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RESOCONTO

 

21 febbraio 2008

Strasburgo

 

 

 


Industria: prodotti sicuri se c'è il marchio CE

 

Il Parlamento ha adottato un pacchetto legislativo volto ad agevolare la libera circolazione dei prodotti nell'UE attraverso un rafforzamento del mutuo riconoscimento delle norme tecniche nazionali e della vigilanza del mercato e con la definizione delle responsabilità degli operatori economici, soprattutto degli importatori. Sono poi definite le norme sul marchio CE di conformità, comprese le sanzioni, anche penali, per un suo uso scorretto.  Ma è prevista una certa flessibilità per le PMI.

 

Approvando i maxi emendamenti di compromesso negoziati dai relatori - Christell SCHALDEMOSE (PSE, DK), Alexander STUBB (PPE/DE, FI) e André BRIE (GUE/NGL, DE) - con il Consiglio, il Parlamento ha dato il via libera definitivo a un pacchetto di misure che ambiscono ad essere applicate - in modo coerente, trasparente e armonizzato, e con strumenti standardizzati - ai prodotti venduti nell'UE.

 

Il pacchetto intende agevolare la libera circolazione delle merci nell'UE attraverso un rafforzamento del principio del mutuo riconoscimento delle norme tecniche nazionali e stabilire norme per la sorveglianza del mercato e l'accreditamento dei prodotti. Stabilisce inoltre le norme relative al marchio CE. Comprende anche l'istituzione di un quadro generale di natura orizzontale da applicare alla futura normativa sull'armonizzazione delle condizioni di commercializzazione dei prodotti (come quella sulla sicurezza dei giocattoli). Definisce inoltre gli obblighi generali per gli operatori economici e una serie di procedure di valutazione della conformità.

 

Un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti

 

La Commissione proponeva di escludere dal campo d'applicazione della decisione sul quadro generale taluni settori già trattati dettagliatamente dalla normativa UE, come quella su alimenti, mangimi, tabacco, medicinali umani e veterinari. Come richiesto dai deputati, il compromesso respinge un'esclusione "a priori", prevedendo unicamente la possibilità di discostarsi dai principi comuni di riferimento in virtù delle specificità di taluni settori, «fermo restando che tale opzione dovrà essere giustificata».

 

Conformità dei prodotti e marchio CE

 

Accogliendo una richiesta dei deputati, il compromesso precisa che i prodotti immessi sul mercato comunitario «devono essere conformi a tutta la normativa applicabile». Parimenti, introduce una definizione di "marchio CE" molto simile a quella suggerita dai deputati, ossia «un marchio che attesta la dichiarazione del fabbricante secondo cui il prodotto è conforme a tutte le prescrizioni applicabili stabilite nella normativa comunitaria di armonizzazione che ne prevede l'apposizione». La decisione dispone quanto necessario per la "valutazione di conformità" e per la "dichiarazione CE di conformità". Quest'ultima «attesta che è stata dimostrata la conformità» alle pertinenti prescrizioni e, con essa, «il fabbricante si assume la responsabilità» per la conformità del prodotto.

 

Il regolamento sulla vigilanza del mercato, come richiesto dai deputati, dispone che il marchio CE «è l'unico marchio che attesta la conformità del prodotto alle prescrizioni applicabili della normativa comunitaria di armonizzazione che ne disciplina l'uso» ed è «la conseguenza visibile di un intero processo che comprende la valutazione di conformità in senso ampio». Il marchio può essere apposto solo dal fabbricante che, così facendo, «accetta di assumersi la responsabilità della conformità del prodotto».

 

Sanzioni per l'uso scorretto del marchio CE

 

Il regolamento, che è applicabile a partire dal 1° gennaio 2010, vieta l'apposizione su un prodotto di marchi, segni o iscrizioni suscettibili di indurre in errore i terzi circa il significato e il simbolo grafico del marchio CE o entrambe le cose. Può, tuttavia, essere apposto ogni altro marchio che non comprometta la visibilità, la leggibilità ed il significato del marchio CE. Possono inoltre essere utilizzati altri marchi ma solo «nella misura in cui contribuiscono a migliorare la protezione dei consumatori e non rientrano nella normativa comunitaria di armonizzazione».

