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Clima, approvati 8 progetti di scambio quote

Bruxelles 7 luglio 2004 - Svolta importante per lo scambio di quote di emissione anidride carbonica (CO2) nel quadro dell'accordo di Kyoto sul clima. La Commissione europea ha approvato 8 piani nazionali di altrettanti paesi membri, riferiti soprattutto a impianti industriali ad alto consumo energetico per creare un ''mercato del CO2''. L’accordo di Kyoto, infatti, consente a singole industrie a maggior consumo energetico, che rischiano di superare il tetto massimo di emissione, di acquistare ''quote'' da altre industrie a minor consumo energetico che si trovano ampiamente al di sotto del loro massimale e non hanno bisogno di sfruttarlo interamente. L’obiettivo è quello di ridurre, tra il 2008 e il 2012, le emissioni di anidride carbonica del 5,2 per cento rispetto ai livelli del 1990, nel tentativo di contenere fenomeni allarmanti come l'effetto serra e il conseguente surriscaldamento del pianeta. ''Pecore nere'', invece, Grecia e Italia che non hanno ancora presentato i loro piani nazionali. Per loro, è già stata aperta una procedura di infrazione. 

I 15 vecchi membri dell'Ue avevano concordato un taglio dell'8% delle emissioni e avevano indicato come data limite il 31 marzo scorso per presentare il proprio sistema di quote. La Commissione ha accettato senza alcuna modifica i piani di Danimarca, Irlanda, Olanda, Slovenia e Svezia. Qualche ritocco tecnico dovranno apportare altri tre paesi: Austria, Gran Bretagna e Germania, ma una volta che questo sarà avvenuto i loro piani saranno ritenuti accettati. In totale sono coinvolti 5 mila impianti industriali su un totale di 12 mila in tutti e 25 i paesi dell'Unione europea allargata. Si tratta per lo più di impianti che necessitano la combustione di carbone o petrolio, o industrie pesanti come gli stabilimenti per la produzione di cemento e vetro.

Per gli altri piani la Commissione attende informazioni supplementari e un loro adeguamento entro settembre, mentre gli esperti Ue devono ancora valutare quelli inviati da Francia e Spagna giunti appena alla vigilia della decisione. I dieci nuovi membri, che hanno aderito all'Ue lo scorso primo maggio, hanno, invece, un mese in più di tempo per mettersi in regola. 

Tuttavia, restano altre inadempienze: addirittura 11 dei 15 vecchi membri dell'Ue (tutti tranne Austria, Francia, Germania e Svezia) riceveranno un avvertimento finale (l'ultimo prima dell'apertura della procedura d'infrazione) per non aver ancora trasposto nel diritto nazionale, la direttiva sullo scambio di quote decise dagli stessi paesi a livello comunitario. 

Il piano nazionale che l'Italia avrebbe dovuto far pervenire, concerne l'assegnazione di permessi di emissione di Co2 per i settori di produzione industriale ed energetica. Già nel 1998, il governo italiano aveva stabilito come obiettivo che l'Italia riducesse entro il 2008-2012 le proprie emissioni nella misura del 6,5 per cento rispetto ai livelli del 1990. L'entità di questa riduzione, considerando la crescita tendenziale delle emissioni, corrisponde, secondo stime dell'Unione europea, a circa 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente. Invece la tendenza è stata opposta: le emissioni lorde di gas serra in Italia hanno superato i 545 milioni di tonnellate nel 2001. Rispetto ai 508 milioni del 1990 c'è quindi una crescita del 7,3 per cento (il Regno Unito invece ha ridotto le emissioni del 12,4, la Germania addirittura del 17,7). La conseguenza del mancato invio del piano nazionale - ha osservato la responsabile Ue all'ambiente Margot Wallstrom - ''e' che le società italiane non saranno in grado di effettuare scambi di emissioni dal 1° gennaio, data di entrata in vigore della direttiva, mentre avrebbero bisogno di potere utilizzare tale strumento''.

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