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RESOCONTO

 

5 febbraio 2009

Strasburgo

 

 

 


Nuove norme sui mangimi animali


Il Parlamento ha adottato un regolamento che aggiorna e semplifica le condizioni di vendita dei mangimi al fine di garantire un livello elevato di protezione della salute e un'informazione adeguata. Dispone quindi le prescrizioni in materia di etichettatura, tra cui l'obbligo di indicare in ordine decrescente l'elenco delle materie prime impiegate, tutelando però il segreto delle "ricette". Indica poi il tipo di materie prime vietate e prevede l'istituzione di un catalogo di quelle autorizzate.

 

Approvando un maxi-emendamento di compromesso negoziato dal relatore Friedrich-Wilhelm GRAEFE zu BARINGDORF (Verdi/ALE, DE) con il Consiglio, il Parlamento ha adottato con 543 voti favorevoli, 8 contrari e 26 astensioni un regolamento volto a consolidare, rivedere e aggiornare le condizioni per l'immissione sul mercato e l'uso degli alimenti per animali (destinati o meno alla produzione di alimenti nella Comunità), in particolare per quanto riguarda le prescrizioni relative all'etichettatura, all'imballaggio e alla presentazione. Allineando le norme su quelle disposte per i prodotti alimentari destinati al consumo umano, l'obiettivo è di garantire un livello elevato di protezione della salute pubblica, un'informazione adeguata agli utilizzatori e ai consumatori, e di rafforzare il buon funzionamento del mercato interno. Se l'Aula sottoscrive l'accordo, il regolamento sarà applicabile un anno dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

 

Il fatturato annuo dell'industria comunitaria dei mangimi composti (inclusi gli alimenti per animali da compagnia) ammonta a circa 50 miliardi di euro, senza contare le imprese produttrici di materie prime per mangimi. La produzione zootecnica rappresenta il 50% circa della produzione agricola nell'UE e l'alimentazione animale costituisce il principale fattore di costo per i cinque milioni di allevatori di bestiame della Comunità.

 

Mangimi sul mercato, ma solo se sicuri e rintracciabili

 

I mangimi potranno essere immessi sul mercato ed utilizzati unicamente «se sono sicuri» e «se non hanno effetti nocivi diretti sull'ambiente o sul benessere degli animali». Inoltre, gli operatori del settore dovranno garantire che i loro mangimi siano «sani, genuini, di qualità leale, adatti all'impiego previsto e di natura commerciabile», nonché «etichettati, imballati e presentati» conformemente alle disposizioni del regolamento e degli altri pertinenti atti della legislazione comunitaria. I mangimi dovranno inoltre essere conformi alle riserve tecniche relative ad impurità e ad altri determinanti chimici indicati in un allegato del regolamento. Non dovranno, invece, contenere o essere costituiti di materie prime - indicate in un altro allegato - la cui immissione sul mercato o il cui uso ai fini dell'alimentazione animale «sono limitati o vietati».

 

Come per i prodotti alimentari, poi, gli operatori del settore saranno responsabili della rintracciabilità dei mangimi, essendo in grado di individuare chi abbia fornito loro un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un mangime.

 

Etichettatura più chiara

 

In generale, l'etichettatura e la presentazione dei mangimi non dovranno indurre l'utilizzatore in errore riguardo all'uso previsto o alle caratteristiche dei mangimi, in particolare, alla loro natura, al metodo di fabbricazione o di produzione, alle proprietà, alla composizione, alla quantità, alla durata, alle specie o alle categorie di animali cui sono destinati. Oppure attribuendo ai mangimi effetti o proprietà che non possiedono.

 

Tuttavia, l'etichettatura e la presentazione delle materie prime dei mangimi e dei mangimi composti potranno richiamare l'attenzione, in particolare, sulla presenza o sull'assenza di una data sostanza nei mangimi, su una caratteristica o su un processo nutrizionale specifico o su una funzione specifica correlata con uno di questi aspetti. Ciò, però, sarà possibile unicamente se «l'indicazione è oggettiva, verificabile dalle autorità competenti, e comprensibile per l'utilizzatore dei mangimi» e se la persona responsabile dell'etichettatura fornisce, su richiesta, «una prova scientifica della veridicità dell'indicazione». Gli acquirenti, d'altra parte, avranno il diritto di portare all'attenzione delle autorità competenti i loro dubbi quanto alla veridicità dell’indicazione. Le materie prime per mangimi o i mangimi composti potranno essere immessi sul mercato solo se l'etichetta riporta il tipo di mangime ("materia prima per mangimi", "mangime completo" o "mangime complementare"), il nome o la ragione sociale e l'indirizzo dell'operatore del settore dei mangimi responsabile dell'etichettatura, il numero di riconoscimento, se noto, dello stabilimento della persona responsabile per l’etichettatura, il numero di riferimento della partita o del lotto, il quantitativo netto, l'elenco degli additivi per mangimi preceduti dalla dicitura “additivi” e il tenore d'acqua.

 

Indicazione degli ingredienti dei mangimi composti, tutelando il segreto della "ricetta"

 

Il regolamento, d'altra parte, prevede prescrizioni supplementari obbligatorie per l'etichettatura delle materie prime per mangimi e dei mangimi composti. Per questi ultimi, dovrà essere indicata anche la specie animale o la categoria di animali cui sono destinati, le istruzioni per un loro uso corretto che indichino l'esatta destinazione e l'indicazione della data di conservazione minima.

 

Inoltre, sull'etichetta dovrà figurare l'elenco delle materie prime che compongono il mangime, recante la dicitura "composizione" e il nome di ogni materia prima, «enumerandole nell'ordine decrescente di importanza ponderale, calcolata in base al tenore di umidità del mangime composto». Potrà anche essere indicato il tenore in peso. Più precisamente, dovranno essere indicati il nome e la percentuale in peso di una materia prima per mangimi se la sua presenza è sottolineata sull'etichetta in parole, immagini o grafici.

 

Se le percentuali in peso delle materie prime incorporate nei mangimi composti per animali destinati alla produzione di alimenti non sono indicate sull'etichetta, la persona responsabile dell'etichettatura, dovrà inoltre mettere a disposizione dell'acquirente, «su richiesta», informazioni sui dati quantitativi relativi alla composizione del prodotto, «in una gamma +/- del 15 % del valore, secondo la formulazione dell’alimento». Si tratta questo di un punto sul quale i deputati hanno particolarmente insistito: appoggiandosi anche a una sentenza della Corte di giustizia hanno infatti rifiutato di concedere la facoltà, come richiesto dal Consiglio, di rifiutarsi di divulgare tali informazioni.

