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L’Accademia dei Lincei ricorda l’europeista Geremek

di Elzbieta Cywiak

Allo storico, ex ministro degli Esteri polacco ed ex eurodeputato, Bronislaw Geremek, scomparso prematuramente in un incidente stradale nel luglio dello scorso anno, grande europeista e protagonista della svolta dell’89 in Polonia e in Europa, è stato dedicato un interessante e stimolante convegno, organizzato a Roma nella prestigiosa sede dell’Accademia dei Lincei dalla Giunta centrale per gli Studi storici. L’evento, onorato dalla presenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha riunito alcuni tra i più importanti storici italiani, polacchi e francesi, amici personali di Geremek come Girolamo Arnaldi, Paolo Prodi, Karol Modzelewski, Adam Michnik (anche brillante giornalista e direttore del maggiore quotidiano polacco “Gazeta Wyborcza”), Maurice Aymard, Paolo Morawski e quei politici italiani che come l’ex-primo ministro Romano Prodi e l’ex-sottosegretario agli Esteri, Umberto Ranieri, lo incontrarono durante la loro attività politica in qualità di capo della diplomazia polacca o di eurodeputato. 

Dal convegno la figura di Bronislaw Geremek è emersa in tutta la sua ricchezza di fervente patriota polacco, grande europeista e uno dei padri fondatori della nuova Polonia libera. E’ stato messo in rilievo che la presenza del presidente Napolitano, che conosceva il professore Geremek ancora dai tempi in cui entrambi sedevano sui banchi del Parlamento europeo, da un lato era un segno tangibile dell’amicizia tra l’Italia e la Polonia e dall’altro di grande apprezzamento per l’eredità lasciata dall’ex ministro degli Esteri di Varsavia.

Il presidente della Giunta centrale per gli Studi Storici, Paolo Prodi ha ricordato nel suo intervento l’anno 1978 passato assieme a Geremek a Washington nella stessa stanza dello Smithsonian Institute, l’anno in cui entrambi appresero dalla radio la notizia sull’elezione di Karol Wojtyla alla cattedra di San Pietro. Già allora colse in Geremek la capacità straordinaria di saper unire il mestiere dello storico con l’impegno civile.  Ed è proprio a questo aspetto della personalità di Bronislaw Geremek che era dedicato il ricordo di Adam Michnik che ha indicato nel “professore” (come veniva chiamato da chi gli stava vicino) “il miglior esempio di quanto nessuno è profeta a casa sua”. In Polonia – ha ricordato Michnik – egli era rimasto figura controversa per tutta la sua vita “come storico, membro dell’opposizione e politico’”. Michnik ha messo in rilievo come l’esperienza di un sopravvissuto del ghetto di Varsavia abbia lasciato un’impronta su tutta la vita di Geremek. Egli ha sempre voluto stare dalla parte dei più poveri, degli esclusi. E questo – secondo Michnik – è stata la motivazione della sua adesione al Partito comunista. E’ stata una scelta contro il nazismo. Geremek non fu comunque mai del tutto accecato dall’ideologia e diventò medievista proprio per non dover citare Stalin ad ogni pie’ di pagina. E il marxismo era concepito da Geremek in primo luogo come utile strumento metodologico per la ricerca di quel mondo dell’emarginazione sociale attraverso il quale analizzava la società globale del tardo Medioevo europeo e il passaggio dalla società feudale all’epoca moderna. La stessa motivazione morale aveva portato Geremek a restituire la tessera del partito nel 1968 e ciò fu il primo passo nella sua strada verso l’opposizione democratica per diventare  il consigliere di Lech Walesa a partire dagli scioperi nei Cantieri navali di Danzica nell’agosto 1980 e continuare, dopo la legge marziale del generale Jaruzelski (che non gli risparmiò l’internamento) l’attività nel sindacato “Solidarnosc” in clandestinità.

Fu allora che Geremek divenne – ha puntualizzato Michnik – “il ministro degli Esteri della Polonia imprigionata, perseguitata e dopo, svolgendo anche funzioni più diverse nella Polonia libera, non smise mai di ricoprire questo ruolo nel modo più autentico”. La sua filosofia politica è stata “riconciliazione e non vendetta, amnistia e non amnesia”. Ed è stata proprio questa visione della Polonia di Geremek – ha concluso con forza Michnik – che è risultata vincente.