 

Come proposto dai deputati, gli Stati membri dovranno garantire la corretta applicazione di delle norme che disciplinano il marchio CE e procedere legalmente contro il suo uso improprio, prevedendo anche sanzioni, incluse quelle di natura penale, per le infrazioni gravi. Le sanzioni, è precisato, devono essere proporzionate alla gravità dell'infrazione e costituire «un deterrente efficace».

 

Il compromesso accoglie la richiesta dei deputati che chiede alla Commissione di lanciare una campagna di informazione - rivolta soprattutto agli operatori economici, alle organizzazioni dei consumatori e settoriali nonché agli addetti alle vendite - per garantire una maggiore sensibilizzazione dei consumatori in materia di marchio CE.

 

Maggiori responsabilità sugli importatori

 

La decisione, come suggerito dai deputati, stabilisce che gli operatori economici (fabbricanti, importatori e distributori), in funzione dei loro rispettivi ruoli nella catena di fornitura, «sono responsabili della conformità dei prodotti a tutta la normativa applicabile, in modo da garantire un elevato livello di tutela degli interessi pubblici, quali la salute e la sicurezza, la protezione dei consumatori e dell'ambiente e un'equa concorrenza sul mercato comunitario. Essi hanno anche «la responsabilità giuridica di vigilare a che tutte le informazioni che essi forniscono in relazione ai loro prodotti siano accurate, complete e conformi alle norme comunitarie applicabili».

 

Per assicurare che i prodotti provenienti dai paesi terzi siano conformi a tutti i requisiti comunitari, una particolare attenzione è attribuita agli importatori. Il compromesso, seguendo le indicazioni dei deputati, ne precisa pertanto responsabilità e obblighi. Gli importatori, ad esempio, sono obbligati a immettere sul mercato «solo prodotti conformi». Devono anche assicurare - e non solo verificare, come proposto dalla Commissione - che il fabbricante abbia eseguito l'appropriata procedura di valutazione di conformità dei prodotti e preparato la documentazione tecnica. Spetta loro inoltre assicurare che sul prodotto siano apposti i marchi di conformità prescritti.

 

Se un importatore ha motivo di credere che un prodotto non è conforme, è precisato che egli non può immetterlo sul mercato fino a quando non sia stato reso conforme. Se un prodotto presenta un rischio, inoltre, l'importatore deve informarne il fabbricante e l'autorità di vigilanza del mercato. Qualora un importatore ritenesse che un prodotto da lui immesso sul mercato non è conforme, deve immediatamente prendere misure correttive e, se ciò fosse impossibile, deve ritirarlo dal mercato. Gli importatori, come i fabbricanti, che immettono sul mercato prodotti non conformi ai requisiti comunitari armonizzati sono responsabili dei danni causati (in forza alla direttiva 85/374 sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi).

 

Come richiesto dai deputati, in tutti i casi in cui risulti opportuno per la tutela della salute e per la sicurezza dei consumatori, «gli importatori eseguono prove a campione dei prodotti commercializzati, esaminano i reclami e, se del caso, mantengono un registro dei reclami, dei prodotti non conformi e dei richiami di prodotti e informano i distributori di un tale monitoraggio». Devono inoltre assicurare che il prodotto sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza «fornite in una lingua ufficiale facilmente comprensibile per i consumatori e gli altri utenti finali, come deciso dallo Stato membro interessato». Un importatore o distributore che rende disponile sul mercato un prodotto con il proprio nome o marchio commerciale, «è soggetto agli obblighi del fabbricante».

 

Per garantire la tracciabilità di un prodotto lungo la filiera, tutti gli operatori economici devono essere in grado di notificare, su richiesta, alle autorità di vigilanza da chi lo hanno ottenuto e a chi lo hanno fornito. Tale capacità deve essere assicurata per un periodo di tempo «proporzionato al ciclo di vita del prodotto».  

 

No a deroghe generali, ma flessibilità per le PMI

 

La decisione, come richiesto dai deputati, riconosce che la normativa comunitaria «deve tener conto della situazione specifica delle piccole e medie imprese produttrici in relazione agli oneri amministrativi». Tuttavia, esclude eccezioni e deroghe generali per tali imprese, poiché ciò complicherebbe la situazione giuridica che le autorità di vigilanza del mercato nazionali dovrebbero sorvegliare.

