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ANTEPRIMA

 

18 - 21 febbraio 2008

Strasburgo

 

 

 



CONFERENZE STAMPA
L'ordine del giorno della sessione è soggetto a modifiche.
Una conferenza stampa pre-sessione si svolgerà nell'edificio PHS, sala 0A50,
il venerdì che precede la sessione alle ore 11.00.

Una conferenza stampa per gli ultimi aggiornamenti avrà luogo
alle ore 16.30 di lunedì 18 febbraio nella sala LOW N-1/201 a Strasburgo.


Sommario


I PUNTI FORTI DELLA SESSIONE

TRATTATI
SÌ AL TRATTATO DI LISBONA, PER UN'UE PIÙ DEMOCRATICA E EFFICIENTE

FUTURO DELL'EUROPA/INTEGRAZIONE EUROPEA
FUTURO DELL'UE: IL PRIMO MINISTRO SVEDESE AL PARLAMENTO

RELAZIONI ESTERNE
SITUAZIONE IN KOSOVO
CRISI UMANITARIA A GAZA

DIRITTI UMANI
PROSSIMA RIUNIONE DEL CONSIGLIO ONU DEI DIRITTI UMANI

GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI
PUNIRE L'APOLOGIA E LA GIUSTIFICAZIONE DEL TERRORISMO

CONCORRENZA
GRANDE DISTRIBUZIONE: NORME UE CONTRO GLI ABUSI CAUSATI DALLE CONCENTRAZIONI

CONSUMATORI
INDUSTRIA: PRODOTTI SICURI SE C'È IL MARCHIO CE

COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE
PROMUOVERE LE ESPORTAZIONI DELLE PMI EUROPEE

POLITICA SOCIALE
FAVORIRE NATALITÀ E IMMIGRAZIONE PER COGLIERE LA SFIDA DEMOGRAFICA
CENSIMENTI COMPARABILI A LIVELLO EUROPEO

ISTITUZIONI
PIÙ FERMEZZA PER GARANTIRE IL RISPETTO DEL DIRITTO UE

CONTROLLO DEI BILANCI
LOTTA ALLE FRODI: PIÙ CONTROLLI E RECUPERARE L'INDEBITO
RENDERE PUBBLICI I BENEFICIARI DI TUTTI I FONDI UE

ISTITUZIONI
PER LA CRESCITA, INVESTIMENTI, CONCORRENZA E RIDUZIONI FISCALI

IMMUNITÀ E STATUTO DEI DEPUTATI
IMMUNITÀ DI CLAUDIO FAVA

ORDINE DEL GIORNO 18 - 21 FEBBRAIO 2008

CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI, GRUPPI POLITICI

DEPUTATI AL PARLAMENTO EUROPEO

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I PUNTI FORTI DELLA SESSIONE


Lunedì 18 febbraio

Grande distribuzione: norme UE contro gli abusi causati dalle concentrazioni - Le piccole aziende, i fornitori e le imprese agricole sono minacciati dalla concentrazione dei supermercati che, sempre di più, impongono prezzi insostenibilmente bassi ai loro fornitori. I consumatori, inoltre, rischiano una perdita di diversità dei prodotti, del patrimonio culturale e dei punti vendita al dettaglio. Per tale ragione i deputati chiedono di valutare gli abusi di posizione dominante nel settore della grande distribuzione e di armonizzare le norme UE per contrastarli.

Punire l'apologia e la giustificazione del terrorismo - Nell'UE vi sono cellule terroristiche che intendono colpire i cittadini europei. E' quanto sostiene una relazione all'esame dell'Aula che raccomanda una strategia globale di lotta al terrorismo e al reclutamento. I deputati chiedono di sanzionare chi giustifica il terrorismo e di monitorare la propaganda via Internet e nei luoghi di culto. Occorre però garantire la libertà di espressione, evitare di identificare una religione con il terrorismo e favorire il dialogo e l'integrazione sociale (relazione Deprez).

Lotta alle frodi: più controlli e recuperare l'indebito - Nel 2006 sono aumentate irregolarità e frodi al bilancio UE: contrabbando e contraffazioni e, soprattutto, fondi strutturali, sono le principali voci. Scendono, invece, le frodi agricole. L'Italia non è la sola protagonista. Una relazione all'esame dell'Aula, notando il ruolo della criminalità organizzata, chiede di rafforzare la vigilanza e aumentare gli sforzi per recuperare le somme pagate indebitamente. Occorre anche rivedere il funzionamento dell'OLAF e tutelare i diritti degli indagati (relazione Musotto).

Rendere pubblici i beneficiari di tutti i fondi UE - Una maggiore trasparenza in seno alle istituzioni europee consentirebbe ai cittadini di capire meglio come vengono utilizzati i fondi UE. E' quanto sostiene una relazione all'esame dell'Aula, chiedendo la pubblicazione dei beneficiari di fondi comunitari, degli importi da recuperare, di una lista nera dei frodatori e dei membri dei comitati che assistono la Commissione. Nel sollecitare norme etiche per i titolari di cariche pubbliche, è anche auspicato un codice deontologico per l'Ufficio antifrode (relazione Pomés Ruiz).

Martedì 19 febbraio

Industria: prodotti sicuri se c'è il marchio CE - L'Aula esaminerà le nuove disposizioni da rispettare nella futura legislazione UE sulla commercializzazione dei prodotti. I deputati chiedono di chiarire le condizioni per il ricorso al marchio CE di conformità e sollecitano sanzioni, anche penali, per coloro che ne fanno un uso improprio. Per tutelare i consumatori, caldeggiano maggiori responsabilità per gli importatori riguardo ai prodotti che immettono nel mercato comunitario. Ma auspicano anche una certa flessibilità per le PMI (relazioni Schaldemose, Brie e Stubb).

Per la crescita, investimenti, concorrenza e riduzioni fiscali - Una relazione all'esame dell'Aula, esprimendo preoccupazione per l'elevato tasso di cambio dell'euro, chiede una politica fiscale coordinata che agevoli la crescita e la creazione di nuove imprese e di posti di lavoro. Occorre anche integrare il mercato dei servizi, aprire le industrie di rete alla concorrenza e valutare il ruolo delle multinazionali sui mercati finanziari. Ma vanno anche garantiti una più equa distribuzione dei benefici della crescita e un rafforzamento della coesione sociale (relazione Starkeviciute).

Mercoledì 20 febbraio

Sì al Trattato di Lisbona, per un'UE più democratica e efficiente - Una relazione chiede all'Aula di approvare il trattato di Lisbona, esortando gli Stati membri a ratificarlo entro fine anno ed a informare i cittadini in vista delle elezioni europee del 2009. Il trattato rende l'UE più democratica, efficiente e capace di decidere, rafforzando i poteri del Parlamento e i diritti dei cittadini. Resta il rammarico per l'abbandono dell'approccio costituzionale e dei simboli, le deroghe alla Carta dei diritti fondamentali e il seggio aggiuntivo concesso all'Italia (relazione Corbett e Méndez de Vigo).

Situazione in Kosovo - Pochi giorni dopo l'annunciata dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo, il Consiglio e la Commissione riferiranno all'Aula della discussione avuta durante la riunione dei Ministri degli Affari esteri del 18 febbraio. Alla questione dell'indipendenza, sul cui riconoscimento non vi è ancora identità di vedute tra i Ventisette, sono anche legati la firma dell'accordo di associazione tra Serbia e UE e l'invio in Kosovo di una forza civile europea.

Favorire natalità e immigrazione per cogliere la sfida demografica - I cambiamenti demografici nell'UE sono preoccupanti, ma non irreversibili. Una relazione all'esame dell'Aula chiede di promuovere la natalità con servizi alle famiglie, misure a favore delle lavoratrici e rimborsi per la cura della sterilità. Occorre poi agevolare le carriere dei cinquantenni e il lavoro dopo i 65 anni, garantendo la solidarietà generazionale e pensioni decenti. Ma anche una politica UE dell'immigrazione per integrare il mercato del lavoro e finanziare i sistemi pensionistici (relazione Castex).

Più fermezza per garantire il rispetto del diritto UE - La Commissione deve dimostrare più impegno e fermezza nei confronti degli Stati membri che violano il diritto comunitario. E' quanto chiede una relazione all'esame della Plenaria sollecitando un più sistematico ricorso alla Corte di giustizia e il rispetto delle sue sentenze. Evidenziando il ruolo svolto dai cittadini nell'individuazione delle infrazioni, i deputati incoraggiano missioni d'inchiesta negli Stati membri e la creazione di uno sportello unico on-line per assistere i cittadini (relazione Frassoni).

Giovedì 21 febbraio

Crisi umanitaria a Gaza - A seguito del dibattito tenutosi in Aula la scorsa sessione in presenza dell'Alto Rappresentante dell'UE per la politica estera, il Parlamento adotterà una risoluzione sulla crisi umanitaria a Gaza, anche alla luce dell'abbattimento del muro da parte della popolazione palestinese alla ricerca di generi di prima necessità.
 

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TRATTATI


Sì al Trattato di Lisbona, per un'UE più democratica e efficiente

Una relazione chiede all'Aula di approvare il trattato di Lisbona, esortando gli Stati membri a ratificarlo entro fine anno ed a informare i cittadini in vista delle elezioni europee del 2009. Il trattato rende l'UE più democratica, efficiente e capace di decidere, rafforzando i poteri del Parlamento e i diritti dei cittadini. Resta il rammarico per l'abbandono dell'approccio costituzionale e dei simboli, le deroghe alla Carta dei diritti fondamentali e il seggio aggiuntivo concesso all'Italia.

La relazione di Richard CORBETT (PSE, UK) e Íñigo MÉNDEZ DE VIGO (PPE/DE, ES) suggerisce al Parlamento di approvare il trattato di Lisbona poiché, nel complesso, rappresenta «un miglioramento sostanziale rispetto ai trattati vigenti». Esso, infatti, aumenterà la responsabilità democratica e la capacità decisionale dell'Unione (mediante un rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e di quello dei parlamenti nazionali), rafforzerà i diritti dei cittadini europei nei confronti dell'Unione e migliorerà l’efficacia del funzionamento delle sue istituzioni. Il trattato di Lisbona, d'altra parte, «fornirà una struttura stabile che permetterà ulteriori sviluppi dell'Unione in futuro».

I deputati sottolineano inoltre la necessità che tutti gli Stati membri dell'Unione ratifichino il trattato in tempo utile affinché possa entrare in vigore il 1° gennaio 2009. In questo modo, infatti, i cittadini potranno effettuare le proprie scelte politiche con piena conoscenza del nuovo quadro istituzionale dell'Unione in occasione delle elezioni europee del 2009. Al riguardo, i deputati ribadiscono la richiesta di realizzare «tutti gli sforzi possibili» - da parte delle istituzioni dell'UE e delle autorità nazionali - «per informare i cittadini europei in modo chiaro e obiettivo sul contenuto del trattato». Chiedono inoltre la rapida pubblicazione dei trattati consolidati riveduti dal trattato di Lisbona, per fornire ai cittadini «un testo comunitario di base più chiaro».
La relazione, in seguito, illustra nel dettaglio tutti gli aspetti positivi del nuovo trattato, soprattutto riguardo alle accresciute competenze del Parlamento europeo, ma non rinuncia a formulare qualche preoccupazione. A quest'ultimo riguardo, i deputati si dicono consapevoli «del diffuso rammarico» imputabile al fatto che, per garantire un nuovo accordo fra i 27 Stati membri, è stato necessario abbandonare l'approccio costituzionale e l'inclusione nel trattato della bandiera e dell'inno europeo, nonché posporre l'entrata in vigore di un nuovo sistema di votazione in seno al Consiglio e aggiungere "freni d'emergenza" alla procedura legislativa ordinaria in taluni settori. Ma anche introdurre nel trattato un protocollo che limita gli effetti della Carta sul diritto interno di due Stati membri (Regno Unito e Polonia, ndr) e «il seggio parlamentare supplementare attribuito a uno Stato membro (Italia, ndr), in deroga al principio della proporzionalità degressiva».

Maggiore responsabilità democratica

La relazione si compiace del fatto che il controllo democratico e la capacità decisionale saranno rafforzati, «per cui i cittadini saranno in grado di controllare meglio l'operato dell'Unione europea». Ciò sarà possibile grazie al fatto che tutta la legislazione europea sarà soggetta, con poche eccezioni, alla duplice approvazione del Consiglio e del Parlamento europeo. Questa procedura legislativa "ordinaria" (che ricalca l'attuale codecisione) si applicherà a 50 nuove basi giuridiche, per giungere a un totale di 86. Tra i settori che vi rientreranno figurano lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l'agricoltura e la pesca.

Saranno inoltre rafforzati la verifica preliminare dei parlamenti nazionali su tutta la legislazione dell’Unione e, mediante un nuovo sistema di supervisione, il controllo democratico sulle competenze legislative delegate alla Commissione. Verrà poi istituita una nuova procedura di bilancio «più semplice e più democratica» che, con l'abolizione della distinzione tra "spese obbligatorie" e "spese non obbligatorie", assicurerà «la completa parità tra Parlamento e Consiglio» nell'approvazione dell’intero bilancio annuale. Al Parlamento sarà inoltre garantito il diritto di approvazione del quadro finanziario pluriennale giuridicamente vincolante.

Il Presidente della Commissione verrà eletto dal Parlamento europeo, su proposta dei Capi di Stato e di governo e tenendo conto dei risultati delle elezioni, mentre l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, in qualità di membro della Commissione, dovrà essere sottoposto alla procedura di investitura parlamentare prevista per tutti i commissari. Sarà poi necessario il parere conforme del Parlamento europeo per l’approvazione di un’ampia serie di accordi internazionali firmati dall’Unione. Anche la procedura di revisione dei trattati sarà, in futuro, più aperta e democratica, e vedrà un ampio coinvolgimento del Parlamento europeo.

Rafforzamento dei diritti dei cittadini

La relazione si compiace che i diritti dei cittadini saranno rafforzati, grazie al fatto che la Carta dei diritti fondamentali dell'UE diventerà giuridicamente vincolante. Nuove disposizioni agevoleranno la partecipazione di cittadini e associazioni alle deliberazioni dell'Unione e sarà incoraggiato il dialogo con le parti sociali, le comunità religiose e le organizzazioni non confessionali. L'introduzione nel trattato di un'iniziativa dei cittadini europei consentirà a questi ultimi di formulare proposte su questioni per le quali ritengono che un atto giuridico a livello dell’Unione sia necessario. Sarà poi rafforzata la tutela giudiziaria dei cittadini, grazie all'estensione della giurisdizione della Corte di giustizia dell’UE ai settori libertà, sicurezza e giustizia, e alle maggiori possibilità per le persone fisiche e giuridiche di avere accesso ai procedimenti della Corte.

