguardo allo sviluppo delle zone costiere, i deputati hanno respinto la proposta della Commissione che limita l'intervento del Fondo ai comuni con più di 100.000 abitanti.

Per aiutare i giovani pescatori, si suggerisce il versamento di premi individuali alle persone di età inferiore ai 35 anni che hanno lavorato almeno 5 anni e che intendono diventare proprietarie di un peschereccio.

Fondo di coesione

Alfonso ANDRIA (ALDE/ADLE, IT)

Relazione interlocutoria sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce il Fondo di coesione

Doc.: A6-0178/2005

Procedura: Parere conforme

A seguito dell'allargamento, il Fondo di coesione si applica ai dieci nuovi Stati membri e, fino alla fine del 2006, a Grecia, Portogallo e Spagna.

Adottando la relazione di Alfonso ANDRIA (ALDE/ADLE, IT) - con 580 favorevoli, 45 contrari e 47 astensioni - i deputati sostengono l'aumento dei finanziamenti a circa 63 miliardi e chiedono una ripartizione più equilibrata tra i settori ammissibili dell'ambiente e delle infrastrutture di trasporto, unitamente a una maggiore flessibilità d'intervento. Il Parlamento, d'altra parte, pur non prevedendo l'introduzione di un meccanismo transitorio a favore delle regioni che subiscono l'effetto statistico, chiede che sia trovata una soluzione politica a tale questione.

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SVILUPPO E COOPERAZIONE

Un drappo bianco contro la povertà nel mondo

Il Presidente, aprendo la sessione, ha voluto spiegare ai colleghi che il drappo bianco che avvolge l'Emiciclo rappresenta il simbolo dell'appello per la lotta contro la povertà nel mondo, che il Parlamento sostiene.

La lotta alla povertà, ha infatti precisato Borrell, rappresenta l'obiettivo prioritario della politica di sviluppo dell'Unione europea. L'Europa, ha quindi aggiunto, ha stanziato per quest'anno 46 miliardi di euro a favore dello sviluppo e deve quindi essere orgogliosa di essere il primo donatore mondiale.

Tuttavia, ha sottolineato, questo importo corrisponde al prezzo pagato da ogni cittadino europeo in un anno per una tazzina di caffé a settimana. L'Unione, d'altra parte, si è impegnata a portare a 66 miliardi di euro l'aiuto allo sviluppo, nel 2010.

Il Presidente ha quindi invitato i deputati a firmare un secondo drappo posto al di fuori dell'Emiciclo, che sarà poi portato alla riunione del G8, per dimostrare la volontà del Parlamento di lottare contro la povertà nel mondo. Borrell ha poi precisato che i deputati godono di maggiori poteri rispetto ai comuni cittadini in quanto adottano il bilancio e definiscono politiche.

A tale proposito, ha esortato i colleghi a ricordarsi, al momento di apporre la loro firma, che dovranno votare il bilancio dell'Unione, «con o senza le Prospettive finanziarie».

Maggiore impegno nella lotta alla povertà
 

Risoluzione comune sulla povertà

Doc.: B6-0398/2005

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 6.7.2005

Votazione: 6.7.2005

A seguito delle interrogazioni orali presentate da Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT) e del successivo dibattito tenutosi in Aula in vista di tre importanti vertici internazionali a livello G8, ONU e OMC, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune sulla povertà con la quale chiede maggiore impegno per l'alleggerimento del debito, sostiene la necessità di aumentare i fondi per l'aiuto allo sviluppo e di fare migliore uso di quelli esistenti, nonché di garantire l'accesso ai mercati ricchi dei prodotti dei PVS nel quadro dei negoziati commerciali.

La Plenaria, innanzitutto, si compiace con la Presidenza britannica per l'impegno preso per privilegiare lo sviluppo e la lotta contro la povertà, con un'attenzione particolare per l'Africa subsahariana che «non ha ancora raggiunto, né è avviata a raggiungere entro la scadenza del 2015, nemmeno uno degli otto OSM» (Obiettivi di sviluppo del Millennio) e invita il Regno Unito, ad avvalersi della Presidenza del G8 per mettere la povertà al centro dell'agenda internazionale ed europea.

 

L'Aula, in particolare, «plaude alle proposte del G8 relative alla cancellazione dei debiti dei paesi poveri fortemente indebitati», ricordando, tuttavia che questa cancellazione «esclude vari paesi a basso reddito comunque indebitati».

 

A tale proposito, i deputati esortano gli Stati membri «ad assicurare che l'alleggerimento del debito sia complementare agli impegni in materia di aiuti» e che «i fondi così guadagnati dai governi interessati vengano destinati all'assistenza ai gruppi più poveri delle loro comunità».