 

D'altra parte, precisa che la legislazione UE dovrebbe far sì che la situazione delle PMI «venga considerata nell'ambito delle norme per la scelta e l'attuazione delle procedure più idonee in materia di valutazione della conformità e degli obblighi imposti agli organismi di valutazione della conformità, affinché operino in modo proporzionato rispetto alle dimensioni delle imprese e alla limitata natura seriale o non seriale della produzione in questione». Puntualizza inoltre che la decisione lascia libero il legislatore di usare la «necessaria flessibilità» per trattare tali situazioni «senza dover creare inutili soluzioni speciali e improprie soluzioni di ripiego per le PMI e senza compromettere l'interesse pubblico».

 

Agevolare la libera circolazione dei prodotti

 

L'obiettivo dell'ultimo regolamento, applicabile dal prossimo autunno, è rafforzare il funzionamento del mercato interno, «migliorando la libera circolazione dei prodotti». Stabilisce quindi le norme e le procedure cui devono attenersi le autorità competenti di uno Stato membro quando assumono o si propongono di assumere una decisione che ostacoli la libera circolazione di un prodotto legalmente commercializzato in un altro Stato membro. Prevede inoltre l'istituzione di punti di contatto per i prodotti negli Stati membri per contribuire alla libera circolazione.

 

Il reciproco riconoscimento si applica ai prodotti che non sono soggetti a misure di armonizzazione a livello comunitario e che possono quindi scontrarsi a ostacoli di natura tecnica definiti a livello nazionale, come ad esempio norme diverse riguardo ai sistemi di illuminazione delle biciclette o relative a test obbligatori da effettuare sui vestiti per bambini. Conformemente al principio del mutuo riconoscimento, invece, uno Stato membro non può vietare la vendita sul suo territorio di prodotti che siano legalmente commercializzati in un altro Stato membro, anche se sono stati fabbricati secondo norme tecniche diverse da quelle cui devono ottemperare i prodotti nazionali. Le uniche deroghe a tale principio sono costituite dalle restrizioni giustificate dai motivi enunciati dal trattato (art. 30) o basate su esigenze imperative di interesse generale e proporzionate all’obiettivo perseguito. Il regolamento inverte l'onere della prova imponendo agli Stati membri il compito di motivare gli ostacoli alla libera circolazione e prevede una serie di garanzie per le imprese che intendono vendere i propri prodotti in un altro Stato membro.

 

 

Link utili

 

Testo del compromesso sulla decisione relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti
Testo del compromesso sul regolamento accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti
Testo del compromesso sul regolamento che stabilisce procedure relative all'applicazione di determinate norme tecniche nazionali a prodotti legalmente commercializzati in un altro Stato membro
Proposta della Commissione

 

 

Riferimenti

 

Christell SCHALDEMOSE (PSE, DK)

Relazione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti

&

André BRIE (GUE/NGL, DE)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti

&

Alexander STUBB (PPE/DE, FI)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce procedure relative all'applicazione di determinate norme tecniche nazionali a prodotti legalmente commercializzati in un altro Stato membro e che abroga la decisione n. 3052/95/CE

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 19.2.2008

Votazione: 21.2.2008

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Gaza: eliminare il blocco e cessare le violenze, da ambo le parti

 

La situazione a Gaza minaccia la pace. E' quanto sostiene il Parlamento evidenziando il fallimento della politica di isolamento e chiedendo di levare l'embargo. Nel sollecitare la ripresa della missione UE e più forze internazionali alle frontiere, chiede di garantire la fornitura di aiuti e il sostegno per la costruzione dello Stato palestinese. Chiedendo di cessare il lancio di razzi e le relative rappresaglie, rileva l'importanza di un collegamento permanente tra Gaza e la Cisgiordania.