Dando soddisfazione alla richiesta dei deputati, l'accordo raggiunto precisa tuttavia che la diffusione delle informazioni lascia impregiudicate le norme stabilite da una direttiva del 2004 sul rispetto delle proprietà intellettuali. Questo principio vale anche nei casi in cui, per qualsiasi emergenza relativa alla salute umana e animale o all'ambiente, l'autorità competente potrà fornire all'acquirente questo tipo di informazione, «dopo aver valutato i rispettivi legittimi interessi dei produttori e degli acquirenti» e «previa sottoscrizione di una clausola di riservatezza» da parte di questi ultimi.

 

Nel caso dei mangimi composti per animali non destinati alla produzione di alimenti, eccetto per gli animali da pelliccia, l'indicazione del nome specifico della materia prima potrà essere sostituita da quello della categoria cui detta materia prima appartiene. A tal fine la Commissione dovrà stabilire un elenco delle materie prime che potranno essere indicate. Il regolamento, inoltre, prevede prescrizioni supplementari obbligatorie per le etichette degli alimenti destinati ad animali da compagnia. Tra queste figura l'indicazione di un numero di telefono gratuito per consentire all'acquirente di ottenere altre informazioni sugli additivi addizionati e sulla materie prime aggiunte.

 

Etichettatura volontaria e codici di buona pratica

 

Oltre alle disposizioni obbligatorie in materia di etichettatura, l'etichetta delle materie prime per mangimi e dei mangimi composti potrà comprendere anche indicazioni a carattere facoltativo, purché siano rispettati i principi generali stabiliti dal regolamento. Ulteriori condizioni relative all’etichettatura su base volontaria potranno essere fornite nei codici comunitari di buona pratica per gli alimenti degli animali da compagnia e per i mangimi composti per animali destinati alla produzione di alimenti, la cui messa a punto sarà incoraggiata dalla Commissione.

 

Un catalogo comunitario delle materie prime per mangimi

 

Un allegato del regolamento indica un elenco di materie prime di cui sarà limitata o vietata la commercializzazione o l'impiego per l'alimentazione animale. Tra le materie prime vietate figurano feci, urine nonché il contenuto del tubo digerente, pelli trattate con sostanze concianti, semi e altri materiali di moltiplicazione dei vegetali che, dopo la raccolta, hanno subito un trattamento particolare con prodotti fitofarmaceutici e prodotti derivati, legno, compresa la segatura o altri materiali derivati dal legno, trattato con prodotti di preservazione, tutti i rifiuti ottenuti nel corso delle diverse fasi del processo di trattamento delle acque reflue urbane, domestiche e industriali, rifiuti urbani solidi (come quelli domestici) e, infine, imballaggi e parti d'imballaggio provenienti dall'utilizzazione di prodotti dell'industria agroalimentare.

 

Il regolamento istituisce inoltre il catalogo comunitario delle materie prime per mangimi «quale strumento per migliorare l'etichettatura dei mangimi e dei mangimi composti». Il catalogo dovrà facilitare lo scambio di informazioni sulle proprietà del prodotto ed elencare le materie prime per mangimi in modo non esaustivo. Per ciascuna voce figurante nell'elenco includerà almeno la denominazione, il numero di identificazione, una descrizione delle materie prime e, se del caso, informazioni riguardanti il processo di produzione e un glossario con la definizione dei diversi processi e delle espressioni tecniche utilizzate. La prima versione del catalogo comunitario dovrà essere adottata entro sei mesi dall'entrata in vigore del regolamento e riprenderà le voci già presenti in due direttive UE. 
 

L'uso del catalogo da parte degli operatori del settore dei mangimi, è precisato, sarà facoltativo. Tuttavia, la denominazione di una materia prima per mangimi figurante nel catalogo potrà essere utilizzata soltanto a condizione che siano rispettate tutte le pertinenti disposizioni del catalogo.

 

 

Link utili

 

Maxi-emendamento di compromesso
Sentenza della Corte di giustizia nella causa "Fratelli Martini e Cargill"

 

 

Riferimenti

 

Friedrich-Wilhelm GRAEFE zu BARINGDORF (Verdi/ALE, DE)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'immissione sul mercato e sull'uso dei mangimi

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 5.2.2009

Votazione: 5.2.2009

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Immigrazione: chiudere i centri d'accoglienza non adeguati


Dalle visite realizzate in alcuni centri d'accoglienza sono emerse condizioni di ritenzione intollerabili dal punto di vista igienico, della promiscuità e delle strutture. Il Parlamento sollecita quindi la chiusura di tutti i centri che non soddisfano le norme vigenti. Chiede anche ai governi di stilare una relazione annuale e di istituire un mediatore nazionale dei centri. Auspica poi un sistema d'ispezione permanente e uno strumento di solidarietà per i paesi con maggiori flussi migratori.

 

Tra il 2005 e il 2008 delle delegazioni della commissione per le libertà civili hanno visitato alcuni centri di permanenza temporanea in Italia (Lampedusa), Spagna (Ceuta e Melilla e Isole Canarie), Francia (Parigi), Malta, Grecia, Belgio, Regno Unito, Paesi Bassi, Polonia, Danimarca e Cipro. Approvando con 487 voti favorevoli, 39 contrari e 45 astensioni la relazione di Martine ROURE (PSE, FR), il Parlamento ricorda anzitutto che i diritti fondamentali, quali il diritto a una vita dignitosa, la tutela della vita familiare, l’accesso alle cure sanitarie e il diritto d’appello «devono essere costantemente garantiti».

 

Deplora quindi che alcune visite effettuate «abbiano dimostrato che le direttive vigenti erano ancora male applicate o non erano applicate da alcuni Stati membri». Infatti, in taluni casi, senza citare quali, i deputati hanno constatato che le condizioni di ritenzione «erano intollerabili dal punto di vista igienico, della promiscuità, delle strutture disponibili» e che le persone trattenute «non erano sistematicamente informate della loro detenzione amministrativa, dei loro diritti e dello stato di avanzamento dei loro dossier». Chiede quindi alla Commissione di adottare le misure necessarie per garantire la trasposizione e il rispetto delle direttive e che «siano chiusi al più presto tutti i centri che non soddisfano alle norme vigenti».