 

Chiedono, quindi, al Regno Unito di insistere su questo aspetto al prossimo vertice del G8 con gli Stati Uniti, «che hanno assunto impegni in materia di alleggerimento del debito a scapito di impegni più generosi in materia di aiuti».

 

Il Parlamento ritiene che «un'effettiva lotta contro la povertà richieda la definizione di una politica di sviluppo globale e sostenibile» e che «debba basarsi sul riconoscimento del diritto di un paese o di una regione a definire democraticamente le proprie politiche, priorità e strategie per tutelare i mezzi di sussistenza e i diritti sociali, economici e culturali della popolazioni». A tale scopo il ruolo delle le organizzazioni della società civile risulta «fondamentale» per «generare una pressione della base affinché i leader tengano fede ai loro impegni».

 

I deputati sottolineano in seguito la necessità di aumentare gli investimenti nei Paesi in via di sviluppo. Al contempo, però, chiedono che l'Unione europea stabilisca un controllo sulle multinazionali per quanto riguarda i finanziamenti «dei conflitti armati, lo sfruttamento delle materie prime, e il rispetto dei diritti delle comunità locali», nonché il commercio delle armi.

 

Il Parlamento si compiace che il Consiglio abbia ribadito l'impegno a destinare almeno lo 0,7% del PIL agli aiuti entro il 2015 e lo 0,56% entro il 2010 e che i nuovi Stati membri abbiano affermato di voler «conseguire un rapporto APS/RNL dello 0,17% entro il 2010 e dello 0,33% entro il 2015».

Inoltre invita la Commissione e gli Stati membri a destinare almeno il 20% degli aiuti allo sviluppo alla salute e all'istruzione nonché ad impegnarsi maggiormente per  «aumentare il sostegno ai programmi di vaccinazione e ai programmi di lotta contro malattie quali l’AIDS, la tubercolosi e la malaria».

 

I deputati chiedono poi «che si faccia un uso migliore degli aiuti esistenti, in particolare riordinando le priorità per concentrare l’azione sugli OSM e migliorando il controllo sui fondi pubblici erogati dall’Unione europea». E' necessario, inoltre, «che le strategie comunitarie di coordinamento e complementarità includano anche il settore privato e i rappresentanti della società civile».

 

Pertanto accolgono con favore la proposta della Commissione «di presentare una relazione periodica sullo stato dell'Unione riguardo all'efficacia degli aiuti, in collaborazione con gli Stati membri» ed invitano questi stessi «a rendere note le attività delle loro agenzie di credito all'esportazione, ai fini di una verifica trasparente e democratica».

 

Nel quadro dei negoziati commerciali - programma di Doha per lo sviluppo - i paesi industrializzati sono esortati a «non lesinare gli sforzi per conseguire un risultato favorevole allo sviluppo», garantendo un migliore accesso al mercato sia per i prodotti agricoli e industriali che per i servizi, «fissando un calendario per l'abolizione degli aiuti alle esportazioni agricole che producono distorsioni dei flussi commerciali e garantendo un vero trattamento speciale e differenziato ai paesi in via di sviluppo».

 

La Plenaria si compiace dell'impegno assunto dalla Commissione di concedere «maggiore assistenza tecnica e finanziaria ai produttori del commercio equo» e di rafforzare la coerenza tra le varie politiche, soprattutto per migliorare l'efficacia e la qualità degli aiuti in settori quali il commercio, l'ambiente, l'agricoltura e l'immigrazione.

Il Parlamento ha, inoltre, deciso di sostenere la campagna "Appello globale all'azione contro la povertà", lanciata dal Presidente brasiliano Lula da Silva, i cui obiettivi sono di promuovere il commercio equo, la cancellazione del debito e l'aumento della qualità e della quantità degli aiuti.

Simbolo di questa iniziativa è un nastro bianco senza alcun tipo di logo. Durante la sessione plenaria, per dimostrare il sostegno a tale iniziativa, ne è stato posto uno intorno all'Emiciclo, mentre un secondo circondava i coni adiacenti l'Aula ed è stato firmato dai deputati che hanno così mostrato la loro adesione alla causa. Anche Jack Straw, Louis Michel, Luisa Morgantini e il Presidente BORRELL prima di recarsi alla conferenza stampa lo hanno firmato ed il Ministro britannico lo porterà alla riunione del G8.