Maggiore chiarezza, l'UE non è un "superstato"

I deputati accolgono con favore il fatto che il trattato stabilisca in modo più chiaro e più visibile i valori sui quali si fonda l'Unione, nonché i suoi obiettivi e i principi che ne governano l'azione e le relazioni con gli Stati membri. Più in particolare, il trattato fornisce una chiara definizione delle competenze dell'Unione nei confronti degli Stati membri e finirà la confusione tra "Comunità europea" e "Unione europea" poiché l'Unione europea diventerà un'unica struttura ed entità giuridica.

Allo stesso tempo, il trattato fornisce «garanzie sufficienti che l'Unione non diventerà un "superstato" onnipotente e centralizzato». Prevede infatti l'obbligo di rispettare l’identità nazionale degli Stati membri e include i principi delle competenze conferite (in base ai quali l'Unione dispone solo delle competenze che le sono conferite dagli Stati membri), della sussidiarietà e della proporzionalità. Contempla poi la partecipazione degli Stati membri al sistema decisionale dell'Unione e alle decisioni in merito a eventuali sue modifiche, nonché il riconoscimento a ciascuno Stato membro del diritto di uscire dall'Unione.

Una maggiore efficacia

La relazione plaude al fatto che il nuovo trattato «rafforzerà la capacità delle istituzioni dell'Unione di svolgere i propri compiti in modo più efficace». Infatti, aumenteranno notevolmente gli ambiti in cui il Consiglio decide a maggioranza qualificata, anziché all'unanimità, «consentendo all'Unione di 27 Stati membri di funzionare senza essere bloccata da veti». Un nuovo sistema di doppia maggioranza, inoltre, «faciliterà il processo decisionale in seno al Consiglio». Mentre la distinzione fra strumenti legislativi ed esecutivi sarà chiarita e una nuova definizione di atti delegati consentirà di semplificare e di razionalizzare la legislazione dell'Unione.

La struttura a pilastri sarà abbandonata, «consentendo unità d'azione nei vari campi di attività dell'Unione, con meccanismi e strumenti semplificati». Verranno inoltre definiti con maggiore chiarezza gli obiettivi e le competenze dell'Unione in diversi settori: cambiamento climatico, diritti dei minori, politica europea di vicinato, aiuti umanitari, energia, spazio, ricerca, turismo, sport, salute pubblica e protezione civile. Se la politica commerciale comune è riconosciuta di competenza esclusiva dell’Unione, per una serie di altre questioni sarà possibile applicare metodi decisionali più efficaci.

Il Consiglio europeo, poi, diverrà un'istituzione dell'UE a tutti gli effetti e la sua Presidenza di turno semestrale sarà sostituita da un Presidente eletto per un periodo di due anni e mezzo, «consentendo una maggiore coerenza nella preparazione e nella continuità dei suoi lavori». Dal 2014, inoltre, il numero dei membri della Commissione sarà ridotto a 2/3 del numero di Stati membri, «il che migliorerà la capacità d'azione» e «indicherà ancora più chiaramente che i Commissari rappresentano gli interessi europei e non quelli dei loro paesi d'origine».

Per i deputati, il trattato accrescerà anche la visibilità e la capacità dell'Unione in qualità di attore globale. Grazie, in particolare, alla fusione delle cariche di Alto Rappresentante per la politica estera dell'Unione europea e di Commissario per le relazioni esterne, e alla istituzione di un unico servizio di azione esterna composto di funzionari della Commissione, del Consiglio e dei servizi diplomatici nazionali.

La "motivazione" allegata al testo (e le sue appendici) forniscono un'ampia descrizione delle novità introdotte dal trattato di Lisbona.

Link utili

Stato di avanzamento delle ratifiche
Testo del Trattato di Lisbona
Testo della Carta dei diritti fondamentali


Riferimenti

Íñigo MÉNDEZ DE VIGO (PPE/DE, ES) e Richard CORBETT (PSE, UK)
Relazione sul trattato di Lisbona
Doc.: A6-0013/2008
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 20.2.2008

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FUTURO DELL'EUROPA/INTEGRAZIONE EUROPEA


Futuro dell'UE: il primo ministro svedese al Parlamento

 

Il Primo ministro svedese, Fredrik Reinfeldt, aprirà un dibattito in Aula sul futuro dell'Europa. La sua partecipazione si inquadra in un ciclo di dibattiti con i primi ministri europei (tra i quali Romano Prodi) avviato dal Parlamento per ridare slancio all'integrazione europea dopo la bocciatura della Costituzione in Francia e Paesi Bassi. L'accordo sul nuovo trattato, come ha anche affermato il Presidente francese, non esime dal valutare i futuri sviluppi della costruzione europea.

 

Per contribuire al "periodo di riflessione" apertosi all'indomani dei "no" francese e olandese al progetto di Costituzione europea, il Parlamento europeo ha deciso di avviare un ciclo di dibattiti con i primi ministri europei in carica. Il primo di questa serie di incontri si è tenuto nel maggio 2006 con il Premier belga Guy Verhofstadt. Sono successivamente intervenuti in Aula Bertie Ahern (Irlanda), Romano Prodi (Italia) e Jan Peter Balkenende (Paesi Bassi).

 

L'accordo cui sono giunti i Capi di Stato e di governo sulla riforma dei trattati, non ha fermato il periodo di riflessione. Nel novembre 2007 è stato il turno del premier spagnolo José Luis Zapatero. Tocca ora al Primo Ministro svedese Fredrik Reinfeldt.

 

A questi dibattiti con i dirigenti politici europei, il Parlamento ha affiancato incontri con i parlamenti nazionali in collaborazione con le Presidenze del Consiglio in esercizio.

 

Giova ricordare che lo stesso Presidente francese, Nicolas Sarkozy, nel corso della seduta solenne al Parlamento europeo, ha ammonito a non commettere l'errore di credere che, con il nuovo trattato, «l'Europa abbia risolto tutto e che si possano dormire sonni tranquilli». Il trattato, ha infatti spiegato, «risolve la crisi istituzionale ma non la crisi politica e morale dell'Europa», permette di decidere e di agire «ma non spiega quali sono gli obiettivi» e non dice cosa sarà l'Europa di domani e come «contribuirà a migliorare la vita dei cittadini», «non fornisce motivi per ridare fiducia a coloro che avevano smesso di credere nell'Europa».

 

 

Link utili

 

Curriculum vitae del Primo Ministro svedese (in inglese)

 

 

Riferimenti

 

Discussione sull'avvenire dell'Europa con la partecipazione del Primo ministro svedese, membro del Consiglio europeo

Dibattito: 19.2.2008

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RELAZIONI ESTERNE


Situazione in Kosovo

 

Pochi giorni dopo l'annunciata dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo, il Consiglio e la Commissione riferiranno all'Aula della discussione avuta durante la riunione dei Ministri degli Affari esteri del 18 febbraio. Alla questione dell'indipendenza, sul cui riconoscimento non vi è ancora identità di vedute tra i Ventisette, sono anche legati la firma dell'accordo di associazione tra Serbia e UE e l'invio in Kosovo di una forza civile europea.

 

Domenica 17 febbraio sembra essere la data più accreditata per l'annunciata dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo. Il giorno successivo si riuniranno i Ministri degli esteri dell'UE per cercare di trovare una posizione comune che, al momento, sembra ancora lontana. Infatti, se alcuni Stati membri, come l'Italia, ritengono opportuno procedere senza indugio al riconoscimento del nuovo Stato, altri appaiono più reticenti. La questione, ovviamente, va al di là della sola Europa e riguarda l'intero scacchiere internazionale: la Russia difende strenuamente l'integrità della Serbia, mentre gli Stati Uniti propendono per il riconoscimento del Kosovo indipendente. In molti, però temono che la dichiarazione d'indipendenza possa far riesplodere la polveriera balcanica.

 

La Serbia, d'altra parte, non ha nessuna intenzione di perdere la sua provincia. Tant'è che si è quasi sfiorata una crisi interna istituzionale per il rifiuto del Primo Ministro serbo Kostunica di firmare un accordo politico provvisorio di cooperazione con l'Unione europea caldeggiato, invece, dal neo Presidente Tadic. Per il capo del governo serbo, la firma dell'accordo rappresentava «un inganno» volto a far accettare alla Serbia l'indipendenza del Kosovo e, in proposito, ha anche accusato l'UE di «pesante ingerenza negli affari della Serbia». La reazione del commissario all'allargamento Olli Rehn è stata molto dura nei confronti del premier serbo.

 

Lo scorso mese di dicembre, il Consiglio europeo, prendendo atto del fallimento dei negoziati sullo status del Kosovo, aveva convenuto che il mantenimento della situazione attuale «è insostenibile» e aveva quindi sottolineato l'esigenza di progredire verso una soluzione - «essenziale per la stabilità della regione» - che assicuri «un Kosovo democratico e multietnico, votato allo stato di diritto e alla protezione delle minoranze e del patrimonio culturale e religioso». Il Consiglio europeo aveva inoltre riaffermato «che il futuro dei Balcani occidentali è nell'Unione europea». Aveva anche offerto la disponibilità dell'UE ad assistere il Kosovo tramite una missione della PESD e un contributo ad un ufficio civile internazionale nel quadro delle presenze internazionali.

 

Indiscrezioni della stampa, a inizio febbraio, avevano annunciato un accordo tra i Ventisette per una missione civile in grande stile - Eulex Kosovo - composta di 1.800 uomini (di cui 200 italiani) e con un mandato di 28 mesi. Il via libera definitivo alla missione è atteso alla riunione del Consiglio esteri del 18 febbraio ma, al momento, regna soprattutto l'incertezza.

 

Il Kosovo è sotto amministrazione ONU dal 1999. Attualmente è già presente nella regione il contingente militare KFOR della NATO, autorizzato da una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, cui partecipano 26 paesi per un totale di 36.000 uomini, di cui circa 2.800 italiani.

 

Link utili

 

Sito del Consiglio dei Ministri sull'UE in Kosovo

 

Riferimenti

 

Dichiarazioni di Consiglio e Commissione - Kosovo

Dibattito: 20.2.2008

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Crisi umanitaria a Gaza

 

A seguito del dibattito tenutosi in Aula la scorsa sessione in presenza dell'Alto Rappresentante dell'UE per la politica estera, il Parlamento adotterà una risoluzione sulla crisi umanitaria a Gaza, anche alla luce dell'abbattimento del muro da parte della popolazione palestinese alla ricerca di generi di prima necessità.

 

Nel corso del dibattito in Aula molti rappresentanti dei gruppi politici hanno denunciato le difficili condizioni di vita della popolazione di Gaza a causa del blocco imposto alla regione. Alcuni di essi hanno anche lamentato l'appiattimento delle politica UE in Medio Oriente su quella americana.

 

In occasione di una riunione di fine gennaio, la commissione politica dell'Assemblea parlamentare euromediterranea ha rilasciato una dichiarazione in cui esprimeva viva preoccupazione per la situazione a Gaza e la grave crisi umanitaria che colpisce la popolazione palestinese «che reclama il diritto alla libertà». La politica di isolamento, prosegue la dichiarazione, «è chiaramente fallita sia sul piano militare sia su quello umanitario». Ha quindi rivolto un appello a favore del rispetto del diritto internazionale, chiedendo a Israele di porre fine ad ogni azione militare e ad Hamas di cessare il lancio di missili contro civili israeliani. Ha infine incoraggiato l'UE, in cooperazione con la Palestina, Israele e l'Egitto, a continuare gli sforzi per garantire il passaggio ininterrotto al valico di Rafah.

 

Il 20 febbraio si terrà la riunione costitutiva del Gruppo di lavoro sul Medio Oriente, presieduto da Hans-Gert Pöttering. In quella occasione, un alto funzionario della Commissione illustrerà ai deputati il nuovo meccanismo europeo che permetterà la distribuzione degli aiuti comunitari e internazionali alla popolazione palestinese lanciato all'inizio del mese, PEGASE (meccanismo "Palestino-Europeo di Gestione e Aiuto Socio-Economico"). Il programma, che sostituisce il precedente MIT, sosterrà il piano triennale palestinese di riforma e di sviluppo presentato dal Primo Ministro Salam Fayyad alla conferenza dei donatori di Parigi lo scorso 17 dicembre. Agirà in quattro settori essenziali - la governance, lo sviluppo sociale, lo sviluppo economico e del settore privato e le infrastrutture pubbliche - in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme Est, con una dotazione complessiva di circa 190 milioni di euro.

 

 

Link utili

 

Resoconto del dibattito (in inglese e francese)
Dichiarazione della commissione politica dell'Assemblea parlamentare euromediterranea
Sito del programma PEGASE (in inglese)

 

 

Riferimenti

 

Risoluzione sulla situazione a Gaza

Dibattito: 30.1.2008

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DIRITTI UMANI


Prossima riunione del Consiglio ONU dei diritti umani

 

In vista della riunione straordinaria del Consiglio dei diritti umani che si terrà a Ginevra dal 3 al 28 marzo, le dichiarazioni della Presidenza e della Commissione apriranno un dibattito in Aula. Il Parlamento adotterà anche una risoluzione che rappresenterà una sorta di mandato per la delegazione parlamentare che si recherà a Ginevra.

 

 

Link utili

 

Sito del Consiglio dei diritti umani

 

 

Riferimenti

 

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Settimo Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite

Dibattito: 20.2.2008

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GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI


Punire l'apologia e la giustificazione del terrorismo

 

Nell'UE vi sono cellule terroristiche che intendono colpire i cittadini europei. E' quanto sostiene una relazione all'esame dell'Aula che raccomanda una strategia globale di lotta al terrorismo e al reclutamento. I deputati chiedono di sanzionare chi giustifica il terrorismo e di monitorare la propaganda via Internet e nei luoghi di culto. Occorre però garantire la libertà di espressione, evitare di identificare una religione con il terrorismo e favorire il dialogo e l'integrazione sociale.

 

La relazione di Gérard DEPREZ (ALDE/ADLE, BE) sottolinea anzitutto che il terrorismo, «in particolare il terrorismo jihadista», costituisce attualmente «la principale minaccia alla sicurezza dei cittadini dell'Unione», anche perché gli attentati di Londra e Madrid «hanno dimostrato che nell'UE sono attive organizzazioni terroristiche internazionali che cercano di espandersi attraverso il reclutamento e prendono come bersaglio i cittadini dell'Unione».

 

Occorre quindi una strategia globale volta a identificare, combattere e perseguire i responsabili degli attacchi terroristici, ma anche azioni volte a contrastare il reclutamento dei terroristi. In tale ambito la priorità principale per l'UE dovrà essere quella di smantellare le reti terroristiche e perseguire tutte le correlate attività criminali di reclutamento, finanziamento, formazione e propaganda volte ad istigare gli individui a commettere atti terroristici con qualsiasi mezzo, compreso l'uso di Internet. La relazione, al contempo, esorta la Commissione e gli Stati membri a fornire «un solido e specifico sostegno» alle vittime del terrorismo.

