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 Bruxelles, 27 marzo 2008 – Altri due prodotti tipici 
			dell’agricoltura italiana potranno difendersi dalle imitazioni 
			grazie al riconoscimento europeo. Si tratta della "Cipolla rossa di 
			Tropea" (Calabria) e del "Marrone di Roccadaspide" (Campania) che 
			hanno ottenuto la certificazione di qualità dall'Ue. La Commissione 
			europea ha aggiunto oggi tre prodotti alla lista delle denominazioni 
			di origini protette e delle indicazioni geografiche protette. Oltre 
			ai due prodotti italiani c'è il fagiolo francese "Lingot du Nord". 
			Il riconoscimento consente la difesa dei prodotti tipici in base al 
			sistema di protezione e valorizzazione creato dalla Comunità Europea 
			nel 1992.
 
 
  La 
			cipolla rossa di Tropea (coltivata nel comprensorio calabrese di 
			Capo Vaticano), grazie al prestigioso marchio ottenuto potrà 
			difendersi anche sul mercato continentale dalle imitazioni, a tutto 
			vantaggio dei produttori, coltivatori e dei diritti dei cittadini 
			che hanno la certezza su quello che acquistano e consumano. A fronte 
			di un milione di quintali di cipolla, spacciata illegalmente sui 
			mercati di tutto il mondo  per “rossa di Tropea”, solo 200 mila 
			quintali derivano dalle aree vocate calabresi. Per il responsabile 
			tecnico dell'Accademia di tutela cipolla rossa di Tropea, Simone 
			Saturino, il riconoscimento europeo del marchio permetterà alle 
			autorità competenti di stanare tutte quelle azioni di 
			"agro-pirateria" che determinano da sempre una concorrenza sleale 
			sui mercati, con conseguenti vertiginosi cali di prezzo sul 
			prodotto. 
 Il marrone di Roccadaspide è contraddistinto da dimensioni 
			medio-grandi (max 85 frutti/kg), forma prevalentemente semisferica, 
			a volte rotondeggiante, pericarpo di colore marrone-bruno con 
			superficie liscia ed uniforme, priva di venature, pellicola che 
			penetra poco in profondità nel seme e conseguente ottima pelabilità, 
			polpa consistente di sapore dolce.
  Requisiti 
			che lo rendono particolarmente idoneo alla trasformazione. La 
			coltivazione si estende oggi su una superficie di circa 5 mila 
			ettari che comprende gli Alburni, il Calore Salernitano e una 
			porzione considerevole del Cilento, coincidente in buona parte con 
			il territorio del Parco del Cilento e Vallo di Diano. I comuni 
			interessati sono 70. Solo il 10% della produzione, che arriva dalla 
			metà ottobre fino a dicembre, viene consumato allo stato fresco, il 
			resto è avviato alle industrie di lavorazione e il favorevole trend 
			mercantile, innescato da una consistente richiesta, costituisce il 
			presupposto per una graduale espansione della coltura che al momento 
			rappresenta una percentuale esigua dell'intera superficie 
			castanicola salernitana.     |