 

Il Parlamento invita inoltre gli Stati membri a pubblicare una relazione annuale in merito al numero, alla collocazione, a numero di persone trattenute e al funzionamento dei centri di ritenzione chiusi.  E li sollecita a garantire un controllo periodico di tali centri e delle condizioni in cui sono trattenute le persone al loro interno istituendo la figura di un mediatore nazionale responsabile dei centri di ritenzione. Li invita poi a migliorare i contatti con il mondo esterno, anche permettendo visite regolari, estendendo l'accesso al telefono e generalizzando a talune condizioni l'accesso gratuito a Internet e ai mezzi d'informazione di massa in tutti i centri. Chiede inoltre alla Commissione di istituire, in cooperazione con il Parlamento europeo, un sistema di visite e di ispezioni permanente.
 

I deputati invitano poi gli Stati membri a dare prova di una maggiore solidarietà con i paesi che sono maggiormente confrontati con le sfide dell'immigrazione. Una solidarietà, è precisato, «che non sia solo tecnica e/o finanziaria». In proposito, chiedono alla Commissione di studiare la possibilità di proporre uno strumento europeo di solidarietà inteso ad alleggerire l'onere degli Stati membri con frontiere esterne che ricevono un elevato numero di rifugiati. Tale strumento dovrà essere «fondato sul principio del rispetto dei desideri dei richiedenti asilo che garantisca loro un elevato livello di protezione».

 

Accogliendo con favore la proposta di rifusione della direttiva 2003/9 che ha l’obiettivo di garantire standard più elevati in materia di accoglienza per i richiedenti asilo e di consentire una maggiore armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia di condizioni di accoglienza, i deputati plaudono all'idea di estendere il campo di applicazione della direttiva alla tutela sussidiaria al fine di garantire che lo stesso livello di diritti sia applicato a tutte le forme di protezione internazionale.

 

I principali problemi riscontrati, in dettaglio

 

Il Parlamento deplora che la capacità dei centri di accoglienza aperti da taluni Stati membri «sia scarsa e non sembri soddisfare i bisogni dei migranti» e chiede che l'accoglienza dei richiedenti asilo sia effettuata in via prioritaria «in centri di accoglienza aperti piuttosto che in unità chiuse», sull'esempio di quelli già esistenti in taluni Stati membri. Deplora inoltre che gli Stati membri ricorrono sempre più alla detenzione amministrativa, sottolineando che questa «deve essere una misura di ultima istanza per il periodo più breve possibile e soltanto nei casi in cui non sia possibile applicare misure meno coercitive e sulla base di una valutazione individuale di ciascun caso».

 

Nel ricordare poi l'obbligo di garantire l'accesso alle procedure relative alla domanda di asilo, ritiene necessario giungere ad un «giusto equilibrio» tra rapidità delle procedure, assorbimento dell'arretrato e giusto trattamento di ogni singolo caso, in particolare per le procedure accelerate. A questo proposito, i deputati osservano che l'informazione sulle procedure, in gran parte scritta e con termine molto brevi, può rappresentare «un ostacolo all'esercizio effettivo» dei diritti dei richiedenti asilo. Chiedono pertanto di mettere loro a disposizione opuscoli illustrativi di tutti i loro diritti nelle principali lingue internazionali. Esortano poi gli Stati membri a garantire un servizio di interpretazione «pubblico e gratuito», se necessario per telefono o Internet, vista la mancanza osservata in alcuni dei centri visitati. Incoraggiano quindi gli Stati membri ad avvalersi dell'assistenza finanziaria del Fondo europeo per i rifugiati per migliorare l'accesso all'informazione.

 

Il Parlamento deplora poi che l'accesso all'assistenza giuridica gratuita per i richiedenti asilo e gli immigrati irregolari detenuti «sembri ristretta e si limiti talvolta ad un elenco di nomi di avvocati, col risultato che le persone che non dispongono dei mezzi finanziari adeguati restano prive di assistenza». Pur compiacendosi del lavoro realizzato dalla ONG in questo campo, ritiene che esse non possono sostituirsi alle responsabilità degli Stati che sono quindi esortati a garantire l’accesso a un’assistenza e/o a una rappresentanza giuridica gratuita qualora il richiedente asilo non possa sostenerne i relativi costi.
 

Sull'accesso alle cure sanitarie, i deputati deplorano che «nella maggioranza dei centri di ritenzione visitati», i richiedenti asilo e i migranti «si lamentino sistematicamente dell'insufficienza e dell'inadeguatezza delle cure mediche, delle difficoltà di consultare i medici o di comunicare con loro, della mancanza di cure specifiche (in particolare per le donne incinte e le vittime di torture) e di medicinali appropriati». Chiedono quindi agli Stati membri di estendere la copertura medica attualmente offerta ai richiedenti asilo e ai migranti «affinché non resti limitata alle cure di emergenza» nonché di garantire un sostegno psicologico e cure psichiatriche.

 

Per quanto riguarda i minori, il Parlamento esorta gli Stati membri a istituire organismi indipendenti incaricati ufficialmente di monitorare gli standard e le condizioni nei centri di ritenzione chiusi nonché di attuare un sistema ufficiale di controllo. Più in generale, chiede che la ritenzione dei minori «sia vietata in linea di principio» e che il ricorso alla ritenzione dei minori con i loro genitori «abbia carattere eccezionale e miri a garantire l'interesse superiore del fanciullo». In ogni caso, gli Stati membri devono garantire ai minori il diritto all'istruzione e allo svago. Per ogni minore non accompagnato andrebbe nominato un tutore legale indipendente che provveda alla sua protezione. I deputati chiedono poi alla Commissione e agli Stati membri di istituire un meccanismo armonizzato ed affidabile di identificazione dei minori non accompagnati nonché regole comuni concernenti gli accertamenti di età.