 

Approvando ad amplissima maggioranza una risoluzione sostenuta da tutti i gruppi politici eccetto l'IND/DEM, il Parlamento osserva che a seguito dell'embargo sulla circolazione delle persone e delle merci, del parziale rifiuto di accesso all'acqua potabile, al cibo e all'elettricità e della mancanza di beni e servizi essenziali, «la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza si è ulteriormente deteriorata» e l'economia è stata ulteriormente paralizzata.

 

Il blocco di Gaza è fallito

 

Il Parlamento ribadisce quindi la sua profonda preoccupazione per la crisi umanitaria e politica nella Striscia di Gaza e per le sue ulteriori possibili gravi conseguenze. Per i deputati, infatti, la situazione e i recenti sviluppi nella Striscia di Gaza «minacciano di pregiudicare i negoziati in corso fra israeliani e palestinesi nonché gli sforzi per concludere un accordo entro la fine del 2008».  Ritengono, peraltro, che i recenti sviluppi a Rafah, siano essi eventi pacifici o atti di violenza, «costituiscano il risultato di tale crisi nella Striscia di Gaza».

 

Nel ritenere che la politica di isolamento della Striscia di Gaza «sia fallita a livello sia politico che umanitario», il Parlamento ribadisce il suo appello per una cessazione del blocco e una riapertura controllata dei valichi da e verso Gaza. Invita inoltre Israele a garantire la circolazione delle persone e delle merci a Rafah, Karni e agli altri valichi.

 

In tale ambito, il Parlamento chiede la ripresa della missione UE di assistenza frontaliera a Rafah e, al riguardo, ritiene opportuno esaminare un nuovo mandato del Consiglio per la missione. Allo stesso tempo sollecita un incremento della presenza e del ruolo delle forze internazionali nella regione all'interno di questo quadro.

 

Nell'invitare il Consiglio e la Commissione a continuare a garantire, insieme alla comunità internazionale, l'aiuto umanitario essenziale per i palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, il Parlamento sottolinea l'importanza del nuovo meccanismo di finanziamento PEGASE. Ma esprime profonda preoccupazione per la distruzione di impianti finanziati nel quadro degli aiuti umanitari o del finanziamento dei progetti ad opera dell'Unione europea.

D'altra parte, si compiace dei risultati della Conferenza internazionale dei donatori per lo Stato palestinese e, in particolare, per il finanziamento di oltre 7,4 miliardi di dollari USA. Invita quindi tutti i donatori a onorare i propri impegni «a sostegno degli sforzi per costruire il futuro Stato palestinese conformemente al piano di sviluppo e riforma presentato dal Primo ministro Fayyad».

 

Stop alle violenze e collegare Gaza alla Cisgiorndania

 

Il Parlamento esprime «la sua profonda simpatia alla popolazione civile colpita dalla violenza a Gaza e nel sud di Israele» e ribadisce quindi il suo invito a cessare immediatamente ogni atto di violenza, poiché la popolazione civile «dovrebbe essere al riparo da ogni azione militare e da ogni repressione collettiva.

 

Più in particolare, esorta Israele a porre fine alle azioni militari «che uccidono e mettono in pericolo i civili nonché alle uccisioni mirate stragiudiziali» e lo invita a soddisfare i propri obblighi internazionali, «come potenza occupante», nella Striscia di Gaza. Dovrebbe quindi garantire un costante e sufficiente flusso di aiuti umanitari, assistenza umanitaria nonché di merci e servizi essenziali, fra cui carburante e forniture energetiche, alla Striscia di Gaza.

 

D'altra parte, il Parlamento chiede ad Hamas, «a seguito dell'occupazione illegale della Striscia di Gaza», di impedire il lancio di razzi ad opera delle milizie palestinesi dalla Striscia di Gaza verso il territorio israeliano. Nel ribadire la sua richiesta d'immediato rilascio del caporale israeliano Gilad Shalit, «che sarebbe percepito come un gesto di buona volontà da parte di Hamas», invita Hamas a rivedere la sua posizione, in linea con i principi del Quartetto e gli impegni internazionali concordati in precedenza ed a sostenere il processo di pace e i negoziati in corso.

 

Il Parlamento, infine, sottolinea la grande importanza di un collegamento geografico e commerciale permanente tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania nonché di una loro pacifica e duratura riunificazione politica.