 

Il terrorismo non ha giustificazioni, stop alla propaganda

 

La lotta contro il terrorismo, ammoniscono i deputati, «deve svolgersi sulla base dello scrupoloso rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali». Occorre però inserire la "giustificazione del terrorismo" - un «fattore che contribuisce alla radicalizzazione violenta» - nell'ambito d'applicazione della decisione quadro sulla lotta al terrorismo (2002/475/JHA), per essere considerata un reato perseguibile. Tuttavia, precisano i deputati, ciò dovrà intaccare «il meno possibile la libertà di espressione e la libertà di pensiero».

 

La relazione raccomanda quindi agli Stati membri e alle istituzioni UE di intervenire al fine di prevenire la divulgazione di propaganda terroristica attraverso gli strumenti audiovisivi, applicando tutte le disposizioni giuridiche in vigore che vietano l'utilizzo di tali mezzi per la diffusione di qualsiasi incitamento alla violenza, all'odio e alla discriminazione fondata sulla razza, il sesso, l'orientamento sessuale o la religione. In tale contesto, occorre anche rafforzare la vigilanza contro la propaganda realizzata attraverso Internet, sia a livello nazionale che europeo, sulla base di una stretta collaborazione con Europol. Nel rispetto, però, della libertà di espressione e di informazione. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rafforzare il proprio monitoraggio «dei luoghi (come i centri educativi o religiosi) che, divergendo dal loro legittimo obiettivo, sono utilizzati per istigare alla violenza».

 

Per i deputati, inoltre, l'ingresso e il soggiorno sul territorio dell'UE di persone che contribuiscono alla radicalizzazione e incitano a commettere atti terroristici «costituiscono un aspetto fondamentale della lotta contro la radicalizzazione violenta». Ritengono quindi necessario «analizzare le possibilità di adottare misure legislative a livello di Unione europea per armonizzare in tutti gli Stati membri le condizioni di ingresso, soggiorno ed espulsione di tali individui».


 

Studiare i fattori alla base del terrorismo e promuovere il dialogo

 

Secondo i deputati, «la rabbia e la frustrazione sono fattori che generano un terreno fertile per la radicalizzazione violenta», così come l'isolamento sociale e la mancanza di fiducia nella politica e nella democrazia. A loro parere, è quindi importante analizzare e comprendere appieno le ragioni, i motivi e i processi che portano alla radicalizzazione e al terrorismo. Gli Stati membri, pertanto, devono «promuovere energicamente» la ricerca scientifica ed accademica sulla radicalizzazione violenta e destinare le necessarie risorse a questo fine. In tale ambito, «la libera discussione di tali questioni e le possibili soluzioni non devono essere criminalizzate o censurate».

 

Al contrario, occorre incoraggiare «un dialogo effettivo» tra le autorità degli Stati membri e le comunità religiose «che rappresentano un Islam moderato», assicurando la partecipazione sociale di queste ultime, la piena ed effettiva uguaglianza tra le persone appartenenti a tali comunità nonché il dialogo interculturale ed interreligioso». Sarà così possibile riconquistare «il terreno sul quale prospera il radicalismo terroristico».

 

Favorire l'integrazione sociale,

 

D'altra parte, osservando che il terrorismo è basato «su un'interpretazione distorta della religione», i deputati ritengono che l'identificazione di una cultura, di una civiltà o di una religione con il terrorismo «potrebbe avere forti effetti controproducenti» ed è quindi della massima importanza «stabilire una chiara distinzione fra la stragrande maggioranza dei musulmani e una violenta minoranza radicalizzata».

 

A livello europeo è invece essenziale prevenire la divulgazione di messaggi che istigano alla violenza, «attraverso l'istruzione e l'integrazione sociale di determinati individui e gruppi che potrebbero essere sviati da gruppi radicali violenti». Per i deputati, infatti, «le misure repressive non saranno efficaci, e potrebbero perfino rivelarsi controproducenti, se non saranno accompagnate dall'offerta di prospettive concrete e di una posizione nella società ai soggetti particolarmente vulnerabili alla radicalizzazione e al reclutamento». Gli Stati membri devono quindi mobilitare tutti i mezzi possibili per garantire la massima integrazione nella società di tutti i cittadini dell'Unione e di altri residenti nell'UE - «in particolare le comunità musulmane» - «che desiderano vivere pacificamente e in democrazia, senza alcun tipo di discriminazione in base alla razza, alla religione o alle differenze culturali»,

 

Maggiore cooperazione a livello UE

 

Per i deputati, la lotta contro il terrorismo e la radicalizzazione violenta deve rimanere una priorità UE e diventare uno degli elementi chiave della politica esterna UE. Occorre quindi intensificare la cooperazione tra gli Stati membri nonché tra gli Stati membri ed Europol, Eurojust e SitCen, più in particolare tramite lo scambio di informazioni «allo scopo di prevenire, indagare e perseguire la radicalizzazione violenta». Va poi rafforzata la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello UE e bisogna superare le difficoltà che stanno bloccando - in seno al Consiglio - l'adozione di importanti misure legislative, come il mandato d'arresto europeo e la decisione quadro sulle garanzie procedurali in materia penale.

 

La relazione, infine, sottolinea che la presentazione di un fronte unitario da parte delle forze politiche democratiche e il loro pieno sostegno a favore delle strategie antiterrorismo europee e nazionali «costituiscono un elemento essenziale per il successo della lotta al terrorismo».

 

 

Link utili

 

Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo

Strategia antiterrorismo dell'Unione europea

Sito web del Consiglio sulla lotta al terrorismo

Riferimenti

 

Gérard DEPREZ (ALDE/ADLE, BE)

Relazione recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sui fattori che propiziano l'appoggio al terrorismo e attirano nuove reclute tra i terroristi

Doc.: A6-0015/2008

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2008

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CONCORRENZA


Grande distribuzione: norme UE contro gli abusi causati dalle concentrazioni

 

Le piccole aziende, i fornitori e le imprese agricole sono minacciati dalla concentrazione dei supermercati che, sempre di più, impongono prezzi insostenibilmente bassi ai loro fornitori. I consumatori, inoltre, rischiano una perdita di diversità dei prodotti, del patrimonio culturale e dei punti vendita al dettaglio. Per tale ragione i deputati chiedono di valutare gli abusi di posizione dominante nel settore della grande distribuzione e di armonizzare le norme UE per contrastarli.

 

All'apertura della seduta, il Presidente dovrebbe annunciare all'Aula l'iscrizione al processo verbale di una dichiarazione sottoscritta dalla maggioranza dei deputati - e che diventa quindi posizione ufficiale del Parlamento europeo - che chiede alla Commissione di avviare uno studio «sugli effetti che la concentrazione del settore dei supermercati nell'UE sta avendo sulle piccole aziende, i fornitori, i lavoratori e i consumatori».

 

Sollecita, in particolare, di valutare «le eventuali violazioni di potere d'acquisto che possono derivare da tale concentrazione». Chiede inoltre di proporre «azioni adeguate, anche a livello regolamentare, per tutelare i consumatori, i lavoratori e i produttori da qualsiasi abuso di posizione dominante o dagli effetti negativi» rilevati nel corso del suo studio. I deputati, infatti, osservano che il settore della distribuzione alimentare all'interno dell'UE «è sempre più dominato da un numero limitato di catene di supermercati» che «stanno rapidamente divenendo "guardiani" del mercato», controllando «l'unico vero accesso degli agricoltori e di altri fornitori ai consumatori dell'UE».

 

Sottolineano poi che, stando a diverse testimonianze, i grandi supermercati europei «stanno abusando del loro potere d'acquisto per mantenere a livelli insostenibilmente bassi i prezzi corrisposti ai fornitori (con sede nell'UE o meno), imponendo loro condizioni inique». A loro parere, «tali restrizioni sui fornitori implicano effetti a catena negativi sia sulla qualità dell'occupazione sia sulla protezione ambientale», mentre i consumatori «potrebbero dover affrontare una perdita di diversità dei prodotti, del patrimonio culturale e dei punti vendita al dettaglio». Osservando infine che, sebbene alcuni Stati membri abbiano presentato una normativa nazionale volta a limitare tale abuso, i grandi supermercati gestiscono attività che sono sempre più a carattere transnazionale, i deputati auspicano «l'armonizzazione della legislazione UE».

 

Background - la grande distribuzione organizzata in Italia e in Europa

 

In Italia, tra il 1996 e il 2006, il numero di punti vendita al dettaglio è aumentato sensibilmente sia per quanto riguarda i negozi tradizionali sia per la distribuzione moderna. Per i primi questa tendenza complessiva è dovuta esclusivamente agli esercizi che vendono prodotti non alimentari (+19%) che hanno controbilanciato il declino dei negozi alimentari --14%). Per la distribuzione moderna sono aumentati i punti vendita di entrambe le tipologie di prodotti, ma la crescita è nettamente più marcata per i non alimentari (+60% contro +34%).

 

Il risultato è che, in Italia, la quota di mercato della grande distribuzione organizzata (GDO) è passata, in dieci anni, dal 36 al 52%, mentre quella dei negozi tradizionali è scesa dal 53 al 35,6%. Un lieve aumento si è registrato anche per altri tipi di canali di vendita, come il porta a porta e gli ambulanti. Questo ribaltamento è ancora più evidente per quanto riguarda i generi alimentari: la quota di mercato della GDO è passata dal 50% al 69%, mentre quella dei negozi tradizionali è scesa dal 41% al 21%. Stessa tendenza, si è registrata per i beni non alimentari: la quota di mercato della GDP è infatti passata dal 20 al 35%, mentre quella dei negozi tradizionali è scesa dal 67 al 50%.

 

Allo stesso tempo, nel comparto alimentare europeo si è verificato un importante fenomeno di concentrazione nel settore della GDO, con il risultato che la quota di mercato dei 5 principali operatori ha raggiunto, tra il 1993 e il 2002, più del 69%. Più precisamente, nell'ambito dei super e ipermercati, i primi cinque distributori hanno una quota di mercato pari al 90% in Francia, al 76% in Germania, al 70% nel Regno Unito, al 57% in Spagna e al 55% in Italia.

 

A livello internazionale, sempre per quanto riguarda gli alimenti, il leader della grande distribuzione organizzata è Wal Mart, con una cifra d'affari che, nel 2005, ha superato i 250 miliardi di euro. Al secondo posto, ma molto più lontano, si trova il gruppo francese Carrefour che ha fatturato "solo" 75 miliardi di euro. Seguono poi un altro americano e un gruppo tedesco Metro (circa 56 miliardi di euro). Il primo italiano - Coop Italia - si posiziona al 49° posto, con 11,5 miliardi di euro di cifra d'affari. Per quanto riguarda il nostro Paese, al secondo posto si posiziona Conad (circa 8 miliardi di euro), seguito da Carrefour Italia, Interdis e Selex (tutti circa 7 miliardi), da Auchan/SMA (5,7 miliardi), Esselunga (5,4), Sisa e Despar (4 miliardi) e C3 (3,5 miliardi).

 

 

Link utili

 

Testo completo della dichiarazione scritta
Mappa del sistema distributivo italiano

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CONSUMATORI


Industria: prodotti sicuri se c'è il marchio CE

 

L'Aula esaminerà le nuove disposizioni da rispettare nella futura legislazione UE sulla commercializzazione dei prodotti. I deputati chiedono di chiarire le condizioni per il ricorso al marchio CE di conformità e sollecitano sanzioni, anche penali, per coloro che ne fanno un uso improprio. Per tutelare i consumatori, caldeggiano maggiori responsabilità per gli importatori riguardo ai prodotti che immettono nel mercato comunitario. Ma auspicano anche una certa flessibilità per le PMI.

 

Il Parlamento esaminerà un pacchetto di nuove norme che ambiscono ad essere applicate - in modo coerente, trasparente e armonizzato, e con strumenti standardizzati - ai prodotti venduti nell'UE. Si tratta, più precisamente, di due regolamenti che, tra le altre cose, intendono agevolare la libera circolazione delle merci nell'UE attraverso un rafforzamento del principio del mutuo riconoscimento delle norme tecniche nazionali e stabilire norme per la sorveglianza del mercato e l'accreditamento dei prodotti.

 

Il pacchetto comprende anche una decisione sui generis che intende istituire un quadro generale orizzontale da applicare alla futura normativa sull'armonizzazione delle condizioni di commercializzazione dei prodotti, rappresentando al contempo un testo di riferimento per la normativa esistente. La decisione fornisce definizioni e obblighi generali per gli operatori economici e una serie di procedure di valutazione della conformità. Stabilisce inoltre le norme relative al marchio CE.

 

Proprio in chiusura di redazione, dei negoziati avviati dai relatori con il Consiglio si sono conclusi con un accordo sull'intero pacchetto. E' quindi probabile che, in Plenaria, saranno presentati dei maxi-emendamenti che, se accolti dal Parlamento, permetteranno la definitiva adozione del pacchetto. Di seguito figura la posizione espressa dalla commissione parlamentare per il mercato interno  in merito al marchio CE.

 

La relazione di Christell SCHALDEMOSE (PSE, DK) sul marchio CE chiede anzitutto di ampliare il campo d'applicazione della decisione dal quale la Commissione propone di escludere la legislazione sugli alimenti e sui mangimi, sul tabacco, sui medicinali umani e veterinari, sulle norme di qualità del sangue umano e sulla donazione di tessuti umani.

 

Conformità dei prodotti e marchio CE

 

Un emendamento stabilisce il principio generale secondo cui i prodotti immessi sul mercato comunitario devono rispettare tutta la normativa applicabile. Ai fini di chiarezza, inoltre, i deputati introducono la definizione di "marchio CE", ossia «un marchio che attesta la dichiarazione del fabbricante secondo cui il prodotto è conforme a tutte le norme applicabili per la sua immissione sul mercato UE». La proposta di decisione dispone quanto necessario per la "valutazione di conformità" e per la "dichiarazione CE di conformità". Quest'ultima «attesta che è stata dimostrata la conformità» alle pertinenti prescrizioni e, con essa, «il fabbricante si assume la responsabilità» per la conformità del prodotto.

 

Per i deputati, il marchio CE «dovrebbe essere l'unico marchio dal quale risulti che un prodotto è conforme alla normativa comunitaria» che ne prevede l'affissione. Tuttavia, propongono di lasciare la possibilità di continuare ad utilizzare marchi nazionali, purché questi «forniscano informazioni supplementari al consumatore e la normativa comunitaria non li riguardi». Altrimenti, gli Stati membri sono chiamati a non introdurre e a ritirare marchi di conformità nazionali.
 

La decisione vieta inoltre l'apposizione su un prodotto di marchi, segni e iscrizioni che possano indurre in errore circa il significato e/o il simbolo grafico del marchio CE (le cui caratteristiche sono dettagliatamente definite dalla decisione stessa). Un emendamento chiede poi agli Stati membri di garantire la corretta applicazione di queste disposizioni e di procedere giuridicamente contro l'uso improprio del marchio CE, prevedendo anche sanzioni, incluse quelle di natura penale, per le infrazioni gravi. Le sanzioni, è precisato, devono essere proporzionali alla gravità dell'infrazione e «costituire un deterrente efficace».