 

Link utili

 

Relazioni sulle visite della commissione LIBE
Resoconto del dibattito in Aula sulla situazione del centro di Lampedusa (3.2.2009)
Direttiva 2003/9/CE recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri
Relazione della commissione sull'applicazione della direttiva 2003/9/CE
Proposta di rifusione della direttiva 2003/9
Risoluzione del Parlamento europeo del 14 aprile 2005 su Lampedusa

 

Riferimenti

 

Martine ROURE (PSE, FR)

Relazione sull'attuazione nell'Unione europea della direttiva 2003/9/CE sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati: visite della commissione LIBE dal 2005 al 2008

Procedura: Iniziativa

Relazione senza dibattito

Votazione: 5.2.2009

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Agevolare l'accesso delle PMI ai mercati mondiali


Maggiore tutela dalle contraffazioni, marchio d'origine sui beni importati, protezione internazionale di DOP e IGP alimentari, migliore accesso alle procedure d'indagine sul dumping e norme OMC specifiche e semplificate. E' quanto chiede il Parlamento per promuovere l'internazionalizzazione delle PMI e favorire competitività, crescita e occupazione. Occorre poi sostenere l'accesso delle PMI ai mercati esteri, adottare il brevetto UE e lo statuto della società europea e finanziare l'innovazione.

 

Le PMI dell'Unione europea, ossia quelle con un numero di dipendenti inferiore a 250 e un fatturato inferiore a 50 milioni di euro, rappresentano 23 milioni di imprese (99% del totale) e 75 milioni di posti di lavoro (70%) nell'Unione. Nell'osservare che oltre il 96% delle PMI dell'UE ha meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 10 milioni di euro, il Parlamento ha adottato con 437 voti favorevoli, 77 contrari e 69 astensioni la relazione di Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) rilevando che ciò «limita la loro capacità di esportare beni e servizi oltre i confini nazionali, dati gli elevati costi fissi» che questa attività comporta.

 

La conseguenza è che solo l'8% delle PMI dell'UE esporta beni al di fuori delle frontiere nazionali mentre circa il 3% di esse considerano prioritaria l'esportazione di beni al di fuori dell'Unione. In proposito, i deputati rilevano che «i mercati aperti e la concorrenza leale rappresentano i migliori strumenti per garantire le opportunità per le PMI nell'economia globalizzata», anche perché «l'internazionalizzazione genera competitività e crescita, contribuendo all'espansione delle imprese e quindi all'occupazione». La Commissione dovrebbe quindi affrontare in modo esplicito le difficoltà incontrate dalle PMI nelle esportazioni, precisando con quali strumenti nazionali o europei è possibile aiutare le PMI a migliorare le loro prestazioni sui mercati mondiali.

 

Una più efficace tutela dei diritti di proprietà intellettuale e marcatura d'origine

 

Il Parlamento sottolinea che le PMI necessitano di un'efficace tutela dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) «come prerequisito per lo sviluppo di nuove tecnologie», al fine di consentire loro di intraprendere attività a livello internazionale. Rileva pertanto che l'introduzione di un sistema di DPI semplice ed efficace «costituisca uno strumento fondamentale per promuovere l'internazionalizzazione delle PMI». Anche perché la contraffazione colpisce le PMI «che sono riuscite a creare prodotti di qualità e competitivi», mettendone talora «in pericolo la sopravvivenza». La Commissione e gli Stati membri dovrebbero quindi impegnarsi «con rinnovato vigore» nella prevenzione e nella repressione del fenomeno sia a livello interno sia esterno, attraverso iniziative multilaterali (ad esempio l'accordo ACTA) e bilaterali (nuovi accordi di cooperazione economica con i paesi terzi). Dovrebbero anche migliorare il controllo sulle importazioni da parte delle autorità doganali.

I deputati, d'altro canto, si rammaricano per la ritardata introduzione del sistema di marcatura d'origine comunitario per alcuni beni provenienti dai paesi extra-europei (quali i tessili e le calzature) ed esprimono preoccupazione «per questa chiara violazione dei diritti dei consumatori dell'Unione europea». Invitano quindi gli Stati membri e la Commissione a accelerare l'entrata in vigore di questa normativa e a mettere in valore l'origine europea di questi prodotti, «vista sovente dai consumatori come garanzia di qualità, di sicurezza e di rispetto di elevati standard produttivi».

 

Dovrebbero inoltre incoraggiare le PMI affinché si avvalgano di strumenti, come ad esempio i brevetti, per proteggere il loro patrimonio di conoscenze e per difendersi dai fenomeni di copiatura e/o contraffazione. Anche perché, per le PMI, la protezione dei diritti di brevetto e delle indicazioni geografiche «sono altrettanto se non più importanti della protezione dei marchi e dei diritti d'autore». 

 

Indicazioni geografiche dei prodotti alimentari

 

Nell'ambito delle future negoziazioni commerciali multilaterali e bilaterali, il Parlamento chiede di compiere progressi sostanziali affinché si giunga a un quadro internazionale di riferimento «più chiaro ed equilibrato» in materia di indicazioni geografiche per garantire che i prodotti agricoli europei più competitivi e conosciuti «non siano indebitamente penalizzati da pratiche anticoncorrenziali». A tale proposito, sostiene la creazione di un registro multilaterale internazionale delle indicazioni geografiche che permetta alle PMI di proteggere le proprie denominazioni in modo semplice ed economico.

 

Gli altri membri dell'OMC, d'altra parte, sono invitati a garantire pieno accesso ai prodotti DOP e IGP dell'Unione europea «ritirando ... dal commercio quei prodotti nazionali che usano indebitamente dette denominazioni» e, comunque, ad accordare pieno accesso alle indicazioni geografiche protette e alle denominazioni d'origine protette dell'UE che erano precedentemente utilizzate o che sono diventate delle denominazioni generiche.

 

Ricorrere più spesso agli strumenti di difesa commerciale

 

Compiacendosi della decisione della Commissione di ritirare le proposte di riforma degli strumenti di difesa commerciale (TDI), il Parlamento sottolinea che tale sistema «deve continuare a essere una procedura quasi giudiziaria, basata su valutazioni obiettive e fattuali, in modo da consentire prevedibilità e certezza giuridica». In mancanza di norme internazionalmente riconosciute in materia di concorrenza, ritiene che l'attuale sistema europeo di TDI costituisca «lo strumento migliore per garantire pari condizioni a tutti gli operatori». 

