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Il Congresso dell’AJE a Maastricht 

di Marcello Palumbo

E’ questa la seconda volta che la città di Maastricht, sede del Trattato del 1993 che ha dato vita a un passaggio importante nello sviluppo del processo di unificazione, da Comunità a Unione Europea, accoglie, dal 19 al 22 novembre, l’Associazione Giornalisti Europei per il suo
47° congresso internazionale, che prelude al cinquantenario dell’AJE in calendario nel 2012. 

Oltre ad essere il romantico Paese dei tulipani e dei mulini a vento, l’Olanda vanta una delle tradizioni più ragguardevoli tra quelle che hanno marcato l’impronta alla moderna cultura del Vecchio Continente, soprattutto nei campi delle scienze umanistiche, dell’arte e del diritto internazionale, fondamento della Pace tra le Nazioni, a cominciare dal contributo essenziale e innovativo dato a questa disciplina e alla liberta di navigazione nei mari dal grande giurista Grotius nel secolo XVII. Questa sensibilità per i temi della giustizia ha portato al riconoscimento dell’Aja come sede degli Istituti di diritto internazionale, mentre per la difesa coraggiosa degli ebrei perseguitati dal nazismo l’Olanda ha conquistato il primato numerico, relativo alla popolazione,  dei “giusti tra le Nazioni”.

La lista delle benemerenze accumulate da questo Paese sul terreno della coesione continentale comincia con la partecipazione al Benelux, i cui primi protocolli di unione monetaria e di unione doganale sottoscritti a Londra dai governi in esilio di Olanda, Belgio e Lussemburgo, nel mezzo della guerra, e cioè negli anni 1943 e 1944, fornirono il modello originario ai primordi delle Comunità Europee, alle quali diede inoltre l’avvio la memorabile conferenza del Movimento Europeo all’Aja del 1948. E ancora: come non includere tra i padri fondatori delle istituzioni europee più largamente noti il nome  del ministro degli Esteri olandese degli anni Cinquanta, Jahan Willen Beyen, a cui va il merito di aver sollecitato il grande salto di qualità dalla CECA alla CEE, e cioè da una integrazione parziale ad una “organizzazione idonea a seguire gli interessi generali, e della quale l’organo esecutivo è responsabile non già davanti ai governi nazionali, ma davanti a un Parlamento sovranazionale”? Né va dimenticato un presidente olandese della Commissione, Sicco Mansholt, che raccomandava, inascoltato, sobrietà e lotta contro gli eccessi in un’economia la cui crisi è ancora tutta da interpretare, soprattutto se messa in relazione coi problemi della sostenibilità ambientale. E infine, tra coloro che hanno maggiormente curato l’aspetto culturale del processo di unificazione europea un posto tutto particolare merita Henri Brugmans, per tanti anni animatore del College de Bruges, il cui nome figura nell’elenco dei maestri del federalismo europeo quali Denis de Rougemont, Alexander Marc, Luigi Einaudi, Altiero Spinelli, Jean Monnet, Barbara Wootton, Lionel Robbins, e non pochi altri che meritano di essere segnalati alle giovani generazioni. Ancora un olandese, Wim Duisenberg, inaugura la presidenza della Banca Centrale europea, cuore di Eurolandia.

Il rigetto del Trattato di Roma ad opera dei referendum del 2005 in Francia e in Olanda, se ha fatto perder cinque anni alla riforma istituzionale, va anche interpretato – e non per indorare la pillola – come un atteggiamento guardingo da parte dei popoli verso un ordinamento sovranazionale che entra nel vivo della vita dei cittadini europei.                            

Il quarantasettesimo congresso dell’AJE si svolge in un momento di sollievo, dopo l’ultima ratifica del Trattato di Lisbona da parte della Repubblica Ceca, che pone fine, anche se con qualche riserva, ad un periodo in cui si sono registrati arresti e intralci: trattati bruciati, incomprensioni all’Est e all’Ovest, disaffezione popolare, euroscetticismo diffuso! Tutto questo è vero, ma consideriamo i fatti positivi: 64 anni di pace in Europa, la caduta del Muro di Berlino e della Cortina di Ferro di cui abbiamo di recente celebrato il Ventennale, la riconquistata unità della Germania, la ricongiunzione dei due gruppi di Nazioni occidentali e orientali, la restituita libertà a tutti i popoli del Continente, l’ampliamento dell’Unione Europea dai sei originari Paesi a 27 ed oltre, la moneta unica, l’Euro, circolante in 16 nazioni, la libertà di movimento conferita ai cittadini europei da Schengen, tranne un paio di eccezioni. Ci sarà pure la crisi e molto ancora lavorare, ma tutto ciò non è già di per sé un prodigio?
                                                                                               Marcello Palumbo


Roma, 16 novembre 2009  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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