 

Un altro emendamento chiede alla Commissione di lanciare una campagna di informazione - rivolta soprattutto agli operatori economici, alle organizzazioni dei consumatori e settoriali nonché agli addetti alle vendite - per garantire una maggiore sensibilizzazione in materia di marchio CE.

 

Maggiori responsabilità sugli importatori per i danni causati dai prodotti

 

I deputati precisano che i prodotti immessi sul mercato UE «devono soddisfare la pertinente normativa comunitaria applicabile», mentre gli operatori economici - fabbricanti, importatori, distributori, ecc. - «devono essere responsabili della conformità del prodotto», in modo da garantire la sicurezza dei consumatori, il rispetto dell'ambiente e un'equa concorrenza sul mercato comunitario. «Tutti gli operatori economici che immettono prodotti sul mercato», insiste un altro emendamento, «devono sottostare a obblighi uguali e quindi avere la stessa responsabilità per quanto riguarda la conformità dei propri prodotti».

 

Una particolare attenzione è attribuita agli importatori e, in tale ambito, diversi emendamenti sono tesi a precisarne le responsabilità e gli obblighi. Gli importatori, ad esempio, devono essere obbligati a immettere sul mercato «solo prodotti conformi». Devono anche avere il compito di assicurare - e non solo verificare, come proposto dalla Commissione - che il fabbricante abbia eseguito l'appropriata procedura di valutazione di conformità dei prodotti e preparato la documentazione tecnica. Spetta loro inoltre assicurare che sul prodotto siano apposti i marchi di conformità prescritti. Se un importatore scopre che un prodotto non è conforme, un emendamento dispone che egli non può immetterlo sul mercato «fino a quando non viene effettuata un'adeguata valutazione del rischio e il prodotto non è reso conforme».

 

Inoltre, i deputati precisano che in tutti i casi in cui risulti opportuno per la tutela della salute e per la sicurezza dei consumatori, «gli importatori eseguono prove a campione dei prodotti commercializzati, esaminano i reclami e, se del caso, mantengono un registro dei reclami, dei prodotti non conformi e dei richiami di prodotti e informano i distributori di un tale monitoraggio». Devono inoltre garantire che tutte le informazioni da loro fornite per quanto concerne i prodotti importati «siano accurate e conformi alla normativa comunitaria applicabile». Ma non solo, un altro emendamento stabilisce che gli importatori, unitamente al produttore estero, «sono ritenuti congiuntamente responsabili dei danni causati da prodotti pericolosi o non conformi che hanno immesso sul mercato».

 

I deputati sottoscrivono la proposta secondo cui un importatore o distributore che rende disponile sul mercato un prodotto con il proprio nome o marchio commerciale, «è soggetto agli obblighi del fabbricante». Avallano inoltre la disposizione che impone a tutti gli operatori economici di garantire la tracciabilità dei prodotti lungo la filiera, ossia la capacità di identificare da chi hanno ottenuto questi prodotti e a chi li hanno forniti. Precisano, d'altra parte, che tale capacità deve essere assicurata per un massimo di dieci anni.  

 

No a deroghe generali, ma flessibilità per le PMI

 

I deputati riconoscono che la normativa comunitaria «deve tener conto della situazione specifica delle piccole e medie imprese produttrici in relazione agli oneri amministrativi». Tuttavia, ritengono che non si debbano prevedere eccezioni e deroghe generali per tali imprese, poiché ciò complicherebbe la situazione giuridica che le autorità di vigilanza del mercato nazionali dovrebbero sorvegliare.

Pertanto, sostengono che la legislazione UE dovrebbe far sì che la situazione delle PMI «venga considerata nell'ambito delle norme per la scelta e l'attuazione delle procedure più idonee in materia di valutazione della conformità e degli obblighi imposti agli organismi di valutazione della conformità, affinché operino in modo proporzionato rispetto alle dimensioni delle imprese e alla limitata natura seriale o non seriale della produzione in questione». Precisano poi che la decisione lascia libero il legislatore di usare la «necessaria flessibilità» per trattare tali situazioni «senza dover creare inutili soluzioni di ripiego per le PMI».

 

 

Link utili

 

Proposta della Commissione

 

 

Riferimenti

 

Christell SCHALDEMOSE (PSE, DK)

Relazione Relazione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti

Doc.: A6-0490/2007

&

André BRIE (GUE/NGL, DE)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti

Doc.: A6-0491/2007

&

Alexander STUBB (PPE/DE, FI)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce procedure relative all'applicazione di determinate norme tecniche nazionali a prodotti legalmente commercializzati in un altro Stato membro e che abroga la decisione n. 3052/95/CE

Doc.: A6-0489/2007

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 19.2.2008

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COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE


Promuovere le esportazioni delle PMI europee

 

Una relazione all'esame dell'Aula sollecita un'ambiziosa strategia di accesso ai mercati extra-UE capace di accrescere la competitività delle imprese europee, in particolare delle PMI. A tal fine occorre rimuovere gli ostacoli tariffari e non tariffari, garantire il rispetto delle norme internazionali, in particolare sulla proprietà intellettuale, e promuovere un accordo multilaterale che favorisca l'accesso ai mercati. E' anche necessario migliorare l'assistenza alle imprese esportatrici.

 

Nel rispondere alla comunicazione della Commissione "Europa globale: un partenariato rafforzato per assicurare l'accesso ai mercati per gli esportatori europei", la relazione di Ignasi GUARDANS CAMBÓ (ALDE/ADLE, ES) sottolinea anzitutto la necessità di una strategia di accesso ai mercati «riveduta e più ambiziosa», tesa ad aprire nuovi mercati mondiali ai prodotti e ai servizi europei. Ciò, per i deputati, dovrebbe «rafforzare il ruolo dell'Unione europea nel mondo», salvaguardare i posti di lavoro esistenti in Europa e crearne di nuovi, nonché accrescere la competitività dell'Unione europea. Quest'ultima, pertanto, «dovrebbe impegnarsi al massimo per ottenere concessioni dai suoi partner commerciali che siano proporzionate al loro livello di sviluppo».

 

La relazione appoggia quindi la messa a punto di iniziative specifiche per affrontare in particolare gli ostacoli commerciali nel settore dei servizi, degli appalti pubblici, degli investimenti e dei diritti di proprietà intellettuale, degli aiuti di Stato e altri sussidi, come anche per stabilire regole in materia di concorrenza e garantire la loro adeguata applicazione ai paesi terzi.  Sollecita poi la Commissione e gli Stati membri a fare in modo che le PMI «siano in grado di trarre sistematicamente vantaggio dalle nuove iniziative in materia di accesso ai mercati», mettendo a punto misure ad hoc volte a rafforzare la presenza dei prodotti delle PMI sui mercati dei paesi terzi e a difendere i loro diritti legittimi contro pratiche unilaterali di tali paesi.

 

Rimuovere gli ostacoli all'export UE

 

Nel ricordare che la strategia dell'UE per assicurare l'accesso ai mercati «riguarda specificamente le economie sviluppate ed emergenti», la relazione sottolinea che le esportazioni europee verso questi paesi «sono spesso ostacolate dalla mancanza di reciprocità per quanto riguarda le condizioni di accesso ai mercati, dallo scarso grado di osservanza delle regole del commercio internazionale e dalla proliferazione di pratiche commerciali sleali». Osserva, peraltro, che i diritti di proprietà intellettuale e industriale, comprese le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine, «non sono tutelati efficacemente dai partner commerciali dell'UE a livello mondiale».

 

Sollecita quindi la Commissione a «reagire rapidamente e con fermezza» di fronte a queste pratiche e a garantire che l'applicazione delle norme stabilite a livello internazionale «non sia subordinata a considerazioni di ordine politico o economico». Invita quindi i partner commerciali dell'Unione europea a smantellare tutti gli ostacoli che limitano l'accesso al mercato di beni e servizi, nonché ad abrogare le restrizioni alla proprietà estera nei confronti delle imprese europee e a sopprimere le norme discriminatorie. Se condotta con successo, spiegano i deputati, la lotta contro gli ostacoli commerciali «stimolerà gli investimenti, la produzione e il commercio nell'Unione europea e a livello mondiale», tra l'altro rendendo le condizioni di accesso ai mercati «più trasparenti, prevedibili e concorrenziali».

 

Un accordo multilaterale sull'accesso ai mercati

 

La relazione chiede anche una maggiore coerenza tra le norme e prassi dell'Unione europea e quelle dei suoi principali partner commerciali. Ma sottolinea che l'armonizzazione di norme e regolamentazioni «non dovrebbe indebolire la legislazione europea nel campo della salute, della sicurezza, dell'ambiente e in materia sociale», bensì «favorire l'adozione di norme più rigorose da parte dei principali partner commerciali dell'UE». Evidenzia, peraltro, la necessità di creare sinergie con i principali partner commerciali dell'Unione europea (come gli Stati Uniti d'America, il Canada e il Giappone) per definire una strategia comune di accesso ai mercati e «spianare la strada alla conclusione di un accordo multilaterale sull'accesso ai mercati».

 

Sollecita poi la Commissione a promuovere meccanismi specifici - a livello di Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) - che consentano un esame e una risposta più rapidi rispetto all'emergere di nuovi ostacoli non tariffari. Occorre inoltre continuare a porre chiaramente l'accento sull'applicazione delle norme e garantire che i paesi terzi ottemperino ai propri obblighi, «ricorrendo al meccanismo per la composizione delle controversie dell'OMC per far valere tale diritto». Anche perché gli accordi di libero scambio con i paesi partner dell'UE «non avranno alcun senso» se questi non assicurano «un significativo accesso al mercato» e progressi reali nella riduzione e nella soppressione delle barriere non tariffarie, «che spesso distorcono la concorrenza più di quanto non facciano le barriere tariffarie».

 

Una migliore assistenza alle PMI

 

Nel sottolineare la necessità di un'ulteriore cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri al fine di condividere informazioni e prassi di eccellenza, la relazione, chiede la creazione di servizi di assistenza (helpdesk) nazionali o regionali «per centralizzare informazioni e segnalazioni, prestando particolare attenzione agli interessi e alle esigenze delle PMI». L'efficacia di tali reti, è precisato, «aumenterebbe notevolmente se le associazioni industriali nazionali e locali, le camere di commercio, le associazioni di PMI e gli enti di promozione del commercio partecipassero alla loro creazione».

 

La Commissione, nell'attuare la sua strategia di accesso ai mercati, dovrebbe poi prevedere la creazione di un vero e proprio registro delle denunce e di un servizio assistenza agli Stati membri e alle imprese (con una sezione riservata alle PMI), nonché mettere a punto degli orientamenti strutturati per le priorità, precisando quali sono i mercati, i settori e gli ostacoli sui quali è opportuno focalizzare l'attenzione. Dovrebbe inoltre rivedere e potenziare la politica di comunicazione sui servizi in materia di accesso ai mercati, con un'attenzione particolare per le PMI, e migliorare la banca dati sull'accesso ai mercati «per renderla di più facile uso e più rispondente alle esigenze delle aziende». I deputati invitano poi la Commissione a rafforzare la sua posizione negli organismi internazionali di normalizzazione, come l'ISO.

 

La relazione sollecita infine la Commissione e gli Stati membri ad accrescere la cooperazione con le camere di commercio europee, con le associazioni commerciali e con gli enti di promozione del commercio degli Stati membri situati in paesi terzi, nonché a garantire un adeguato scambio di informazioni tra le delegazioni, le ambasciate degli Stati membri, gli altri enti governativi di promozione del commercio estero e le associazioni industriali europee interessate. Ribadisce, peraltro, che la strategia di accesso ai mercati «avrà successo soltanto se gli Stati membri saranno disposti a contribuire con le proprie risorse, tanto umane quanto finanziarie».

 

Link utili

Comunicazione della Commissione - Europa globale: un partenariato rafforzato per assicurare l'accesso ai mercati per gli esportatori europei

Relazione 2006 sulle azioni di difesa commerciale dei paesi terzi contro l'UE (in inglese)

Banca dati sull'accesso ai mercati

 

Riferimenti

Ignasi GUARDANS CAMBÓ (ALDE/ADLE, ES)

Relazione sulla strategia dell'Unione europea per assicurare alle imprese europee l'accesso ai mercati

Doc.: A6-0002/2008

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2008

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POLITICA SOCIALE


Favorire natalità e immigrazione per cogliere la sfida demografica

 

I cambiamenti demografici nell'UE sono preoccupanti, ma non irreversibili. Una relazione all'esame dell'Aula chiede di promuovere la natalità con servizi alle famiglie, misure a favore delle lavoratrici e rimborsi per la cura della sterilità. Occorre poi agevolare le carriere dei cinquantenni e il lavoro dopo i 65 anni, garantendo la solidarietà generazionale e pensioni decenti. Ma anche una politica UE dell'immigrazione per integrare il mercato del lavoro e finanziare i sistemi pensionistici.

 

L'età media della popolazione europea potrebbe passare da 39 anni nel 2004 a 49 anni nel 2050. A quella data, infatti, il numero dei giovani di età compresa fra 0 e 14 anni passerà da 100 milioni (indice 1975) a 66 milioni, mentre il numero degli anziani di oltre 80 anni passerà dal 4,1% nel 2005 all'11,4%. La popolazione in età lavorativa scenderebbe a 268 milioni e la media europea del tasso di dipendenza anziani (il numero di persone con più di 65 anni diviso per il numero di persone fra i 14 e i 65 anni) passerebbe dal 25% del 2004 al 53% nel 2050. Nel frattempo l'importanza relativa della popolazione europea a livello mondiale passebbe dal 15% del secolo scorso al 5% nel 2050.

 

La relazione di Françoise CASTEX (PSE, FR) prende nota «con preoccupazione» di queste proiezioni demografiche ma sottolinea che queste «non sono previsioni irreversibili», bensì costituiscono dei «seri segnali d'allarme». Segnali di cui tener conto «per preparare, sin d'ora, le risposte di domani, mantenere la competitività, un'economia sostenibile, la coesione sociale, la solidarietà tra le generazioni e il modello sociale europeo». I deputati, peraltro, ricordano che le due principali cause dei cambiamenti demografici, ovvero il calo del tasso di natalità e l'invecchiamento della popolazione, «sono frutto del progresso».

 

Più sostegni alle famiglie per aumentare la natalità

 

In tale ambito, sottolineano che il controllo della fertilità da parte della donna «è il risultato della sua emancipazione e va di pari passo con l'aumento del livello d'istruzione delle giovani donne e con la partecipazione delle donne alla vita attiva e alle responsabilità pubbliche». E questo deve essere considerato come «una conquista irreversibile per l'umanità». Ma il tasso medio di natalità (1,5%) «anormalmente basso» nell'Unione «non è imputabile alla sola volontà delle donne, né riflette le aspirazioni dei cittadini europei a fondare una famiglia».