 

Inoltre, vista l'importanza dei TDI, i deputati invitano la Commissione ad accrescere la trasparenza, la prevedibilità e l'accessibilità delle procedure d'indagine in particolare per le PMI e ad accelerare e semplificare le procedure. Anche perché il sistema serve «a tutelare gli interessi dei produttori e dei dipendenti nei confronti delle difficoltà causate dal dumping o dalle sovvenzioni illegali». La Commissione dovrebbe inoltre fornire un'assistenza mirata alle PMI in tutte le fasi delle indagini in materia di difesa commerciale e, in tale contesto, occorre migliorare i servizi offerti alle PMI dall'helpdesk per i TDI.
 

Norme OMC specifiche e semplificate per le PMI

 

Il Parlamento insiste sulla necessità che il sistema OMC faccia tenga in maggior conto il ruolo delle PMI e i loro interessi ed è quindi necessario «un quadro normativo internazionale chiaro e funzionale». Invita pertanto la Commissione a prevedere nell'ambito dei negoziati dell'OMC «regole semplificate specifiche per le PMI all'interno delle zone di libero scambio, nonché clausole speciali relative alle esigenze delle PMI». Dovrebbe inoltre favorire la rimozione delle barriere tariffarie e non tariffarie, la promozione del commercio internazionale attraverso idonee misure di semplificazione e l'armonizzazione normativa.

 

Inoltre, per rendere il sistema degli scambi internazionali meno oneroso per le PMI, i deputati suggeriscono di prendere in considerazione la creazione di un sistema di corti arbitrali internazionali «rapido e poco oneroso che possa permettere alle PMI di evitare le lungaggini e le difficoltà che un contenzioso con le autorità doganali o commerciali in alcuni paesi terzi comporta».

 

Sostengono inoltre l'adozione di una posizione europea «ferma» nei negoziati sulle procedure relative alla facilitazione commerciale, al fine di ridurre i costi delle procedure doganali, che possono raggiungere anche il 15% del valore dei beni scambiati, attraverso la trasparenza e la semplificazione delle procedure, l'armonizzazione delle norme internazionali, l'efficace registrazione dell'origine dei beni e l'ammodernamento dei controlli doganali.

 

Strategia di accesso ai mercati e agli appalti dei paesi terzi

 

Per i deputati l'accesso delle PMI ai mercati internazionali «può contribuire a creare nuovi posti di lavoro, a difendere e conferire valore aggiunto a quelli esistenti, a preservare e scambiare il know-how e le specificità dell'Unione europea, nonché a offrire agli Stati membri la garanzia di una crescita economica solida e duratura». Invitano quindi la Commissione e gli Stati membri a migliorare la diffusione delle informazioni relative ai mercati dei paesi terzi, razionalizzando e semplificando il "Market Access Database" e rafforzando i "Market Access Team" creati in seno alle delegazioni della Commissione nei paesi terzi (dotandoli di helpdesk specifici per le PMI).

 

Il Parlamento sostiene inoltre la creazione, nei mercati chiave di India e Cina, di "European Business Center" che collaborino con le camere di commercio nazionali e con i rappresentanti delle imprese per consentire alle PMI di trovare partner dotati delle capacità necessarie per accedere a questi mercati locali. Dà anche il suo appoggio ai programmi bilaterali che promuovono l'accesso specifico delle PMI ai mercati dei paesi terzi, come AL-INVEST (America latina), MEDINVEST (Mediterraneo) e PROINVEST (Africa).

 

Esprimendo preoccupazione per le persistenti restrizioni esistenti in molti paesi terzi in materia di appalti pubblici, il Parlamento ritiene che l'Unione europea debba intraprendere azioni accorte ed efficaci per garantire pari diritti alle imprese europee, in particolare alle PMI. Invita pertanto la Commissione a presentare proposte realistiche e costruttive in vista di una futura rinegoziazione e di un rafforzamento dell'accordo sugli appalti pubblici dell'OMC.
 

"Small Business Act" europeo e innovazione

 

Il Parlamento si compiace dell'iniziativa della Commissione relativa allo "Small Business Act" «quale occasione importante per adattare in maniera efficace tutte le politiche dell'Unione europea alle PMI» e ritiene che l'internazionalizzazione delle PMI - obiettivo primario della politica commerciale - debba costituirne «una pietra angolare». Invita inoltre la Commissione e gli Stati membri a incentivare la creazione di consorzi di servizi destinati a supportare le PMI nel processo di internazionalizzazione.

 

I deputati vedono anche con favore l'aggiornamento dei programmi che permettono alle PMI di accedere a finanziamenti per uno sviluppo internazionale, rammentando la necessità di adottare quanto prima il brevetto unico europeo e lo statuto della società europea. Ritengono inoltre che il sostegno politico e finanziario finalizzato all'innovazione dei prodotti e dei processi, il miglioramento dell'accesso ai finanziamenti e degli aspetti fiscali, la cooperazione nel campo della ricerca e il trasferimento tecnologico «siano fattori fondamentali per incrementare la produttività delle PMI». Esortano poi una più intensa cooperazione tra le PMI e le università allo scopo di migliorare la ricerca e l'innovazione e chiedono alla Commissione di prendere in considerazione la creazione di un programma speciale di scambi a livello di Unione europea per i giovani imprenditori.

 

 

Link utili

 

Sito della Commissione europea sulle PMI

 

 

Riferimenti

 

Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT)

Relazione sul rafforzamento del ruolo delle PMI europee nel commercio internazionale

Procedura: Iniziativa

Relazione senza dibattito

Votazione: 5.2.2009

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Promuovere il commercio on line


Internet promuove le transazioni internazionali, permette lo sviluppo delle PMI e amplia le possibilità di scelta dei consumatori. E' quanto afferma il Parlamento chiedendo misure per aumentare la fiducia in tale strumento alla luce delle truffe che lo penalizzano. Sollecita poi campagne d'informazione sui diritti e i doveri degli utenti, e chiede di ricorrere a standard aperti, inserire tale materia negli accordi OMC e migliorare il mercato on line dell'UE.

 

Approvando con 562 voti favorevoli, 9 contrari e 10 astensioni la relazione di Georgios PAPASTAMKOS (PPE/DE, EL), il Parlamento sottolinea poi l'influenza positiva esercitata da Internet sul commercio transfrontaliero e internazionale di beni e servizi negli ultimi vent'anni, evidenziando come i mercati online fungano da nuovi intermediari, al fine di agevolare gli scambi, aumentare l'accesso alle informazioni a bassissimo costo e ampliare, in generale, l'ambito dei rapporti tra le imprese.