Background

La campagna "Appello globale all'azione contro la povertà" è stata lanciata dal Presidente del Brasile Lula da Silva all'apertura del Forum mondiale sociale nel gennaio 2005. Nelson Mandela ha lanciato la stessa campagna in Gran Bretagna nel febbraio 2005. Da quel momento, più di seicento ONG di tutto il mondo hanno aderito alla campagna e stanno cercando di ottenere l'appoggio di governi e personalità pubbliche. Gli obiettivi possono essere riassunti in 3 punti: incremento della quantità e qualità degli aiuti, cancellazione del debito, commercio equo e solidale.

La campagna è stata lanciata in un anno cruciale per la lotta contro la povertà nel mondo: il vertice annuale del G8 a luglio (Scozia), che vede l'Africa tra i temi prioritari all'ordine del giorno; la Sessione plenaria ad alto livello dell'ONU a settembre (New York), che prevede una grande verifica della realizzazione della Dichiarazione del millennio ONU e i progressi verso gli OSM; la Conferenza ministeriale dell'OMC nel dicembre 2005, un passo potenzialmente decisivo per rimettere in moto la tornata negoziale per lo sviluppo.

Questi tre grandi vertici internazionali dimostrano l'importanza del 2005 per la lotta contro la povertà.

L'Europa a 15 si è impegnata a dedicare lo 0,51% del RNL agli aiuti allo sviluppo entro il 2010 e lo 0,7% entro il 2015. Gli Stati dell'allargamento, peraltro, hanno accettato di dedicare lo 0,17% del proprio RNIL nel 2010 e lo 0,33% nel 2010 agli aiuti pubblici allo sviluppo.

Link utili

Comunicazioni della Commissione "pacchetto OSM":

- Il contributo dell'Unione europea
- Accelerare il ritmo degli aiuti (francese e inglese)
- Coerenza per le politiche di sviluppo
Obiettivi del Millennio (inglese)
Campagna "Appello globale contro la povertà"
Sito G8
Sito del Live 8

Nuove misure contro lo sfruttamento minorile
 

Manolis MAVROMMATIS (PPE/DE, EL)

Relazione sullo sfruttamento dei bambini nei paesi in via di sviluppo, con particolare enfasi sul lavoro infantile

Doc.: A6-0185/2005

Procedura: Iniziativa

Votazione: 4.7.2005

Eliminazione della povertà, maggiore impegno nella lotta contro il lavoro e le peggiori forme di sfruttamento infantile, nonché miglioramento dell'accesso all'istruzione.

E' quanto suggerisce la relazione di Manolis MAVROMMATIS (PPE/DE, EL) sullo sfruttamento dei bambini nei paesi in via di sviluppo, adottata oggi dalla Plenaria con 618 voti a favore, 10 contrari e 4 astensioni.

 Bando del lavoro infantile

Partendo dal presupposto che nel mondo lavorano 352 milioni di bambini e che, secondo l'Unicef, per lavoro infantile «si intende qualsiasi forma di lavoro svolto da bambini di età inferiore ai diciotto anni che è pericoloso o interferisce con l'educazione» o che può essere dannoso per la loro salute o il loro «sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale», l'Aula «invita tutti gli Stati a procedere quanto prima alla ratifica e all'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia».

Per questo i deputati esortano gli Stati membri dell'Unione europea che ancora non l'hanno fatto a ratificare le convenzioni 138 e 182 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) «in quanto qualsiasi altro atteggiamento sarebbe contrario alla Carta dei diritti fondamentali».

Alla Commissione, invece, è raccomandato di rendere l'attuazione delle norme fondamentali sul lavoro «una costante componente della concertazione bilaterale a tutti i livelli sia con i paesi dove si registrano violazioni sia con i paesi che vi sono coinvolti tramite investimenti e scambi commerciali». In ogni accordo commerciale bilaterale o partenariato strategico, quindi, andrebbe introdotta una clausola sull'attuazione delle norme fondamentali sul lavoro, «tra cui la messa al bando del lavoro infantile, con particolare riferimento all'età minima di accesso al lavoro».

I deputati, in seguito, si dicono soddisfatti per «la finalizzazione del partenariato strategico per la cooperazione e lo sviluppo con l'OIL», la cui priorità è l'eliminazione del lavoro infantile, in particolare per le età più basse e, pertanto, la Commissione è esortata ad attuarla il più presto possibile e a riferire al Parlamento su base regolare.

Essi, inoltre, chiedono di appoggiare «i programmi volti a lottare contro le forme meno diffuse di lavoro infantile» come, per esempio, le attività domestiche e la vendita di bambini per saldare i debiti familiari.