 

Il calo allarmante di natalità, per i deputati, è infatti legato alla difficoltà di conciliare vita professionale e vita familiare a causa della mancanza di strutture di custodia per i bambini in tenera età e di sostegni socioeconomici alle famiglie e all'occupazione delle donne. Riconoscendo che una società che pone i minori al centro delle sue politiche «è il presupposto fondamentale per un aumento del tasso di natalità», ritengono possibile modificare le curve di natalità con politiche pubbliche concertate.

 

Gli Stati membri sono pertanto sollecitati a adottare misure volte alla creazione di strutture di custodia dei bambini, di buona qualità e a prezzi accessibili. Tali strutture, precisano i deputati, devono essere considerate «servizi universali, a disposizione di tutti quanti ne necessitino». Di conseguenza, raccomandano di conciliare gli investimenti pubblici e privati nel settore dell'assistenza all'infanzia e nel sistema di istruzione prescolare.

 

I deputati invitano poi gli Stati membri a esaminare, nel contesto delle loro misure di promozione dell'istituto della famiglia, la possibilità di riconoscere la durata del servizio, la sicurezza sociale e i diritti pensionistici ai familiari che svolgono il lavoro informale di assistenza all'infanzia. Occorre inoltre adottare azioni positive a favore della genitorialità, come diritti supplementari alla pensione e sgravi fiscali per la creazione di asili nido aziendali e concedere un aiuto mirato ai giovani genitori che proseguono la loro formazione e i loro studi.

 

La relazione invita poi gli Stati membri ad ispirarsi alle migliori pratiche per quanto riguarda la durata dei congedi di maternità, nonché per quanto riguarda i congedi parentali, le cure e l'accompagnamento prenatale, la garanzia di remunerazione durante la gravidanza e la reintegrazione nello stesso posto di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero inoltre trasporre la direttiva UE sulla promozione della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allettamento e adottare, nell'ambito della stessa direttiva, misure contro i datori di lavoro che discriminano direttamente o indirettamente le lavoratrici che desiderano la maternità. Ma occorre anche promuovere misure fiscali che stimolino l'aumento del tasso di natalità, garantendo alle donne, dopo il parto, una protezione e un sostegno specifici, in particolare alle giovani madri sole.

 

Inoltre, evidenziando «l'enorme disparità» tra uomini e donne per quanto riguarda l'importo medio della pensione, i deputati chiedono agli Stati membri di adottare misure affinché l'interruzione dell'attività professionale per maternità e congedi parentali «cessi di rappresentare una penalizzazione nel calcolo dei diritti pensionistici delle donne». Incoraggiano poi gli Stati membri a prevedere bonifici nelle pensioni in funzione del numero di bambini allevati e a riconoscere il ruolo dell'assistenza alla persona nella società.

 

Nel sottolineare che «i modelli familiari stanno cambiando», la relazione chiede alla Commissione e agli Stati membri di «tenere seriamente conto di tale realtà» all'atto di elaborare e attuare le loro politiche. Inoltre, nel porre in luce l'esigenza di migliorare la legislazione europea a favore della protezione della paternità, sollecita misure per favorire il coinvolgimento dei padri nella vita familiare sviluppando il diritto ai congedi di paternità e la promozione dei diritti dei padri per quanto concerne l'educazione e l'affidamento dei figli, in particolare in caso di separazione e di divorzio.

 

La Commissione è anche invitata a prendere in considerazione il delicato problema della sterilità «che riguarda le donne, coniugate o meno, o le coppie». La sterilità, per i deputati, dev'essere oggetto di una raccomandazione specifica affinché tutti gli Stati membri la riconoscano e il suo trattamento medico e psicologico «sia rimborsato». Va inoltre garantito il diritto delle coppie «all'accesso universale alla procreazione medicalmente assistita, adottando misure volte a ridurre i relativi ostacoli finanziari e di altro tipo».

 

Allo stesso tempo occorre trattare la questione dell'adozione, proponendo alle coppie questa soluzione in ogni momento del trattamento contro la sterilità, come alternativa al trattamento stesso. Nell'invitare poi gli Stati membri ad aumentare l'età per l'adozione legale, i deputati invitano gli Stati membri a facilitare l'affidamento a famiglie di accoglienza dei bambini vittime di maltrattamenti, orfani o allevati da istituzioni specializzate. Occorre poi riflettere a livello europeo sulle procedure di adozione dei bambini originari di Stati membri o di paesi terzi.

 

Aiutare la carriera degli ultracinquantenni, sì al lavoro dopo i 65 anni

 

La relazione chiede un approccio globale e qualitativo delle risorse umane e propone di definire un "ciclo della vita attiva" coniugando la formazione, l'apprendimento permanente e la valorizzazione delle conoscenze e delle qualifiche formali ed informali, come anche delle carriere, dall'inizio alla fine della vita lavorativa.

 

Sollecita quindi una riforma della gestione attuale delle risorse umane in Europa e, in particolare, una riforma radicale della gestione delle carriere dei salariati anziani. Questi sono infatti penalizzati dopo i 50 anni, mediante discriminazioni all'assunzione o un accesso limitato alla formazione, il non riconoscimento dell'esperienza acquisita e la rarità delle promozioni professionali. Invita anche gli Stati membri a lanciare un maggior numero di programmi governativi miranti a promuovere l'occupazione degli anziani.

Pur ricordando che il principio dell'età legale per il pensionamento «costituisce una conquista dei modelli sociali europei», i deputati chiedono agli Stati membri e alle parti sociali di promuovere, «e non di impedire», la fissazione di norme ed accordi che consentano di prolungare, conformemente alla volontà dei lavoratori, la vita lavorativa oltre i 65 anni «con agevolazioni fiscali e sociali tanto per il lavoratore quanto per l'impresa». Occorre anche esplorare le possibilità di tempo parziale, orario di lavoro modificato, telelavoro e lavoro condiviso e creare una forma innovativa di pensionamento progressivo. Sulla base della contrattazione collettiva autonoma o in consultazione con i comitati aziendali, va diminuito quanto prima il ricorso delle imprese ai prepensionamenti.

 

I deputati incoraggiano poi gli investimenti nell'istruzione e nella formazione per aumentare il livello di preparazione di base di tutti e lo sviluppo di misure di sostegno all'inserimento professionale iniziale dei giovani e al reinserimento professionale dei lavoratori anziani. Sottolineano, peraltro che il lavoro a tempo parziale «rappresenta uno strumento intermedio utile ai fini del reinserimento sul mercato del lavoro», soprattutto nelle imprese più piccole. Chiedono poi alla Commissione e agli Stati membri di affrontare con urgenza la questione degli aiuti all'occupazione, «considerato l'aumento dell'età pensionabile previsto in molti Stati membri».

 

Garantire la solidarietà fra le generazioni

 

La maggiore speranza di vita è «un dato positivo». I deputati chiedono pertanto all'Unione di assicurare che gli Stati membri si premuniscano contro il rischio di povertà dei pensionati «cui mancano i mezzi per permettersi un alloggio, curarsi e giungere al termine della vita in maniera dignitosa». Allo stesso tempo occorre ammodernare i regimi pensionistici per assicurare la loro sostenibilità finanziaria e consentire loro di assorbire gli effetti dell'invecchiamento della popolazione. Gli Stati membri sono quindi invitati a riflettere in modo coordinato sulle possibili riforme «che potrebbero garantire la sostenibilità nel tempo dei sistemi pensionistici e di protezione sociale».

 

La relazione, d'altra parte, ricorda che il principio di solidarietà fra le generazioni si fonda sul fatto che la popolazione attiva si fa carico dei costi per la protezione e la salute della popolazione non attiva (bambini, giovani, persone dipendenti e anziani). Insiste quindi affinché tale principio «venga mantenuto nonostante il prevedibile squilibrio demografico». In proposito, invita la Commissione e gli Stati membri ad applicare misure più rigorose contro il mancato pagamento delle tasse e dei contributi per l'assistenza sociale al fine di garantire la sostenibilità dei sistemi pensionistici.

 

Immigrazione per integrare il mercato del lavoro e finanziare i sistemi pensionistici

 

La relazione rileva che il ricorso all'immigrazione «è, e continuerà ad essere, un elemento della demografia dell'Unione nonché un apporto positivo dal punto di vista economico, sociale e culturale». Chiede pertanto alla Commissione, agli Stati membri e alle parti sociali «di sviluppare un approccio sereno e ragionato» dell'immigrazione in modo da contrastare le opinioni e gli atteggiamenti xenofobi e razzisti e promuovere la completa ed effettiva integrazione dei migranti nella società. Per i deputati, soprattutto nelle regioni a forte emigrazione, l'integrazione dei migranti è «una misura politica strategicamente importante» per frenare l'impatto negativo del cambiamento demografico.

 

Sottolineano inoltre la necessità di definire le politiche in materia di immigrazione e di coordinarle fra gli Stati membri con il duplice scopo di rispondere alle necessità del mercato del lavoro e di finanziare i sistemi pensionistici nazionali garantendo agli immigrati parità di condizioni di vita e di lavoro. Nel chiedere alla Commissione di presentare nei tempi più brevi una strategia e misure specifiche per l'immigrazione economica, ritengono opportuno rafforzare le politiche di integrazione negli Stati membri al fine di facilitare lo stabilimento di migranti nell'Unione. Al contempo, occorre garantire la loro sicurezza giuridica e sociale lottando risolutamente conto le organizzazioni clandestine e sanzionando i datori di lavoro che si avvalgono del lavoro illegale senza criminalizzare gli immigrati clandestini.

La Commissione e gli Stati membri sono inoltre invitati a diversificare i regimi previsti per i lavoratori migranti di paesi terzi, dal contratto di lavoro temporaneo a contratti di media e lunga durata, per «rispondere sia ai bisogni del mercato del lavoro che a scelte di vita diverse». La relazione chiede poi di permettere ai lavoratori migranti di optare per il regime permanente dopo un certo periodo di residenza e ai loro familiari di ottenere un permesso di soggiorno e, se necessario, un permesso di lavoro.

 

Infine, i deputati chiedono di assistere le regioni europee interessate dall'emigrazione netta garantendo un alto livello di servizi di interesse generale, di accessibilità e di tutelare la partecipazione economica e le competenze, in particolare nelle isole, nelle zone di frontiera, nelle regioni di montagna e nelle altre aeree lontane dai centri popolati.

 

 

Link utili

 

Comunicazione della Commissione: Il futuro demografico dell'Europa - trasformare una sfida in un'opportunità
Comunicazione della Commissione: Promuovere la solidarietà tra le generazioni
Documento di lavoro della Commissione - dati demografici (in inglese)
Focus sul deficit demografico con intervista alla relatrice su Europarl

 

 

Riferimenti

 

Françoise CASTEX (PSE, FR)

Relazione sul futuro demografico dell'Europa

Doc.: A6-0024/2008

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 20.2008

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Censimenti comparabili a livello europeo

 

Il Parlamento è chiamato a adottare il regolamento volto ad armonizzare i dati dei censimenti sulla popolazione e sulle abitazioni nell'UE. Il compromesso con il Consiglio accoglie l'idea dei deputati di stabilire dei criteri per valutare la qualità dei dati raccolti che, peraltro, dovranno risalire allo stesso anno di riferimento in tutta l'Unione. E' poi modificato l'elenco degli argomenti da trattare nei censimenti, ma alcune integrazioni suggerite dai deputati non sono state accolte.

 

In quasi tutte le sfere d'azione dell'UE che riguardino questioni economiche, sociali o ambientali, sono necessari dati di qualità sulla popolazione, utili ai fini della formulazione degli obiettivi strategici e della valutazione dei progressi. I dati censuari permettono di raffrontare in maniera efficace la situazione dei diversi Stati membri dell'UE. Tali dati possono essere utilizzati direttamente (ad esempio, per accertare il numero delle persone interessate da un certo problema o da una data misura) o come denominatore "pro capite" a fini di comparabilità. I dati censuari comparabili a livello europeo costituiscono il cardine delle stime annuali della popolazione, delle indagini per campione e delle analisi regionali.

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Ona JUKNEVIČIENĖ (ALDE/ADLE, LT), il Parlamento è chiamato ad approvare il regolamento teso a armonizzare la raccolta di dati necessari ai censimenti sulla popolazione e sulle abitazioni per renderli comparabili a livello europeo. Gran parte del compromesso ricalca quanto suggerito dai deputati nella relazione proposta dalla commissione per l'occupazione e gli affari sociali. Il compromesso ha riguardato soprattutto l'elenco degli argomenti da trattare nei censimenti.

 

La raccolta di dati statistici periodici sulla popolazione e sulle principali caratteristiche familiari, sociali, economiche e abitative è necessaria per l'esame e la definizione di misure di politica regionale, sociale e ambientale che interessano la Comunità. Un emendamento osserva, in particolare, che è necessario raccogliere informazioni dettagliate sulle abitazioni a supporto di varie attività della Comunità, quali la promozione dell'inclusione sociale e il monitoraggio della coesione sociale a livello regionale, nonché la protezione dell'ambiente e la promozione dell'efficienza energetica.

 

In forza al regolamento, gli Stati membri dovranno presentare i dati alla Commissione (Eurostat) secondo dettagliate modalità descritte nel provvedimento stesso. Per i deputati, questi dati devono riguardare «determinate caratteristiche demografiche, sociali ed economiche di persone, famiglie e nuclei familiari, come pure le abitazioni ai livelli nazionale, regionale e locale». Dati e metadati «definitivi, convalidati e aggregati» dovranno essere trasmessi entro 27 mesi dalla fine dell'anno di riferimento (contro i 24 proposti dalla Commissione). Un lungo emendamento precisa i criteri di "qualità" cui devono attenersi i dati trasmessi, come la rilevanza, l'accuratezza, la chiarezza, la comparabilità e la coerenza. La Commissione dovrà stabilire raccomandazioni metodologiche a tal fine.

 

Al fine di assicurare la comparabilità dei dati forniti dagli Stati membri e l'elaborazione di analisi affidabili a livello comunitario, un emendamento suggerito dai deputati prevede che i dati utilizzati si riferiscano allo stesso anno di riferimento. Ogni Stato membro può determinare una data alla quale si riferiscono i suoi dati. Tale data di riferimento, tuttavia, deve situarsi in un anno di riferimento stabilito dal regolamento. Il primo di questi anni deve essere il 2011, mentre i successivi saranno stabiliti dalla Commissione e dovranno situarsi all'inizio di ogni decennio. Un altro emendamento chiede che gli Stati membri prendano «tutti i provvedimenti necessari per adempiere alle prescrizioni sulla protezione dei dati» e precisa che il regolamento «non pregiudica le disposizioni degli Stati membri in materia di protezione dei dati».
 

E' poi precisato che dovrebbero essere considerate come residenti abituali dell'area geografica in questione solamente «le persone che hanno vissuto nella propria dimora abituale senza interruzione per un periodo di almeno dodici mesi prima della data di riferimento» e quelle che «si sono stabilite nella propria dimora abituale nei dodici mesi precedenti la data di riferimento con l'intenzione di permanervi per almeno un anno». Laddove tali circostanze non possano essere determinate, per "dimora abituale" deve intendersi «il luogo di residenza legale o dichiarata».