 

Il Parlamento nota poi che il commercio online - ossia «la produzione, la pubblicità, la vendita e la distribuzione di prodotti attraverso reti di telecomunicazione» - «supera già il commercio tradizionale». Permette inoltre di aggirare le «barriere commerciali obsolete», penetrare in mercati che in passato «erano distanti e inaccessibili» e ha creato «una nuova gamma di concetti commerciali e valori economici», come le proprietà immobiliari digitali (i nomi di dominio) e l'accesso alle informazioni (i motori di ricerca). Ha poi ricadute positive sulla possibilità di scelta, la disponibilità, i tempi e le modalità di acquisto dei consumatori. Anche perché più della metà dei cittadini dell'UE e quasi 1,5 miliardi di persone in tutto il mondo hanno accesso a Internet, mentre nell'UE un cittadino su tre effettua acquisti online, ma sono solo 30 milioni coloro che effettuano acquisti transfrontalieri nell'UE.

 

Riconoscendo tuttavia l'esistenza di problemi in materia di garanzia della qualità e sicurezza dei prodotti, il Parlamento suggerisce che comportamenti illeciti come la contraffazione, la pirateria, le truffe, la violazione della sicurezza delle transazioni e la violazione dello spazio privato dei cittadini «non vadano attribuiti alla natura del mezzo, ma debbano essere considerati manifestazioni di attività commerciali illecite già presenti nel mondo fisico». Ritenendo che la scarsa fiducia nella sicurezza delle transazioni e dei pagamenti «costituisca il pericolo maggiore per il futuro del commercio elettronico», esorta la Commissione a indagarne le cause e a moltiplicare gli sforzi per creare meccanismi atti a rafforzare la fiducia delle imprese e dei privati, nonché a istituire idonei strumenti per risolvere le dispute connesse alle pratiche commerciali illegali. Sottolinea inoltre la necessità di una cooperazione internazionale a livello normativo affinché il commercio elettronico internazionale «sviluppi appieno le sue potenzialità».
 

La Commissione è poi invitata a mettere a punto una strategia completa per rimuovere gli ostacoli al commercio elettronico che tutt'ora interessano le PMI, ad esempio accesso alle TIC, costi connessi allo sviluppo e al mantenimento dei sistemi di commercio elettronico, mancanza di fiducia, carenza di informazioni, incertezza giuridica nelle dispute transnazionali, ecc.. Dovrebbe inoltre formulare raccomandazioni strategiche che comprendano l'offerta di incentivi alle PMI volti a incrementare la partecipazione al commercio online di prodotti e servizi.

 

Il Parlamento rileva poi l'esigenza «di organizzare campagne di informazione e istruzione al fine di sensibilizzare maggiormente i consumatori sui loro diritti allo scopo di rafforzare la loro fiducia nel commercio online». Invita inoltre la Commissione a pubblicare sul suo sito web informazioni sui diritti dei consumatori in materia di commercio internazionale su internet, incentrandosi in particolare sulle questioni contrattuali, la protezione dei consumatori contro le pratiche commerciali sleali, la vita privata e i diritti d'autore. In proposito, prende atto della proposta di direttiva che ha lo scopo di garantire un maggior grado di certezza del diritto, trasparenza e tutela per il numero crescente di consumatori che acquistano via Internet, in particolare per quanto riguarda la consegna, il trasferimento del rischio, la conformità contrattuale e le garanzie commerciali.

 

Nel rammaricarsi del «crescente ricorso illecito alla censura nei confronti di servizi e prodotti online», che corrisponde a una «barriera commerciale occulta», i deputati riconoscono la necessità di ricorrere a standard di tipo aperto, e la loro importanza «per l'innovazione, la concorrenza e una scelta efficace da parte dei consumatori».

 

Il Parlamento lamenta l'assenza di progressi nell'ambito dei negoziati dell'OMC sull'importante questione della classificazione dei cosiddetti "prodotti digitali", il fatto che l'agenda di Doha per lo sviluppo non preveda negoziati specifici sul commercio elettronico, nonché la mancanza di progressi in merito all'adozione di una moratoria permanente dell'OMC sui dazi doganali applicati alle trasmissioni elettroniche. Invita inoltre l'UE a includere sistematicamente nei suoi accordi commerciali bilaterali e regionali disposizioni esplicite in merito ad un uso di Internet aperto e generalizzato per il commercio elettronico, a condizione che i consumatori siano in grado di accedere e utilizzare i servizi e i prodotti digitali di loro scelta.

 

I deputati sottolineano poi che i prodotti e i servizi culturali e artistici sono caratterizzati da una doppia natura, economica e culturale, e che «è essenziale mantenere questa comprensione nell'ambito dei negoziati e degli accordi commerciali internazionali». Esortano inoltre Commissione e Consiglio a garantire che le industrie culturali europee «sfruttino appieno le nuove opportunità introdotte dal commercio elettronico», in particolare nei settori audiovisivo, musicale ed editoriale, ed offrano nel contempo un'efficace protezione contro il traffico illecito e il plagio. Ma dovranno astenersi «dal fare offerte o accettare richieste di liberalizzazione nel settore audiovisivo e culturale».

 

I deputati rammentano anche che la conclusione dell'accordo commerciale anticontraffazione deve creare un equilibrio tra la protezione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) e la tutela dei diritti fondamentali dei consumatori e contribuire ad un'ulteriore innovazione, flussi di informazione e uso di servizi legittimi nell'ambiente commerciale online.
 

Per quanto riguarda il mercato online dell'UE, il Parlamento ne deplora la frammentazione causata «da disposizioni normative che consentono o rendono obbligatoria la divisione del mercato su base geografica e ostacolano o impediscono la fornitura online di beni o servizi, da limitazioni contrattuali alla distribuzione, dall'incertezza giuridica, dalla mancanza di fiducia da parte dei consumatori nei confronti dei sistemi di pagamento elettronici, dai costi elevati di accesso a Internet e da altri limiti alla disponibilità di opzioni di consegna». Queste carenze, è precisato, ostacolano «lo sviluppo di un ambiente industriale e commerciale europeo online stabile e solido». Sottolinea inoltre la necessità di provvedere affinché la fornitura di servizi online, compreso il commercio elettronico, non sia soggetta a inutili procedure di autorizzazione non necessarie, sia nell'UE che nei paesi partner commerciali.