 

Link utili

 

Resoconto del dibattito (in inglese e francese)

Dichiarazione della commissione politica dell'Assemblea parlamentare euromediterranea

Sito del programma PEGASE (in inglese)

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sulla situazione nella striscia di Gaza

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 30.1.2008

Votazione: 21.2.2008

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Più fermezza per garantire il rispetto del diritto UE

 

La Commissione deve dimostrare più impegno e fermezza nei confronti degli Stati membri che violano il diritto comunitario. E' quanto chiede il Parlamento sollecitando un più sistematico ricorso alla Corte di giustizia e il rispetto delle sue sentenze. Evidenziando il ruolo svolto dai cittadini nell'individuazione delle infrazioni, i deputati incoraggiano missioni d'inchiesta negli Stati membri e la creazione di uno sportello unico on-line per assistere i cittadini.

 

Approvando la relazione di Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT), il Parlamento risponde alla 23a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2005) e alla comunicazione "Un'Europa dei risultati - Applicazione del diritto comunitario". Nel 2005 si sono registrate 2.653 infrazioni al diritto comunitario, di cui 1.154 individuate a seguito di una denuncia, 433 scoperte dalla Commissione e 1.079 riguardano la non comunicazione di misure nazionali di esecuzione delle direttive. Il 10% del totale delle infrazioni riguarda l'Italia (266 infrazioni), prima assoluta in classifica seguita da Grecia (208) e Spagna (206). Tra gli altri "grandi paesi", la Germania registra 168 infrazioni, la Francia 146, la Polonia 108 e il Regno Unito 102.

 

Per i deputati, «l'efficacia delle politiche dell'UE dipende in gran misura dalla loro attuazione a livello nazionale, regionale e locale» e, pertanto, «il rispetto della legislazione comunitaria da parte degli Stati membri deve essere rigorosamente controllato e seguito in modo che essa produca gli effetti positivi auspicati sulla vita quotidiana dei cittadini». Nel prendere atto che l'adesione di 10 nuovi Stati membri non sembra aver avuto alcun impatto sul numero di infrazioni registrate, il Parlamento esorta la Commissione a essere «più volontarista» nel verificare i fatti a livello nazionale che potrebbero rivelare un'infrazione del diritto comunitario e la invita quindi ad avvalersi maggiormente dei propri uffici di rappresentanza per prevenire le infrazioni o porvi rimedio.

 

Sottolinea peraltro che, per garantire la solidità e la coerenza del diritto comunitario, è necessario che le infrazioni della normativa comunitaria «vengano sistematicamente portate dinanzi alla Corte di giustizia», per lo meno in cause importanti a livello nazionale che costituiscono un precedente per la giurisprudenza e la prassi futura a livello nazionale. I deputati invitano poi la Commissione «a dar prova di maggiore fermezza» nell'applicazione dell'articolo 228 del trattato, «al fine di garantire la corretta esecuzione delle condanne pronunciate dalla Corte di giustizia». Gli Stati membri, invece, sono invitati ad andare al di là di un recepimento puramente formale della legislazione comunitaria e ad evitare, per quanto possibile, il recepimento frammentario delle direttive, al fine di migliorare la trasparenza e la semplificazione legislativa.

 

Inoltre, sottolineando che il numero di denunce relative ad infrazioni del diritto comunitario «attesta l'importanza del ruolo svolto dai cittadini europei nella sua applicazione», i deputati accolgono con favore l'inclusione - per la prima volta - nella relazione annuale e nei relativi allegati del trattamento specifico e dettagliato delle infrazioni attinenti alle petizioni. Anche perché ritengono che le petizioni e le denunce di cittadini e di imprese «facilitino l'individuazione di un numero molto importante di infrazioni».

 

A tale proposito, il Parlamento incoraggia la pratica che consiste nell'inviare missioni d'inchiesta nei vari Stati membri per indagare sulle questioni sollevate dagli autori delle petizioni. A suo parere si tratta infatti «di una maniera pragmatica per risolvere i problemi direttamente con gli Stati membri nell'interesse dei cittadini». Tali missioni, peraltro, sono ritenute tanto più necessarie in quanto la Commissione non dispone di poteri di "ispezione" per verificare l'applicazione concreta del diritto comunitario, ad esempio, nel settore dell'ambiente.