E' poi auspicata l'introduzione di un regime comunitario volto ad etichettare i prodotti con la dicitura «senza ricorso al lavoro minorile», conforme alle norme commerciali internazionali dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. E' anche auspicata l'elaborazione di una comunicazione annuale sui diritti del bambino che offra «un quadro coerente per la protezione dei diritti dei bambini e l'eliminazione del lavoro infantile».

Il Parlamento raccomanda, inoltre, all'Esecutivo di indagare e identificare le società che utilizzano manodopera infantile e che tale elenco venga messo a disposizione degli importatori dell'Unione europea.

Stati membri e governi locali, poi, sono invitati a «sensibilizzare i consumatori sulla responsabilità sociale delle imprese» e a «cooperare con le organizzazioni internazionali per monitorare i settori dell'industria e dell'agricoltura».

Affinché si possa trovare «un efficace strumento globale contro il lavoro infantile e altri eventuali abusi dei diritti dell'uomo da parte delle imprese», i deputati sollecitano la Commissione e gli Stati membri «a fornire un contributo allo sviluppo delle norme ONU sulle responsabilità delle imprese transnazionali e delle altre imprese per quanto riguarda i diritti dell'uomo».

L'attenzione è poi rivolta alle linee direttrici dell'OCSE per le imprese multinazionali e il Patto mondiale (Global Compact) dell'ONU, che dovrebbero essere sostenute dal Consiglio e la cui portata dovrebbe essere estesa dagli investimenti agli scambi commerciali. Questo ultimo è poi invitato «fare il nome pubblicamente delle imprese e delle società multinazionali attive nella produzione di noti prodotti mediante lo sfruttamento del lavoro infantile».

La Commissione, in seguito, è sollecitata a far valere il suo ruolo di «principale donatore di assistenza ufficiale allo sviluppo tra le istituzioni internazionali quali l'UNESCO, l'UNICEF, la Banca mondiale e il FMI, per esortare questi donatori multilaterali ad esercitare pressioni» affinché vengano delineate politiche volte alla tutela dei bambini, nonché a sostenere le misure richieste dall'UNICEF per eliminare il lavoro infantile.

Eliminare la povertà e migliorare l'accesso all'istruzione

I deputati si dicono preoccupati per le gravi violazioni dei diritti del bambino, «segnatamente il diritto alla salute, all'istruzione e all'alimentazione nonché alla protezione contro la violenza, lo sfruttamento e il maltrattamento».

Invitano, quindi, a «designare un inviato speciale dell'UE per i bambini vittime di conflitti armati, guerre, spostamenti, siccità, fame, disastri naturali o dell'AIDS, o per le bambine e i bambini che sono oggetto di traffico di esseri umani che garantisca l'attenzione necessaria a tali situazioni».

Nel ritenere «che l'eliminazione della povertà sia l'unico modo per creare le condizioni necessarie per l'eradicazione dello sfruttamento minorile», la Plenaria sottolinea pertanto l'importanza del sistema del microcredito ai fini dell'aumento del reddito delle famiglie.

Invita poi la Commissione a «creare una linea di bilancio speciale che ponga l'accento sulla protezione dei diritti del bambino, nel quadro dell'iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo».

L'Unione europea, inoltre, è esortata a collegare i propri sforzi per tentare di eliminare il lavoro minorile con quelli «per conformarsi ad altri standard in materia di lavoro e per assicurare salari sufficienti per lavoratori adulti».

I deputati, osservando come 113 milioni di bambini in età scolare siano privi di istruzione elementare, si rammaricano che non siano stati fatti progressi significativi nell'affrontare la crisi dell'insegnamento.

 L'Aula, ribadendo la posizione sul rapporto «che si rafforza mutuamente tra una mancanza di istruzione e il lavoro infantile», chiede che si presti particolare attenzione all'istruzione primaria delle bambine, «poiché queste devono affrontare più ostacoli e più barriere che i bambini». L'educazione scolastica può, infatti, rivelarsi uno strumento per «aiutarle a proteggersi contro qualsiasi forma di sfruttamento».

Viene inoltre sottolineato che l'impossibilità di pagare le spese scolastiche non dovrebbe essere un impedimento al diritto all'istruzione e per questo tutti governi sono esortati a  «stabilire un calendario preciso onde eliminare rapidamente le spese di scolarità». Per i deputati, è altresì necessario assicurare, con ogni mezzo adeguato, l'accesso di tutti «all'istruzione secondaria, tecnica e di livello universitario».

Sono, poi, auspicabili le scuole e le classi di transizione, «che aiutano i bambini che non hanno mai ricevuto un'istruzione scolastica formale ad adattarsi all'ambiente scolastico con l'assistenza di personale docente debitamente specializzato». 

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