 

L'allegato del regolamento indica gli argomenti da trattare nel censimento, distinguendo tra temi "obbligatori" e temi "raccomandati", a loro volta suddivisi in temi "estrapolati" e "non estrapolati", sia per la popolazione sia per le abitazioni.

 

Per quanto riguarda la popolazione, oltre ai dati classici (come sesso, età, stato civile de jure, cittadinanza, ecc), dovranno essere raccolti i dati sul luogo di dimora abituale, l'ubicazione del luogo del lavoro, la professione, il titolo di studio, la situazione, il tipo e la dimensione della famiglia. Un emendamento cancella una lunga lista di dati "raccomandati" proposti dalla Commissione che riguardano, ad esempio, il tragitto casa-scuola o casa- lavoro, l'occupazione informale, il reddito, l'alfabetizzazione e le competenze informatiche, la lingua, la religione e il numero di automobili. Cancella anche le informazioni sulla data di «matrimonio de jure di donne sposate» e «dell'inizio dell'unione (delle unioni) consensuali (i) di donne che hanno convissuto consensualmente». Il compromesso non ha accolto la proposta dei deputati di sostituire tali informazioni con le tre seguenti voci: "tragitto tra la principale unità sanitaria e la dimora abituale", "disponibilità di acqua e di luce", "telefono e collegamento a Internet normale e a banda larga".

 

Un altro emendamento sopprime tra i "temi estrapolati" (sempre per i dati "raccomandati") i "gruppi socioeconomici", "persone con un contesto straniero", "sfollati", "unioni omosessuali", "famiglia allargata", "tipo di famiglia ricostituita", "tipo di famiglia allargata" e "composizione generazionale delle famiglie". Il compromesso, tuttavia, non ha accolto il suggerimento die deputati di sostituire questi dati con un'unica voce: "famiglie omosessuali ed eterosessuali".

 

Sulla stessa scia di quanto proposto dai deputati in materia di popolazione, un emendamento sopprime l'elenco proposto dalla Commissione in materia di dati "raccomandati" e "non estrapolati" sulle abitazioni. Anche in questo caso il compromesso non ha accolto la proposta dei deputati di sostituire tali dati con le tre seguenti voci: "accessi agli edifici pubblici e privati per le persone con disabilità", "trasporti e traffico urbano", "mobilità all'interno dell'abitazione e dell'edificio contenente l'abitazione".

 

 

Link utili

 

Proposta della Commissione
ISTAT - Censimento 2001 della popolazione e delle abitazioni

 

 

Riferimenti

 

Ona JUKNEVIČIENĖ (ALDE/ADLE, LT)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai censimenti della popolazione e delle abitazioni

Doc.: A6-0471/2007

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 10.12.2007

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ISTITUZIONI


Più fermezza per garantire il rispetto del diritto UE

 

La Commissione deve dimostrare più impegno e fermezza nei confronti degli Stati membri che violano il diritto comunitario. E' quanto chiede una relazione all'esame della Plenaria sollecitando un più sistematico ricorso alla Corte di giustizia e il rispetto delle sue sentenze. Evidenziando il ruolo svolto dai cittadini nell'individuazione delle infrazioni, i deputati incoraggiano missioni d'inchiesta negli Stati membri e la creazione di uno sportello unico on-line per assistere i cittadini.

 

La relazione di Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT) risponde alla 23a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2005) e alla comunicazione "Un'Europa dei risultati - Applicazione del diritto comunitario". Nel 2005 si sono registrate 2.653 infrazioni al diritto comunitario, di cui 1.154 individuate a seguito di una denuncia, 433 scoperte dalla Commissione e 1.079 riguardano la non comunicazione di misure nazionali di esecuzione delle direttive. Il 10% del totale delle infrazioni riguarda l'Italia (266 infrazioni), prima assoluta in classifica seguita da Grecia (208) e Spagna (206). Tra gli altri "grandi paesi", la Germania registra 168 infrazioni, la Francia 146, la Polonia 108 e il Regno Unito 102.

 

Per i deputati, «l'efficacia delle politiche dell'UE dipende in gran misura dalla loro attuazione a livello nazionale, regionale e locale» e, pertanto, «il rispetto della legislazione comunitaria da parte degli Stati membri deve essere rigorosamente controllato e seguito in modo che essa produca gli effetti positivi auspicati sulla vita quotidiana dei cittadini». Nel prendere atto che l'adesione di 10 nuovi Stati membri non sembra aver avuto alcun impatto sul numero di infrazioni registrate, la relazione esorta la Commissione a essere «più volontarista» nel verificare i fatti a livello nazionale che potrebbero rivelare un'infrazione del diritto comunitario e la invita quindi ad avvalersi maggiormente dei propri uffici di rappresentanza per prevenire le infrazioni o porvi rimedio.

 

Sottolinea peraltro che, per garantire la solidità e la coerenza del diritto comunitario, sia necessario che le infrazioni della normativa comunitaria «vengano sistematicamente portate dinanzi alla Corte di giustizia», per lo meno in cause importanti a livello nazionale che costituiscono un precedente per la giurisprudenza e la prassi futura a livello nazionale. I deputati invitano poi la Commissione «a dar prova di maggiore fermezza» nell'applicazione dell'articolo 228 del trattato, «al fine di garantire la corretta esecuzione delle condanne pronunciate dalla Corte di giustizia». Gli Stati membri, invece, sono invitati ad andare al di là di un recepimento puramente formale della legislazione comunitaria e ad evitare, per quanto possibile, il recepimento frammentario delle direttive, al fine di migliorare la trasparenza e la semplificazione legislativa.

 

Inoltre, sottolineando che il numero di denunce relative ad infrazioni del diritto comunitario «attesta l'importanza del ruolo svolto dai cittadini europei nella sua applicazione», i deputati accolgono con favore l'inclusione - per la prima volta - nella relazione annuale e nei relativi allegati del trattamento specifico e dettagliato delle infrazioni attinenti alle petizioni. Anche perché ritengono che le petizioni e le denunce di cittadini e di imprese «facilitino l'individuazione di un numero molto importante di infrazioni».

 

A tale proposito, la relazione incoraggia la pratica che consiste nell'inviare missioni d'inchiesta nei vari Stati membri per indagare sulle questioni sollevate dagli autori delle petizioni. Per i deputati si tratta infatti «di una maniera pragmatica per risolvere i problemi direttamente con gli Stati membri nell'interesse dei cittadini». Tali missioni, peraltro, sono ritenute tanto più necessarie in quanto la Commissione non dispone di poteri di "ispezione" per verificare l'applicazione concreta del diritto comunitario, ad esempio, nel settore dell'ambiente.
 

D'altra parte, per evitare confusione quando si contattano i diversi organismi che si occupano della risoluzione di problemi, i deputati sollecitano la Commissione a studiare la possibilità di indicazioni chiare o la creazione di uno sportello unico on-line per assistere i cittadini. Osservano poi che il Parlamento ha continuato a ricevere petizioni che denunciano persistenti infrazioni dei diritti umani e fondamentali e si rammaricano profondamente che i criteri applicabili a tali violazioni siano stati soppressi nella nuova lista di criteri prioritari.

 

La relazione, d'altra parte, accoglie favorevolmente l'intenzione della Commissione di migliorare gli attuali metodi di lavoro in modo da trattare in via prioritaria ed accelerare la pratica e la gestione delle procedure esistenti come pure di impegnare e coinvolgere formalmente gli Stati membri. Nel prendere atto che, nel quadro del nuovo metodo di lavoro proposto, le richieste di informazioni e le denunce ricevute dalla Commissione saranno trasmesse direttamente allo Stato membro interessato, i deputati temono tuttavia che tali rinvii esentino la Commissione dalla sua responsabilità istituzionale di "custode del trattato" nell'assicurare l'applicazione del diritto comunitario.

 

Invitano pertanto la Commissione a chiarire talune questioni durante la messa a punto del nuovo metodo di lavoro. Dovrà, ad esempio, definire chiaramente i casi in cui si deve applicare il nuovo metodo, confermare che esso non costituisce un meccanismo alternativo alle procedure di infrazione, garantire che il nuovo metodo non ritarderà ulteriormente l'avvio di un procedimento di infrazione - «la cui durata è già estremamente lunga e indeterminata» - e non mostrare «alcuna indulgenza» nei confronti degli Stati membri per quanto riguarda il rispetto dei termini fissati dalla Commissione al fine di trovare una soluzione per il cittadino.

 

Nel sollecitare tutti i servizi della Commissione a tenere i denunzianti pienamente informati dello stato di avanzamento delle loro denunce e delle loro decisioni, i deputati accolgono con favore l'intenzione della Commissione di garantire il libero accesso alla sua base di dati elettronica e di fornire informazioni succinte su tutte le fasi delle procedure di infrazione a partire dalla lettera di notifica formale. A loro parere, peraltro, la Commissione dovrebbe rendere accessibile il contenuto e il calendario dei contatti con gli Stati membri non appena le pertinenti questioni non formino più oggetto di inchiesta.

 

Infine, la relazione ritiene che le commissioni permanenti del Parlamento dovrebbero svolgere un ruolo molto più attivo nel controllare l'applicazione del diritto comunitario nei rispettivi ambiti di competenza e ricevere a tal fine un sostegno e informazioni regolari dalla Commissione. Chiede poi una maggiore cooperazione tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo e i rispettivi deputati «in modo da promuovere ed intensificare l'effettivo controllo delle questioni europee a livello nazionale», anche perché i parlamenti nazionali hanno un ruolo prezioso da svolgere nel controllo dell'applicazione del diritto comunitario, «contribuendo così a rafforzare la legittimità democratica dell'Unione europea e ad avvicinarla ai cittadini».

 

Link utili

23a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2005)

Statistiche sulle infrazioni nel 2005 (in francese)

Comunicazione della Commissione: Un'Europa dei risultati - Applicazione del diritto comunitario

Volume 2 della Comunicazione

24a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2006)

 

Riferimenti

Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT)

Relazione sulla 23a relazione annuale della Commissione sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario (2005)

Doc.: A6-0462/2007

Procedura: Iniziativa - Dibattito: 20.2.2008

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CONTROLLO DEI BILANCI


Lotta alle frodi: più controlli e recuperare l'indebito

 

Nel 2006 sono aumentate irregolarità e frodi al bilancio UE: contrabbando e contraffazioni e, soprattutto, fondi strutturali, sono le principali voci. Scendono, invece, le frodi agricole. L'Italia non è la sola protagonista. Una relazione all'esame dell'Aula, notando il ruolo della criminalità organizzata, chiede di rafforzare la vigilanza e aumentare gli sforzi per recuperare le somme pagate indebitamente. Occorre anche rivedere il funzionamento dell'OLAF e tutelare i diritti degli indagati.

 

La relazione di Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT) si compiace del fatto che le relazioni sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità «siano divenute più analitiche», ma osserva che le statistiche si basano su strutture nazionali molto eterogenee con sistemi amministrativi, giuridici, di controllo e d'ispezione diversi. Chiede quindi alla Commissione di inserire nella relazione annuale 2008 un'analisi delle strutture degli Stati membri che si occupano della lotta alle irregolarità, «affinché il Parlamento possa avere un'idea più chiara dell'applicazione del quadro normativo della lotta antifrode».

 

Nei settori delle risorse proprie, delle spese agricole e delle azioni strutturali degli Stati membri, le irregolarità notificate hanno riguardato, nel 2006, un importo complessivo di circa 1.143 milioni di euro (contro 1.024 milioni nel 2005, 982,3 milioni nel 2004, 922 milioni nel 2003 e 1.150 milioni di euro nel 2002). Per il 2006, l'importo è così ripartito: 353 milioni di euro per le risorse proprie, 87 milioni di euro a titolo del Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola (FEAOG) e 703 milioni di euro nell'ambito delle azioni strutturali. D'altra parte, i deputati sottolineano che il numero elevato di irregolarità comunicate alla Commissione «non significa necessariamente un elevato livello di frode, ma può essere anche il risultato dell'efficacia dei dispositivi di controllo in atto e di una stretta cooperazione fra lo Stato membro in questione e la Commissione».

 

Stop al contrabbando di sigarette, televisioni e prodotti contraffatti

 

Per quanto concerne le risorse proprie, la relazione rileva che l'importo viziato da irregolarità è aumentato (+7%) da 328 milioni di euro nel 2005 a 353 milioni di euro nel 2006 e, in tale ambito, i prodotti più colpiti dalle irregolarità sono stati i televisori (69 milioni nel 2005 e 62,3 nel 2006) e le sigarette (30,9 milioni nel 2005 e 27,6 milioni nel 2006). Nota inoltre che il numero di casi verificatisi in Italia (+122%) e nei Paesi Bassi (+81%) «è sensibilmente aumentato» e che, nel 2006, sono stati recuperati 113,4 milioni di euro (32%).

 

La relazione chiede pertanto alla Commissione di indicare, per quanto concerne il settore delle risorse proprie, quali ulteriori azioni intende intraprendere per porre fine all'importazione fraudolenta di televisori, sigarette e, più in generale, di prodotti contraffatti. A tale proposito, nel rilevare con soddisfazione che l'OLAF ha potuto stabilire un'antenna in Cina, incoraggia la Commissione ad intensificare la lotta alla contraffazione.

 

Fondi agricoli: migliorare il recupero delle somme indebite e la vigilanza

 

In merito alle spese agricole, l'importo viziato da irregolarità è diminuito da 105 milioni di euro nel 2005 a 87 milioni di euro nel 2006. Spagna, Francia e Italia «sono responsabili del 57,2% delle irregolarità» e i settori più colpiti sono quelli dello sviluppo rurale, il settore bovino e quello ortofrutticolo. La relazione, nell'accogliere con favore l'adozione del regolamento volto a permettere un più efficace recupero dei pagamenti irregolari, si compiace anche del buon funzionamento del sistema integrato di gestione e controllo (SIGC), che ha consentito di individuare una parte considerevole delle irregolarità accertate.

 

D'altra parte, notando con preoccupazione che il livello di recupero delle somme pagate ingiustamente resta basso e varia da uno Stato membro all'altro, i deputati chiedono alla Commissione di incrementare i propri sforzi per migliorare il livello di recupero delle somme indebitamente corrisposte. A loro parere, peraltro, gli Stati membri dovrebbero esercitare una maggiore vigilanza per evitare le irregolarità e recuperare i fondi, mentre occorre prevedere «un aumento considerevole delle penali» per gli Stati membri che permangono inadempienti in materia di recupero degli importi indebitamente versati.

 

Ritengono poi che la procedura sulla sospensione dei pagamenti vada applicata anche ai finanziamenti della Politica agricola comune (PAC) e chiedono alla Commissione di valutare l'efficienza e la trasparenza dei sistemi di controllo relativi ai pagamenti agli agricoltori. Anche perché, secondo loro, «il comportamento degli Stati membri denota una scarsa vigilanza».