 

Infine, il Parlamento ritiene che l'ampiezza dell'aumento delle transazioni transfrontaliere, la difficoltà di identificare la natura, l'origine e la destinazione delle transazioni e l'assenza di rintracciabilità e di punti di leva «metta in discussione il carattere territoriale dei regimi fiscali». Sottolinea inoltre che esiste la possibilità di semplificare l'amministrazione fiscale, di sostituire i documenti cartacei con interscambi di dati elettronici e di compilare online le dichiarazioni dei redditi, oltre che di automatizzare il processo di riscossione delle imposte.

 

 

Link utili

 

Proposta di direttiva sui diritti dei consumatori

 

 

Riferimenti

 

Georgios PAPASTAMKOS (PPE/DE, EL)

Relazione su commercio internazionale e Internet

Procedura: Iniziativa

Relazione senza dibattito

Votazione: 5.2.2009

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Cina: rispetto dei diritti umani e lotta alla contraffazione


Il Parlamento rileva le intense relazioni commerciali dell'UE con la Cina e il ruolo di questa nella governance globale. Ma, auspicando progressi nel rispetto dei diritti umani, chiede di eliminare gli ostacoli all'accesso dei prodotti e servizi UE, rafforzare la lotta alla pirateria, migliorare la sicurezza dei prodotti e di vigilare sulle importazioni di tessili. Occorre poi introdurre un codice di condotta sulle attività europee dei fondi sovrani cinesi e garantire i diritti dei lavoratori.

 

Approvando con 491 voti favorevoli, 176 contrari e 12 astensioni una risoluzione presentata da Corien WORTMANN-KOOL (PPE/DE, NL) in nome del suo gruppo, in alternativa alla sua stessa relazione proposta dalla commissione per il commercio internazionale, il Parlamento nota anzitutto che gli scambi commerciali UE-Cina hanno registrato un «enorme aumento» a partire dal 2000 e che l'Unione europea è il principale partner commerciale della Cina dal 2006, mentre questa è il secondo partner commerciale dell'Unione dal 2007. Tant'è che l’Unione europea, nel 2007, ha registrato un deficit commerciale con la Cina superiore a 160 miliardi di euro.

 

In generale, i deputati sottolineano che le relazioni commerciali tra l'Europa e la Cina dovrebbero basarsi su principi quali «il reciproco impegno, l'equità della concorrenza e degli scambi commerciali, nel rispetto dei nostri valori comuni e delle norme stabilite dall'OMC, tenendo comunque conto dello sviluppo sostenibile, del rispetto dei limiti ambientali e del contributo agli obiettivi globali per la prevenzione del cambiamento climatico». Ritengono, inoltre che la Cina dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel garantire che l’ordine economico mondiale si sviluppi in modo sostenibile ed equilibrato e rilevano quindi la necessità di una cooperazione «senza precedenti» tra l'Unione europea e la Cina allo scopo di risolvere l'attuale crisi finanziaria ed economica.

 

Il Parlamento, d'altra parte, sostiene che lo sviluppo delle relazioni commerciali con la Cina «debba proseguire di pari passo con lo sviluppo di un dialogo politico trasparente, proficuo ed efficace». La questione dei diritti umani, pertanto, deve necessariamente essere parte integrante delle relazioni tra l’Unione europea e la Cina. In tale ambito, chiede alla Commissione di insistere sulla necessità di rafforzare la clausola relativa ai diritti umani nei negoziati con la Cina sul rinnovo dell'accordo di partenariato e di cooperazione (APC).

 

Nel sottolineare poi che la risposta dell’Europa all'intensificarsi delle relazioni commerciali UE-Cina «non può essere il protezionismo», i deputati plaudono agli investimenti effettuati nell'Unione europea dai fondi sovrani cinesi e dalle imprese statali cinesi, «che contribuiscono alla creazione di posti di lavoro e alla crescita». Tuttavia, sottolineano l'importanza di introdurre quanto meno un codice di condotta per garantire la trasparenza delle operazioni d'investimento della Cina sul mercato comunitario.

Per quanto riguarda l'accesso al mercato cinese, il Parlamento esprime tuttavia preoccupazione per il fatto che in alcuni settori gli investimenti esteri «sono vietati oppure sottoposti a restrizioni», mentre misure discriminatorie sono state adottate nei confronti di aziende estere, in particolare in materia di fusioni transfrontaliere e acquisizioni. Ritiene inoltre che le pratiche protezionistiche perseguite dalla Cina, l'eccessiva burocrazia, la svalutazione del renminbi, i sussidi elargiti in varie forme e l'assenza di un livello adeguato di rispetto dei diritti di proprietà intellettuale nel paese «ostacolino il pieno accesso di numerose imprese comunitarie al mercato cinese».

 

A quest'ultimo proposito, i deputati osservano che, nonostante i progressi compiuti, la produzione di merci contraffatte e piratate in Cina «resta a livelli allarmanti» e che il 60% delle merci contraffatte sequestrate dalle autorità doganali dell'Unione europea è prodotto in Cina. Sottolineano inoltre che ciò rappresenta un rischio concreto per i consumatori e, nel caso delle sostanze chimiche, anche per l’ambiente, visto che la produzione di tali merci avviene spesso in impianti in cui si produce anche per il mercato regolare «in spregio ai diritti dei lavoratori e alle norme igieniche e di sicurezza». Invitano quindi la Cina a intensificare gli sforzi per risolvere il problema della mancata attuazione e il rispetto dei diritti della proprietà intellettuale (DPI) e chiedono alla Commissione, di concerto con le autorità cinesi nazionali e regionali, «a portare avanti la lotta contro la contraffazione». Esprimono anche «grande preoccupazione» per il numero crescente di brevetti per modelli di utilità e design in Cina che sono spesso copie o modifiche minime di tecnologia europea esistente «e che pertanto non contribuiscono a un'autentica innovazione».

 

Il Parlamento esprime profonda preoccupazione per l’elevato numero di incidenti imputabili a prodotti cinesi pericolosi e, in particolare, quelli relativi ai giocattoli per bambini, ai cibi e ai farmaci. Pur compiacendosi della determinazione dimostrata dal governo cinese nel far fronte a tale problema, invita la Commissione a rafforzare il sostegno alle autorità cinesi in questo ambito. Accoglie inoltre con favore l'introduzione di un sistema di relazioni trimestrali sulle azioni di controllo effettuate dalla Cina per individuare l'origine dei prodotti pericolosi notificati nell'ambito del sistema Rapex-Cina, «incrementando così la sicurezza per i consumatori europei».