 

D'altra parte, per evitare confusione quando si contattano i diversi organismi che si occupano della risoluzione di problemi, i deputati sollecitano la Commissione a studiare la possibilità di indicazioni chiare o la creazione di uno sportello unico on-line per assistere i cittadini. Osservano poi che il Parlamento ha continuato a ricevere petizioni che denunciano persistenti infrazioni dei diritti umani e fondamentali e si rammaricano profondamente che i criteri applicabili a tali violazioni siano stati soppressi nella nuova lista di criteri prioritari.

 

Il Parlamento, d'altra parte, accoglie favorevolmente l'intenzione della Commissione di modificare gli attuali metodi di lavoro in modo da trattare in via prioritaria ed accelerare la pratica e la gestione delle procedure esistenti come pure di impegnare e coinvolgere formalmente gli Stati membri. Nel prendere atto che, nel quadro del nuovo metodo di lavoro proposto, le richieste di informazioni e le denunce ricevute dalla Commissione saranno trasmesse direttamente allo Stato membro interessato, i deputati temono tuttavia che tali rinvii presentino un rischio di indebolimento della responsabilità istituzionale della Commissione in quanto "custode del trattato" nell'assicurare l'applicazione del diritto comunitario. D'altro canto, prendonoatto che il nuovo metodo di lavoro non sostituisce le procedure di infrazioni, per l'esame delle quali devono essere dedicate maggiori risorse umane.

 

Nel sollecitare tutti i servizi della Commissione a tenere i denunzianti pienamente informati dello stato di avanzamento delle loro denunce e delle loro decisioni, il Parlamento accoglie con favore l'intenzione della Commissione di garantire il libero accesso alla sua base di dati elettronica e di fornire informazioni succinte su tutte le fasi delle procedure di infrazione a partire dalla lettera di notifica formale. A suo parere, peraltro, la Commissione dovrebbe rendere accessibile il contenuto e il calendario dei contatti con gli Stati membri non appena le pertinenti questioni non formino più oggetto di inchiesta.

 

Infine, i deputati ritengono che le commissioni permanenti del Parlamento dovrebbero svolgere un ruolo molto più attivo nel controllare l'applicazione del diritto comunitario nei rispettivi ambiti di competenza e ricevere a tal fine un sostegno e informazioni regolari dalla Commissione. Chiedono poi una maggiore cooperazione tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo e i rispettivi deputati «in modo da promuovere ed intensificare l'effettivo controllo delle questioni europee a livello nazionale». Anche perché i parlamenti nazionali hanno un ruolo prezioso da svolgere nel controllo dell'applicazione del diritto comunitario, «contribuendo così a rafforzare la legittimità democratica dell'Unione europea e ad avvicinarla ai cittadini».

 

Link utili

 

24a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2006)
23a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2005)
Statistiche sulle infrazioni nel 2005 (in francese)
Comunicazione della Commissione: Un'Europa dei risultati - Applicazione del diritto comunitario
Volume 2 della Comunicazione

 

 

Riferimenti

 

Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT)

Relazione sulla 23a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2005)

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 20.2.2008

Votazione 21.2.2008

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ONU: il Consiglio dei diritti umani sia all'altezza delle aspettative

 

Nel sottolineare il ruolo cruciale del Consiglio dei diritti umani (CDU), il Parlamento esprime però preoccupazione per il suo mancato intervento in molte situazioni urgenti. Rammaricandosi della presenza nel CDU di paesi con situazioni problematiche, sollecita elezioni competitive nel maggio 2008. Chiede poi che il riesame periodico che inizia ad aprile sia all'altezza delle aspettative e ribadisce la necessità che l'UE parli con una sola voce in materia di diritti umani.

 

Adottando una risoluzione sostenuta da tutti i gruppi politici eccetto l'IND/DEM, il Parlamento sottolinea «il ruolo cruciale» del Consiglio per i diritti umani (CDU) e ribadisce che il suo obiettivo principale «dovrebbe rimanere la lotta contro le violazioni dei diritti umani». Prendendo poi atto dei risultati conseguiti dal CDU e plaudendo all'organizzazione di sessioni straordinarie, esprime tuttavia preoccupazione per il mancato intervento del CDU «dinanzi a molte delle situazioni più urgenti di violazioni dei diritti umani nel mondo».