 

Per la relazione, d'altro canto, è «assolutamente inaccettabile» che la Germania e la Spagna non trasmettano da anni alla Commissione le informazioni relative alle irregolarità nel settore delle spese agricole, anche perchè questi due paesi sono responsabili del 38% (33,2 milioni di euro) delle irregolarità. Sollecita quindi la Commissione ad avviare procedure d'infrazione nei loro confronti e a trattenere il 10% dei pagamenti agricoli in attesa della conclusione della procedura. Chiede poi alla Commissione di dimostrarsi intransigente «se la Grecia non rispetterà il piano d'azione per l'introduzione del sistema integrato di gestione e di controllo».

 

Azioni strutturali: semplificazione e lotta alla criminalità

 

La relazione osserva che l'importo viziato da irregolarità a livello delle azioni strutturali è aumentato del 17% (da 601 milioni di euro nel 2005 a 703 milioni) e che le irregolarità riguardano principalmente (75%) il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE). Germania, Spagna, Italia, Portogallo e Regno Unito sono responsabili di circa l'85% dell'importo viziato (438,1 milioni di euro). I deputati esprimono poi rammarico per il fatto che dei 95 progetti finanziati con i fondi strutturali, sottoposti a revisione, 60 presentavano errori materiali nella spesa dichiarata del progetto.

 

Notano inoltre che, per il 2006, rimangono da recuperare 266,5 milioni di euro, mentre per gli anni precedenti devono essere recuperati ancora 762 milioni di euro. D'altra parte, ritengono che regole troppo complicate e sistemi di controllo e di sorveglianza inefficaci «contribuiscono alle irregolarità constatate» e osservano che i pagamenti sono arrivati spesso in ritardo ai beneficiari.

 

Nell'auspicare un maggiore coinvolgimento delle autorità regionali e locali nella programmazione ed esecuzione dei fondi, i deputati ritengono che la Commissione dovrebbe prestare particolare attenzione alle reti criminali specializzate nella sottrazione di fondi dell'UE. In proposito, chiedono alla Commissione di fornire un'analisi dettagliata dei sistemi utilizzati dalla criminalità «organizzata in maniera mafiosa o meno» per violare gli interessi finanziari delle Comunità. Allo stesso tempo invitano gli Stati membri a garantire la qualità dei loro sistemi di controllo e di vigilanza adottando una dichiarazione nazionale di gestione concernente tutti gli stanziamenti comunitari a gestione condivisa.

 

La relazione auspica l'avvio di procedure di infrazione verso quegli Stati membri che non assistono i servizi della Commissione nell'esecuzione dei controlli sul posto e chiede di valutare la possibilità di rendere gli Stati membri garanti nei confronti delle Comunità per l'utilizzazione dei fondi europei da parte dei destinatari. In proposito, ricorda che nell'ambito delle azioni strutturali rimangono da recuperare più di 1.000 milioni di euro per il 2006 e gli anni precedenti e sottolinea la responsabilità diretta degli Stati membri nel recupero di finanziamenti il cui pagamento è viziato da irregolarità. Ribadisce inoltre l'invito alla Commissione a sospendere i pagamenti in acconto agli Stati membri in casi di serie irregolarità.
 

Chiedendo con insistenza l'introduzione dell'obbligo vincolante per gli Stati membri di pubblicare informazioni sui progetti e sui beneficiari dei finanziamenti erogati a titolo di tutti i fondi comunitari a gestione condivisa, la relazione sollecita gli Stati membri a comunicare annualmente alla Commissione la perdita finanziaria corrispondente agli importi definitivamente perduti. Dovrebbero inoltre informare la Commissione e l'OLAF in merito alle sentenze pronunciate dai tribunali sull'utilizzazione fraudolenta dei fondi strutturali.

 

Rivedere il funzionamento dell'OLAF e tutelare i diritti degli indagati

 

I deputati, nel ricordare di aver già caldeggiato l'ipotesi di raggruppare in un unico regolamento le competenze dell'Ufficio antifrode europeo, chiedono all'OLAF di presentare senza indugio un'analisi sull'interoperabilità delle diverse basi giuridiche che gli conferiscono poteri di indagini. Ritengono poi che la modifica del regolamento sul suo funzionamento debba essere oggetto di una valutazione da parte del Parlamento.

 

Ricordando il caso "Tillack vs Belgio", la relazione sottolinea che la perquisizione nei locali dei giornalisti è stata giudicata come violazione dei diritti dell'uomo dalla Corte europea e, in tale contesto, chiede l'adozione di tutte le misure opportune «per tutelare i diritti delle persone indagate».

 

 

Link utili

 

Relazione della Commissione - Tutela degli interessi finanziari delle Comunità – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2006
Relazione della Commissione - Tutela degli interessi finanziari delle Comunità – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2005

 

 

Riferimenti

 

Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT)

Relazione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità – Lotta contro la frode – Relazioni annuali 2005 e 2006

Doc.: A6-0009/2007

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2008

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Rendere pubblici i beneficiari di tutti i fondi UE

 

Una maggiore trasparenza in seno alle istituzioni europee consentirebbe ai cittadini di capire meglio come vengono utilizzati i fondi UE. E' quanto sostiene una relazione all'esame dell'Aula, chiedendo la pubblicazione dei beneficiari di fondi comunitari, degli importi da recuperare, di una lista nera dei frodatori e dei membri dei comitati che assistono la Commissione. Nel sollecitare norme etiche per i titolari di cariche pubbliche, è anche auspicato un codice deontologico per l'Ufficio antifrode.

 

La relazione di José POMÉS RUIZ (PPE/DE, ES) sottolinea anzitutto che la trasparenza «permette ai cittadini di partecipare più da vicino al processo decisionale, assicura maggiore legittimità alle istituzioni dell'UE e fa sì che esse siano più efficienti e maggiormente tenute a rispondere ai cittadini all'interno di un sistema democratico». Per i deputati, d'altra parte, una maggior trasparenza in seno alle istituzioni europee «permetterebbe all'opinione pubblica di comprendere meglio come vengono utilizzati i fondi UE», migliorando nel contempo le possibilità di valutare l'efficacia della spesa dell'Unione.

 

Per ogni beneficiario, trovare tutti i fondi percepiti

 

Come principio generale, i deputati ritengono che le pagine web della Commissione sui beneficiari di fondi comunitari - che si tratti di contratti, sovvenzioni, spese agricole o strutturali (o altri tipi di finanziamenti) - debbono essere organizzate, classificate e presentate in modo razionale «per poter essere di utilità pratica».

 

Nel rilevare peraltro che i beneficiari possono ricevere fondi UE a titolo di vari programmi o in vari settori di attività dell'Unione, la relazione sostiene che potrebbe essere istruttivo «poter individuare tutti gli importi erogati a un singolo beneficiario in tutti i settori». Chiedono quindi alla Commissione di esaminare la fattibilità di un motore di ricerca globale in grado di fornire questo genere di informazioni. Ma anche di introdurre entro fine 2009 un sistema di informazione «pienamente operativo» destinato al grande pubblico e concernente tutti i beneficiari di sovvenzioni UE nonché le somme da recuperare.

 

Trasparenza degli interessi finanziari dei titolari di cariche pubbliche europee

 

Per i deputati, ogni istituzione dovrebbe adottare norme in materia di etica professionale per i propri membri che, in funzione della natura specifica di ogni istituzione, dovrebbero trattare gli aspetti seguenti:

 

·     interessi finanziari e patrimonio,

·     attività del coniuge,

·     obbligo di dichiarare un interesse prima di una discussione o di una votazione,

·     attività esterne (attività politiche e onorarie, conferenze, pubblicazioni, ecc.),

·     segreto professionale, lealtà,

·     missioni e viaggi,

·     norme concernenti i ricevimenti e i doveri di rappresentanza,

·     accettazione di doni, decorazioni o onorificenze,

·     norme generali in materia di imparzialità e conflitto di interessi,

·     norme specifiche sull'incompatibilità tra i doveri dei titolari di cariche e attività professionali precedenti o concomitanti; restrizioni circa gli impegni professionali o altri incarichi al termine del mandato.

 

Raccomandano poi che le norme in materia di etica professionale di ciascuna istituzione affrontino anche «la responsabilità politica, finanziaria e giuridica globale dei suoi membri». D'altro canto, concordano con il Mediatore europeo sul fatto che «è essenziale divulgare i nomi dei lobbisti che incontrano i Commissari».

 

Lista nera degli autori delle frodi e codice deontologico per l'OLAF

 

La relazione chiede alla Commissione di esaminare la possibilità di stilare una "lista nera" pubblica dei casi di frode comprovati e degli organismi che ne sono responsabili «per renderne noti gli autori e informare il pubblico» in merito ai risultati degli sforzi compiuti dalla Comunità nella lotta contro le frodi. Osserva peraltro che il sistema di allarme rapido a tutela degli interessi finanziari dell'UE non copre i fondi agricoli e strutturali.

 

Ribadisce poi «l'urgente necessità» di disporre di un codice deontologico dell'OLAF, al fine di «garantire la presunzione di innocenza nel caso di quei beneficiari che, dopo essere stati oggetto di una procedura di inchiesta lunga e pregiudizievole, vengono poi dichiarati innocenti dai tribunali senza ricevere un indennizzo per i danni morali e le perdite subiti».

 

Recupero di crediti

 

La relazione invita la Commissione a comunicare all'autorità di bilancio, e in ultima istanza all'opinione pubblica, i nomi dei beneficiari e gli importi da recuperare o accreditati al bilancio dell'Unione europea, nonché la destinazione finale di tali importi. Il recupero può riguardare importi indebitamente versati da uno Stato membro a organizzazioni agricole o ad enti che partecipano ad azioni strutturali, la riscossione di ammende o delle risorse proprie dagli Stati membri nonché importi erogati ai beneficiari di finanziamenti comunitari. Per i deputati, la Commissione dovrebbe presentare al Parlamento a intervalli regolari - e se possibile pubblicare sul suo sito web - un riepilogo degli importi in attesa di essere recuperati, ripartiti per Direzione generale e in ordine cronologico.

 

Rendere pubblica la composizione di tutti i gruppi di esperti

 

Nel rilevare l'istituzione di un registro pubblico dei gruppi di esperti formali e informali, la relazione osserva tuttavia che in tale elenco non figurano, tra gli altri, gli esperti indipendenti incaricati di assistere la Commissione nell'attuazione dei programmi quadro di ricerca e sviluppo e i membri dei comitati che assistono la Commissione negli ambiti in cui essa ha competenze di esecuzione della legislazione (che nel 2004 erano 250). Disapprovando tale approccio, i deputati chiedono di studiare modalità per divulgare questo tipo di informazione, a meno di motivi legittimi e stringenti addotti in singoli casi specifici.

 

 

Link utili

 

Libro verde della Commissione - Iniziativa europea per la trasparenza
Comunicazione della Commissione sul seguito del Libro verde
Sito web della Commissione - beneficiari della PAC

 

 

Riferimenti

 

José POMÉS RUIZ (PPE/DE, ES)

Relazione sulla trasparenza nelle questioni finanziarie

Doc.: A6-0010/2008

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2008

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ISTITUZIONI


Per la crescita, investimenti, concorrenza e riduzioni fiscali

 

Una relazione all'esame dell'Aula, esprimendo preoccupazione per l'elevato tasso di cambio dell'euro, chiede una politica fiscale coordinata che agevoli la crescita e la creazione di nuove imprese e di posti di lavoro. Occorre anche integrare il mercato dei servizi, aprire le industrie di rete alla concorrenza e valutare il ruolo delle multinazionali sui mercati finanziari. Ma vanno anche garantiti una più equa distribuzione dei benefici della crescita e un rafforzamento della coesione sociale.

 

Le dichiarazioni di Consiglio e Commissione apriranno un dibattito in Aula in merito alla rinnovata strategia di Lisbona e agli indirizzi di massima per le politiche economiche che dovranno essere definiti dal Consiglio europeo di primavera. In questa occasione, i Capi di Stato e di governo dovranno adottare gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri per i prossimi tre anni. Si tratta del principale strumento di cui dispone l'UE per coordinare le politiche economiche dei Ventisette nel quadro della Strategia di Lisbona. Assieme agli indirizzi di massima sull'occupazione, costituiscono le linee guida integrate per la crescita e l'occupazione.

 

La relazione di Margarita STARKEVIČIŪTĖ (ALDE/ADLE, LT) osserva che i crescenti squilibri, la domanda aggregata e le pressioni inflazionistiche globali «potrebbero diventare una sfida significativa per la politica monetaria, vista la protratta incertezza sui mercati finanziari». Sottolinea inoltre i crescenti squilibri finanziari e l'eccessiva volatilità dei tassi di cambio come pure la stretta creditizia e, in proposito, esprime preoccupazione «per i livelli elevati del tasso di cambio dell’euro che danneggiano la competitività dell’economia europea e riducono i margini di manovra della politica monetaria».

 

I deputati sottolineano poi la necessità di una politica fiscale sana «quale condizione preliminare per una crescita sostenuta e per la creazione di posti di lavoro». Notano poi che è necessario un quadro fiscale coordinato, compresi i regimi di imposizione societaria, che dovrebbero essere favorevoli alle società e in particolare alle PMI. A loro parere, inoltre, l'Unione europea deve promuovere disposizioni fiscali che agevolino la concorrenza nell'economia globale, in modo da incoraggiare la creazione di nuove imprese e l'innovazione tecnologica. Ciò, precisano, potrebbe anche comportare una riduzione delle imposte «che erodono l'efficienza e la creazione di posti di lavoro». Occorre poi «diminuire gli oneri sul lavoro per creare più occupazione e combattere l'economia sommersa» e trasferire il carico fiscale dal lavoro al degrado ambientale «quale soluzione efficace per affrontare sia le questioni ambientali che quelle occupazionali».

 

Sottolineando la grande importanza dell'efficienza della finanza pubblica, i deputati osservano che, nella maggior parte dei paesi, il consolidamento delle finanze pubbliche «potrebbe contribuire a mantenere intatta la sostenibilità fiscale nel lungo periodo». Ritengono quindi importante «modernizzare l'amministrazione pubblica in modo da migliorare l'efficienza e l'efficacia delle finanze pubbliche». A loro parere, d'altra parte, «un ambiente macroeconomico sano e stabile richiede finanze pubbliche di qualità con bilanci più consolidati». Come pure «una politica intelligente in materia di investimenti privati e pubblici che produca infrastrutture orientate al futuro e apra oggi i mercati di domani».

 

E' poi evidenziata la necessità di «un approccio simultaneo e coordinato» degli Stati membri in materia di crescita: «spese ingenti, promozione degli investimenti privati e iniziative comuni nell’ambito della cooperazione tra settore pubblico e settore privato». Per i deputati infatti ciò «può avere importanti effetti sinergici, migliorare la capacità dell'Europa di far fronte alle attuali sfide nel campo scientifico e della ricerca, così come nel settore dei trasporti e delle comunicazioni, dell'energia e della sostenibilità ambientale, e contribuire a una distribuzione efficace delle risorse a livello europeo».