 

Il Parlamento rileva poi che un impiego efficace ed efficiente degli strumenti europei di difesa commerciale (SDC) contribuisce a garantire condizioni eque tra la Cina e l’Unione europea, «tenuto conto del numero crescente di ricorsi anti-dumping nei confronti dei produttori cinesi». E' peraltro del parere che l'economia cinese «non soddisfi ancora in molti ambiti i criteri che la porterebbero ad essere considerata un’economia di mercato» e invita quindi la Commissione a riconoscerle tale status «soltanto allorché soddisferà tali criteri». Chiede inoltre alla Commissione di continuare a promuovere il dialogo nell’ambito degli scambi commerciali di prodotti tessili tra l’Unione europea e la Cina e nell’ambito del meccanismo di dialogo economico e commerciale di alto livello, vigilando sulle importazioni di prodotti tessili di origine cinese.

 

Esprimendo preoccupazione per il lavoro minorile e per le condizioni lavorative e i diritti dei lavoratori in Cina, i deputati la esortano a migliorare le condizioni di lavoro al fine di portarle al livello delle norme di base dell'OIL, a ratificare la convenzione sulla libertà di associazione e sulla protezione del diritto di organizzazione e a moltiplicare gli sforzi per combattere le cause di fondo del lavoro minorile per porvi fine. Chiedono poi alle imprese europee che operano in Cina di applicare le norme internazionali più elevate e le migliori prassi nell’ambito della responsabilità sociale delle imprese in relazione ai lavoratori e all’ambiente.

 

I deputati esprimono profonda preoccupazione per l'elevato tasso d'inquinamento causato dall’industria cinese e per il crescente consumo di risorse naturali, in particolare di quelle ricavate da fonti non sostenibili. Consapevoli della corresponsabilità europea al riguardo, «visto che una parte considerevole della produzione industriale cinese è di proprietà di società europee», esortano la Cina ad assumersi le proprie responsabilità, dando un contributo a livello mondiale alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e alla lotta ai cambiamenti climatici.

 

Infine, il Parlamento si compiace del ravvicinamento tra la Cina e Taiwan.  Infatti considera Taiwan, che è il quarto partner commerciale più importante dell'Unione europea in Asia, «come entità economica e commerciale» e ne appoggia la partecipazione, in qualità di osservatore, alle competenti organizzazioni internazionali.

 

 

Link utili

 

Sito della Commissione sulle relazioni commerciali bilaterali UE/Cina
Risoluzione alternativa del PPE/DE

 

 

Riferimenti

 

Corien WORTMANN-KOOL (PPE/DE, NL)

Relazione sulle relazioni economiche e commerciali con la Cina

Procedura: Iniziativa

Relazione senza dibattito

Votazione: 5.2.2009

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Caso Battisti: il Brasile tenga conto della sentenza italiana


Il Parlamento confida che il riesame della decisione sull'estradizione di Cesare Battisti terrà conto
della sentenza emessa in Italia nel pieno rispetto dei principi di legalità. Rileva poi che l'attribuzione dello status di rifugiato deve basarsi sui principi internazionali e che il rifiuto dell'estradizione, motivata da insufficienti garanzie dei detenuti in Italia, manifesta sfiducia nei confronti dell'UE che, con i suoi Stati membri, è invece fondata sul rispetto dei diritti fondamentali.

 

Approvando con 46 voti favorevoli, 8 contrari e nessuna astensione una risoluzione sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE e UEN, il Parlamento osserva che in Brasile è ancora in corso un procedimento giudiziario e che la decisione definitiva sarà probabilmente pronunciata nelle prossime settimane. Ma «confida che il riesame della decisione sull'estradizione di Cesare Battisti terrà conto della sentenza emessa» dall'Italia «nel pieno rispetto dei principi di legalità su cui si fonda l'Unione europea».

 

In proposito, ricorda che Cesare Battisti «è stato condannato in contumacia con sentenze definitive emesse dalle autorità giudiziarie italiane per aver commesso quattro omicidi, oltre che per banda armata, rapine, detenzione di armi e atti di violenza a mano armata». Ricorda inoltre che la Francia - dove era fuggito nel 1990 - aveva autorizzato la sua estradizione in Italia e che il ricorso presentato da Cesare Battisti presso la Corte europea dei diritti dell'uomo contro la sua estradizione in Italia «è stato dichiarato inammissibile».

 

Per i deputati, la decisione del governo brasiliano di negare la sua estradizione e di attribuire a Cesare Battisti lo status di rifugiato politico sostenendo «che il sistema giudiziario italiano non fornisce sufficienti garanzie per quanto attiene al rispetto dei diritti dei detenuti», «può essere interpretata come una manifestazione di sfiducia nei confronti dell'Unione europea». In proposito, sottolineano invece che l'UE è fondata sul rispetto dei diritti fondamentali e della legalità, incluso il rispetto dei diritti dei detenuti, e che tali principi  «sono condivisi da tutti gli Stati membri».

 

Rilevando poi che l'attribuzione dello status di rifugiato politico «deve rispondere alle norme definite dal diritto internazionale», il Parlamento auspica che «le autorità brasiliane possano prendere una decisione basata sui principi comuni che il Brasile e l'Unione europea condividono». E ricorda che il partenariato tra l'UE e il Brasile è fondato sul riconoscimento reciproco che entrambe le parti rispettano la legalità e i diritti fondamentali, compreso il diritto alla difesa e il diritto a un processo giusto ed equo.
 

Mario MAURO (PPE/DE, IT), Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT), Roberta ANGELILLI (UEN, IT) e Mario BORGHEZIO (UEN, IT) sono i deputati italiani intervenuti nella discussione in Aula. Il resoconto stenografico del dibattito sarà presto disponibile sul sito del PE (si veda il link in calce).

 

 

Link utili

 

Resoconto stenografico dei dibattiti in Aula

 

 

Riferimenti

 

Risoluzione sul rifiuto di estradare Cesare Battisti dal Brasile

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 5.2.2009

Votazione 5.2.2009

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