 

Il Parlamento chiede poi che siano organizzate elezioni competitive in tutte le regioni, nel maggio 2008, «in modo da consentire una vera scelta tra gli Stati membri delle Nazioni Unite» e, in propositi, si rammarica che taluni paesi con situazioni problematiche nel campo dei diritti umani siano stati eletti, «facendo tabula rasa del passato». Invita quindi il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a continuare a esercitare pressioni per l'istituzione di criteri di appartenenza per essere eletti al CDU.

 

Il Parlamento ritiene che il meccanismo di riesame periodico sia un mezzo potenziale «per migliorare l'universalità del controllo delle prassi e degli impegni dei diritti dell'uomo in tutto il mondo, sottoponendo tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a pari trattamento e scrutinio». Chiede però che la procedura di riesame periodico, che si terrà dal 7 al 18 aprile 2008 e dal 5 al 16 maggio 2008, «sia all'altezza delle aspettative espresse finora». Nell'invitare poi i membri del CDU a nominare esperti indipendenti in seno al gruppo di lavoro incaricato dell'esecuzione del riesame periodico, rileva l'importanza della partecipazione della società civile e degli attivisti per i diritti umani e delle procedure speciali. Ribadisce poi che le conclusioni e le raccomandazioni al riguardo «dovrebbero costituire la base per un riesame indipendente e attendibile».

 

Il Parlamento sottolinea che le procedure speciali «sono al centro del meccanismo delle Nazioni Unite per i diritti umani e svolgono un ruolo essenziale», in particolare in seno al CDU. Ribadisce pertanto la necessità che i membri del CDU «adempiano al loro obbligo di cooperare pienamente con le procedure speciali».
 

I deputati ritengono che la credibilità del CDU dipenderà dalle nuove nomine dei detentori del mandato delle procedure speciali nel marzo 2008 e, in tale ambito, invitano a nominare per il mandato, «persone aventi competenze riconosciute nel settore dei diritti umani, esperienze specifiche, indipendenza, imparzialità, integrità personale e obiettività nonché una conoscenza approfondita del sistema delle procedure speciali». D'altra parte, il Parlamento condanna la decisione del CDU di non rinnovare i mandati dei relatori speciali sulla Bielorussia e su Cuba e deplora che l'UE abbia appoggiato la decisione del CDU di porre termine all'attività del suo gruppo di esperti in Darfur. Plaude però al rinnovo dei mandati nazionali del relatore speciale sul Sudan e degli esperti indipendenti su Liberia, Haiti e Burundi.

 

Accogliendo con favore la creazione di un meccanismo di esperti costituito da cinque membri indipendenti sui diritti umani dei popoli autoctoni, il Parlamento sostiene l'organizzazione, nel 2008, di discussioni sulla questione della violenza contro le donne in tutte le sue forme e manifestazioni e la definizione di priorità per affrontare tale problema nelle sue azioni e programmi di lavoro futuri.

 

Il Parlamento riconosce poi la partecipazione attiva dell'UE e dei suoi Stati membri nel primo anno di attività del CDU e ricorda la necessità che l'UE parli con una sola voce sulle questioni concernenti i diritti umani. Chiede inoltre una cooperazione rafforzata con l'Alto commissariato per i diritti umani e la salvaguardia della sua indipendenza mediante l'assegnazione di finanziamenti adeguati, nonché un sostegno continuo a favore delle procedure speciali sotto forma di finanziamenti e di personale. Infine, invita la Commissione e il Consiglio a adottare una "posizione comune" al fine di garantire che gli Stati membri dell'UE firmino e ratifichino automaticamente tutti gli strumenti internazionali in materia di diritti umani.

 

Il Parlamento invierà una delegazione di sette deputati alla prossima sessione del CDU.

 

 

Link utili

 

Sito del Consiglio dei diritti umani

 

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sulla Settima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 20.2.2008

Votazione: 21.2.2008

 

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