Karol Modzelewski, noto oppositore democratico polacco e raffinato storico medievista, è intervenuto partendo dall’analisi del mestiere dello storico che si fonda sull’immaginazione per comprendere le parole e le azioni degli uomini del passato, dono al quale Geremek univa, per eccellenza, l’esperienza dello studioso. E ha posto l’accento su alcuni aspetti esistenziali nella biografia di Geremek, le sue trasformazioni, il cambiare pelle in seguito alle drammatiche vicende storiche a cominciare dall’infanzia nel ghetto, dal quale fu salvato all’età di 10 anni da un padre adottivo che lo avviò all’educazione cattolica. Poi vi fu il momento di una seconda trasformazione, quando il giovane Bronislaw abbandonò il Sodalizio Mariano per aderire alla Gioventù comunista giacché il marxismo lo attirava con la sua spiegazione coerente della realtà. Ma – secondo Modzelewski – proprio in quelle iniziali trasformazioni è da ricercare la disposizione poi rivelatasi in Geremek al relativismo, ad una certa distanza critica verso le proprie scelte. Da qui anche la sua opzione per una forma di revisionismo moderato nel marxismo le cui speranze furono così brutalmente spezzate nel 1968 e la sua inclinazione ad una certa prudenza, a fare tutto il possibile per evitare lo scontro quando svolgeva i ruoli del protagonista dell’opposizione democratica al regime comunista e del negoziatore della “tavola rotonda” nel 89. 

Aver sperimentato identità così diverse nel corso della vita facilitava – secondo Modzelewski – le scelte di Geremek e contribuiva a formare un elemento comune della sua assiologia: evitare spargimenti di sangue. Il punto fondamentale nella vita di storico ed europeista di Geremek è stato, sempre secondo Modzelewski , l’incontro con la scuola storiografica francese delle “Annales”. Gli storici francesi come Duby, Braudel, Le Goff, apprezzarono sin dall’inizio i libri di Geremek in cui i fatti economici erano interpretati come espressione di cultura e lo hanno percepito come “anima gemella”. 

Agli intensi contatti di Geremek con il gruppo dei ricercatori francesi di “Annales” ha rivolto  attenzione  nel suo intervento anche lo storico francese Maurice Aymard che ha messo in rilievo tra l’altro quanto il mestiere dello storico legava, nella sua concezione, la Polonia all’Europa. E quanto era inscindibile per lui l’impegno dello studioso da quello del cittadino.  Nessuno poi – secondo Aymard – poteva spiegare la Polonia ai suoi colleghi francesi cosi bene come Geremek e questa intensa rete d’informazione ha permesso di captare (e ciò è senz’altro una rivelazione di questo convegno) che il negoziato tra l’opposizione democratica con le autorità del regime avrebbe potuto cominciare ben due anni prima dell’89 dato che Gorbaciov era già disposto ad accettare una maggiore autonomia di Varsavia, mentre il successivo ritardo fu causato soltanto dal generale Jaruzelski.

Gli innumerevoli meriti di Geremek politico, grande patriota polacco ed europeo, sono stati evocati dallo storico e giornalista Paolo Morawski che ha ricordato come il professore era arrivato all’impegno europeistico attraverso l’amore per la Francia e che usava dire “studio le direttive europee ascoltando Bach, ciò aiuta sempre”. E ha messo soprattutto in rilievo il ruolo fondamentale di Geremek, capo della diplomazia polacca, per la riconciliazione con la Germania anche attraverso la creazione del cosiddetto triangolo di Weimar (Francia, Germania, Polonia), il suo apporto decisivo per l’ancoraggio della Polonia alla Nato e all’Unione Europea, la collaborazione con gli altri paesi dell’ Europa centro-orientale nel gruppo di Visegrad e l’attenzione dedicata ai vicini orientali come la Russia, l’Ucraina e la Lituania. 

Morawski, infine, non ha omesso di rilevare la mancata occasione nel 2004 di eleggere Geremek presidente del Parlamento europeo nel 2004, quando lo candidò il suo gruppo di liberali europei, Alde.  L’eurodeputato di Varsavia non fu allora eletto, pur avendo raccolto 208 voti, a causa di un accordo tra due gruppi maggiori, socialisti e popolari. Tre anni dopo lo stesso Parlamento europeo applaudì Geremek per il suo rifiuto di piegarsi alla discutibile legge polacca di “lustracja”, in sostanza una specie di caccia alle streghe a quanti erano sospettati di connivenza con il precedente regime comunista, anche senza reale fondamento. Tra gli ultimi obiettivi di Geremek europeista – ha ricordato Morawski - vi fu la creazione di una Università europea a Strasburgo intesa come fucina della società aperta, un centro transdisciplinare,  come contributo per fare ritrovare all’Europa la sua ambizione ed aprire spazi sempre nuovi ai suoi cittadini.

Intanto in questi giorni il Parlamento europeo ha intitolato un’area centrale dell’edificio di Strasburgo al nome dello storico polacco: “Agora Bronislaw Geremek”. Nel corso della cerimonia inaugurale il figlio Marcin Geremek ha espresso l’augurio che questo nome sia fonte d’ispirazione e d’incoraggiamento per le future generazioni di europei affinché si conoscano e si capiscano meglio. E ha ricordato le parole del padre “Abbiamo costruito l’Europa, ora dobbiamo formare gli europei”.

(Roma, aprile 2009)                                                                    Elzbieta Cywiak

 

 

 

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