 

Alla luce delle continue pressioni al rialzo dei prezzi energetici e delle crescenti minacce per il clima, per i deputati è importante puntare sul miglioramento dell'efficienza energetica quale contributo sia alla crescita che allo sviluppo sostenibile. Sottolineano poi la necessità di aprire le industrie di rete alla concorrenza garantendo condizioni omogenee e un'effettiva concorrenza nei mercati integrati a livello europeo. Anche perché ritengono «che la proprietà pubblica sui mercati dell'elettricità e del gas rappresenti uno degli elementi fondamentali all'origine delle distorsioni a livello europeo e che l'incentivo alla competizione su questi stessi mercati debba essere ulteriormente migliorato».

 

Allo stesso tempo, la relazione chiede l'adozione di provvedimenti per combattere il protezionismo sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea, poiché questo «indebolisce e non protegge i diritti dei consumatori e dei cittadini». Sollecita inoltre una rapida integrazione del mercato dei servizi «applicando e facendo rispettare in modo coerente le norme concordate ed eliminando gli ostacoli alla concorrenza e all'accesso al mercato». Nel sottolineare poi che un sistema finanziario globale deregolamentato «si situa al di fuori della portata diretta delle politiche dell'UE e può trasmettere rischi di instabilità finanziaria», ritiene che sia necessario procedere a una nuova valutazione dell'impatto del modello imprenditoriale e del ruolo dei gruppi finanziari multinazionali sui mercati finanziari globali.

 

La relazione accoglie poi con favore la proposta della Commissione di realizzare una “quinta libertà” nel contesto della ricerca e dell’innovazione - la libera circolazione delle conoscenze - a completamento delle quattro libertà di circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali. In un contesto di prezzi alimentari in aumento, «che sembra essere permanente piuttosto che ciclico», i deputati ritengono opportuno sottoporre a revisione i meccanismi della politica agricola comune (PAC) che limitano l’approvvigionamento. Anche perché la PAC può svolgere un ruolo fondamentale nella stabilizzazione dei prezzi alimentari.

 

Per i deputati, infine, nel 2008 l'Europa deve rafforzare il suo potenziale di crescita per poter generare posti di lavoro. Nell'interesse della stabilità macroeconomica, inoltre, l'aumento di produttività «deve accompagnarsi ad una più equa distribuzione dei benefici della crescita e ad un rafforzamento della coesione sociale». L'aumento dei redditi deve quindi tenere il passo con la crescita di produttività a medio termine.

 

 

Link utili

 

Comunicato stampa sull'incontro interparlamentare sulla strategia di Lisbona

 

 

Riferimenti

 

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Strategia di Lisbona

&

Margarita STARKEVIČIŪTĖ (ALDE/ADLE, LT)

Relazione sugli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione (parte "Indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità"): lanciare il nuovo ciclo (2008-2010)

Doc.: A6-0029/2008

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 19.2.2008

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IMMUNITÀ E STATUTO DEI DEPUTATI


Immunità di Claudio Fava

 

Una relazione suggerisce alla Plenaria di difendere l'immunità di Claudio Fava nell'ambito di un procedimento presso il Tribunale di Marsala in seguito a una querela depositata da David Costa per talune dichiarazioni rese dal deputato nel corso del programma televisivo Annozero. Nel descrivere e criticare quelle che, a suo giudizio, erano anomalie della campagna elettorale in Sicilia, argomenta la relazione, Fava stava semplicemente facendo il proprio lavoro di deputato del Parlamento europeo.

 

La relazione di Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE) suggerisce alla Plenaria di difendere l'immunità di Claudio FAVA (PSE, IT) nell'ambito di un procedimento civile presso il Tribunale civile di Marsala in seguito a una querela depositata da David Costa per talune affermazioni del deputato nel corso del programma televisivo Annozero.

 

David Costa ha citato in giudizio Claudio Fava e altri convenuti, con la richiesta di pagare in solido o individualmente un equo risarcimento per le dichiarazioni rese dai convenuti il 16 novembre 2006, durante il programma televisivo "Annozero" trasmesso dal canale della televisione pubblica RAI 2 e dedicato, in tale occasione, alla Sicilia. Tra gli ospiti del programma figuravano il presidente della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, e l'onorevole Fava.

 

Secondo quanto riportato nell'atto di citazione, nelle fasi conclusive del programma, l'onorevole Fava, dopo aver violentemente insultato il signor Cuffaro, ha lanciato con toni teatrali accuse calunniose e diffamatorie contro il signor Costa che, peraltro, non era presente al dibattito. In particolare, l'onorevole Fava ha dichiarato quanto segue: "Prima abbiamo parlato di alcuni consiglieri che erano stati arrestati. Ora parliamo di un consigliere arrestato perché durante la campagna elettorale era accompagnato nella sua auto blu da un ricercato della Mafia, che portava ai comizi per chiedere voti. Pensiamo che si sia trattato di un malinteso? Che non sapesse chi gli sedeva accanto? Ecco com'è la politica del governo in Sicilia. E si trattava di uno dei suoi consiglieri (ha affermato puntando il dito contro il signor Cuffaro)! E mi aspetterei di sentire queste cose dal presidente della regione, perché dovrebbe essere Lei (signor Cuffaro) a dire che è inconcepibile che un consigliere porti in giro un ricercato durante la campagna elettorale". Dopo che il signor Cuffaro ha risposto di non sapere di che cosa stesse parlando l'onorevole Fava e che a quanto sapeva, nessun consigliere si era presentato alla campagna elettorale in questione, l'onorevole Fava ha aggiunto prontamente: "Il consigliere Costa. David Costa".

 

Per il relatore, nel descrivere e criticare quelle che, secondo Fava, erano anomalie della campagna elettorale in Sicilia, «egli stava espletando la sua funzione di membro del Parlamento europeo, esprimendo la propria opinione su una questione di interesse pubblico per i propri elettori». In breve, Claudio Fava «stava semplicemente facendo il proprio lavoro di deputato del Parlamento europeo». Cercare di impedire ai deputati al Parlamento di esprimere le proprie opinioni su questioni di legittimo interesse pubblico avviando un procedimento giudiziario «è inaccettabile in una società democratica» e manifestamente in violazione del Protocollo sull'immunità dei deputati, «il quale mira a tutelare la libertà di espressione dei deputati nell'esercizio delle loro funzioni, nell'interesse del Parlamento in quanto istituzione».

 

 

Riferimenti

 

Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE)

Relazione sulla richiesta di difesa dei privilegi e delle immunità di Claudio Fava

Doc.: A6-0007/2008

Procedura: Immunità

Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento

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Ordine del giorno 18 - 21 febbraio 2008

Strasburgo

 

Lunedì 18 febbraio 2008

 

(17:00 - 23:00)

 

Ripresa della sessione e ordine dei lavori

 

Interventi di un minuto (Articolo 144 del regolamento del Parlamento)

 

Relazione Sakalas - Richiesta di difesa dell'immunità parlamentare dell'on. Witold Tomczak

 

Relazione Pomés Ruiz - Trasparenza nelle questioni finanziarie

 

Relazione Musotto - Protezione degli interessi finanziari della Comunità - Lotta contro le frodi - Relazioni annuali 2005 e 2006

***I

Relazione Newton Dunn - Mutua assistenza e collaborazione tra le autorità amministrative degli Stati membri e la Commissione nell'applicazione delle normative doganale e agricola

***II

Raccomandazione per la seconda lettura Fourtou - Codice doganale comunitario

 

Relazione Deprez - Fattori che incoraggiano il terrorismo e favoriscono il reclutamento di terroristi

 

Relazione Guardans Cambó - Strategia UE per assicurare l'accesso delle imprese europee ai mercati

 

Dichiarazione della Commissione - Riforma degli strumenti di protezione del commercio

 

 

Martedì 19 febbraio 2008

 

(9:00 - 11:50)

 

Votazione sulle richieste di applicazione della procedura d'urgenza (articolo 134 del Regolamento del Parlamento)

 

***I

 

***I

 

***I

Discussione congiunta - Commercializzazione dei prodotti

     Relazione Brie - Accreditamento e sorveglianza del mercato nel contesto della commercializzazione dei prodotti

     Relazione Schaldemose - Quadro comune per la commercializzazione dei prodotti

     Relazione Stubb - Applicazione di norme tecniche nazionali a prodotti commercializzati legalmente in un altro Stato membro

     Interrogazione orale - Marchi di sicurezza sui prodotti di consumo

 

(12:00 – 13:00) Votazione

***

Raccomandazione Saryusz Wolski - Protocollo all'accordo euromediterraneo CE/Israele per tener conto dell'adesione di Bulgaria e Romania all'Unione europea

***

Raccomandazione Saryusz Wolski - Protocollo all'accordo euromediterraneo CE/Egitto per tener conto dell'adesione di Bulgaria e Romania all'Unione europea

***I

Relazione Andersson - Esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)

***I

Relazione Mayer - Installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata)

***I

Relazione Mayer - Targhette e iscrizioni regolamentari per i veicoli a motore e i loro rimorchi (versione codificata)

***I

Relazione Mayer - Dispositivi d'illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (versione codificata)


 

 

***I

Relazione Speroni - Soppressione dei disturbi radioelettrici provocati dai trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata)


 

***I

Relazione Speroni - Livello sonoro dei trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata)

***I

Relazione Speroni - Agenzia europea per l'ambiente e rete europea di informazione e osservazione ambientale (versione codificata)

*

Relazione Speroni - Accise applicabili al tabacco lavorato (versione codificata)

*

Relazione Hieronymi - Accordo CE/Svizzera sul programma comunitario MEDIA 2007

 

Relazione Lehne - Richiesta di difesa dell'immunità parlamentare dell'on. Claudio Fava

 

Testi di cui sarà stata chiusa la discussione

 

(15:00 - 16:30)

 

Discussione sull'avvenire dell'Europa con la partecipazione del Primo ministro svedese, membro del Consiglio europeo

 

(16:30 - 19:30)

 

Discussione congiunta - Strategia di Lisbona

     Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla strategia di Lisbona

     Relazione Strakeviciuté - Orientamenti generali delle politiche economiche per il 2008

 

(21:00 - 22:30)

 

Tempo delle interrogazioni alla Commissione

 

(22:30 - 24:00)

 

Relazione Özdemir - Strategia dell'UE per l'Asia centrale

 

 

Mercoledì 20 febbraio 2008

(9:00 - 11:50)

 

Relazione Méndez de Vigo e Corbett - Trattato di Lisbona

 

(12:00 - 13:00)

***I

Relazione Juknevciené - Censimento della popolazione e delle abitazioni

 

Testi di cui sarà stata chiusa la discussione

 

(15:00 – 18:00)

 

Relazione Frassoni - Controllo dell'applicazione della legislazione comunitaria (2005)

 

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Kosovo

 

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Settimo Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite

 

(18:00 - 19:30)

 

Tempo delle interrogazioni al Consiglio

 

(21:00 – 24:00)

 

Relazione Castex - Futuro demografico dell'Europa

 

Dichiarazione della Commissione - Cooperazione scientifica con l'Africa

 

Relazioni iscritte conformemente all'articolo 134 del Regolamento del Parlamento

 

 

Giovedì 21 febbraio 2008

 

(10:00 - 11:50)

 

Discussione congiunta - Politica di coesione

      Relazione Guellec - Quarta relazione sulla coesione

      Relazione Kallenbach - Attuazione dell'agenda territoriale e della Carta di Lipsia - Verso un programma d'azione europeo per lo sviluppo spaziale e la coesione territoriale

 

(12:30 - 13:00) Votazione

 

Risoluzioni sulla situazione a Gaza

 

Testi di cui sarà stata chiusa la discussione

 

(15:00 - 16:00)

 

Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto

-    Timor orientale

-    BIelorussia

-    Nord-Kivu (Repubblica democratica del Congo)

 

(16:00) Votazione

 

Proposte di risoluzione concernenti le discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto

 

Testi di cui sarà stata chiusa la discussione

 

  

L'ordine del giorno può subire modifiche.

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Codici delle procedure parlamentari

 

Serie A

Relazioni e raccomandazioni

Serie B

Risoluzioni e interrogazioni orali

Serie C

Documenti di altre Istituzioni

*

Procedura di consultazione

**I

Procedura di cooperazione, prima lettura

**II

Procedura di cooperazione, seconda lettura

***

Parere conforme

***I

Procedura di codecisione, prima lettura

***II

Procedura di codecisione, seconda lettura

***III

Procedura di codecisione, terza lettura

 

 

Abbreviazioni

 

BE

Belgio

IT

Italia

PL

Polonia

CZ

Repubblica ceca

CY

Cipro

PT

Portogallo

DK

Danimarca

LV

Lettonia

SI

Slovenia

DE

Germania

LT

Lituania

SK

Slovacchia

EE

Estonia

LU

Lussemburgo

FI

Finlandia

EL

Grecia

HU

Ungheria

SE

Svezia

ES

Spagna

MT

Malta

UK

Regno Unito

FR

Francia

NL

Olanda

BG

Bulgaria

IE

Irlanda

AT

Austria

RO

Romania

 

 

Gruppi politici

 

PPE/DE

Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei

PSE

Gruppo socialista al Parlamento europeo

ALDE/ADLE

Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa

Verdi/ALE

Gruppo Verde/Alleanza libera europea

GUE/NGL

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

IND/DEM

Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN

Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni"

NI

Non iscritti

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Deputati al Parlamento europeo

 Situazione al 14.2.2008
 

 

PPE/DE

PSE

ALDE/ADLE

UEN

Verdi/ALE

GUE/NGL

IND/DEM

NI

Totale

BE

6

7

6

 

2

 

 

3

24

BG

5

5

5

 

 

 

 

3

18

CZ

14

2

 

 

 

6

1

1

24

DK

1

5

4

1

1

1

1

 

14

DE

49

23

7

 

13

7

 

 

99

EE

1

3

2

 

 

 

 

 

6

IE

5

1

1

4

 

1

1

 

13

EL

11

8

 

 

 

4

1

 

24

ES

24

24

2

 

3

1

 

 

54

FR

18

31

10

 

6

3

3

7

78

IT

24

15

14

13

2

7

 

3

78

CY

3

 

1

 

 

2

 

 

6

LV

3

 

1

4

1

 

 

 

9

LT

2

2

7

2

 

 

 

 

13

LU

3

1

1

 

1

 

 

 

6

HU

13

9

2

 

 

 

 

 

24

MT

2

3

 

 

 

 

 

 

5

NL

7

7

5

 

4

2

2

 

27

AT

6

7

1

 

2

 

 

2

18

PL

15

9

5

20

 

 

3

2

54

PT

9

12

 

 

 

3

 

 

24

RO

18

10

6

 

 

 

 

1

35

SI

4

1

2

 

 

 

 

 

7

SK

8

3

 

 

 

 

 

3

14

FI

4

3

5

 

1

1

 

 

14

SE

6

5

3

 

1

2

2

 

19

UK

28

19

11

 

5

1

10

4

78

Totale

289

215

101

44

42

41

24

29

785

 

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